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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 10/21/23 in Risposte

  1. Buongiorno, segnalo la pubblicazione della mia monografia dal titolo "Le monete milanesi di Carlo V". L'Opera tratta ed illustra tutte le emissioni caroline coniate dalla zecca di Milano, fornendo inoltre tutti gli approfondimenti necessari per avere una visione multidisciplinare della materia. Trovano uno spazio dedicato anche le figure dei Maestri incisori, le suggestive medaglie monetiformi, un'enigmatica tessera e quelle emissioni oggi non reperite o rifuse ancor prima di entrare in circolazione. Non potevano certo mancare un repertorio delle principali vendite pubbliche aventi significativi nuclei della monetazione trattata, l'illustrazione delle affascinanti falsificazioni d'epoca e qualche piccola "rivoluzione" (con solide basi documentarie!) come quella riguardante la catalogazione dello scudo "dei Giganti". I materiali monetari sono ordinati secondo un'inedita impostazione cronologica, creando così una vera e propria narrazione di queste prestigiose emissioni tanto apprezzate sia dai numismatici sia dagli storici dell'arte. L'acquisto dell'Opera è possibile unicamente presso le principali librerie online, Amazon ed ovviamente il sito dell'Editore. Prezzo di copertina: 49,90 € ISBN 9791221498295 141 pagine Immagini a colori Copertina rigida Pagine in carta patinata da 130g/m2 Formato 17x24 cm Buona lettura Antonio Rimoldi
    5 punti
  2. I problemi di reazione con la plastica, per dare un'idea, sorgono dopo circa un anno. Sì, le capsule sono tondelli trasparenti a forma di moneta in plastica rigida. È un metodo sicuramente più costoso rispetto agli oblò e ancora di più rispetto ai normali fogli con bustine. Come quasi tutto, più si spende più si ha. I metodi di conservazione che occupano meno spazio sono i peggiori. I migliori sono quelli che occupano più spazio. Sta a te trovare il giusto compromesso tra spazio, tempo, costo. Per quanto riguarda il rischio di cadute ovviamente c'è: basta non farle cadere 😅. Se si è accorti, le si maneggia adeguatamente e magari sopra la scrivania con sotto un apposito vassoio non rigido, il rischio di danni è minimo.
    2 punti
  3. Finalmente il lavoro è pronto, leggendo l'indice sarà sicuramente interessante per tutti i cultori di Carlo V e della monetazione del ducato di Milano.
    2 punti
  4. E perchè? Non c'è niente di male a dare visibilità a un articolo interessante scritto da un utente, anzi... va nel senso della mission del Forum quello di condividere conoscenza. Illyricum
    2 punti
  5. Tesori etruschi della Toscana | Il Cinerario Paolozzi https://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/tesori-etruschi-della-toscana-il-cinerario-paolozzi/143648.html Alla scoperta del capolavoro nascosto nel Museo Archeologico Nazionale di Chiusi in compagnia dell’etruscologo Giuseppe M. Della Fina La facciata del Museo Archeologico Nazionale di Chiusi. Foto: Roberto Lazzaroni | CC BY SA 3.0. Foto tratta da Wikipedia Il Cinerario Paolozzi è il «capolavoro nascosto» conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Chiusi. Si tratta del vaso funerario in terracotta che il collezionista e scavatore Giovanni Paolozzi rinvenne nel 1873 all’interno di una tomba a ziro nella necropoli di Dolciano. Lo conservò presso di sé sino al 1907 quando passò per legato testamentario al museo della sua città natale, di cui aveva contribuito a portare alla luce il passato etrusco. Fu uno scavatore fortunato, come ricorda un suo cugino, il conte Mauro Faina, che, a sua volta, aveva iniziato a collezionare antichità nel 1864. In alcuni appunti che intitolò Memorie, ove si è scavato, rammenta con ironia: «scavi felicemente cominciati da Paolozzi ed infelicemente proseguiti dallo scrivente». La passione per il collezionismo archeologico era stata trasmessa a lui dagli antenati: già alla fine del Seicento, a Chiusi, i Paolozzi avevano iniziato a raccogliere antichità: alcune urne cinerarie con iscrizioni, che menzionavano la famiglia etrusca dei marcni, sono ricordate presso di loro. Nel 1733 la raccolta ampliata notevolmente venne visitata da Anton Francesco Gori, uno dei protagonisti della stagione settecentesca di studi definita Etruscheria, durante la quale ogni primato era attribuito agli Etruschi. Anton Francesco Gori ricorda Ristoro Paolozzi come l’unico personaggio che dimostrava interesse per la conservazione in loco dei reperti che ritornavano alla luce a Chiusi. La raccolta andò arricchendosi ulteriormente nei decenni successivi e nel 1819 venne visitata dal granduca Ferdinando III e dall’arciduca d’Ungheria. Alcuni anni dopo ebbe modo di osservarla e descriverla Wilhelm Dorow che era contemporaneamente un diplomatico al servizio di Federico Guglielmo III di Prussia, un archeologo e un collezionista di antichità. La definì: «véritable trésor national pour sa patrie». Il Cinerario Paolozzi. Foto: Fabrizio Garrisi. Wikimedia Commons La collezione venne ceduta da Giovanni Paolozzi al Comune di Chiusi nel settembre del 1873 per la cifra di 7.400 lire dopo un teso dibattito all’interno del Consiglio comunale anche in considerazione del ruolo di sindaco che svolgeva lo stesso Paolozzi. Il quale accettò di abbassare la valutazione iniziale di un perito che l’aveva valutata 8.795 lire e accettare un pagamento in dodici rate annuali. Non si voleva far perdere un’altra importante collezione alla città, dato che pochi anni prima, nel 1865, quella Casuccini era stata acquistata per il Museo di Palermo dove si trova tuttora. Paolozzi trattenne, comunque, presso di sé alcune antichità, alle quali era particolarmente legato, compreso il Cinerario che oggi porta il suo nome e la cui proprietà è divenuta pubblica nel 1907, come si è ricordato. È interessante segnalare che Luigi Adriano Milani, direttore del Museo Archeologico di Firenze, provò ad acquistarlo, insieme ad altri reperti dello stesso corredo funerario restati nella disponibilità del collezionista, come attesta una lettera, inviata il primo febbraio 1899 a un ormai quasi settantenne Giovanni Paolozzi, era nato infatti nel 1831: «questo museo potrebbe pagare per esse la somma complessiva di Lire 1000». La risposta fu negativa: il Cinerario non doveva lasciare Chiusi. Il vaso funerario è stato oggetto di un profondo intervento di restauro nel 2000 diretto da Mario Iozzo ed eseguito da Giuseppe Venturini. Esso ha consentito di recuperarne l’aspetto originale eliminando le integrazioni e le incomprensioni degli interventi precedenti, di conoscere l’apparato ornamentale che lo caratterizzava: una decorazione floreale dipinta in nero sul corpo del vaso e oggi appena visibile, decorazioni impresse nella quadrettatura della veste della figura principale e la presenza di laminette scintillanti all’interno dei becchi spalancati dei grifoni. Il Cinerario è composto da un vaso, destinato a contenere le ceneri della defunta, sensibilmente rastremato verso il basso e caratterizzato da una spalla larga e carenata. Proprio sulla spalla e sul collo sono applicate quattro singolari protomi di grifone. Alle protomi si alternano quattro figure femminili piangenti di piccole dimensioni, che sono riproposte sul coperchio. Quest’ultimo accoglie una figura femminile a dimensione maggiore, con una raffinata veste quadrettata e che porta la mano sinistra al seno, mentre la destra, lacunosa, era protesa in avanti. La statuetta raffigura simbolicamente la defunta. Il Cinerario ha un’altezza complessiva di 89 cm ed è stato lavorato al tornio e levigato, mentre gli elementi plastici sono stati eseguiti a mano libera, con ritocchi a stecca e presentano fori sfiatatoi per ridurre i possibili inconvenienti nella cottura. Resta da dire che il vaso nel suo insieme accenna a scene del rituale funerario etrusco ed è databile negli anni 630-600 a.C.
    2 punti
  6. Ciao, da quando si può vedere dalle foto e dai dati ponderali (forse il diametro non è stato misurato bene, sembra un po scarso 🙂) secondo me si tratta di un dupondio dell'imperatore Vespasiano con la personificazione sul rovescio della dea della pace. Mi sembra che sulla testa dell'imperatore siano visibili alcuni raggi della corona radiata, mentre sul rovescio l'altare che anche tu hai evidenziato e che si vede chiaramente e la scritta AUG tronca (non sembrano esserci più lettere dopo la G) fanno propendere per la tipologia che ti posto per paragone. ANTONIO
    2 punti
  7. Per ottenere un elettrotipo si deve creare uno stampo in cera (o altro materiale modellabile) del dritto e uno stampo analogo del rovescio della moneta da riprodurre. Ogni stampo, ricoperto da un conduttore di elettricità come la grafite, viene impiegato da catodo (polo negativo) di una cella elettrolitica dove l’anodo (polo positivo) è costituito dal metallo che si vuol depositare sullo stampo e la soluzione elettrolitica è formata da un sale del metallo stesso. Al passaggio di corrente elettrica, all’anodo di rame si formano ioni rameici che, attraverso la soluzione di solfato rameico, vengono trasferiti al catodo dove vengono ridotti a rame metallico; questo si deposita sullo stampo che viene ad assumere in positivo le immagini e le scritte che recava impresse in negativo. Quando lo strato di metallo ha raggiunto uno spessore adeguato, si interrompe la corrente e si rimuove la cera dallo stampo che così raffigura una faccia e parte del contorno della moneta di partenza. Dopo lo stesso procedimento sull’altro stampo, si hanno a disposizione due “gusci” ciascuno dei quali rappresenta una faccia e parte del contorno della moneta di partenza. I gusci si possono tenere separati e in tal caso danno l’opportunità di osservare contemporaneamente le due facce della moneta, come nel caso degli elettrotipi esposti nelle teche di vari musei. Oppure i due gusci si uniscono fra loro, lavorando il contorno di ciascuno di essi in modo da ridurlo a metà dello spessore della moneta originale e poi unendo le due metà, oppure lasciando inalterato il contorno di una metà e inserendovi l’altra metà. Prima dell’assemblaggio finale e della saldatura permanente, l’elettrotipo deve raggiungere esattamente il peso della moneta autentica riempiendo l’intercapedine tra i due gusci con un metallo base o una lega. Una bella sfida per l’electrotyper. apollonia
    2 punti
  8. Ho raddrizzato la foto. non riesco a leggere tutto: leggo PROVINCIE (...) ESE. (...) TRA / (?)E ORDINIS SCTI BENEDICTI Quindi dovrebbe essere un sigillo benedettino
    2 punti
  9. Esatto. Hai centrato il punto. E non è facile neanche per le piccole editrici generaliste. Al di là della rivista, spero comunque che non vadano persi né posti di lavoro né l'esperienza di questa impresa editoriale.
    2 punti
  10. Sembra che il suo magazine sia dedicato principalmente alle ricette di cucina. Certo, se le sue competenze culinarie sono le stesse che in numismatica, ci vuole coraggio a provarne una petronius
    2 punti
  11. Sono lire molto rare perchè circolavano solo a Taranto e il suo territorio. Arka Diligite iustitiam
    2 punti
  12. Wow, grazie mille per tutte queste info
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  13. tavola del Carelli su Orra .
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  14. Ciao @Mario Vintage Monete Non si tratta di un denario bensì di un quinario della gens Porcia e datato all'89 a.C. a nome del console a nome di Marco Porcio Catone che, in piena guerra sociale, prese il comando delle operazioni sul fronte meridionale del conflitto che oppose Roma a molte tribù di alleati. Crawford 343 / 2 b La diritto testa di Libero M CATO con A e T in nesso. Al rovescio in esergo VICTRIX
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  15. Dovrebbe trattarsi di una moneta romana repubblicana, https://felsinea.bidinside.com/it/lot/5221/porcia-m-porcius-cato-89-ac-/
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  16. Ottimo! Complimenti. Ve ne fossero di queste iniziative…. Lungimiranti !
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  17. Concordo, però è genericamente normale cercare di collezionare monete con varianti .. diciamo che questa pratica è stata riproposta un po' troppo a scopo di marketing. Non puoi acquistarne solo una se collezioni. Triste per chi si ritrova a dover spendere di più, ma non per IPZS che con poco sforzo ha riprodotto il triplo dei prodotti. Oggi è tutto un azienda, dalle scuole agli ospedali.. figurati per una fabbrica di soldi se poteva essere immune da queste regole di mercato. Li sto giustificando perchè ne riconosco il motivo, ma ribadisco, anche a me dispiace.. anch'io ho speso il triplo 😅 ..e meno male che non ero interessato a tutti questi trittici tricolori .. 😅 😅 😅
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  18. Nutella & Numismatica. Danno entrambe godimento 😁😄
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  19. Hai pienamente ragione sul diametro... Ho letto male, era scritto 27 - 28 mm Penso che la moneta sia proprio quella, dal poco che si vede corrisponde tutto! Giro le informazioni e ringrazio per l'identificazione!
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  20. Sarebbe almeno da vietare ripetizioni di commemorazioni e sopratutto gli sponsor. Vedere monete di 3 colori della nutella, sono di una tristezza disarmante. Ma quanto siamo caduti in basso con IPZS?
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  21. Sì, è dell'epoca di Costantino I. Follis anonimo con VRBS ROMA coniato tra gli anni 330-337 (non ho il RIC sottomano) nella zecca di Antiochia. Arka Diligite iustitiam
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  22. Great. non vedo l'ora. Quando arriva è sempre un po' come Natale
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  23. Ci credo, per questo che con solo qualche foto nonchè solo a monitor non mi sento di avallare nessun genere di errore di stampa, che siano vistosi o meno.
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  24. Ciao , se puo' essere utile alla tua ricerca storica sulla moneta postata ti allego la pagina della Gens Tullia tratta dall' opera numismatica del Babelon .
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  25. DE GREGE EPICURI Volevo mostrarvi questa bella moneta greca, che è un po' il simbolo della liberazione dagli ottomani e della rifondazione dello stato. E' a nome di quel Kapodistrias che ne fu uno de protagonsti, poi assassinato perchè accusato (se ben ricordo) di essere "troppo filo-russo" (la Russia, nemica dell'Impero Ottomano, sosteneva l'insurrezione greca). La data dovrebbe essere il 1830 ma non è assolutamente leggibile; io proprio non ne vedo traccia, anche se sul Krause non sono citate monete non datate.Ne sapete qualcosa? Pesa 15,88 g. e misura 30 mm.
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  26. Tanto per sorridere un po': Io dopo tre anni senza aver mai preso il COVID...🤫😅
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  27. Hai ragione... Ho fatto confusione, ma l'ora era tarda e tra prendere volumi e foto ho risposto d'impulso... Comunque la differenza è chiara... Probabilmente essendo stata una coniazione molto copiosa, in un dato momento è stata utilizzata una pasta residua, magari dalla coniazione dei 10 o 20 soldi, per coniare un ridotto numero di questi 5 soldi... io non penso ad una prova...
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  28. @Horasdoceo è originale come questa 😆 La presi in "zecca" a Praga, un negozietto che produceva tutta la serie, insieme a molte altre riproduzioni. Il sito ancora esiste ma non hanno più nulla in vendita antiquanova.com
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  29. Mi preme precisare che non si legge da nessuna parte che la rivista "Monete Antiche" cesserà la sua pubblicazione MONETE ANTICHE continuerà ad essere pubblicata Direttore e Curatore della rivista non cambieranno. odjob
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  30. Ricorda vagamente i rovesci di Laos (Lucania)
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  31. La seconda direi un follis di Massimiano (o Massenzio) si legge IMPCMAXIMIANVS ... ed al rovescio si vede una figura in piedi drappeggiata a sx con la bilancia e mi pare di leggere CMONVRB Pertanto potrebbe essere simile a questa o un qualche tipo con la raffigurazione di Moneta al rovescio
    1 punto
  32. Questi sono gli abstracts delle relazioni: https://www.academia.edu/40454899/MONETE_FRAZIONATE_Quadri_regionali_questioni_cronologiche_aspetti_economici gli atti risultano ancora "in fase di stampa" stando ai curricula dei relatori
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  33. Purtroppo parlo per esperienza diretta. Ho compilato buona parte del catalogo delle monete americane, mancherebbero i centesimi (più le commemorative, più un sacco di altra roba, ma coi centesimi si completerebbero almeno le monete per la circolazione), ma è ormai da tantissimo tempo che per tutta una serie di motivi non riesco ad andare avanti petronius
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  34. Ciao! Avete detto tutto! Bravi. Complimenti a tutti ed in particolare a @Ulpianensis che si è studiato quanto possibile su questa moneta che, come giustamente già scritto, ha una iconografia insolita per le monete veneziane; c'è una prospettiva e la figura del Cristo che non è, come di solito, ieratico nell'atto di benedire, ma dinamica ... esce dal suo sepolcro scavalcandolo. saluti luciano
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  35. l'altra quanto pesa ? non farlo
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  36. Ciao, mancano peso e diametro delle monete che aiuterebbero molto🙂. La prima, da quel poco che si riesce ad intravedere sia dal ritratto che dalla figura sul rovescio e dalle poche lettere visibili delle legende , dovrebbe trattarsi di un asse dell'imperatore romano Commodo con la raffigurazione della dea della guerra Minerva sul rovescio. Posto foto di moneta della stessa tipologia per confronto. Sulle altre due non posso esserti di aiuto . ANTONIO
    1 punto
  37. Buongiorno, Condivido con voi l'ultimo acquisto, una 1858 con punteggiatura completamente assente al rovescio. I tre conii a confronto : Lo studio va avanti. Un saluto a tutti. Raffaele.
    1 punto
  38. Comunque bisogna ammetterlo, ottimo esempio di riciclaggio!
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  39. Ciao a tutti, visto che siamo quasi in periodo natalizio, mi sono anticipato il consueto autoregalo che mi faccio tutti gli anni per compleanno(15 dic)+Natale, non ho saputo resistere alla tentazione di spuntare una casella dalla lista "soddisfazioni da concedermi prima o poi se posso", lista nella quale era compresa anche la moneta oggetto di questo post e che ho il piacere di condividere con voi. Si tratta di un asse di Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, meglio conosciuto come Caligola, potrei farvi un piccolo excursus storico ma non credo che aggiungerei molto a quello che già tutti sapete (molto meglio di me anche), principalmente derivato da fonti storiche successive a lui avverse, anche se per lui, al contrario di Nerone, non ci sono molti appigli per poterlo scagionare (complice anche una quasi certa malattia mentale che lo aveva colpito negli ultimi anni del suo breve regno). Ricordo che da piccolo il primo "incontro" con Caligola fu per via della famosa storia del cavallo senatore, una cosa che mi ha sempre fatto sorridere, ho scoperto poi anche il nome del cavallo, Incitatus, al quale Caligola teneva moltissimo perchè appassionato di corse. Incitatus tra l'altro apparteneva se non vado errato, alla scuderia dei verdi, quella che poi sarà anche la preferita di Nerone (che con il verde aveva un rapporto particolare a quanto sembra). Tutto questo per dire che alla fine, senatore o meno, sicuramente era un cavallo a cui teneva molto. Dal punto di vista collezionistico ho sempre cercato di avere una sua moneta ma fino ad ora senza successo. Lasciamo quindi da parte stravaganze varie e cavalli e veniamo alla moneta in questione. Averla in collezione per me è una soddisfazione immensa ma non devo certo spiegarvi cosa si prova, lo sapete benissimo. Adoro il ritratto e il fatto che è centrata in maniera quasi perfetta. Caligola, Asse, Zecca di Roma, 37-38 d.C., RIC 38 D/ C CAESAR AVG GERMANICVS PON M TR POT; testa di Caligola R/ VESTA; S - C; Vesta con patera. 11.12g x 29mm Vi ringrazio per la vostra attenzione e le vostre sempre gradite considerazioni 😀 Matteo (ho visto che molti mettono il proprio nome in fondo al post, è una cosa che condivido volentieri)
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  40. Ciao, perdonami ma questa tua affermazione così categorica mi sembra un po' fuorviante e decisamente esagerata. Io acquisto tranquillamente su ebay è non ho mai avuto problemi, anzi... Bisognerebbe specificare che sono da prediligere i rivenditori professionali che rilasciano la dovuta documentazione (ed io aggiungerei che accettano la restituzione della moneta/e) questo si, ma perché penalizzare questo canale di vendita ( come anche altri) dove operano tantissimi esperti da tanti anni compresi alcuni noti commercianti italiani. Sia chiaro, non c'è nulla di personale contro di te e la tua risposta ( è una cantilena che viene ripetuta spesso purtroppo, e non capisco il perché...) ma quella di non acquistare sulle varie piattaforme è un invito che a mio parere non è corretto. Consigliare di vedere bene da chi si acquista cioè solo da rivenditori professionali, questo si, e senza alcun dubbio tenersi alla larga da tutti gli altri. 🙂 ANTONIO
    1 punto
  41. La discussione alla quale mi aggancio ha costituito l’occasione per scrivere questo lungo, lunghissimo, post che da tempo avevo in mente e che, per questioni di tempo, non ero riuscito prima d'oggi a mettere giù. Il richiamo dell’art. 64 del Codice dei Beni Culturali non è mai ridondante e tantomeno scontato, come giustamente osserva @Oppiano . La tutela del collezionista di monete antiche trova il suo primo baluardo nella competenza, nella correttezza e nella preparazione del commerciante, requisiti tutti sussumibili nel concetto di professionalità. Il secondo baluardo è nel livello di studio e approfondimento che chi si approccia a collezionare monete antiche deve necessariamente prestare anche alla normativa nel cui ambito dovrà muoversi. E’ un dato di fatto oggettivo. Ed è un fatto altrettanto oggettivo, con il quale ciclicamente mi scontro, che alcuni (pochi per fortuna) commercianti professionisti che vendono anche monete antiche, ancora oggi non abbiano ben chiara l’essenza dell’attestazione di autenticità e provenienza di cui all’art. 64 del Codice dei Beni Culturali. Probabilmente perché il commercio di antiche non rappresenta, per loro, il core business. Capita, quindi, che taluni ritengano di assolvere all’obbligo posto dall’art. 64 del Codice dei Beni Culturali mediante la consegna all’acquirente di “un mero pezzo di carta” (o di un file, nei casi più evoluti) impropriamente denominato “certificato” di autenticità e “lecita” provenienza (come se un bene oggetto di compravendita, qualunque esso sia, possa essere di provenienza illecita!). L’attestato di cui all’art. 64 non si risolve in una foto della moneta antica (per restare nell’ambito degli oggetti di nostro interesse) corredata di una descrizione (auspicabilmente non sommaria e imprecisa) conclusa dalla pomposa dicitura: “certifico che la suddetta moneta è autentica e di lecita provenienza”, a volte pure priva di timbro e sottoscrizione del commerciante (come pure – vi garantisco – mi è capitato in un emblematico caso isolato che ha fortemente ispirato questo post). Tantomeno l’obbligo può ritenersi assolto dal rinvio alla fattura di acquisto e alle condizioni generali di vendita (che, nella stragrande maggioranza dei casi, già contengono la garanzia che il materiale proposto in vendita sia genuino e autentico). Naturalmente il mio discorso è circoscritto agli operatori commerciali italiani, gli unici ad essere tenuti al rilascio dell’attestazione in commento. E’ sconfortante verificare ancora oggi, dopo fiumi di discussioni, di problemi giudiziari e di polemiche, quanto sia complicato per qualcuno comprendere l’importanza che l’attestazione prevista dal Codice dei Beni Culturali riveste anche nella formazione del pedigree che ogni moneta antica dovrebbe recare con sé. Pedigree della cui importanza pure tanto si discute. Ovviamente lo sconforto è tutto personale. L’art. 64, che su questo forum sarà stato citato una infinità di volte, è chiaro nel delineare il contenuto dell’attestazione. La norma recita testualmente che: “Chiunque esercita l'attività di vendita al pubblico, di esposizione a fini di commercio o di intermediazione finalizzata alla vendita di opere di pittura, di scultura, di grafica ovvero di oggetti d' antichità o di interesse storico od archeologico, o comunque abitualmente vende le opere o gli oggetti medesimi, ha l'obbligo di consegnare all'acquirente la documentazione che ne attesti l'autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza delle opere medesime; ovvero, in mancanza, di rilasciare, con le modalità previste dalle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili sull'autenticità o la probabile attribuzione e la provenienza. Tale dichiarazione, ove possibile in relazione alla natura dell'opera o dell'oggetto, è apposta su copia fotografica degli stessi”. Ho voluto sottolineare ed enfatizzare con l’uso del grassetto le espressioni lessicali che, a mio avviso, costituiscono l’essenza della disposizione. Ribadisco che qui farò riferimento solo alle monete antiche. Il commerciante italiano ha l’obbligo (non la facoltà) di garantire all’acquirente che la moneta venduta sia autentica e di documentarne o di attestarne la provenienza (la norma non dice “lecita” perché si sarebbe trattato di una ovvietà). Tale obbligo, quindi, può essere assolto per due vie, tra esse non alternative ma in posizione di subordine l’una rispetto all’altra: a) consegnando all’acquirente la documentazione che attesti l’autenticità della moneta (una eventuale perizia, ad esempio, ove esistente) e la sua provenienza (mi viene da pensare alla documentazione giustificativa dell’acquisizione della moneta che il venditore, a sua volta, ne ha fatto da un terzo: in questo caso si potrebbero porre problemi legati alla privacy del terzo cedente che, tuttavia, ritengo possano agevolmente superarsi laddove il commerciante, al momento dell’acquisizione, abbia l’accortezza di richiedere e ottenere dal proprio dante causa una autorizzazione al trattamento e alla diffusione di quei dati sensibili); b) in mancanza (della documentazione di cui sopra), dichiarando egli stesso (il venditore, intendo) l’autenticità e la provenienza della moneta, offrendo all’acquirente tutte le informazioni a tal fine necessarie: è quest’ultimo l’attestato propriamente inteso. Ovviamente, poiché detta dichiarazione integra gli estremi di una assunzione di responsabilità a tutti gli effetti di legge nei confronti dell’acquirente, è scontato rilevare che il commerciante (che non voglia incappare in problemi) dovrà a sua volta avere accertato preliminarmente l’autenticità e la provenienza della moneta che pone in vendita (e, quanto alla provenienza, sconsiglierei a qualsiasi commerciante di farlo accontentandosi di una autodichiarazione da parte di colui dal quale intende acquisire la moneta). Per l’assolvimento dell’obbligo posto dall’art. 64 il commerciante (italiano) non può chiedere all’acquirente un solo centesimo, neppure camuffando la pretesa (postuma) sotto il velo del rimborso spese per “stampa fotografica di alta qualità” (come pure un “buontempone” si è preso la briga di rispondermi per giustificare una richiesta di pagamento di un attestato che in prima battuta non mi era stato spedito unitamente alla moneta antica acquistata). Il commerciante dovrà tenere conto di questo costo nel momento in cui andrà a determinare il prezzo della moneta offerta in vendita (o l’entità delle commissioni applicate, in caso di intermediazione), così di fatto recuperandolo comunque, sia pure indirettamente (ma in maniera sicuramente più elegante), dal cliente finale. A mio avviso, un attestato di autenticità e provenienza degno del disposto normativo dovrebbe comporsi da: (i) riproduzione fotografica della moneta, sicuramente sempre producibile nel caso dei nostri amati tondelli (si rammenti che l’art. 64 specifica che “Tale dichiarazione, ove possibile in relazione alla natura dell'opera o dell'oggetto, è apposta su copia fotografica degli stessi”); (ii) una accurata descrizione della moneta, comprensiva di dati ponderali (fedeli), stato di conservazione (per quanto opinabile) e riferimenti bibliografici, che si concluda con una attestazione di autenticità della stessa (autenticità che, come detto, dovrebbe essere stata accertata dallo stesso commerciante prima di immettere la moneta sul mercato; in ogni caso, generalmente il materiale messo in vendita viene garantito autentico già nelle condizioni generali di vendita… ma i rinvii non mi piacciono); (iii) le informazioni sulla provenienza, quali ad esempio: collezione privata italiana, europea o extracomunitaria (senza la necessità di menzionare l’identità del precedente proprietario); il numero di annotazione, in entrata e in uscita della moneta, attribuito nel registro del commerciante prescritto dalla normativa in materia di pubblica sicurezza (si veda l’art. 63 del Codice dei Beni Culturali e l’art. 128 del TULPS), informazione che tutelerà la privacy del soggetto dal quale il commerciante ha acquisito la moneta ma che consentirà, al contempo, in caso di dispute giudiziarie, di risalire agevolmente ai vari passaggi di mano della stessa; ove disponibili, eventuali precedenti passaggi d’asta noti (ad esempio, ex Casa d’Aste S.p.A. vendita n. …. del ….); (iv) timbro e firma del commerciante. E attenzione a non confondere e a non sovrapporre l’importanza dell’attestato con quella della fattura: la seconda non sopperisce e non esclude il primo. La fattura è il titolo che giustificherà e proverà la provenienza della moneta per chi l’ha acquistata, cioè per il suo nuovo proprietario. L’attestato è il documento con cui il commerciante professionale (colui che vende) ha l’obbligo di dichiarare a chi compra la precedente provenienza della moneta, legittimando in tal modo il potere che egli ha di cederla attraverso l’immissione sul mercato. Ritengo che una delle funzioni che il legislatore abbia voluto attribuire all’attestazione di autenticità e provenienza sia quella di consentire (quantomeno sul suolo dello Stato) una sorta di tracciamento dei “passaggi di mano” delle “opere di pittura, di scultura, di grafica ovvero di oggetti d'antichità o di interesse storico od archeologico” (e con i tempi che corrono non può che essere un bene sia per il collezionista che per il commerciante) così da arginare il proliferare dei ricettatori, oltre che dei falsari. Nella prospettiva del legislatore, l’attestato in parola era (ed è) finalizzato a caricare di responsabilità i soggetti coinvolti nella compravendita professionale di oggetti di antichità o di interesse storico o archeologico facendo assurgere i commercianti al ruolo (determinate) di “filtro”, essendo essi indubbiamente gravati dall’onere (non codificato ma non privo di conseguenze ove non assolto) di accertare l’autenticità e la provenienza di ciò che pongono in vendita (non mi stancherò mai di ripeterlo: colui che commercia in questo particolare tipo di beni non può pensare di superare il problema della provenienza mediante la semplice acquisizione, dal conferente, di una autodichiarazione sulla liceità della provenienza e del possesso). Infatti, poiché essi sono obbligati ad attestare all’acquirente l’autenticità e la provenienza del materiale venduto, non potranno che – in primis, a propria tutela – pretendere dal soggetto dal quale si sono a loro volta “approvvigionati” quelle medesime garanzie che essi saranno tenuti a dare all’acquirente. I commercianti, dunque, sono l’anello centrale della catena di responsabilità insite nei trasferimenti della moneta nel tempo. Un ruolo decisivo e pregno di responsabilità che, come ogni professione che si rispetti, deve essere svolto con la massima diligenza e che deve portare il collezionista a prediligere sempre l’acquisto da commerciante professionista. Un ruolo che tanti svolgono in maniera ineccepibile ma che pochi, purtroppo, fingono di ignorare con grave nocumento per l’intero settore. Saluti.
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  42. Tutte le domeniche, dalle 8 a mezzogiorno. Poi dipende anche dal tempo, qualcuno c'è sempre perché diversi banchi sono al coperto, ma è meglio se scegli una domenica di sole. E poi ci sono anche gli amici del forum petronius
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  43. Il riferimento allo Stahl immagino si riferisca al A prosopography of medieval Venetian mint officials che non ho. Tuttavia nel La Zecca di Venezia nell'età medioevale a pag. 647 c'è una tabella riguardante i Massari all'argento. Per quanto riguarda Angelo de Priuli l'ultimo incarico risale al 18 febbraio 1344, tuttavia è ignota la fine dell'incarico. Quindi tutto è possibile. Almeno fino al ritrovamento di altri documenti. Arka Diligite iustitiam
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  44. Il cero è uno delle sette insegne dogali Per ringraziarlo della sua assistenza nelle trattative per l’atto di pace con il Barbarossa, Papa Alessandro III concesse al Dose Sebastiano Ziani il privilegio di farsi precedere nelle cerimonie pubbliche da un cero bianco, quale segno visibile di onore e dell’amore del Papa. Il cero, portato dal cappellano del Dose, originariamente era simbolo di penitenza, ma venne presto trasformato in insegna d’onore, di privilegio e fedeltà. In seguito divenne un accessorio inseparabile dal Dose stesso, tanto che se per qualche motivo la suprema carica non vi partecipava, anche il cero era escluso dalla processione.
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  45. La datazione al 1346 è data dalla riforma monetaria resasi necessaria per contrastare i numerosi falsi dei soldini che circolavano. Il nuovo mezzanino avrebbe dovuto sostituire il soldino, la cui coniazione venne sospesa, e il grosso. Il tentativo fallì e nel 1353 iniziò ad essere coniato il nuovo soldino, che ebbe migliore fortuna. Per quanto riguarda l'iconografia, concordo che è particolarmente affascinante e artisticamente un capolavoro. Infatti viene usata la prospettiva decenni prima della sua codifica. E anche il cero al posto del vessillo è un elemento particolare. Se non collegata temporalmente alla peste è sicuramente un'iconografia premonitrice... Arka Diligite iustitiam
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  46. Probabilmente la spiegazione di un’iconografia così particolare resta quella riportata nell’articolo apparso si Cronaca Numismatica nel 2019 https://www.cronacanumismatica.com/quello-scambio-di-cortesie-tra-doge-e-papa/?fbclid=IwAR2Ck0B2YdCOlh1g99fa06V2NrqLc-GKcnFXMk1hcYBzSLGmDDj_kYX7goU già citato in una precedente discussione su questo mezzanino “Ragion di stato” e riferimenti a passate glorie, insomma, come si addiceva ad un erudito storico quale fu Andrea Dandolo stesso, autore di una importante opera storica che sarebbe stata la principale fonte per la storia della Serenissima fino all’Ottocento, la Chronica per extensum descripta...
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  47. Forse devo scusarmi con l’utente che ha posto le domande. Sono stato ironico, un po’ a sproposito. Non è certo mia intenzione allontanare futuri appassionati di numismatica. Per farmi perdonare ti do 2 dritte: 1) Per capire perché è falsa ci sono diversi metodi. Si inizia sempre col ricercare esemplari simili e a catalogare la moneta tramite i cataloghi a disposizione, ne esistono diversi a seconda del tipo di moneta che si sta analizzando. Se una moneta non sta sui cataloghi ci sono solo 2 possibilità: a) è una moneta falsa di fantasia b) è unpublished (non è così raro questo evento ma in questo caso ai numismatici si rizzano subito i peli e attivano tutti i 6 sensi) Ora, Apollonia ha trovato una corrispondenza con un falso sul Price, ma ci sono anche dei database di esemplari falsi da confrontare. Se trovi una corrispondenza con un falso conosciuto, c’è poco da discutere, puoi anche fermare l’analisi. Se non la trovi procedi con il confronto con gli altri esemplari autentici dello stesso tipo di monete e all’analisi delle caratteristiche fisiche della moneta, per esempio il peso, le incrostazioni, la patina, se ha segni di fusione, coniazione etc.. etc.. e non dimentichiamo lo stile dell’incisione. Inutile dire che ci vuole molta esperienza e aver visto molte monete autentiche e false di quel tipo in questione! (Non di una moneta qualsiasi). Ci vogliono anni e giudicare una foto non è la condizione migliore. Per un neofita non c’è speranza di capirlo da solo, ma il confronto con falsi conosciuti è alla portata di (quasi) tutti: devi solo ricondurre la tua moneta al lavoro fatto da qualcun altro. Inoltre i numismatici sono pure un po’ restii a dare informazioni su internet del perché hanno capito che è falsa, per evitare che i falsari stessi possano affinare le loro tecniche. Poi ci sono falsi e falsi: le patacche, che anche chi ha poca esperienza riesce a riconoscere facilmente e falsi eccellenti, che fregano anche quelli con esperienza. In mezzo ai due estremi c’è una scala di grigi per ogni gusto. La tua moneta sta in questa scala e a mio avviso è fatta bene, non saprei spiegarti il motivo per cui il Price la ritiene falsa (è al di fuori della mia portata), probabilmente è spiegato sul bollettino indicato (che mi pare di capire non sia facilmente reperibile). 2) Non ti focalizzare sul valore di una moneta antica, è un oggetto unico ed il suo prezzo è quello che gli dai quando la compri. Se metti 2 volte la stessa moneta in asta ti sorprenderai di vedere come il suo prezzo cambia anche significativamente. Al massimo si può dare una stima di un range a volte anche molto ampio. Poi i venditori professionisti magari sanno che se mettono fuori quella moneta ad un certo prezzo, sanno di venderla con buona probabilità ed è un buon trade off tra guadagno e tempo che impiegano a venderla. Ma questo è un altro discorso. Ora, non imparerai di certo a riconoscere un falso in questa discussione. Leggi il forum, studia, tocca monete con mano, vai nei musei, guarda i database a disposizione e tra qualche anno dirai ai neofiti di non mollare, perché quello che hai imparato ti ha arricchito come persona (ma nel frattempo hai speso un sacco di soldi) spero di essermi fatto perdonare.
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  48. Sarebbe cosa buona e giusta che ISPZ si interfacciasse con chi poi le monete che conia dovrebbe comprarle. Con molta probabilità ne beneficerebbero entrambi.
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  49. Capitolino al Campidoglio con molte monete esposte. il principale - il Museo Nazionale Romano - ha la collezione piu’ importante esposta nel piano sotterraneo che pero’ attualmente non e’ visibile ( dai tempi del Covid ) perche manca l’impianto di areazione. non aggiungo commenti per carità di patria. Penso seriamente di scrivere al Direttore del Museo, dr. Verger per chiedere che si adeguino le strutture e venga riaperta ( fondi PNRR dove siete?)
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  50. Nella medaglisica di papa Paolo V prevalgono ormai le medaglie coniate. Le medaglie fuse, tipicamente rinascimentali, sono limitate ai grandi moduli (diametro superiore a mm. 50). Cito tra le medaglie fuse la Basilica Paolina, la facciata di San Pietro, la fortezza di Ferrara, il porto di Fano, l'ampliamento del Quirinale, la ricostruzione della Porta Vaticana. L'incisore specializzato per le medaglie fuse è Paolo Sanquirico: Giacomo Antonio Mori produce alcune medagflie fuse accanto a quelle coniate. Il metallo largamente prevalente (direi totalitario o quasi per le medaglie fuse) è il bronzo. Tutte le medaglie originali del pontificato di Paolo V sono molto rare o estremamente rare. Ricordo che esistono per alcune medaglie riconi degli Hamerni e del Mazio e copie posteriori fuse (queste ultime si riconoscono soprattutto per il diametro ridotto). Complessivamente si trattta di una medaglistica di eccellente livello artistico.
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