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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 04/30/23 in Risposte

  1. Buongiorno Qua di seguito una delle ultime entrate in collezione...una moneta tutto sommato comune ma che col passare del tempo non riuscivo a trovare come piaceva a me. Finalmente si è presentata l'occasione di trovarla coi rilievi leggibili e con una patina niente male e non me la son fatta sfuggire. Al dritto il profilo di Rinaldo d'Este con la sua lunga chioma di capelli ricci ed al rovescio il patrono di modena inginocchiato con uno scorcio della città sullo sfondo. Come vi sembra? Vi piace? Grazie e un saluto a tutti Marco
    4 punti
  2. Buongiorno e buona Domenica a tutti. Partecipo alla discussione con mio ultimo arrivo Borbonico. Ferdinando II 10 Tornesi 1840 Magliocca 675 Conservazione B abbondante spero. Cosa ne pensate? Saluti Alberto
    4 punti
  3. Trovate oggi in ciotola al mercatino domenicale due monete mancanti ed una mini banconota (cm. 4 x cm. 7) per per un totale di 4 euro, in aggiunta una moneta a titolo gratuito per il museo degli orrori Un valore che non avevo della Repubblica Domenicana, il mezzo pesos (12 1/2 gramos) in rame/nickel con un bel modulo da 31 mm di diametro. Il 5 centavos messicano del 1937, un nominale di quel periodo che non avevo: Ed infine un cent del Governatorato inglese di Hong Kong - prima emissione senza lettera nella serie numerica del 1941 E per non farci mancare nulla una moneta del Regno di Napoli non conteggiata già inserita nel Museo degli orrori
    3 punti
  4. Buongiorno a tutti, esattamente un anno fa (era l'ultima domenica di aprile) mi ritrovai a sbirciare sulle bancarelle di Cordusio e feci il mio primo acquisto: un denario di Augusto con Lucio e Caio sul rovescio. Una moneta di scarsa conservazione, pagata poche decine di euro, ma capace di spingermi a cominciare una collezione di monete romane imperiali. Voglio condividere con voi il risultato di questo primo anno, fatto di acquisti in asta con certificati di lecita provenienza, e di studio sui libri suggeriti da molti di voi, oltre che di una metodica lettura delle discussioni del forum. Il bisogno di condividere ciò che ho messo insieme non è per mera esibizione, ma per raccogliere suggerimenti utili a migliorare; mi è molto chiaro che il collezionismo numismatico è una lunga maratona e non una gara di velocità, e posso, con molte probabilità, aver sbagliato qualcosa al momento della partenza. Adesso però devo iniziare a gestire la corsa con più consapevolezza, e mi serve anche il vostro aiuto. Come potete vedere, la mia collezione inizia con un paio di repubblicane, un piccolo sesterzio in argento che spero di poter presto confrontare con un sesterzio imperiale, e un denario, e termina con "un'invasione" a Costantinopoli con due solidi bizantini. In mezzo diverse imperiali, mi affascinano molto i denari ma non disdegno qualche bronzetto. La regola è una: la moneta mi deve piacere per il ritratto e/o per il rovescio. Sono riuscito a raggiungere uno degli obiettivi importanti che mi ero posto: un denario con elefante di Giulio Cesare. Ultimamente ho scoperto la bellezza dei follis del terzo secolo, e credo che i miei prossimi acquisti saranno principalmente in quell'area. Naturalmente, conto di raccoglierne il più possibile del mio omonimo Gratianus. Obiettivi medio/importanti da raggiungere senza fretta: il "tribute penny" di Tiberio, un Caligola (anche un bronzetto andrebbe bene), un sesterzio (mi piacerebbe molto di Nerone, come potete vedere è un imperatore che mi piace molto, ma credo che dovrò accontentarmi di qualcosa di più economico), un solido del terzo secolo. Adesso, qualche domanda in ordine sparso: - al momento ho acquistato solamente da Inasta e da Artemide, mi dite quella che secondo voi è un'altra casa d'aste da cui dovrei assolutamente comprare per la qualità dei pezzi offerti? - ha senso aggiungere in collezione monete di scarsa conservazione se appartengono ad un imperatore di cui non se ne trovano facilmente, ad esempio Pertinace, o i quattro imperatori del 69 d.c.? - conviene comprare dai negozi di numismatica che si trovano online, o è meglio aspettare l'occasione in un'asta? Attendo di leggere i vostri consigli - mi interessano meno i giudizi - saranno molto preziosi per me. p.s.: vi terrò aggiornati sugli sviluppi della mia collezione aggiungendo nei commenti le foto dei nuovi arrivi.
    2 punti
  5. Nella prossima asta 128 Numismatik Naumann verrà battuto con nr 813 un bellissimo esemplare di sesterzio di Geta. Base d'asta 2000€: stima 2500€ -> https://www.numismatik-naumann.at/auktion/#!/auction/lot?a=3445&l=813&p=2&c=72838 GETA (209-211). Sestertius. Rome. Obv: P SEPTIMIVS GETA PIVS AVG BRIT. Laureate and bearded head right. Rev: FORT RED TR P III COS II P P. Fortuna seated left, holding rudder and cornucopia; wheel below seat. RIC 168a. Condition: Good very fine. Weight: 25.50 g. Diameter: 33 mm.
    2 punti
  6. Condivido volentieri: Alessandro VIII (1689-1691) Doppia 1690 - Munt. 9 AU (g 6,69). La leggenda VECTIGALIBVS REMISSIS allude alla diminuzione delle imposte sul macinato e sulla carne voluta dal pontefice per venire incontro ai disagi della popolazione più povera di Roma.
    2 punti
  7. Finalmente entrati in collezione i due volumi del North … dall ultima asta Ranieri, con bel Ex Libris. Se qualcuno lo riconosce mi farebbe un gran favore
    2 punti
  8. Questa sfortunata moneta da 6 tornesi mi è stata regalata questa mattina, è una rarissima variante monofacciale, ma giusto perchè in una faccia non si scorge nulla di definito! Ho messo il rovescio con gli assi alla tedesca ↑↓ , se intravedete qualcosa divertitevi a ruotarla per eventualmente posizionarla nel modo giusto
    2 punti
  9. Si tratta del tempio arcaicizzante a mègaron (senza colonnato ed con pareti in muratura piena) di fine VII- inizio VI a. C. che si trova all'interno del tèmenos, cioé dell'area sacra, del santuario della Malophòros (Demetra portatrice di frutti) a Selinunte. Una roba che pochi vanno a vedere ma è una figata pazzesca. Visto che il Mègaron era in uso in epoca micenea già in epoca classica doveva essere come per noi vedere una chiesa romanica o paleocristiana. dalla Treccani: Così viene chiamata nei poemi omerici la parte più intima e solenne del palazzo reale, sala del trono e dei banchetti, luogo di ritrovo della famiglia, ornata con l'arte più squisita e ricercata. Telemaco nel palazzo di Menelao, Ulisse nel palazzo di Alcinoo, ne ammirano le decorazioni lucenti d'oro, di metalli preziosi, di avorî, sulle porte e sulle pareti, le incrostazioni di "ceruleo smalto". In base a tali descrizioni, l'ambiente in parola è stato riconosciuto negli scavi di varie località micenee, come nella stessa Micene, a Glãs sul lago Copaide, e, conservato più compiutamente e con maggiore quantità di particolari, a Tirinto (vedi cretese-micenea, civiltà, XI, p. 877, fig. 36; Grecia, XVII, p. 803). Si riconoscono nel megaron di Tirinto le tre parti principali menzionate da Omero, cioè un vestibolo (ἄιϑουσα), sulla cui fronte sono due colonne di legno su basi di pietra, un'antisala (πρόδρομος), accessibile dal vestibolo per tre porte a duplici battenti racchiuse fra due ante sporgenti dai muri laterali, e in fondo la grande sala, il vero e proprio μέγαρον, al quale si accede invece attraverso l'antisala da una porta unica: nel centro della sala era l'ampio focolare rotondo, ἐσχάρη, centro spirituale e materiale della casa, attorno al quale stavano quattro colonne disposte a rettangolo e sostenenti il tetto. È ancora discusso se la parte mediana del tetto sopra ai sostegni fosse aperta in una specie di lucernario rialzato, per la luce e lo sfogo del fumo: problema che si riconnette con la forma del tetto medesimo, se cioè esso fosse piatto, oppure a spioventi; la seconda ipotesi è più probabile, data l'origine nordica dell'edificio a megaron. Non abbiamo a ogni modo testimonianza di finestre sulle pareti laterali della sala. Di fianco al focolare a Tirinto era il trono del principe, e il pavimento della sala attorno alle colonne era leggiadramente dipinto; nell'antisala si sono trovati residui d'un bellissimo fregio parietale in lastre d'alabastro e incrostazione di pasta vitrea, con serie di rosette ed elementi semiellittici a palmette e spirali, che ricorda come ripartizione il più tardo fregio dei templi dorici a triglifi e metope. Davanti al megaron di Tirinto stava l'ampia corte a colonne, con un altare; tutto attorno altri edifici, ciascuno consistente in elementi più o meno affini e ciascuno col proprio cortile d'ingresso, ma senza un vero e proprio aggruppamento comune, ciò che distingue radicalmente il palazzo miceneo del continente dal palazzo cretese. Infatti gli scavi vanno sempre più mettendo in evidenza la derivazione del megaron da un tipo di casa, importato in varie parti della Grecia preistorica dal nord, da regioni di clima freddo, e del tutto contrapposto alla casa cretese, di tipo mediterraneo, creata per un clima caldo, con i numerosi ambienti disposti attorno al cortile centrale. Possiamo ormai seguire anche l'evoluzione del megaron da forme assai primitive fino alla perfetta creazione di Tirinto, attraverso le testimonianze di Sesklo, di Dimēni e di Lianokládi in Tessaglia, di Troia, di Egina, dì Eleusi, di Tera, di Argo e via dicendo. Negli esemplari tessalici soprattutto vediamo come dapprima il focolare stesse in mezzo alla stanza ampia che era sul davanti; poi, per la poca comodità della sua posizione fra le due porte, lo vediamo spostato in parte o portato dietro alla parete anteriore della sala, mentre gradualmente si trova la soluzione più pratica di spostare la sala ampia di dietro; in tali esemplari tessalici dei semplici sostegni lignei preludono alle colonne di Tirinto. Nei tipi più primitivi vediamo inoltre il contorno del megaron ancora irregolare: a Eleusi notiamo nella stanzetta posteriore un andamento trapezoidale, che forse denota un passaggio dalla stanza absidata delle case precedenti alla forma del megaron, ma soprattutto a Troia si passa con tutta chiarezza da una forma più antica, del II strato, allungata e stretta, fornita di un profondissimo atrio e con un terzo stretto ambiente in fondo, accessibile dalla sala grande, alla forma del VI strato, più simile a quella micenea, dalle dimensioni più larghe e corte. A Troia il singolo megaron è già comune negli strati più antichi accanto alla casa pluricellulare, e domina quasi assoluto nel VI strato; a Fylakōpē di Melo penetra un megaron di tipo primitivo nella seconda città, premicenea, e uno evoluto nella terza città, quella micenea; a Creta il megaron è introdotto solo nell'ultima fase del tardo-minoico, a Hagía Triáda, Gourniá e Cnosso. Dal megaron miceneo, è ormai generalmente accettato, deriva la forma del tempio ellenico, che mantiene anch'esso le due varietà, cioè la sola cella, o la cella fornita di ádyton, e, per la prima volta nell'Ereo di Olimpia, anche con opistodomo aperto sul tergo. L'ádyton stesso del tempio greco è talora chiamato megaron dagli scrittori, come tale rimane anche la denominazione per alcuni speciali santuarî (p. es., il tempio di Demetra al Tenaro, quello di Despoina in Arcadia, ecc.), e per certe fosse sacrificali a divinità ctonie, come quella nel bosco di Demetra e Core a Potniaí. Bibl.: v. cretese-micenea, civiltà, XI, p. 891; Fiechter, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VII, col. 2533 segg.; Ebert, ibid., XV, col. 220 seg.; per il megaron tessalico v. anche H. D. Hansen, Early Civil. in Thessaly, Baltimora 1933, p. 65 segg.
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  10. Ciao @gennydbmoney, posto foto fatte tenendola in mano con altra angolazione, più tardi la osservo meglio dal vivo. Vi risparmio i dettagli delle mie dita. Da queste foto si distingue bene anche il simbolo sotto al busto se può servire per censimento. Al rovescio si dovrebbe vedere meglio, il sottocorona da queste foto sembra avere un accenno di rigatura , anche questo verificherò meglio dal vivo. Saluti Alberto Perdonatemi, avevo omesso di inserire le foto...
    2 punti
  11. Mi scuso per non essere riuscito a collegarmi prima (grazie Luciano per avermi citato) e provo ora a rispondere. Il sesino postato da @titire è una variante di Alvise Mocenigo (1570-1577) ed è una delle 99 varianti emesse durante il dogado. Molto interessante è l'avere il cerchio sia al dritto che al rovescio che rende questa moneta leggermente più rara delle sue sorelle. Il Papadopoli nel suo libro per il doge Mocenigo oltre alle 99 varianti inserice anche 14 disegni: e questo è il sesino della nostra discussione. Interessante anche il peso di g. 1,51 che è una via di mezzo tra il peso teorico della prima emissione di Francesco Donà con g. 1,764 e l'emissione di Pietro Loredan dove il peso era stato portato a g. 1,324 (dovevano essere tagliati 180 pezzi per marca). L'ipotesi che il tuo sesino sia la prima emissione sucessiva al Pietro Loredan è intrigante sia per il disegno sia per il peso. Per quanto riguarda l'iconografia ti ricordo che la croce psana era già stata utilizzato dal Barbarigo in 2 monete per i possedimenti di terraferma. Altro particolare divertente è il nome: perchè sesino se valeva 8 piccioli o bagattini ed aveva il valore di 2 quattrini? La risposta è nella prima emissione in quanto il sesino doveva sostituire nelle nuove province di terraferma “certi sesini forestieri bianchizadi”. In questo caso si effettua una rivalutazione in quanto 1 soldo vale 1 sesino e mezzo al posto del valore di 2 sesini stranieri occorrenti in modo da renderlo più accettabile alla popolazione. Spero di essere stato di aiuto e buon 25 Aprile. Fabry
    2 punti
  12. Cari tutti, Vico D’Incerti nel 1956 sulla RIN pubblicò uno studio sulle “monete discutibili” di Vittorio Emanuele III. Ecco il link per chi volesse leggere l’articolo: http://www.socnumit.org/doc/VDI/VDI1956RIN_MonDiscVEIII.pdf Oggi, leggendolo, l’attenzione è stata attirata dall’esemplare in oggetto, e mi sono domandato se esso è conosciuto e se è apparso in qualche asta o collezione privata ovvero è presente in qualche museo. Grazie mille e buona lettura.
    1 punto
  13. Per gli appassionati di monete degli usurpatori delle Gallie nella prossima asta Artemide LIX è presente un bell'antoniniano di Laelianus per la zecca di Colonia (pensavo Magonza ma la scheda dice diversamente) lotto 689 -> https://www.deamoneta.com/auctions/view/872/689 Laelianus, Romano-Gallic Usurper (269 AD). BI Antoninianus. Colonia Agrippinensis (Cologne) mint. 2nd emission. Obv. IMP C LAELIANVS PF AVG. Radiate, draped, and cuirassed bust right. Rev. VICTO-RI-A AVG. Victory advancing right, holding palm frond and wreath. RIC IV 9. BI. 3.51 g. 19.50 mm. R. Good VF.
    1 punto
  14. È stato trovato un enorme pavimento musivo a decorazioni geometriche romano in Croazia. https://www.artribune.com/arti-visive/archeologia-arte-antica/2022/03/un-mosaico-romano-scoperto-sullisola-di-hvar-in-croazia/#:~:text=È stato scoperto sull'iso,idrica e fognaria della città.
    1 punto
  15. Eros e pathos a Pompei, ecco il carro della sposa Ricostruito dopo il restauro. E' la prima volta al mondo Abbracci voluttuosi e amplessi rubati, violenza e piacere che si mischiano, eros e pathos. Restaurato in ogni suo pezzo e assemblato con un'operazione che non ha precedenti, torna in vita dopo duemila anni - documentato in esclusiva dall'ANSA - lo stupefacente carro della sposa ritrovato nel 2021 a Pompei, nel portico della villa di Civita Giuliana, la stessa da dove emersero, grazie ai calchi, i corpi dei due fuggiaschi. "Un lavoro straordinario che recupera un manufatto unico al mondo" sottolinea Massimo Osanna, il dg musei del Mic che lo ha voluto, in prima assoluta, per "L'istante e l'eternità", la grande mostra in programma dal 4 maggio al 30 luglio a Roma alle Terme di Diocleziano. "Una perla che dimostra l'unicità del nostro patrimonio, applaude il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, sottolineando che il restauro "è anche il coronamento di uno sforzo che ha visto operare insieme parco archeologico di Pompei, Procura della Repubblica di Torre Annunziaa e Carabinieri del comando per la tutela del patrimonio culturale" Strappato per un soffio ai tombaroli, che lo cercavano da anni e che quasi l'avevano trovato scavando cunicoli a più non posso alla ricerca dei tesori della lussuosa villa alle porte di Pompei, questo carro che i romani chiamavano pilentum, era conosciuto in realtà quasi soltanto dalle immagini di mosaici e bassorilievi e dal racconto delle fonti antiche, Livio, Virgilio, Claudiano, che l'associavano ai culti femminili descrivendone lo splendore e la comodità. Il restauro, che dopo la delicatissima fase dello scavo ha impegnato per un intero anno, microscopio alla mano, il team guidato da Emiliano Africano, ci riporta ora davanti agli occhi l'oggetto stupefacente di quei racconti. Con Massimo Osanna alla scoperta del Carro della sposa "Quasi più una lussuosa carrozza", sottolinea Osanna indicandone ogni particolare mentre accanto a lui i restauratori assemblano con mille cautele gli ultimi pezzi sotto le volte monumentali delle terme romane. "Un veicolo rilucente di bronzi e di argenti, fatto per stupire e incantare". Vederlo da vicino, quando ancora non è montata la vetrina che dovrà proteggerlo dalle moltitudini di visitatori, quasi toglie il fiato. "E' incredibile come Pompei abbia questa particolarità di fermare l'attimo", sorride il dg. Perché a dispetto degli inevitabili interventi moderni -il legno di base del cassone che naturalmente è stato ricostruito, gli elementi in plexiglass per indicare le parti mancanti- quello che ci troviamo davanti agli occhi è a tutti gli effetti una macchina di duemila anni fa, meravigliosa, complessa e certo delicatissima. Con grandi ruote che una volta erano in legno di faggio e i cerchioni in ferro che l'orrore dell'eruzione e l'ingiuria del tempo hanno risparmiato, i tronconi dei mozzi in legno che il fenomeno della mineralizzazione ha in qualche modo tenuto in vita, il lungo perno in ferro che garantiva il movimento delle ruote anteriori ancora lì a rendere possibile lo sterzo. Senza parlare del cassone di legno dipinto -stretto, certo, se immaginato per una ragazza di oggi- letteralmente tappezzato di metalli lucenti, grandi e piccoli medaglioni con scene erotiche anche molto crude, amorini, figurine femminili, una miriade di raffinate e a volte microscopiche decorazioni sparse ovunque, dallo sfondo in bronzo alle pigne che rifinivano i terminali dei mozzi. Tutto è decorato in questo capolavoro di raffinatezza artigianale, persino le bobine in ferro dove si avvolgevano le funi che si immagina sorreggessero un po' come una culla il cassone della carrozza, così da offrire a chi ci stava sopra il conforto di un'andatura basculante. E poi la spalliera della seduta di cui oggi rimane solo lo scheletro in ferro ma che è facile immaginare ricoperta di cuoio e di comodi cuscini, con i due braccioli per rendere più agevole il percorso alla sposa e a chi l'accompagnava. "Chi sa forse la madre", ipotizza Osanna facendo notare che il sedile sembra fatto per due persone. Un carro simile a questo, racconta, è stato ritrovato anni fa in Grecia, nei luoghi dell'antica Tracia, in una tomba appartenuta a una famiglia di alto rango. "In quel caso però si decise di lasciarlo nel tumulo senza restaurarlo né rimontarlo". Anche questo rende straordinaria l'operazione del parco di Pompei: è la prima volta al mondo che un pilentum viene ricostruito e studiato. I restauri che hanno reso leggibili i decori riportando alla luce centinaia di particolari, confermano il legame di questo carro con il mondo femminile e con le nozze. "Ora bisogna lavorare sull'iconografia dei medaglioni", anticipa Osanna, e poi "sul sistema di movimento del carro". Ludovica Alesse e Paola Sabbatucci, le restauratrici del parco di Pompei, supervisionano attente i lavori di assemblaggio. "Eravamo lì quando il carro veniva fuori, impresse nella cinerite erano ancora evidenti le tracce delle corde, delle stoffe, dei legni", raccontano. Tutte cose che il tempo ha dissolto, come l'impronta delle due spighe di grano lasciate sulla seduta. A pochi metri da lì, nella grande stalla, sono stati trovati i resti dei cavalli, anche un sauro ancora bardato. Gli scavi, come gli studi, intanto proseguono. Certo, è difficile dire se quel giorno di festa la giovane sposa l'abbia vissuto davvero. Ma chissà che non sia proprio il suo splendido carro d'argento ora a raccontarci qualcosa di più. www.ansa.it/amp/sito/notizie/cultura/2023/04/29/eros-e-pathos-ecco-il-carro-della-sposa-di-pompei_19bca3ca-e188-47da-ae08-e3c42eceff46.html Ecco le condizioni di ritrovamento
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  16. In verità, un treno di 3 vagoni, prodotto in Fiat nel 1929 in unico esemplare, con tecnologie di alto livello e finiture artistico-artigianali di pregio : destinatario l' allora re di Italia . le immagini sono tratte dalla ristampa di un opuscolo illustrativo dell' epoca . Il convoglio, dopo il 1947, implementato di ulteriori vagoni e restaurato ed aggiornato, è parte dell' attuale treno presidenziale .
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  17. Ci mostri sempre monete meravigliose. Questa è pazzesca.
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  18. 1 punto
  19. SOLVM PROVOCATA FERIT FERISCE SOLO SE PROVOCATA Si allude alla determinazione di Venezia nel controllare il suo territorio da qualsiasi attacco straniero, pronta a reagire anche con la forza ove necessario. La rosa in fiore fa parte dello stemma del Doge veneziano Alvise II Mocenigo II. 1700-1709. E’ una Osella e non un Ducato. Attenzione che vi sono dei falsi, tipo: https://www.deamoneta.com/auctions/view/818/442 Attendiamo più specifici riscontri.
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  20. Ciao @Vel Saties, Penso che la discussione cui si riferisca @Andrea Costa sia la seguente:
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  21. Salve, segnalo : Il tesoretto di Populonia Fiorenzo Catalli e Luciano Giannoni (curatori) Martina Fusi, Stefano Legnaioli, Carolina Megale, Vincenzo Palleschi (contributi) Il tesoretto di Populonia venne rinvenuto nel 1939 durante campagne di scavo archeologiche ed il ritrovamento fu diviso fra la famiglia Gasparri (proprietaria del fondo) e lo Stato Italiano, che le custodisce ancora oggi presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze. L’opera pubblica, per la prima volta, tutti gli esemplari. Nel libro, oltre a ripercorrere le fasi storiche e documentali della scoperta, vengono compiute anche analisi statistiche e XRF, queste ultime finalizzate a comprendere la composizione delle leghe utilizzate per realizzare le monete. https://www.edizionidandrea.com/
    1 punto
  22. Ciao @Vel Saties ,a me quello che hai postato pare buono. Per lo Steno e il Venier sono censiti dei falsi che ricorrono piuttosto di frequente purtroppo anche in aste importanti...vi e' sul forum una discussione molto ricca di contributi al ruguardo...tipica di questi falsi e' l'aureola del Cristo che non e' chiusa nella parte alta...
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  23. B urla, duo mogio C oso' BURLA D'UOMO GIOCOSO Buona serata da Stilicho
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  24. Aggiungo per completezza di informazione la scheda N. 827 del Voltolina. apollonia
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  25. Io ho trovato la maggior corrispondenza della medaglia in esame con la N. 827 delle medaglie “Scuola della Passione in Venezia” pubblicate da Piero Voltolina. apollonia
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  26. Adesso andare dietro le turiste straniere si chiama così ?
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  27. Questa tipologia di busto ha più rilievo rispetto al tipo normale, quindi maggiore è l'usura sui capelli rispetto a legenda e contorno.
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  28. Concordo alla grande,non è male come crederebbe Alberto @Litra68, ma si mantiene mb al rovescio e quasi mb al dritto,perchè paga dazio un pochino il capello oramai quasi tutto liscio☺️ Albè tranquillo,non arriva ancora a scarrafone😁 .....e anche se fosse😍
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  29. Perdonatemi se riprendo questo antico post. Ma io ho visto il museo e, seppur sia realizzato attorno ad un unico oggetto, è veramente evocativo e la statua risalta enormemente. Salendo la scala ci sono spiragli che ti permettono di vederla da diversi lati come un'apparizione. Un po' come deve essere stato per lo scopritore belga. Io l'ho trovato molto interessante e la statua molto bella
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  30. per me qMB al dritto, MB al rovescio...
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  31. 1 punto
  32. Ad attribuirlo a Massa è stato Andrea Paulucci, esperto commerciante e numismatico. Le legende sono le stesse della moneta venduta da LANZ. E' stato Lanz ad attribuirla oppure l'ha avuta da un collezionista già attribuita ? Lanz si è perso nella nebbia e non avremo risposta. Ho guardato sul "Fascio Numismatico" (pubblicato nel 1927) e con la legenda . CONFIDENS Etc. ...elenca Frinco,Messerano,Rovegno e Maccagno.(Piemonte e Lombardia). Non Correggio e Massa ma è libro quasi centenario. Mi fermo qui. Poi farò altre ricerche. Buona domenica.
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  33. Concordo, ci piace tanto! Complimenti 🎉
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  34. Decisamente gradevole specialmente per la bella patina, che al R/ distoglie dalla decentratura. Bravissimo!
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  35. Non è la prima volta e non sarà nemmeno l’ultima in cui immagini satellitari permettono di scoprire siti nascosti sottoterra. Ma io ogni volta impazzisco letteralmente… Tre Forti romani d’espansione scoperti con le immagini aeree di internet. Ora si scende e si scava -> https://www.stilearte.it/tre-forti-romani-despansione-scoperti-con-le-immagini-aeree-di-internet-ora-si-scende-e-si-scava/ Immagine satellitare del campo orientale (Fonte: Google Earth; Maxar). Un’indagine di telerilevamento nel sud della Giordania ha identificato almeno tre Forti temporanei romani che indicano una probabile campagna militare non documentata in quella che è oggi l’Arabia Saudita, e che gli studiosi che hanno compiuto la scoperta suppongono sia collegata all’annessione romana del regno nabateo nel 106 d.C. La scoperta è stata pubblicata ieri, 27 aprile 2023, a livello di anticipazione, sul sito dell’Università di Cambridge e troverà spazio nella rivista Antiquity. Lo studio è firmato da Michael Fradle, Andrea Wilson, Bill Finlayson e Roberto Bewley. Le strutture molto precise e la sopravvivenza del recinto fortificato nonché delle suddivisioni reticolari lascerebbero intendere che non siano semplici accampamenti, ma fortilizi temporanei d’espansione realizzati dall’esercito romano e mantenuti vivi almeno per tutta la durata della campagna come punti di sosta dell’esercito stesso per raggiungere i campi di battaglia e per poter all’occorrenza arretrare, con coperture. Vista aerea obliqua del campo centrale, da est. Possibili divisioni interne rettilinee sono visibili sul lato sinistro del recinto (APAAME_20221123_FAB-0154, ripresa da F. Bewley). “L’analisi delle immagini satellitari nel sud della Giordania da parte del progetto Endangered Archaeology in the Middle East and North Africa(EAMENA) – dicono i ricercatori – ha permesso di identificare una serie di tre campi di marcia romani a est di Bayir. Queste sono probabili prove di una spedizione militare verso Dûmat al-Jandal nella regione di Jawf in Arabia Saudita. Sebbene al momento non sia possibile datare queste strutture in modo più accurato o collegarle a campagne militari romane documentate nella regione, ipotizziamo che possano essere correlate all’annessione del regno nabateo iniziata nel 106 d.C.”. Le immagini sono state “catturate” dall’altro sia con immagini satellitari di Google earth che attraverso altre indagini aeree più approfondite A lost campaign? New evidence of Roman temporary camps in northern Arabia -> https://www.cambridge.org/core/journals/antiquity/article/lost-campaign-new-evidence-of-roman-temporary-camps-in-northern-arabia/538421A1D1F89C6EA23F1B757D08CB91 Remote sensing survey in southern Jordan has identified at least three Roman temporary camps that indicate a probable undocumented military campaign into what is today Saudi Arabia, and which we conjecture is linked to the Roman annexation of the Nabataean kingdom in AD 106. Type Project Gallery Information Antiquity , First View , pp. 1 - 6 DOI: https://doi.org/10.15184/aqy.2023.50[Opens in a new window] Copyright Copyright © The Author(s), 2023. Published by Cambridge University Press on behalf of Antiquity Publications Ltd. Introduction Analysis of satellite imagery in southern Jordan by the Endangered Archaeology in the Middle East and North Africa (EAMENA) project has identified a series of three Roman marching camps to the east of Bayir. These are probable evidence of a military expedition toward Dûmat al-Jandal in the Jawf region of Saudi Arabia. Although it is not currently possible to date these structures more accurately or connect them to any documented Roman military campaigns in the region, we conjecture that they may relate to the annexation of the Nabataean kingdom that began in AD 106. Methodology and results The EAMENA project systematically analyses open-source satellite imagery through platforms such as Google Earth to identify and document the form and condition of archaeological sites. During survey of the Jordan-Saudi Arabia border region the slight trace of a rectangular enclosure was identified, exhibiting the classic playing-card shape of a Roman fort or camp. Further investigation identified two additional enclosures to the west (Figure 1). These images showed clearly the form, symmetrical entrances, and the titulusoutworks in front of the entrances that confirmed these were temporary camps built by the Roman army. On 23 November 2022 the Aerial Archaeology in Jordan (AAJ) project photographed the western and central camps (for all AAJ photographs, see www.apaame.org). Figure 1. Distribution map, showing location of the temporary camps (figure by the authors using QGIS). The western camp (EAMENA-0216152) is approximately 43.5km (27.05 miles) east-southeast of Bayir and measures approximately 125 × 105 m, with an internal area of around 1.291ha (3.189 acres). Oblique aerial photographs show possible rectilinear internal divisions (Figures 2 & 3). This western site had been registered on the MEGA-Jordan platform (NN/SITE 3501.004), but the site is not identified as a Roman camp. Figure 2. Oblique view of the western camp from the south-west. Possible rectilinear internal divisions are visible on the bottom and left of the enclosure (APAAME_20221123_RHB-0055, taken by R. Bewley). Figure 3. Oblique aerial landscape view of the western camp, from the north-east (APAAME_20221123_FB-0087, taken by F. Bqa'in). The central camp (EAMENA-0216151) lies around 44.2km (27.05 miles) east-southeast of the western camp and measures approximately 95 × 65m, with a smaller internal area of some 0.691ha (1.709 acres). Oblique aerial photographs again suggest rectilinear internal divisions (Figures 4 & 5). Finally, the eastern camp (EAMENA-0216150) is located around 37.7km (23.42 miles) east-southeast of the central camp, and again measures approximately 95 × 65m (Figure 6). Figure 4. Oblique aerial view of the central camp, from the east. Possible rectilinear internal divisions are visible on the left side of the enclosure (APAAME_20221123_FAB-0154, taken by F. Bewley). Figure 5. Oblique landscape view of the central camp, from the east (APAAME_20221123_FB-0166, taken by F. Bqa'in). Figure 6. Satellite image of the eastern camp, 26 February 2017 (Source: Google Earth; Maxar). Neither the central nor the eastern camp is recorded on the MEGA-Jordan platform, and they appear not to have been previously documented. In terms of condition, all three sites are relatively stable, but have been affected by modern vehicle tracks. The three camps are located on the barren limestone and chalk formations on the west side of Wadi Sirhan, while the oasis and possible Roman installation of Bayir is situated on the Belqa group limestones of central Jordan. The near-complete absence of other structural remains of any period on the satellite imagery is in contrast to surrounding regions and suggests that the landscape was relatively uninhabited for millennia. The area along the southern end of Wadi Sirhan, to the east of this line of camps, was also examined. As this area is today largely covered by recent central-pivot irrigation systems, Kh9 Hexagon images taken on 24 August 1982 were analysed, but no further potential camps were identified. On current evidence, the eastern camp is the final station in the line, but camps to the east may have been lost under wind-blown sands. Discussion This line of camps is a remarkable survival of Roman military activity in northern Arabia. Temporary camps built by the Roman army are rarely identified in the region, and in Jordan only four possible examples are listed in Kennedy's (Reference Kennedy2004) overview. These include a large example at Azaima to the north of the Dead Sea, a possible camp underlying the later fort at Azraq, and two camps (see Figure 1) to the south-west from Bayir: Tell Abara, near Udruh, and Kh. Abu Safat. The trajectory indicated by these new camps suggests an expedition toward Dûmat al-Jandal and Sakaka in the Jawf region at the eastern extent of the Nabataean kingdom. Charloux and Loreto (Reference Charloux and Loreto2013) suggest the existence of a minor caravan route linking Bayir and Dûmat al-Jandal, which would mirror the route implied by the camps. The use of such a peripheral route could have been part of a strategy to bypass the more obvious route down the Wadi Sirhan, adding an element of surprise to any attack on the Jawf region, or as a flanking manoeuvre as part of a broader campaign, with a second force in the Wadi Sirhan possibly responsible for the camp built at Azraq. The distance between the camps across barren terrain is arguably too far to be crossed by infantry in a day and supports the alternative that the camps were for mounted troops—perhaps with camels. Based on the models developed by Richardson (Reference Richardson2002) on Roman camp capacity, we conjecture that the western camp could have held two notional mounted cohorts, while the smaller central and western camps held a single mounted cohort. The reduction in camp size from the western to the central camp raises an important question about what happened to the expedition. One possible scenario is that half of the force was lost before reaching the central station, but it is more likely that half of the force only advanced as far as one day's ride from the wells at Bayir and was possibly involved in ferrying water to the eastward advancing units until they could reach water stops on the Wadi Sirhan. On this route and with such a small force, speed was presumably the priority. A final option is that the force split and advanced in different directions on leaving the western camp, and we have not identified the second route. The spacing of the camps provides more evidence that the well station at Bayir may also have been occupied by the Roman military, whether in a temporary or more permanent capacity. A fort at Bayir was demolished in the early 1930s and has been interpreted as an Islamic structure (Field Reference Field1960: 99–101), but lacks detailed study. The identification of Latin, Greek and Nabatean inscriptions in the vicinity of Bayir suggests earlier activity in the area (Calzini & Ruffo Reference Calzini and Ruffo1995), now further supported by its position within the alignment of camps under discussion. The campaign against the Nabataean kingdom by Marcus Aemilius Scaurus in 62 BC focused on Petra, far to the west (Josephus, Antiquities of the Jews 14.80–81; Jewish War 1.159; trans. Whiston Reference Whistson1850). The most probable context for the newly identified camps is the annexation of the Nabataean kingdom following AD 106, potentially supporting views that the process may have been more violent than previously understood (Cimadomo Reference Cimadomo2018). The Roman army was present as far south as Hegra by AD 175 (Fiema & Villeneuve Reference Fiema, Villeneuve, Sommer and Matešić2018) and Dûmat al-Jandal by the third century AD (Bowersock Reference Bowersock1982: 158; Charloux & Loreto Reference Charloux and Loreto2013: 31). By this time, however, control had long been established over the area and it is therefore a less convincing context for a military campaign; the annexation period under Trajan after AD 106 offers the most likely setting for this expedition. Future fieldwork could potentially confirm some of these initial interpretations, particularly if material could indicate the period in which the camps were built and occupied. Further investigation in the southern Wadi Sirhan and in the vicinity of Dûmat al-Jandal might also add to our understanding of the Roman army operating in this region. Funding statement We would like to thank our funders at Arcadia Fund, a charitable fund of Lisbet Rausing and Peter Baldwin (grant no. 4178). The Aerial Archaeology in Jordan project is grateful to the Augustus Foundation for its continued funding.
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  36. Ciao,100 post attivi @Daniele Elias ciao daniele,stai facendo probabilmente una scelta che ti fará far il salto di qualitá.Forse sará anche il passaggio tra raccoglitore come me a vero collezionista,chissá😁. I canali di vendita sono quelli,come ben detto su dall' amico @Kriper0204, quelli nominati da lui sono molto immediati. Lascia perdere i compro oro, lí si fa l' interesse sul fino, la numismatica la guardano poco. Ps: questa discussione andrebbe credo in PIAZZETTA, qui si discute di come si usa il forum quando si hanno intoppi😁 @CdC (grazie) non mi odiare pure di domenica mattina,quando puoi,anche martedí🤣....è per una causa nobile😁
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  37. Ciao, Innocenzo XI (1676-1689). Grosso, Roma. Munt 170, CNI 211, MIR 2031/1
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  38. Credo @Vietmimin ad oggi pressochè invariato ed in nostra isola . Una buona serata
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  39. Buonasera, si tratta di un imperiale, coniato nel Trecento. E' esattamente il tipo presentato da @Oppiano, con la legenda del rovescio che inizia un po' a sinistra, e non al centro come sugli altri tipi, e con le foglie del trifoglio cuspidate. Io lo collocherei nel periodo compreso tra il 1311/2 e il 1323, nello stesso periodo in cui si coniavano imperiali dello stesso valore a nome di Enrico VII a Milano, a Cremona, a Piacenza, a Brescia e a Parma.
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  41. a mio modesto parere si avvicina più allo splendido che al bb.
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  42. Salve. Fra le mie monete ho rintracciato una 1848 con 8 su 7. Ho pensato di pubblicarla. Stesso conio di quella di Ptr79? Conservazione? Non eccezionale! Saluti a tutti.
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  43. Potremmo dire dalla Treccani: tìtolo s. m. [dal lat. titŭlus]. – 1. Con riferimento all’antichità romana (per la quale è di uso frequente, anche oggi, la forma lat. titulus), iscrizione apposta alle immagini degli antenati; più genericam., iscrizione sopra statue, archi trionfali, ecc. Più visivamente: https://www.moruzzi.it/la_titolatura_imperiale.html La titolatura delle monete romane imperiali IMPERATOR Imperator con il significato di comandante, fiu usato in epoca repubblicana, come cognomen, per indicare il generale vittorioso che era stato acclamato dalle sue truppe sul campo. Da Tiberio in poi viene aggiunto, un numero per mostrare in quante occasioni l’imperatore era risultato vincitore. AVGVSTVS Fu ottenuto per la prima volta da Ottaviano nel 27 a.C. da allora in poi fu il titolo più distintivo dell’imperatore e divenne inseparabile dalla restante titolatura imperiale. La scelta del termine non avvenne casualmente; infatti, data per certa la derivazione dalla radice della parola augur, il termine Augustus stava ad indicare che colui che lo portava non era affatto un uomo ordinario. PONTIFEX MAXIMVS La suprema carica della gerarchia religiosa, quella di Pontifex maximus, fu accettata da Augusto alla morte di Lepido, nel 12 a.C. Il titolo, che conferiva grande dignità a chi lo rivestiva, fu regolarmente esteso a tutti i successori di Augusto. TRIBUNICIA POTESTAS Il potere tribunizio fu usato come cognomen “imperator”, con o senza indicazione del numero delle volte in cui tale carica fu rivestita. La numerazione della tribunicia potestas indicava l’anno del regno. PATER PATRIAE Il più alto onore che lo stato romano concesse agli imperatori, quello di essere considerato pater patriae, padre della patria, fu attribuito per la prima volta ad Augusto nel 2 a.C. Il titolo non aggiungeva nulla ai poteri dell’imperatore, ma era una espressione di gratitudine da parte del senato nei confronti del princeps. OPTIMVS Questo titolo che appartiene a Traiano, gli fu offerto all’inizio del regno e fu comunemente applicato in tutti i documenti ufficiali. Il nome OPTIMVS fu accettato da Traiano nel 114-115 d.C. e fu adottato su tutte le monete emesse negli anni successivi. OPTIMVS PRINCEPS è normale sulle monete da circa il 105 d.C. Il titolo, come i titoli militari di Traiano, fu abbandonato da Adriano, dopo un breve uso nel 117 d.C. TITOLI VARI Spesso titoli come DIVI F(ilius), figlio del divino, DIVI AVGVSTI F(ilius), figlio del divino Augusto, furono usati per mostrare una relazione esistente tra l’imperatore regnante ed il suo antenato. TITOLI MILITARI
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  44. Ciao @paultss, certamente lo avrai già letto, ma te lo segnalo lo stesso qualora fosse di tuo interesse. https://it.wikisource.org/wiki/Un_tallero_di_Maccagno Saluti. Ti segnalo anche questo: 2002. 'The Circulation of Dutch Leeuwendaalders in 17th Century Ottoman Palestine: New Evidence from Two Unpublished Hoards' Jaarboek voor Munt en Penningkunde 89: 47 -68. https://www.academia.edu/4424141/The_Circulation_of_Dutch_Leeuwendaalders_in_17th_Century_Ottoman_Palestine_New_Evidence_from_Two_Unpublished_Hoards_Jaarboek_voor_Munt_en_Penningkunde_89_2002_47_-68
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  45. Cari Forumisti condivido oggi l’ultima arrivata in collezione, terzo esemplare in raccolta di questo piccolo grande capolavoro numismatico voluto da Vittorio Emanuele III e uscito dalle geniali mani di Attilio Silvio Motti su modello di Davide Calandra. Cito anzitutto disegnatore ed incisore perché questa tipologia fa parte delle quattro prove che hanno preceduto la altrettanto ricercata emissione regolare. Si tratta della meno rara delle prove, ma comunque ha indubbiamente un suo seguito di aficionados 😁. È entrata in collezione il mese scorso quasi casualmente, a seguito di un prezzo estremamente competitivo, decisamente al di sotto della media per questa conservazione, ed in considerazione del leggero colpetto al bordo a ore sette del R. Sapete che cerco i FDC, ma qui i rilievi non sono poi così male e il rapporto prezzo/qualità assolutamente formidabile. Ho fatto due foto con luci diverse per far apprezzare la differenza di risultati al modificarsi delle differenti angolazioni luminose. I due esemplari di regolare emissione in raccolta sono uno paragonabile a questa, (che è periziata qFDC), precisamente SPL+/qFDC con favolosa patina bersaglio, qui già due volte condiviso, e l’altro è un FDC assoluto, una moneta straordinaria che ha attirato nei decenni l’ammirazione di vari commercianti, periziato Ugo Aureli nel 1969, che però è sepolta da secoli in banca. Anche di questo esemplare che vi mostro oggi il destino è quello, per cui volentieri lo condivido prima della sepoltura 🤣 per la gioia di chi apprezza quest’arte incisoria di assoluto livello mondiale. Le altre tre emissioni di prova sono via via più rare. Si parte dal 1914 Prova, riportato R2 come questo e come la tipologia destinata alla circolazione, ma più difficile da trovare rispetto a questa. Poi si sale vertiginosamente di quota all’R4 del mitico “1a prova” del 1914, davvero difficile da reperire. E si chiude infine con l’inafferrabile “1a prova” con data 1913, a metà strada tra R4 e R5 secondo me, che in FDC sfiora ampiamente le centomila cocuzze (forse cinque gli esemplari noti se non vado errato, ma qualcuno più esperto potrà correggermi). Comunque il 5 lire 1914 e’ universalmente conosciuta come la più bella moneta in argento del Re Numismatico, e forse del Regno d’Italia intero, e in mano le sensazioni che da’ non smentiscono questa fama. Il Prova di Stampa è più raro dell’emissione normale, ma per i FDC veri (diciamo da MS 65 in su) il mercato paradossalmente prezza di più quest’ultima, forse perché i Prova di Stampa generalmente si trovano in qFDC (come il mio esemplare) o FDC, mentre i 1914 regolari in vero fior di conio sono molto bisbetici da trovare, principalmente per i colpi al bordo che caratterizzano oltre la metà degli esemplari, peculiarità che invece solitamente si reperisce meno frequentemente sulle prove, proprio per lo scopo di queste ultime, che non era la circolazione regolare. Buona serata a tutti e alla prossima
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  46. È solo il taglio della foto che ha incluso parte dello sfondo più scuro. Mi scuso per l'imprecisione grafica, ma ero abbagliato dalla conservazione di questa moneta che dev'essere finita subito in tasca ad un collezionista 150 anni fa (e lì rimasta). Di solito questi Scudi, solo per la loro dimensione nella circolazione, sono ricoperti di graffi e graffietti per non parlare dei bordi tormentati da colpi spesso provocati da lanci su pietra per verificarne il suono dell'argento, mentre in questa moneta i bordi del contorno sono ancora taglienti: Mi sono accorto che se dico "in buona conservazione", i pignoli del forum tacciono. Quando scrivevo "FDC" o "in alta conservazione", apriti cielo, c'era la corsa a trovare veri o presunti difetti. Stavolta, è vero, mi sono nuovamente sbilanciato e vedo che i "motori" si si stanno scaldando...
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  47. Io non offro di più, ma propongo il mio esemplare per confronto, ugualmente periziato FDC e acquistato pochi anni fa, vi giuro a meno di un terzo di quanto l’attuale offerente, diritti inclusi, dovrà sborsare per avere l’esemplare offerto in asta. Certamente non è un esemplare eccezionale. Ed è di qualità inferiore anche solo per i graffietti di conio al R, ma…tenuto conto di tutto, sapevo di aver fatto un affare ai tempi, ora, a vedere questi prezzi, ne sono ancora più convinto. 🤷🏽‍♂️
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  48. C'è anche il non trascurabile aspetto che il CNI è un'opera di cent'anni fa, mentre il MIR è recentissimo, pertanto comprende numerosi aggiornamenti e correzioni del CNI. A mio parere a livello collezionistico il MIR è un'opera fondamentale e imprescindibile, mentre il corpus resta utile come consultazione a livello scientifico ma anche in tal campo è talora superato da opere tematiche successive (come il Muntoni per le papali).
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