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Contenuti più popolari

Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 11/03/23 in Risposte

  1. Buongiorno a tutti, oggi vi mostro un sesterzio di un imperatore che mancava nella mia collezione, un regalo della mia mogliettina di cui ho piacere a mostrarvi e spero che vi piaccia Alessandro Severo, Sesterzio, 232 d.C., SPES PUBLICA / S C la spes tiene un fiore, ZECCA DI ROMA (RIC 648) grammi 27.70
    6 punti
  2. Buonasera, Non so se sia la sezione giusta (nel caso abbia sbagliato mi scuso), ma volevo cogliere l'occasione per mandare un abbraccio e un pensiero agli amici toscani colpiti dalla tempesta. Forza ragazzi. Fabio
    5 punti
  3. Salve. Apro una nuova discussione sulle grandi rarità presenti nella monetazione di Ferdinando I di Borbone. Inizio, pubblicando una piastra 120 grana 1818 con la variante HISPAINIARVM. Il peso è di gr. 27,58. Ringrazio tutti per l'attenzione. Saluti.
    4 punti
  4. Un saluto a tutti Forse 1 Sen del Giappone 1916-1924.
    3 punti
  5. Ciao @Releo, non sono un esperto, ma non posso non farti anche io i complimenti per questo esemplare. Se non erro, dovrebbe essere il Lotto 648 dell’asta 68 di Nomisma del 2-3/9/2023. Molto probabilmente è la stessa di cui al Lotto 898 della precedente asta Nomisma 59 del 14-15/5/2019 così descritta: NAPOLI Ferdinando I (1816-1825) Piastra 1818 con HISPAINIARVM al R/ - Magliocca 444c (indicata R/4) AG (g 27,55) RRRR Minimi graffietti di conio al D/ BB/BB+ E molto probabilmente trattasi del Lotto 243 di cui all’asta NAC 118 del 5/12/2019 dove è indicata come “rarissima” e “variante rarissima”. Se utile: Penso che a @Rocco68 non dispiacerà il riferimento: Per similitudine su HISPAINIARVM: Jean-Francois Dugniolle: Catalog of the Historical jetons of the 17 provinces of the Netherlands and Belgium. Tipo 2277c - Filippo II e Isabella
    3 punti
  6. Buona sera a tutti Ho il piacere di comunicarvi che è disponibile sul sito della Società Numismatica Italiana una nuova rivista completamente digitalizzata, Numismatica e Scienze Affini pubblicata dal 1935 al 1966 a Roma da P. & P. Santamaria. I fascicoli sono disponibili a questo link. Al momento, quindi, sul sito della Società sono disponibili 17 testate integralmente rese disponibili in digitale, per un totale di 51459 pagine digitalizzate e rielaborate. Le riviste disponibili sono: Rivista Italiana di Numismatica (Tutto il pubblicato dal 1888 al 1970) Gazzetta Numismatica Bullettino di Numismatica e Sfragistica per la Storia d'Italia Bollettino di Numismatica e di Arte della Medaglia Il Numismatico Mantovano Annuario Numismatico Rinaldi Rassegna Numismatica Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano Giornale Numismatico - Italiae veteris numismata collecta, atque illustrata Annali di Numismatica Memorie Numismatiche Notizie Peregrine di Numismatica e Sfragistica Rivista della Numismatica antica e moderna Bullettino di Numismatica Italiana Periodico di Numismatica e Sfragistica per la storia d’Italia Bollettino d’Arte, Antichità, Numismatica, ecc.
    2 punti
  7. Esiste un nummo apparentemente votivo con legenda VOT/XV in ghirlanda; apparentemente, in quanto non è chiaro se con esso vi sia la volontà dei celebrare dei vota quindicinali, oppure se semplicemente voglia richiamare la serie regolare dei vota vicennalia. Non vi sono elementi che permettano di datarlo o di inserirlo nella successione delle emissioni regolari. La qualità del busto è molto variabile, potendo essere a volte molto approssimativa, e altre non dissimile da quella delle emissioni delle serie ufficiali. Anche la legenda al dritto non di rado è scritta in modo irregolare e generalmente manca il contrassegno di zecca (sebbene vi sia un esemplare con la sigla ROMA in esergo, sebbene dubitativa): i numismatici sono in dubbio se si tratti di un’emissione ufficiale o se vada inserita tra quelle attribuite a Cartagine. Essa, dunque, è controversa: “Le VOT XV hanno caratteristiche assolutamente erratiche e non esiste una linea di demarcazione tra apparentemente ufficiale e certamente imitativa. La scala di grigi è infinita e monete certamente imitative al rovescio, sono simili alle migliori al dritto. […] Ci sono varie "chiavi di volta" che mi permettono di dire che questa serie (dal 2140 in poi) non può essere romana.[ Alain Gennari]”. Kent attribuisce questa tipologia alla zecca romana, così come altre tipologie controverse, ma con un argomento debole: “Bad, almost barbarous style, […] they might be considered irregular if there was anything from which they could have been copied.[Kent 1994:174]”. Da un lato è vero che questi vota suscepta o soluta (?) non hanno un modello di riferimento: tuttavia attribuirli alla zecca romana nonostante lo stile “barbarico” per mancanza di un archetipo, è una conclusione malamente motivata. Neppure è esatto che non esista un modello dal quale prendere esempio: probabilmente, il modello copiato è quello della serie Imbictissimo. Contrariamente all’affermazione di J.P.C. Kent, l’iconografia VOT XV potrebbe avere il suo modello nella VOT XX di Valentiniano III, sebbene la scelta di un nominale differente crea una differenza voluta rispetto al supposto modello ispiratore, e non sembra dovuta a una scarsa capacità dell’incisore. Kent suddivide questa tipologia in due sottogruppi: con legenda continua DNVALENTINIANO (RIC 2140) e con legenda spezzata DNVAL-ЄNAVG (RIC 2141). Sono pochi gli esemplari sui quali è possibile leggere la legenda nominativa completa: per lo più essa appare spezzata nlla forma DNVAL-…., con la seconda parte resa con -ЄNAY, ma anche con -TINA o altra legenda. In alternativa, possono suddividersi in tre gruppi. Il primo gruppo ha la legenda VOT/XV su due linee (VOT spesso scritto VOI e talvolta VIT, VOL, o VT). Il busto spesso richiama quello delle emissioni regolari della zecca romana. Il secondo gruppo è caratterizzato dalla specularità della legenda al rovescio, dove VOT/XV si converte in TOV/VX (in un caso in TO/VX). Oltre al numerale VX, sembrano far parte di questo gruppo anche i nummi con numerale V, XX e XXX, accomunati a quelli con il numerale XV dallo stile del ritratto e dalla sostanzale analogia nella legenda nominativa. La qualità del ritratto al dritto e lo stile delle legende nominative dei tipi TOV/VX è pari a quella dei tipi VOT/XV e fa pensare alle emissioni regolari: tuttavia, le legende speculari sono proprie della monetazione imitativa. Il terzo è costituito da nummi con ritratto e legenda nominativa al dritto di esecuzione molto variabile, e legenda VOT oppure TOV al rovescio seguita da numerali diversi (VI, XXV, XXVII), incisa con lettere disordinate e dal chiaro carattere imitativo. Tra i 50 esemplari di questa tipologia presenti nel mio archivio, ve ne sono 11 riconducibili al primo gruppo, 8 al secondo e 31 al terzo. Ogni gruppo corrisponde a un periodo diverso? Pur riportando il nome di Valentiniano III sono imitazioni di nummi votivi di imperatori diversi? Il terzo gruppo mi pare che sia successivo ai primi due e che possa attribuirsi al periodo successivo alla conquista di Cartagine da parte di Genserico. I primi due gruppi possono essere attribuiti a Bonifacio?
    2 punti
  8. Mi associo con preghiera e mando un abbraccio 💪
    2 punti
  9. Ciao, non possiedo un sesterzio con la personificazione della Spes ma avendo in passato preso un denario della stessa tipologia ( che non ho mai condiviso quindi colgo l'occasione 🙂) ricordo bene che quasi tutti erano datati 232 d.C. . ed altri compresi tra il 231-234 d.C. Avendo studiato la biografia di questo imperatore la mia idea è che questa tipologia di monete fu coniata verso la fine del suo regno (222-235 d.C.) e più precisamente durante la sua campagna militare contro i Sasanidi che iniziò nel 229-230 . Fonti storiche riportano infatti che poco dopo ebbe notevoli problemi di salute che lo accompagnarono per molto tempo. E vengo al punto, forse le monete furono coniate proprio durante questo periodo come buon auspicio per la salute dell'imperatore. Come Spes ultima dea, con la speranza appunto che guarisse quanto prima? ANTONIO
    2 punti
  10. Ciao, Non è una moneta seleucide ma una provinciale comunissima di Antiochia, con il nome del legatus propraetore Silanus al rovescio. ΔΜ =44 (anno 44 dell’ era di Actium, che inizia nel mezzo del 31 a.C, battaglia di Actium ) =13/14 d.C https://rpc.ashmus.ox.ac.uk/coins/1/4269
    2 punti
  11. Come sempre per attrarre la clientela si danno certificazioni che lasciano il tempo che trovano. Leggendo il Mazarakis (grande conoscitore delle monete levantine) si può comprendere meglio le zecche di battitura di queste monete. Scio o Beilicati turchi dell'Anatolia e non Chiarenza. La zecca di SCIO era la più attrezzata per la quantità emessa di zecchini od altro.
    2 punti
  12. (Adnkronos) - Nel giardino di un cottage di Stirling, in Scozia, spunta un'antica strada romana costruita circa 2000 anni fa. Secondo la Bbc, la strada è stata realizzata dall'esercito guidato dal generale Giulio Agricola e risale all'epoca del I secondo dopo Cristo. La via è spuntata negli scavi nel sottosuolo di giardino di una residenza privata, l'Old Inn Cottage, un'antica locanda per mandriani costruita nel 1600: ora nella tenuta vive una famiglia a dir poco sorpresa dalla scoperta. La strada, si ipotizza, sarebbe stata utilizzata dalle legioni romane per invadere i territori dell'attuale Scozia durante le epoche degli imperatori Antonino e Severo. Dagli studi dell’archeologo Murray Cook, infatti, molte delle figure storiche che hanno avuto un ruolo chiave nella storia scozzese e britannica avrebbero utilizzato quella strada per campagne militari, data la sua importanza strategica per attraversare il fiume Forth e raggiungere le Highlands, nonché la sua vicinanza a Stirling, l'ex capitale della Scozia. "Questo incrocio sarebbe stato usato dai romani, dai vichingi, da Guglielmo il Conquistatore, Oliver Cromwell e da ogni re e regina di Scozia, inclusi MacBeth, Kenneth McAlpin e Robert the Bruce" ha detto Cook parlando ai giornali locali scozzesi, che hanno definito la scoperta "la più importante della storia scozzese". Secondo Cook "la strada non fu più sottoposta a manutenzione quando i romani se ne andarono, ciò che abbiamo trovato è la superficie erosa della strada". Jennifer Ure, che vive nel cottage con il marito e i due figli, è a dir poco sorpresa: "È stupefacente pensare che personaggi come Guglielmo il Conquistatore e Re Enrico VIII abbiano attraversato il luogo in cui si trova ora il nostro giardino - non molte persone possono dirlo". https://www.msn.com/it-it/money/storie-principali/incredibile-in-scozia-spunta-una-strada-romana-di-2000-anni-nel-giardino-di-un-cottage/ar-AA1jimNy?ocid=msedgdhp&pc=EDGEDB&cvid=7df11d8e6e5f420a83c0286d3bc74e4d&ei=19
    2 punti
  13. Cambio dell'ora a Stonhenge
    2 punti
  14. Qualche settimana fa mi è arrivato questo nuovo denario. Purtroppo sul rovescio (RAVIS) c'è il segno forse di una rottura di conio, ma comunque la moneta è godibilissima.
    2 punti
  15. Usa un contenitore in velluto, oltre che i monetieri ci sono anche astucci più piccoli. Spendi qualcosa in più ma hai più piacere nel vedere le tue monete. Altrimenti che le hai prese a fare?
    2 punti
  16. È con molto piacere che vi annuncio che qualche giorno fa, il 21 ottobre 2023, nell’ambito del 5° congresso dei Circoli Numismatici tenutosi a Monza, è nata la FEDERAZIONE ITALIANA DEI CIRCOLI NUMISMATICI. La Federazione mira a riunire tutti le associazioni numismatiche e i circoli italiani e delle aree limitrofe che si occupano di numismatica. Lo scopo è quello di massimizzare le sinergie dei singoli soci nello studio della numismatica e nella sua valorizzazione Fra le attività della federazione: - organizzare incontri sia online che in presenza che permettano ai soci di scambiarsi informazioni e gestire le attività operative dei soci stessi - organizzare un congresso Nazionale periodico coinvolgendo tutte le associazioni, le organizzazioni e istituzioni del settore numismatico-culturale - pubblicizzare e condividere le informazioni sul patrimonio bibliografico dei soci per renderlo fruibile agli aderenti - pubblicizzare e promuovere le attività dei soci tramite il proprio portale web nonché qui sul forum e sui vari social - mantenere un calendario degli eventi e convegni a tema numismatico favorendo il coordinamento delle attività dei soci con lo scopo di evitare perniciose sovrapposizioni Alcune di queste attività erano già in essere anche prima della fondazione ufficiale. Ad esempio da ormai più di un anno stiamo curando il calendario degli eventi che viene anche importato qui nel calendario di lamoneta come su altri siti web e su alcuni canali telegram di numismatica. E ormai sono diversi anni che viene organizzato un congresso nazionale. A seguire un paio di foto, la firma ufficiale dell'atto costitutivo e una foto di gruppo. I primi soci della Federazione sono (ma a brevissimo se ne aggiungeranno altri): Centro Culturale Numismatico Milanese (MI) Centro Filatelico Numismatico Pordenonese (PN) Centro Numismatico Valdostano (AO) Circolo Collezionisti Città di Chiari (BS) Circolo Culturale di filatelia numismatica e militaria di Salò (BS) Circolo Filatelico Numismatico e Collezionistico Parmense (PR) Circolo Filatelico Numismatico Città di Asola (MN) Circolo Filatelico Numismatico Tarvisiano (UD) Circolo Numismatico Bergamasco (BG) Circolo Numismatico Ligure - Corrado Astengo di Genova (GE) Circolo Numismatico Monzese (MB) Circolo Numismatico Patavino di Padova (PD) Società Mediterranea di Metrologia Numismatica (BA) Comunicato stampa 1 - 24 ottobre 2024-1.pdf
    1 punto
  17. Durante i lavori di scavo condotti da Terna, la società che gestisce la rete elettrica nazionale, è stato rinvenuto a Termini Imerese, in Sicilia, un tratto ben conservato dell’Acquedotto Cornelio, un’antica opera idraulica di epoca romana. Questa scoperta è avvenuta nell’ambito dei preparativi per la costruzione della stazione di conversione del Tyrrhenian Link, il collegamento elettrico sottomarino che collegherà la Sicilia alla Campania e alla Sardegna. Le attività di indagine preventiva e scavo archeologico sono state condotte da Terna in collaborazione con l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e sotto la guida della Soprintendenza di Palermo. Il rinvenimento del tratto dell’acquedotto è avvenuto a Termini Imerese, nella provincia di Palermo, dove sorgerà la stazione di conversione del tratto ovest del Tyrrhenian Link. Questo tratto dell’Acquedotto Cornelio, che in gran parte è di tipo ipogeo, offre un’importante opportunità per lo studio delle infrastrutture idriche del passato e arricchirà la nostra comprensione delle antiche comunità che abitavano la zona. La scoperta è avvenuta a profondità considerevoli rispetto al piano attuale, richiedendo un impegno coordinato di diverse risorse e figure professionali. La Soprintendenza ha supervisionato la complessa operazione. L’Acquedotto Cornelio è di notevole importanza storica, e il suo nome deriva dalla città di Termini Imerese stessa, conosciuta come Thermai Himeraìai nell’antica Roma, grazie alle sorgenti di acque calde presenti nella zona. Queste acque termali erano già famose prima della distruzione di Imera e sono menzionate anche da Pindaro nell’XII Olimpica. L’acquedotto era una massiccia opera idraulica che trasportava l’acqua da sorgenti situate a 8 km dalla città. Esso è stato costruito in opera cementizia con paramento a blocchetti ed è noto per diverse caratteristiche architettoniche, tra cui due vasche di decantazione dell’acqua e una torre esagonale che fungeva da castello di compressione. Un’iscrizione situata sulla torre, con la scritta “Aquae Corneliae ductus P. XX”, fornisce importanti informazioni sulla datazione dell’acquedotto, che probabilmente risale alla fine del II secolo o all’inizio del I secolo a.C. Uno degli elementi più monumentali dell’acquedotto è il maestoso ponte di contrada Figurella, che presentava originariamente nove arcate nel livello inferiore e quindici arcate nel livello superiore. Oggi, alcune arcate sono crollate, ma questo ponte alto 16 metri e lungo 101 metri è un esempio impressionante dell’architettura idraulica romana. La struttura, in opera cementizia con paramento in blocchetti, e archi in laterizio, è la stessa dell’anfiteatro e della curia, e mostra d’appartenere allo stesso progetto edilizio, identificabile con quello della colonia augustea. La scoperta del nuovo condotto della rete idrica romana rappresenta una preziosa opportunità di preservare il patrimonio storico della regione, e Terna si è impegnata a collaborare con la Soprintendenza e il Comune di Termini Imerese per valorizzare e musealizzare il ritrovato condotto dell’Acquedotto Cornelio. Inoltre, una parte del condotto sarà ricostruita in un’area specifica del territorio comunale di Termini Imerese in accordo con gli enti coinvolti, permettendo alla cittadinanza di fruire dei risultati delle indagini archeologiche attraverso un percorso espositivo. L’Assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Francesco Paolo Scarpinato, ha sottolineato l’importanza di conciliare lo sviluppo delle infrastrutture elettriche con la preservazione del patrimonio culturale, sottolineando che questa iniziativa rappresenta un esempio di crescita sostenibile e di salvaguardia della storia per le generazioni future. Terna ha creato un’apposita Unità di Archeologia preventiva per integrare l’archeologia nelle fasi di progettazione e realizzazione delle infrastrutture elettriche, dimostrando che è possibile progredire tecnologicamente senza compromettere il patrimonio culturale del passato. Questo approccio rappresenta un importante passo avanti per garantire un futuro sostenibile per le comunità locali e per preservare il nostro prezioso retaggio culturale. https://stilearte.it/scavi-per-le-rete-elettrica-in-sicilia-ecco-cose-apparso-nel-terreno-unimponente-opera-romana/
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  18. Buonasera a tutti gli amici del forum. Quest'oggi ho il piacere di mostrarvi l'ultimo, piccolo acquisto della mia collezione. Il titolo è volutamente giocoso, dato che si tratta di un demi franc del 1813 zecca di Parigi. Il caso vuole che l'anno di emissione sia lo stesso della mezza lira di Gioacchino acquistata lo scorso dicembre. Ecco, dunque, che ho pensato di riproporvele assieme. Le foto non sono il massimo a causa della plastica dello slab ma, al momento, ho un po' paura a liberare la moneta, data l'esilità del piccolo tondello. Ad ogni modo, non vi dirò il punteggio attribuito da PCGS. Lascerò che siate voi amanti delle scatolette ad indovinarlo Bando alle ciance, buona visione! Ed ecco anche la mezza lira di Murat. Personalmente, tra le due, preferisco questa (non me ne voglia Napoleone).
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  19. Ciao a tutti , Volevo condividere con voi un evento che ha colpito la mia città: "MELFI" e i paesi limitrofi; un evento che ha portato morte e distruzione , che non tutti conoscono e per questo volevo condividerne la storia , affinché non venga mai DIMENTICATA!! Buona lettura Saluti . Luigi Fra fertili ed estesi pascoli sorge in Basilicata il monte Vulture. Alle sue falde, su un antico cratere collinare c’è Melfi. Lungo la linea del Vulture si trovano Rapolla, Barile, Rionero ed Atella; ad est c’è Venosa. Un antico Castello normanno detto di Monticchio (Castrum Monticuli) dà il nome ai due laghi esistenti, formatisi in due remoti crateri. Il lago piccolo a forma di cono è profondo circa metri 36,00; il lago grande, più antico del primo, è profondo circa 10 metri. Il 14 agosto 1851, sotto un azzurro e sereno cielo estivo, senza un alito di vento e una temperatura soffocante, mentre i contadini spensierati erano intenti al lavoro nei campi, alle due e mezzo del pomeriggio s’intese d’improvviso un gran boato e ci fu una scossa di terremoto così violenta, pari solo a quella del 27 marzo 1638 e a quella del 5 febbraio 1783 nelle Calabrie. Di quest’ultima, i resti dell’antica Certosa di San Bruno[1] con i suoi pinnacoli ruotati ricordano ancora oggi il tragico evento. Al ripetuto sbattere delle finestre e al suono stridente e penetrante dei cardini delle porte spalancate, che si aprivano e si chiudevano ripetutamente, crollavano rovinosamente al suolo gli edifici. L’improvviso rumore dello spezzarsi delle mura, che incuteva terrore, e la soffocante e impenetrabile polvere alzatasi dalle macerie come nebbia foltissima impedivano agli abitanti di cercare una via di fuga e un qualunque scampo in un luogo sicuro. Dopo un sotterraneo muggito della terra e il rumore cupo e sordo delle case cadute, in un silenzio tombale si sentiva solo il lamento dei feriti, il gemito dei sofferenti, le grida disperate di coloro che quasi senza vita o tramortiti erano vicini ai loro cari. Il terremoto fu prima sussultorio e poi ondulatorio. Seguito da fragoroso rombo durò per più di quaranta secondi. Trascorso appena che fu il breve intervallo diun’ora, ci fu una seconda scossa più lieve, annunciata da un cupo muggito sotterraneo, e prima che fosse notte ne venne una terza e poi una quarta e di ora in ora se ne contarono altre undici. Si può soloimmaginare lo spaventodi chi imprigionato sotto le macerie senza vedere una via d’uscita attendeva la morte, e l’angoscia di quelli che trovando le strade bloccate e ostruite da montagne di rovine fino alle finestre delle case più alte vagavano atterriti dal timore delle mura cadenti ad ogni scossa successiva. Un farmacistarimasto sepolto sotto la sua casa batteva inutilmente il mortaio di bronzo per essere soccorso ma quando fu liberato era già morto. Una donna fu trovata morta ginocchioni mentre invano tentava di proteggere il figlio. Dopo due giorni fu tratto in salvo un bambino piccolo trovato sotto la culla rovesciata, che lo aveva protetto. Una bambina di 18 mesi fu trovata ancora viva dopo 3 giorni. Dopo sei giorni fu salvato un bambino di sette anni. Fu di sommo dolore vedere i superstiti melfitani fiacchi e sfiniti, seduti sulle rovine della propria casa, piangere i padri, le madri, le mogli, i figli, i parenti e gli amici! Ovunque c’erano mura cadute o cadenti e tetti sfondati; i più solidi edifici erano stati abbattuti. Dalle macerie sporgevano travi mezzo sepolte, le piazze e le strade erano ostruite da montagne di detriti. Erano andati in rovina: l’antichissimo castello di Federico II; il Duomo di Melfi costruito da Roberto il Guiscardo, già distrutto e interamente ricostruito dopo il terremoto del 1694; il maestoso campanile edificato nel 1151; le quattro Chiese parrocchiali della Città (S. Teodoro, di S. Niccola, di S. Lorenzo, e del Carmine); la Chiesa ed il convento degli Osservanti; la Confraternita laicale dei Morti; il monastero delle Chiariste sotto il titolo di S. Bartolomeo e l’Orfanotrofio. Non rimase intatto un solo edificio pubblico o privato e quelli in parte crollati furono abbattuti, tanto erano essi rovinati. La Chiesa di S. Agostino, dietro alla quale erano le prigioni, cadde completamente. Nel crollo delle carceri morirono 18 detenuti, e quelli che non morirono si adoperarono prontamente per salvare gli altri. Quantunque in pessime condizioni e in parte crollati e rovinati in più punti, il castello di Melfi, l’Episcopio ed il campanile del Duomo erano ancora lì diroccati, a testimoniare la loro antica grandezza. In Atella nella chiesa di Santa Lucia cadde una parete e dopo secoli di oscurità venne alla luce un antico affesco del 1389 della Madonna delle Grazie nell’atto che protegge dall’ira dell’Eterno Padre coloro che si sono rivolti a lei. La notizia del terremoto giunse a Napoli il 17 agosto: Melfi 14 agosto 1851 Signor Direttore Nel momento che le scrivo esco miracolosamente colla famiglia dalle ruine. Una tremenda scossa di tremuoto verso le 3 p. m. ha adeguato al suolo la maggior parte di questo Capoluogo con grave danno di questi abitanti, e lo stesso mi si dice essere avvenuto nei paesi circonvicini. Ho tutto fatto conoscere nel momento al Signor Intendente, chiedendo degl’Ingegneri ed una competente forza per accorrere ai bisogni ed all’ordine pubblico. Lo spettacolo è orribile, ed io interesso la di Lei nota filantropia a dare ordini pressantissimi, perchè si accorra a sgravare in parte queste contrade dai danni immensi di cui si trovano vittima. Perdonerà il modo di scrivere perchè eseguito in mezzo la strada e nella folla della gente che piange dirottamente. Il Sottintendente De Filippis Nello stesso giorno, il Ministro dell’Interno fece partire immediatamente per Melfi l’Intendente con le istruzioni di servirsi di tutti i mezzi disponibili per alleviare la sventura dei danneggiati, soccorrere i feritie provvedere ad ogni altro bisogno delle popolazioni. L’intendente giunse a Melfi il giorno dopo, a mezzanotte e nella sua prima relazione scrisse: «Melfi e Barile non esistono più. Tutti i fabbricati o adeguati al suolo, o prossimi a crollare. Le popolazioni sono sulla via. Pianti! gemiti! Miserie !!!». Il 23 agosto il Re Ferdinando II dispose: Il prelievo di ducati quattromila dalla sua cassa privata e mille dalla cassa della Regina. L’invio di quattro ingegneri di Ponti e Strade, medici e medicine; — L’apertura di una colletta nel Regno per il soccorso dei Comuni danneggiati; — La nomina di una Commissione in ogni Comune, composta dal Vescovo, dal Sotto-Intendente e due probi e zelanti proprietari per distribuire i soccorsi ai soli e veri indigenti in proporzione dei danni subiti; — La distribuzione di pane, vestiti e tutto ciò di cui la popolazione aveva bisogno; — La costruzione di baracche provvisorie; — L’utilizzo di operai della Provinciaper eseguire i lavori, perché potessero provvedere col lavoro al proprio sostentamento; — Il trasferimento delle alunne dell’Orfanotrofio di Barile nell’Ospizio di Avigliano e degli orfanelli nel Reale Albergo dei Poveri a Napoli e nell’Ospizio di S. Ferdinando a Salerno. — Che le agevolazioni fossero destinate ai veri indigenti. — Che i proprietari e i benestanti contribuissero alle spese per la parte che li riguardava; — Che fosse redatto un elenco dei detenuti, che invece di evadere si erano adoperati per salvare le persone coperte dalle macerie ed estrarre i cadaveri, e un elenco di coloro che si erano distinti nei soccorsi. Al 31 agosto già molte strade erano state puntellate e quasi tutti i cadaveri erano stati rimossi e sepolti in fosse profonde con strati di calce e più non si sentiva l’odore della putrefazione ovunque. Ferdinando II accompagnato dal Duca di Calabria Francesco II, il Conte di Trapani, il ministro dell’interno, il ministro dei lavori pubblici e con un gran numero di persone al seguito partì dalla reggia di Portici l’11 settembre per andare a visitare i luoghi colpiti dal terremoto. Il Re giunse a Melfi il giorno 15,verso le cinque del pomeriggio e nonostante piovesse a dirotto volle subito vedere la città attraversando le strade puntellate e passando sui ruderi caduti. Da subito dispose il trasferimento delle monache ad Avigliano, degli orfanelli di Melfi a Napoli e a Salerno e delle orfanelle a Torre Annunziata. Ordinò che fosse prontamente ristrutturata la parte dell’Orfanotrofio rimasta in piedi e che fossero ripristinate tutte le strade provinciali. Il giorno dopo, il Re andò aRapolla, Barile e Rionero, visitò gli Ospedali, le capanne, anche le più povere e sporche e ogni luogo rovinato confortando tutti con parole affettuose e promettendo ogni aiuto possibile. Condonò le pene ai carcerati di Rionero che si erano adoperati per dissotterrare i cadaveri. I detenuti di Melfi che non erano fuggiti ebbero dimunuita la pena di due anni. Lasciò 50 ducati per il sostentamento di un bambino orfano salvato dalle macerie dopo due giorni, e oltre a quelli già versati precedentemente lasciò nella cassa dei soccorsi altri 4000 ducati, più altri mille da fondi personali della Regina. Il 17 settembre andò ad Atella e si recò subito ai ruderi della chiesa di Santa Lucia per venerare l’immagine della Madonna delle Grazie rimasta in piedi tra i ruderi della chiesa. Ordinò al direttore del Museo Stanislao D’Aloe di far venire da Napoli il regio disegnatore di Pompei Giuseppe Abbate (27 marzo 1852) per fare una riproduzione del dipinto. Ordinò altresì al ministro dei Lavori pubblici, che era presente, la completa ricostruzione della chiesa. Tutti i muri erano distrutti, tranne quello della SS. Vergine Maria che sovrastava l’altare maggiore. Dopo il terremoto del 1694, non tenendo conto del disegno originario, i padri Agostiniani, che avevano un ospizio adiacente alla Chiesa di Santa Lucia, avevano restaurato completamente la chiesa. Difatti, porre esporre ai fedeli la statua di Santa Lucia, i monaci agostiniani avevano chiuso con una parete sottile la nicchia piana che dietro l’altare maggiore della chiesa conteneva l’affresco della Madonna delle Grazie. Questa parete era così sottile che i chiodi usati per sostenere gli ex voto donati alla santa avevano rovinato in più punti l’immagine sottostante della madonna. Guardando l’affresco, fra le persone rappresentate che ricorrono alla protezione della Vergine, si riconoscono a sinistra la figura del Papa Urbano VI, il Cardinale Francesco de’ Tibaldeschi, che rimase fedele al Papa fino alla sua morte, il vescovo Tommaso di Rapolla alla cui Diocesi apparteneva Atella, il Vescovo di Melfi e di Lavello, due monaci dell’ordine verginiano e il re Carlo III di Durazzo con i suoi familiari, colpito da un fulmine di Dio. Carlo Durazzo era stato eletto re da Urbano VI con la nobile missione di combattere i nemici della Chiesa. Dopo aver preso possesso del regno, insuperbito aveva combattuto contro il Papa assediato nel castello di Nocera, presso Salerno. L’uomo con la barba corta è, forse, il pittore che aveva dipinto l’affresco. L’uomo colpito mortalmente è Niccolò Spinello, ministro della regina Giovanna I, che aveva spinto i cardinali francesi a contestare l’elezione di Urbano VI e a eleggere un altro papa (Clemente VI); Spinello fu la causa dello scisma. Al lato opposto c’è la regina Margherita del Balzo, moglie di Carlo III Durazzo, con le con quattro dame di corte e sette damigelle. Dopo la morte di Carlo, avvenuta nel 1386, la regina Margherita governò il regno in pieno accordo con il Papa. Sul cartello spiegato, tenuto dagli angeli, ci sono otto sigle A. M. M. G. L. N. C. A., che dicono: Ave Maria Madre delle Grazie Libera la Nostra Città di Atella. Fra le altre istruzioni impartite dal Re, il regolamento delle Commissioni di soccorso prevedeva: Che la distribuzione dei soccorsi fosse riservata a quelli che non avevano i mezzi per vivere: letti, vestiti, coperte, lenzuola, scarpe, pane, ecc. Che le persone valide fossero utilizzate per i lavori di ricostruzione; Che gli infermi e i mutilati fossero ricoverati negli ospedali; Che i ragazzi e le ragazze orfane fossero affidati ai parenti che desideravano prenderne cura. Che le baracche (circa 85 mq ciascuna), fossero destinate alle famiglie povere, rimaste prive di qualunque mezzo, e divise in quattro sezioni per ospitare quattro famiglie. Nei primi giorni di dicembre del 1851 furono completate e consegnate le prime 80 baracche costruite sul piano S. Marco a Melfi. Al 30 aprile 1852, la Commissione aveva speso 64.515,21 ducati. Su 68.881,19 ducati ricevuti ne restavano ancora in cassa 4.365,98. Poiché le somme raccolte, comprese quelle dei privati, ammontavano a 111.620 ducati, il Re decise di creare una Cassa di prestanze agrarie e commerciali «per rendere duraturo il beneficio procurato agli infelici dalla pubblica e dalla privata carità». La Cassa di Prestanze agrarie e commerciali Con un capitale iniziale di quarantamila ducati, il 15 aprile 1852 fu istituita a Melfi la Cassa di prestanze agrarie e commerciali a favore dei Comuni compresi nel Distretto medesimo. Trentamila ducati furono utilizzati per prestiti agrari ed armentizi e diecimila ducati per prestiti all’industria di arti e manifatture. Lart. 1 del Regolamento fissava i seguenti obiettivi della Cassa: 1. acquisto di semenze e per pagamento delle spese necessarie alle operazioni che servono al raccolto (grano ed altre derrate prodotte nei Comuni colpiti dal terremtoto); 2. acquisto di bestiame; 3. anticipazioni su i prodotti dell’agricoltura e della pastorizia dati in pegno; 4. acquisto di ordigni e di strumenti necessari all’esercizio di un’arte o manifattura; 5. acquisto di materie grezze da essere lavorate. L’articolo 4 destinava gli utili provenienti dalla “Cassa delle prestanze agrarie e commerciali” all’aumento del rispettivo fondo; l’art. 5 stabiliva il tasso di interesse sui prestiti al 5% l’anno. Nel discorso di inaugurazione tenuto dall’Intendente, tra le altre cose, egli disse: «Non più l’usura aduggerà (rattristerà) i sudori e lo stento del povero colono. Non lotterà più con la miseria l’onesto artigiano. A tutto provvedeva la sapienza dell’ottimo Principe. A tutto farà fronte la Cassa distrettuale di prestanze, rinnovatrice della fortuna di queste belle e fertili contrade. La sconquassò terribilmente il tremuoto. La suscita e conforta il braccio pietoso del magnanimo Pronipote di Carl III. Io già vedo il solerte colono, vedo l’onesto manifattore, distrigati dalle ambagi (tranelli) e dalle reti di ree speculazioni, trovare scampo e rifugio nel magnifico stabilimento della Cassa prestatrice, e rinfrancarsi de’ danni patiti, e porsi al rango di coloro, a’ quali amica sorride la fortuna. Io già contemplo il ricreante spettacolo di mille famiglie e mille, sfuggite agli artigli della miseria, sottratte all’ozio, ruggine e peste del civile consorzio, tripudianti in vivere agiato.» Il 4 maggio 1852, alla presenza di un’immensa popolazione, in mezzo a festive grida di Evviva il Re! furono sorteggiate a Melfi 130 quote demaniali disposte da Ferdinando II nella contrada Cavallerizza, Annunziata, Rucula e Vulture. L’11 luglio, alla presenza del Sottintendente, furono distribuiti e divisi a Venosa 2.666 tomoli di terre demaniali (circa 10.000 mq a famiglia) tra 704 famiglie povere, che ottennero così un sicuro mezzo di sussistenza. L’Istituto scolastico Agrario Tra le altre cose volute dal Re fu la creazione dell’Istituto scolastico Agrario distrettuale con annesso podere per le esercitazioni, inaugurato dal sottintendente Giuseppe Guerrieri il 30 maggio 1853, giorno dell’onomastico del Re. Potevano essere ammessi alla scuola i ragazzi vaccinati contro il vaiolo, che avevano non meno 12 anni e non più di 14. L’istituto scolastico fu insediato in una grandissima baracca di legno nella piana S. Marco. Le pareti erano formate da due strati di tavole isolate da carbone e paglia, internamente coperte con carta a disegni. Il tetto era coperto di catrame, embrici e tegole. Il pavimento era sollevato da terra, e uno strato di carbone lo separava dal suolo. Aveva moltissime stanze bene arredate. In particolare l’istituto aveva un dormitorio capace di ospitare 30 letti, ognuno col proprio mobile a cassatti, una sedia e un tavolino; un refettorio, le stanze per i professori, il portinaio e gli addetti alla cucina; la camera per il rettore, le aule per le lezioni, la cucina, la dispensa, un forno, camerini bagno, depositi per mobili, abiti, cereali e strumenti di lavoro; aveva altresì una biblioteca, un gabinetto astronomico e uno stanzone per il deposito delle piante. All’esterno aveva bellissime aiuole di fiori con piante locali ed esotiche, un frutteto e un allevamento di api, una stalla per le vacche svizzere, fatte venire appositamente per l’occasione, capre del Tibet e montoni merinos. Alla scuola furono annessi terreni e vigneti per le esercitazioni pratiche. Alcuni furono acquistati, altri furono donati dal Comune di Melfi e dalla Curia Vescovile. I vigneti furono migliorati e gli orti presentavano ogni sorte di ortaggi. La scuola era gestita dal canonico Giovanni Battista Areneo. Nel primo e secondo anno di scuola gli alunni imparavano a leggere e a scrivere, la grammatica italiana e l’aritmetica, che erano insegnate da un solo maestro. Studiavano la varietà delle specie di piante agricole e praticavano semplici lavori d’agricoltura. Nel terzo e quarto anno studiavano agricoltura e veterinaria, apprendevano i lavori da farsi per la cura del vigneto, la produzione del vino e dell’olio, l’allevamento dei bachi da seta, la cura degli animali, la cura delle arnie e la produzione del miele e si esercitavano nella tenuta dei conti e nella scrittura di lettere. Due volte l’anno gli alunni uscivano dalla scuola per studiare i metodi di coltivazione dei campi e le diverse qualità di terreni intorno a Melfi. Il rettore della scuola, un canonico che percepiva ducati 120 annui (circa 6.000 euro) insegnava anche il catechismo. La lingua italiana e l’aritmetica erano insegnati da un solo maestro, che percepiva 72 ducati l’anno. Un secondo maestro insegnava agricoltura teorica e pratica (con 120 D. l’anno). C’era poi il maestro aggiunto all’agricoltura (D. 108 annui), il veterinario, che teneva lezione due volte la settimana (con 12 D. annui), il medico scolastico, che periodicamente visitava i ragazzi (con 12 D. annui), l’infermiere (D. 24 annui), il cuoco (D. 30) e tre inservienti (D.18). La spesa annuale per la gestione della scuola era a carico della Cassa di prestanze agrarie e commerciali. I Comuni contribuivano per la retta dei ragazzi indigenti con 50 ducati l’anno mentre le famiglie agiate pagano 40 ducati l’anno, divisi in due rate. Finché ci fu il Sottointende Giuseppe Dentici la scuola progredì, ma nel 1860, ossia dopo l’unità, andò tutto in rovina, il podere si ridusse a un vero squallore, non buono neppure per il pascolo e le vacche denutrite furono macellate. «Bisogna però confessare che la colpa non deve addebitarsi tutta al Sottointendente, ma al governo di quei tempi nemico di ogni progresso sociale. Due anni dopo il terremoto molte baracche furono abbattute perché gli abitanti andarono a vivere nelle nuove case in muratura anche la scuola fu trasferita in una nuova sede. Il 10 luglio 1865 l’istituto fu trasformato in Scuola di Agronomia e Agrimensura con convitto annesso e il 20 luglio dello stesso anno la Cassa di prestanze agrarie e commerciali fu trasformata in Cassa di risparmio e di Anticipazioni
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  20. Forza! amici toscani!
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  21. Mi associo all'abbraccio !!
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  22. L’esemplare si avvicina (per i quattro puntini disposti a losanga a sx dell’asta) al tipo 21-b (ducato seconda generazione) del Mazarakis (che allego). Si differenzia però anche per questo particolare: poi citato qui:
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  23. È un raro tetradramma sul cui rovescio Nerone indossa una corona raggiata con una legenda che lo dichiara “nuovo Augusto”. Alla CNG Triton XXI del 2018 un esemplare in conservazione buon BB è stato aggiudicato a un hammer di 300 USD. Alla NAVILLE NUMISMATICS 71 del 2022 un esemplare allo stesso grado di conservazione del precedente valutato 90 GBP ha raggiunto in aggiudicazione un hammer di 350 GBP. apollonia
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  24. Gran ritorno con risposta esatta! esattamente del 1918
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  25. Buonasera, si questo sesterzio e' davvero bello, coniazione, patina, conservazione, centratura e peso, guarda un po che razza di tondello! Per parecchie monete di Severo si conosce l'anno di emissione
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  26. Ciao , peccato non poter identificare con certezza quale Cornelio costrui' l' acquedotto , troppi Cornelii ricoprirono cariche pubbliche tra la fine del II secolo e i primi anni del I secolo a.C. Questa Gens fu sempre prolifica di uomini pubblici in tutte le epoche della storia di Roma . Si potrebbe pensare a Publio Cornelio Lentulo che nel 214 a.C. venne eletto Pretore e gli fu affidata la Sicilia . Venne quindi posto a capo delle due legioni "cannensi" che si ripararono a Canosa dopo la catastrofe di Canne e successivamente venne posto sotto il comando del Console Marco Claudio Marcello . Gli fu prorogato il comando come ProPretore , sia l'anno successivo , sia quello dopo nel 212 a.C. Pero' in questo caso non ci staremmo con la stima temporale dell' acquedotto , anche se la datazione II / I secolo a.C. e' definita "probabile" , forse per la struttura non perfetta della costruzione .
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  27. Ciao , se la foto rappresenta realmente il tuo Sesterzio , devo dire che e' eccezionale per conservazione , per patina ed anche per il peso superiore alla media del periodo . Solo una domanda : in base a quale elemento hai datato la moneta al 232 non essendo presente TRP e COS ?
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  28. Ciao Forse Domenico non ce l'ha! http://www.rmoa.unina.it/5604/1/c67820b1f7c129c453c26f433a9e973a.pdf saluti luciano
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  29. E' la facciata del Santuario di Loreto e la parziale veduta della piazza antistante, anni 1950-1960. ciao Borgho
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  30. Bello bello bello, altra aggiunta alla mia mancolista che si allunga sempre di più 😅
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  31. Ciao, complimenti 🙂 ANTONIO
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  32. Peccato, grazie lo stesso
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  33. Sotto la pietra del camino di una casa di montagna distrutta nel Seicento trovano un tesoretto di monete d’argento. Chi era il proprietario. Il massacro nella valle Uno dei muri dell’antico edificio. Gli archeologi organizzano la giornata in vista dello scavo @ University of Glasgow Una straordinaria scoperta è stata compiuta dagli archeologi dell’Università di Glasgow durante uno scavo archeologico a Glencoe, dove è stata ritrovato un tesoretto di monete risalenti al XVII secolo nascosto in un vaso, sotto i resti di un camino in pietra. Questa scoperta offre uno sguardo affascinante sulla vita di un capo clan delle Highland e della sua famiglia. A lui probabilmente apparteneva l’edificio montano. Gli scavi condotti dall’Università di Glasgow indicano che la “casa estiva” era un casino di caccia e una sala per feste utilizzata dai capi del clan MacDonald nel XVII secolo. I manufatti scoperti includono ceramiche di alto rango e manufatti cuoio e di vetro. Glencoe, luogo del ritrovamento, è una zona collinare delle Highlands scozzesi, caratterizzata da strette valli e foreste, da cui prende il nome la cittadina Glencoe & Dalness. E’ immersa in una natura selvaggia e scarsamente abitata, ma si segnala per la presenza di cottage. L’area in cui sorgeva l’edificio. L’immagine, scattata prima dello scavo archeologico, rivela chiaramente la presenza delle rovine di un edificio @ Gareth Beale University of Glasgow Il sito di Glencoe, noto come una “casa estiva”, è stato tradizionalmente associato ad Alasdair Ruadh “MacIain” MacDonald di Glencoe, capo dei MacDonald di Glencoe dal 1646 al 1692. I MacDonald di Glencoe furono costantemente coinvolti in problemi con la legge e per le loro continue incursioni, saccheggi e furti di bestiame. A causa della partecipazione alla rivolta giacobita del 1689, il clan fu preso di mira nel massacro di Glencoe del 1692. Successivamente i sopravvissuti e altri rami della famiglia parteciparono ai moti del 1715 e del 1745. La scoperta del tesoretto sotto il camino è stata fatta dalla studentessa di archeologia dell’Università di Glasgow, Lucy Ankers, durante uno scavo condotto nell’agosto 2023 e resa nota nelle ore scorse, nell’ambito del bilancio dello scavo stesso. Lucy ha scoperto un vaso contenente 36 monete d’argento e di bronzo di varie epoche, risalenti dalla fine del 1500 fino al 1680. Questa eclettica collezione include monete dei regni di Elisabetta I, Giacomo VI e I, Carlo I, il Commonwealth di Cromwell e Carlo II. Curiosamente, ci sono anche monete provenienti dalla Francia, dai Paesi Bassi spagnoli e persino una moneta che sembra essere stata battuta dello Stato Pontificio. Perché monete di secoli e territori diversi? Il motivo sta nel fatto che l’argento aveva un valore intrinseco, al di là della moneta impressa. Un dettaglio intrigante è che nessuna delle monete trovate durante lo scavo è stata coniata dopo il 1680, il che ha portato gli archeologi a suggerire che molto probabilmente furono depositate sotto il camino poco prima o durante il massacro avvenuto proprio a Glencoe del 1692 per essere custodite. Questa teoria solleva l’ipotesi che chiunque abbia sepolto le monete potrebbe essere stato tra le vittime di quel tragico evento. Ma che era successo, sotto il profilo politico? I MacDonald presero parte alla prima rivolta giacobita del 1689, che portò il clan a essere preso di mira dagli avversari politici. Alla fine di gennaio 1692, due compagnie o circa 120 uomini del reggimento di fanteria del conte di Argyll arrivarono a Glencoe da Invergarry. Il loro comandante era Robert Campbell di Glenlyon. Si stima che circa 38 membri e associati del clan MacDonald di Glencoe furono uccisi il 13 febbraio 1692, inclusi Maclain e sua moglie. Le rivolte giacobite alle quali i McDonald aderirono, conosciute anche come insurrezioni giacobite o guerra di successione britannica, costituirono una serie di eventi tumultuosi, ribellioni e conflitti avvenuti nel Regno Unito tra il 1688 e il 1746. Queste insurrezioni avevano come obiettivo la restaurazione al trono di Giacomo II d’Inghilterra e VII di Scozia, l’ultimo sovrano britannico della dinastia Stuart, che era cattolico e che era stato destituito dal Parlamento durante la Gloriosa Rivoluzione, insieme ai suoi discendenti. Il termine “giacobiti” è derivato da “Jacobus,” che è la forma latina del nome del re Giacomo. La giovane archeologa posa con le monete trovate sotto i resti del camino @ Gareth Beale University of Glasgow Lucy Ankers ha condiviso la sua emozione riguardo a questa scoperta, definendola “fantastica” e sottolineando il significato personale di questa esperienza. Questo ritrovamento è stato il risultato di due settimane di scavi a Glencoe, che hanno portato alla luce una straordinaria collezione di monete e altre prove del passato. Il Dr. Michael Given, docente di Archeologia e co-direttore del progetto archeologico dell’Università di Glasgow a Glencoe, ha dichiarato che questa scoperta offre uno sguardo raro su un singolo evento drammatico e offre l’opportunità di capire meglio la storia di Glencoe e delle persone che vi vivevano. Questa “casa estiva” serviva come base per le attività dei capi MacDonald, tra cui banchetti, giochi d’azzardo, caccia e raduni per la giustizia. La collezione di monete fa parte di una vasta gamma di manufatti che testimoniano la vita quotidiana e straordinaria del clan MacDonald. Edward Stewart, dottorando in Archeologia e direttore degli scavi, ha sottolineato che questa scoperta aiuta a comprendere meglio come paesaggi come Glencoe fossero occupati e gestiti durante la prima età moderna. Questo sito, noto come la “Casa estiva di MacIain”, era chiaramente un luogo di grande importanza per gli aristocratici locali. Questa scoperta è parte di un programma di scavi condotto dall’Università di Glasgow a Glencoe, con l’obiettivo di svelare ulteriori dettagli sulla storia di questa affascinante regione. Il vaso contenente le monete è stato scoperto come parte di uno sforzo per comprendere meglio la vita dei capi MacDonald e delle comunità delle Highlands durante il XVII secolo. https://stilearte.it/sotto-la-pietra-del-camino-di-una-casa-di-montagna-distrutta-del-seicento-trovano-un-tesoretto-di-monete-dargento-chi-era-il-proprietario-il-massacro-nella-valle/ A group of women and children of the MacDonald clan driven out of their burning homes in Glencoe during the massacre of the MacDonalds by the Campbells and English soldiers, 1692. Many died of exposure on the moors, the nearest habitations being some 6 miles away. Lucy Ankers found the coins inside a pot with a pebble lid University of Glasgow excavations director Eddie Stewart with one of the coins The coins have been identified by archaeologists from the University of Glasgow
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  34. Ma nonostante tu fossi a conoscenza del fatto da te citato che le civette in vendita fanno parte di un lotto di 3000 monete trafugate ( puoi darci più informazioni, visto che sembri averne?) dalla Turchia ( sto solo citando quello che hai scritto tu) l’hai lo stesso comprata? Non è un comportamento un po ipocrita, quello di chi pubblicamente critica e poi pesca nel mucchio?
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  35. Ciao, oggi condivido un denario dell'imperatore Adriano (117-138 d.C.) con la personificazione sul rovescio della dea della Salute (Salus) rappresentata in questo caso seduta, con i suoi classici attributi cioè la patera nella mano destra, l'altare sacrificale ai suoi piedi e l'immancabile serpente che si eleva dell'altare attorno al quale è attorcigliato, coniato a Roma. La Salus, divinità venerata affinché il benessere fisico venisse sempre preservato al meglio. Adriano, adottato dall'imperatore Traiano e destinato come suo successore( fu il secondo dopo lo stesso Traiano, adottato e destinato al trono da Nerva nel 96 d.C. data in cui ebbe inizio il periodo degli imperatori adottivi scelti non per successione dinastica e che termino' nel 180 d.C. con Marco Aurelio ) e senza dubbio da annoverare tra i buoni imperatori che seppe assicurarare non solo al popolo della città di Roma ma anche delle province un lungo periodo di benessere ( viaggiò molto proprio per controllare come venivano amministrate e dove riscontrava carenze era lui stesso ad intervenire per migliorare le cose. Vennero coniate anche numerose monete proprio in riferimento a tutti i suoi viaggi ) . Il denario da esame diretto risulta coniato , centrato ed ha svolto la sua funzione di moneta. Grazie ed alle prossime 🙂 ANTONIO 19 mm. 2,80 g. RIC 137b
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  36. Ciao e grazie anche a te . Nella prima foto di apertura post IMP e' illeggibile . Comunque influisce poco nel mio discorso poiche' il primo IMP risale al 117 .
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  37. Bell'acquisto @Danilo90, complimenti anche da parte mia. Per quanto riguarda lo stato di conservazione, i rilievi mi sembrano ottimi. Non noto particolari difetti, se non qualche lievissimo segnetto. Considerando che stiamo giudicando delle foto non professionali (dove le monete tendono a perdere sempre qualcosina rispetto ad una valutazione diretta) secondo me siamo sul qFDC.
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  38. Provo: Aroma al bergamotto di cascola estiva
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  39. = a (d) C = c (s) = e (s) = g (f) = p (r) Proprio una traduzione perfetta! Ecco perché avevo solo 8 in greco antico al Liceo...mi fregava la pronuncia...
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  40. Il mio pensiero. Io penso che SAL AVG significhi "Salus augusti" ovvero "la salute dell'imperatore"; nel senso di un augurio affinché il sovrano stesse sempre bene non solo per se stesso, ma anche per garantire una "buona salute" a tutto l'impero. Non bisogna dimenticare, inoltre, che Adriano aveva già iniziato in quegli anni a viaggiare per le province imperiali ed era consuetudine chiedere agli dèi di garantire il ritorno a casa in salute dell'imperatore. Mi sembra che, se riferito alla divinità, "augusta" sia scritto per esteso. Buona notte. Stilicho
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  41. Ahh.. ok capito. Grazie a tutti ancora. Ho letto per esteso, le interessanti considerazioni riguardo l'aes signatum di Tarquinia e l'attribuizione del monogramma TA. Davvero interessante anche il forum segnalato da @gpittini, sulla monetazione imitativa. PS: Sto provando a sentirmi la conferenza in inglese, oramai sono "international" 😀
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  42. @viganò Credo che ancora nessuno abbia ricevuto il numero, quindi dovrai pazientare per la risposta.
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  43. Grazie @PostOffice, ci tenevo a dirti che tutto ciò che dici affascina e coinvolge, altro che annoiare!! Grazie per condividere la tua conoscenza
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  44. Buongiorno @Horasdoceo , non riesco proprio a leggere nel simbolo del rovescio una AT o TA latina , come gia' bene evidenziato da @Vel Saties , la linea orizzontale della T e' chiaramente staccata dal vertice della A , in piu' la supposta A e' mancante della gambetta in basso a destra sotto la linea orizzontale della A , inoltre al fianco sinistro della A ci sono due linee orizzontali ad indicare forse una lettera aggiuntiva alla A sul modello latino dei monogrammi . Il dritto e' stato identificato come Ercole , se fosse Ercole sarebbe un bel strano Ercole con volto certamente non "latino" . In conclusione sarei portato ad identificare questa moneta come sicuramente "imitativa" , ma azzarderei , in base a quanto esposto , imitativa di zecca sarda con "impronta della lettera" punica o meno probabile , etrusca .
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  45. DE GREGE EPICURI Imitativo anche secondo me, anzitutto per il peso, inoltre per le immagini: l'Ercole è piuttosto strano, e al rovescio le lettere sono atipiche. Quanto alla rarità, vale sempre quanto ti dicevo sull'altra repubblicana imitativa: ci sono molte varietà, è una monetazione non molto studiata e le valutazioni sulla rarità sono assai discutibili.
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  46. Buongiorno a tutti, oggi posto una delle mie piastre da 120 Grana millesimo 1836 apparentemente sembra essere il modello Base come direbbe Sergio @motoreavapore. Ne posto anche un ritaglio per un dettaglio che mi farebbe pensare ad una correzione sul conio ( correggetemi se ho sbagliato il termine). Mentre la maneggiavo pensavo a chi l'avesse tenuta in mano, cosa ci avesse acquistato ai suoi tempi. Poi mi sono chiesto chissà nell ' ottobre del 1836 cosa accadeva nel Regno Delle Due Sicilie. Il Web è di grande aiuto nell' immediato. In pochi passaggi ho recuperato qualche notizia, purtroppo non piacevole. Infatti proprio ad Ottobre del 1836 Napoli era interessata da una seconda ondata di Colera che già dall' anno prima imperversava per tutta la nostra Penisola. Il colera a Napoli nel 1836 raccontato in un frammento autobiografico di Francesco De Sanctis tratto da “La giovinezza”. E ci voleva pure il colera! Questo ignoto e sinistro morbo, dopo di avere spaventato mezza Europa, piombò sopra Napoli come un flagello. Le immaginazioni furono colpite; la paura rendeva irresistibile l’epidemia. Si raccontavano molti casi di colera fulminante, con le circostanze piú strazianti. Si parlava di famiglie intere spente, di migliaia di morti al giorno, e coi piú minuti particolari si descrivevano i casi di contagio. Non c’erano allora giornali; il governo col suo mutismo accresceva il terrore e provocava le esagerazioni. Quel tintinnio di campanelli che accompagnava le comunioni, pareva la campana dei morti; i piú agiati fuggivano alle loro ville; la plebe squallida e sudicia faceva spavento; nessuno osava accostarsi; l’uno fuggiva l’altro. La vita pubblica fu sospesa; le scuole, le botteghe erano deserte. Chi ha piacere e può aggiungere altro è ben accetto. Saluti Alberto
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