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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 09/25/24 in Risposte

  1. Senza offesa ma con simili presupposti… spero che sulle monete classiche tu sia più preparato, perché sulle moderne i tuoi giudizi lasciano spesso basiti Come dici tu, da quando è mondo e mondo, quando vendi trovi sempre una valutazione più severa, ma quando compri, magicamente, tutto diventa migliore. Quindi di cosa devo fidarmi, del tuo parere di affidarmi a un commerciante che mi valuta questa moneta MB, e poi la rivende a Bb? Parliamo in termini di prezzo, che alla fine è quello che più conta: tu lasceresti questa moneta per 30 € o poco più? Tra l’altro, io ero rimasto che questa data è catalogata come NC e non C… Se un commerciante mi valuta MB questa moneta me la ripiglio e sul suo nome ci faccio una bella croce sopra! E la metto su ebay… Conosco abbastanza bene il mondo del commercio, ho appena messo in vendita all’asta la mia collezione, ottenendo un buon riscontro. Quello che consiglio agli utenti ora e sempre, è quello di non fidarsi di NESSUNO, ma di aprire gli occhi, studiare, imparare ragionare con la propria testa sul valutare tutti gli aspetti impliciti nella valutazione. Nella valutazione non esiste solo il freddo e striminzito grading, ma anche le note, che si usano pochissimo. Ed eccone i risultati
    7 punti
  2. Ciao, la moneta presenta oggettivamente dei rilievi ancora buoni che la rendono ancora, tutto sommato, gradevole: l’espressività del ritratto è integra e l’usura, ben percepibile ma omogenea, non ha intaccato la leggibilità dei dettagli (baffo su tutti, ancora con un bellissimo rilievo). Come è ben evidente però, presenta molti graffi che sembrano generati da probabile pulizia (si vedono degli antiestetici residui di patina tra i rilievi più piccoli) e un colpo ben pronunciato ma, a mio parere, non drasticamente così deturpante. La tua valutazione di qbb la trovo equilibrata, o comunque rientra nella normale sfera della soggettività. Qbb può essere una somma complessiva sia dello stato di conservazione che dei difetti (graffi e colpo al bordo). A mio parere potrebbe starci anche un grading di Bb visti i rilievi ancora ben conservati (mi ripeto, vedere il baffo che in questa moneta è spesso il punto più critico, non solo per l’usura ma anche per i problemi di coniazione che spesso lo rendono più basso e debole). Aggiungerei, ai fini della chiarezza formale del grading la nota che ne indichi il colpo e i graffi. Francamente una valutazione di MB la trovo eccessivamente conservativa. Penalizzare di mezzo punto una valutazione per un solo colpo al bordo e dei graffi da pulizia, quando c’è un ritratto ancora ampiamente espressivo (e tu, @didrachm, che segui le classiche, sai quanto questo aspetto sia significativo ) mi sembra esageratemente severo. Non voglio né aprire una polemica, né perorare le mie valutazioni come fossero il verbo (infatti, uso il condizionale laddove serve!). Ci tengo però a far riflettere gli utenti sull’importanza di valutare tutti gli aspetti del procedimento valutativo, con l’obiettivo di esprimere un giudizio “il più possibile” equo e formalmente trasparente. Tevere più volte mi disse che una valutazione data con rigore non implica la severità (che è un errore) ma una valutazione equilibrata di tutti gli aspetti da valutare. Liquidare una valutazione in modo severo, perentorio e superficiale come più volte ho espresso, è un errore. Essere severi non significa essere più giusti. Si è “giusti” (notate le virgolette) quando: - si motiva e si contestualizza il proprio parere, rendendolo trasparente - ci si sforza di valutare tutti gli aspetti valutativi implicati (in questo caso l’entità dei rilievi e l’espressività del ritratto su tutti) Più volte ho parlato del mio sistema di grading che sto cercando di elaborare e su cui mi sono bloccato. Un aspetto così cui sono assolutamente certo possa risultare vincente è proprio la trasparenza che ne deve scaturire: il collezionista deve capire perché arriviamo a una certa valutazione, e deve avere ben chiari gli aspetti che sono stati presi in considerazione. Dato che la soggettività è un parametro intrinseco del grading, reputo questa formalità procedurale-valutativa la chiave per trasformare il grading, spesso assegnato in maniera fin troppo essenziale, in una valutazione più chiara, obiettiva e al tempo stesso più educativa per il collezionista più inesperto. Ma qui mi fermo perché non vorrei dare assist a chi poi mi ruba l’idea (come è già avvenuto). La moneta passata da Nac non è una “variante” di conio, che implica la volontà dell’incisore nel conferire delle modifiche. È semplicemente un tondello che non è passato nella ghiera per imprimere gli incusi nel taglio, a differenza della tua moneta che presenta invece un taglio fortemente evanescente. Anche qui, il parere espresso sul fatto che l’usura abbia reso detto taglio così evanescente mi pare decisamente fuorviante quanto dato con leggerezza. Mi ricordano tanto i pareri espressi dall’utente gi******i… Ma vi pare mai possibile che una moneta in bellissima conservazione presenti un’usura così marcata del taglio? Suvvia @didrachm… cerca di esprimerti con più cognizione di causa (e magari anche in modo più consono).
    7 punti
  3. Ringrazio il CCNM per l'invito e la consueta ospitalità, un grazie va anche ai numerosi partecipanti sia presenti in sala sia connessi alla diretta online. Un ringraziamento speciale va ai due amici collezionisti che hanno portato in visione le loro monete di Carlo V, vere protagoniste del post-conferenza. Mi auguro di aver dato nuovi spunti di approfondimento ai cultori della monetazione milanese, nonché di aver incuriosito i partecipanti che si interessano di altre monetazioni. Grazie mille, Antonio
    4 punti
  4. Conferenza molto interessante! Complimenti Antonio per l'esposizione chiara e appassionata. È stato inoltre un privilegio poter vedere e toccare con mano monete così rare e pregevoli...
    4 punti
  5. Buonasera a tutti, Autunno ormai, non so perché ma mi viene voglia di Viceregno. Avevo messo insieme i miei Tornesi con Tosone di Filippo IV per una foto di gruppo eppure uno era sfuggito e l' ho fotografato da solo. Ho la sensazione che manca ancora qualcuno all'appello ma una di queste sere faccio delle ricerche e soprattutto metto insieme tutti i miei appunti sparsi ed aggiorno il famoso registro cronologico degli acquisti. Dunque sono quasi nella totalità senza data leggibile ma li tengo lo stesso in collezione. Magari un giorno li userò per farne dono a qualche giovane appassionato alle prime armi. Intanto gustiamoci questo insieme. Saluti Alberto
    4 punti
  6. Ri-ciao a tutti, so benissimo che parliamo di nulla, però anche studiare i falsi ha la sua ragione di essere e - come già anche scritto sopra - questo proprio un classico falso non è, sembra più un gettone creato ad hoc per uno scopo che non conosciamo, ma sarebbe azzardato dire che fu fatto per imbrogliare. Ho ricercato un po' e posso dire di aver trovato due conii che ho battezzato "manoritta" e "manorotta": guardate questa immagine e capirete perchè 😁 ed anche la corona dell'Italia è differente: meno pronunciata nelle "manoritta", con le punte più pronunciate sulle "manorotta" --- Il diametro e peso non vengono sempre riportati nelle descrizioni, ma 30mm e 10g vengono citati (il mio esemplare è 30mm/11,3g con calibro e bilancino di precisione) un po' di tolleranza ci può stare. ===================== La caccia continua, se era veramente per un mago, al massimo finisce con un coniglio al sivè Njk
    3 punti
  7. 3 punti
  8. Pienamente d'accordo, Marco lavora con entusiasmo e professionalità per far nascere ogni volta un numero speciale del Gazzettino. Allora questa volta i complimenti vanno dedicati espressamente a Marco @El Chupacabra per il suo impagabile lavoro. 👏👏👏👏
    3 punti
  9. allora, la ricerca di identità di conio più semplice, quella sul rovescio di Postumo, non ha dato frutto... sui 56 esemplari fotografati sul libro di Mairat, il più simile recuperato è questo: non si tratta di una identità di conio, ma è comunque interessante per la forma delle lettere della legenda "SALVS" che appare compatibile con la mano dell'incisore della moneta in esame. Si preannuncia più lunga invece la ricerca del dritto...
    3 punti
  10. Scusate, ma... @Eloy perez aveva scritto il 28 gennaio, giorno della sua iscrizione, e da allora non si è più connesso al forum. I richiami alla buona educazione sono sacrosanti, ma temo che stavolta siano fuori tempo massimo, se non l'ha ancora imparata c'è poco da fare
    3 punti
  11. ...e come tradizione qualche foto della piacevole e interessantissima serata, grazie Antonio
    3 punti
  12. Un ringraziamento mio va a questo punto a Marco @El Chupacabra perché il Gazzettino e’ opera indubbiamente di tanti, ma quello che ha fatto Marco, anche nei precedenti numeri, per editing e briciole, e’ stato un lavoro enorme svolto veramente con passione, professionalità e spirito di volontariato senza fini, grazie !
    3 punti
  13. Buongiorno a tutti, Dopo un lungo silenzio mi fa piacere potervi mostrare il mio nuovo ingresso in collezione. Si tratta di una tessera (o medaglia) per la Scuola della Passione emessa dalla zecca di Venezia nel 1766. Argento, diametro mm 39, peso g 6,21: Pur essendo forata, tosata e verosimilmente indossata per lungo tempo (da qui la ahimè scarsa conservazione), questa medaglia è importante sia perché inedita (manca sul Voltolina), sia perché è una delle poche pervenuteci in argento, ma soprattutto per l'alta qualità delle rappresentazioni. Il lato con la scena della crocifissione (e legenda ECCE M(ater) TVA - ECCE F(ilius) TVVS) riprende il soggetto di diverse altre tessere della Schola fin dal '500, ma è il lato con la deposizione (e legenda MORTEM NOSTRAM MORIENDO DESTRUXIT) che, pur essendo di bassa conservazione, stupisce per la notevole capacità incisoria, in grado di rappresentare con arte e precisione ogni minimo particolare. Questo mi suggerisce che l'incisore possa aver avuto un modello (verosimilmente una "Deposizione" pittorica, soggetto molto frequente dal '400 in poi e presente in numerose chiese veneziane). Difficile da provare, in effetti, perché anche una semplice ricerca per immagini restituisce decine e decine di opere simili ma non identiche a questa. Peraltro, sempre che all'origine ci sia stata una tela, non possiamo essere sicuri che questa esista ancora. Mi affascina l'idea che all'interno della Scuola della Passione, in campo dei Frari (chiusa agli inizi dell'ottocento in seguito agli editti napoleonici e i cui arredi e opere d'arte vennero subito dispersi), ci potesse essere proprio questa Deposizione. In effetti le antiche guide del Boschini e dello Zanetti, ci indicano tra gli arredi una Deposizione di un tale pittore Antonio Zecchini sul quale però non ho trovato informazioni nemmeno riguardo al periodo di attività. Esiste tuttavia un pittore Antonio Cecchini definito "paesista e copista" attivo nel Seicento e sicuramente conoscente del Boschini. Un precedente di questa medaglia lo troviamo a fine '600, sempre per la stessa Scuola: Rappresentazioni e legende molto simili ma non identiche. Chi ha approntato i conii nel 1766 si deve essere ovviamente ispirato a questa (Volt. 1106). Anche in questo caso presenta una estrema rarità: oltre al pezzo della collezione Voltolina ho rintracciato solo due passaggi in asta, per un totale di tre pezzi conosciuti. Il confronto con le emissioni in rame, rare ma non introvabili anche se s volte appaiono esemplari non censiti per abbinamento di conii, suggerisce che le versioni in argento dovessero essere destinate a qualche personalità di spicco della Scuola. E le date 1696 e 1766, assenti su tutte le emissioni in rame, potrebbero in questo senso poter essere associate all'avvicendamento del Guardian Grande, ovvero al vertice della Scuola, e magari a lui destinate.
    2 punti
  14. L'emissione sarebbe consistita in dala (dollaro, di valore parificato a quello statunitense), hapalua (mezzo dollaro), e hapaha (quarto di dollaro). Era prevista una quarta moneta, hapawalu, di valore pari a 1/8 di dollaro. Avrebbe dovuto sostituire il real ispano-americano, di uso comune nelle isole per le piccole transazioni. Ma questa moneta fu abbandonata dopo che erano stati prodotti appena 20 patterns in argento (e qualcuno in altri metalli, tra cui oro e platino), poiché avrebbe richiesto la produzione di speciali tondelli e sarebbe stata l'unica denominazione non correlata ad unità di valuta utilizzate negli Stati Uniti. Al suo posto si decise di adottare la moneta da 10 centesimi, o dime (umi keneta in lingua hawaiana). L'esemplare da 1/8 di dollaro in foto (uno dei 20 in argento), disegnato, come tutte le altre monete, da Charles Barber, è stato valutato da PCGS in conservazione PR63 Cameo, e aggiudicato in asta Heritage per 48.000 dollari. Le monete proof come questa, e come quelle presenti, in minimo numero, per tutte le altre denominazioni (ne vennero prodotte 26 per ciascuna), furono coniate a Philadelphia, quelle destinate alla circolazione a San Francisco. La coniazione avvenne da settembre 1883 a giugno 1884, ma tutte le monete portano la data 1883. petronius
    2 punti
  15. Facendo dei confronti e consultando dei miei vecchi appunti proprio sui globetti che si trovano sotto all' intreccio dei rami delle piastre di Ferdinando ho riscontrato che la foglia che costeggia lo stemma e il globetto lo troviamo nelle piastre del 1796... Adesso non pretendo di avere la verità in tasca ma credo di avere un buon margine di certezza per poter affermare che questo dodici carlini di Murat è stato ribattuto su una piastra del 1796 di Ferdinando IV di Borbone... Adesso scappo che tra poco vado a lavoro, lascio qualche immagine per i dovuti paragoni... Grazie e buona giornata a tutti...
    2 punti
  16. Buongiorno a tutti,ho giusto qualche minuto per esporre le mie considerazioni, è evidente che tutti concordiamo che il dodici carlini in oggetto è ribattuto su una piastra di Ferdinando IV,come hanno giustamente evidenziato @Raff82,@litra68 , @ilnumismatico e @demonetische ringrazio,dove con i loro interventi hanno portato in risalto i punti più interessanti dove si notano abbastanza chiaramente i resti della parte bassa dello stemma di Ferdinando IV con anche i caratteri del valore, l'intreccio del ramo di palma e di alloro, e il profilo di Ferdinando IV... In base a questi particolari mi sarebbe piaciuto andare oltre, e cioè capire su quale delle annate delle piastre di Ferdinando IV sarebbe potuto essere stato ribattuto questo dodici carlini di Murat... E grazie anche ad un messaggio privato da parte di @LOBUche ringrazio e spero di rileggere presto,ho focalizzato la mia attenzione sulle piccole tracce lasciate dalla piastra di Ferdinando IV su questo dodici carlini,in primis ho notato che la foglia del ramo di palma costeggia ,di fianco, la cornice dello stemma di Ferdinando IV...
    2 punti
  17. La conferenza, con gli approfondimenti sugli incisori e le spiegazione delle iconografie di certe monete, è stata molto interessante ed il Relatore è riuscito a coinvolgere il pubblico presente, buona anche la presenza online. Come avevamo promesso a fine conferenza si sono potute apprezzare monete che difficilmente si possono vedere, a parte la doppia in oro e gli scudi le altre monete della serie carolina erano presenti, mezzi scudi, 2 burigozzi, la moneta da 5 soldi, varianti...i presenti si sono potuti lustrare gli occhi. Disponibili per la consultazione libri sulla vita e le opere di Leone Leoni. Ancora un grazie ad Antonio per la sua disponibilità ed a tutti i presenti.
    2 punti
  18. Buongiorno Un opuscolo che leggo e rileggo sempre molto volentieri. Complimenti a tutti coloro che partecipano alla stesura del documento. Spero di ricevere presto il numero 11. 🙂 Saluti, miza
    2 punti
  19. Concordo con @Andrea Costa, approfondimento affascinante tanto quanto le monete che si sono potute ammirare. Grazie a tutti. Sergio
    2 punti
  20. La penetrazione americana nelle isole crebbe a partire dal 1849, ma ci vollero più di 30 anni prima che questo portasse a nuovi sviluppi numismatici. All'inizio degli anni 1880 il re Kalakaua I sentì il desiderio di una nuova moneta hawaiana, e dopo due anni di dibattito la Zecca degli Stati Uniti fu incaricata di crearla. Un rappresentante del re, il magnate dello zucchero Claus Sprekels, prese contatto con gli americani, presentando dei disegni preliminari, e chiedendo che fossero prodotte una serie di monete in argento per un valore complessivo di 1 milione di dollari. Ma, prima di queste, dobbiamo dar conto di un'altra emissione non ufficiale, e a dire il vero nemmeno americana. Ma poiché è censita nei cataloghi di monete statunitensi accanto alle altre, ritengo giusto parlarne anche qui. Nel 1881, il proprietario di una miniera di nichel nella Nuova Caledonia incontrò il re Kalakaua durante il suo viaggio intorno al mondo, e lo convinse a far coniare dalla Zecca di Parigi 200 monete campione da cinque centesimi. A queste non seguì un'emissione ufficiale, forse perché il motto hawaiano era scritto male, iniziando con AU invece che con UA. Il nome dell'arcipelago era indicato come Isole Sandwich, il nome britannico per le Hawaii. Queste monete sono estremamente rare, ma esistono dei riconii in alluminio realizzati con copie dei conii. Le monete originali sono identificate da una piccola croce nella parte superiore della corona. petronius
    2 punti
  21. Buonasera a tutti, ultima vicereale entrata in Collezione. Presa in Germania, la stavo catalogando e sinceramente ho l'impressione che somigli molto ad uno degli esemplari riportati in foto nel libro di Pietro Magliocca : "La Moneta Napoletana Dei Re di Spagna Nel Periodo 1503-1680" Tornese con Tosone Filippo IV 1632 D:/ PHILIPP•IIII•R R:/ Anepigrafo, Tosone sospeso rivolto a Sx in una Corona d'alloro. Pag. 237 Numero 104 contrassegno T Sigla S del Maestro di Zecca Salomone con globetto sotto. Cosa ne pensate? Saluti Alberto
    2 punti
  22. Quando nulla è al caso! Bravo e arguto
    1 punto
  23. Da Isaura nella Cilicia, un notevole esemplare in AE al nome di Settimio Severo, con al diritto testa laureata dell' imperatore ed al rovescio bella architettura di porta della città-fortezza, con 3 torri merlate e statua di divinità nel passaggio . Sarà il 19 Ottobre in vendita LeuNum. 16 al n. 128 .
    1 punto
  24. Esatto. Che io sappia, se ne conosce un solo esemplare in una collezione privata di un pugliese. Sul dritto, sopra la testa di Murat, si nota la punta dello stemma borbonico.
    1 punto
  25. Secondo me questa non è una moneta vera ma un'immagine generata con un'IA... AI generated image...
    1 punto
  26. Il mio intervento non era ammonitivo nei tuoi confronti (ci manca!), ma aveva solo lo scopo di manifestare una mia osservazione. Tutto qui. Buona serata 👋
    1 punto
  27. Non avevo visto questo tuo messaggio. Non ti devi scusare di nulla. Gli aspetti da valutare sono molti ed è normale non ponderarli tutti. Ma grazie per aver evidenziato questa tipologia monetale che avevo studiato tempo fa, e, soprattuto, ti ringrazio per la grande umiltà con cui ti affacci allo studio. Qualità sempre più rara…
    1 punto
  28. Vorrei precisare che è possibile intravedere nel dritto sia il valore sia parte dello stemma di una piastra del Re nasone. Inoltre, in questo caso non si è rispettato il criterio dritto-dritto e rovescio-rovescio.
    1 punto
  29. Buongiorno a tutti, seguo con interesse gli sviluppi, osservavo ancora il 12 carlini si inizio discussione, immaginavo la piastra sotto, ho cerchiato dei dettagli che magari possono essere di ulteriore aiuto. A parte le lettere osservo quella che potrebbe essere la punta del festone. E il punto che normalmente si trova a Dx della sigla A. Saluti Alberto
    1 punto
  30. Bronzo di Plautilla (Nicopolis ad Istrum, Mesia Inferiore) che raffigura al rovescio la porta campale sormontata da una sovrastruttura con quattro colonne e tetto a capanna (https://www.numisbids.com/n.php?p=lot&sid=1229&lot=1708). Lot 1708. Estimate: 1500 USD, Price realized: 1400 USD. MOESIA INFERIOR, Nicopolis ad Istrum. Plautilla. Augusta, AD 202-205. Æ (27mm, 13.42 g, 7h). Aurelius Gallus, legatus consularis. Struck AD 201-203. Draped bust right / Campgate surmounted by superstructure with four columns and gabled roof. Cf. H&J 8.14.46.4 for an issue of Septimius Severus from the same reverse die; otherwise unpublished in the standard references. Near EF, dark green patina. Very rare. apollonia
    1 punto
  31. Ciao Dux-sab, non è il mio periodo ,ma a me questa moneta pare autentica ma con patina artefatta .. comunque non mi dispiace,molto gradevole,buona giornata
    1 punto
  32. Questo allineamento di punti me lo spiego solo con una centratura da parte dell'incisore per ben impostare la corona e le scritte nel rovescio. Che sia il primo caso in cui si notano tutti e tre non lo so, ma in queste particolari coniazioni ci sono. Sentiamo altri pareri.
    1 punto
  33. Dovrebbe essere un liard con delfino, francese
    1 punto
  34. Questo particolare l'avevo già notato su alcune annate di cui una in particolare delle piastre di Ferdinando IV,ma c'è un'altro particolare che mi è subito saltato all'occhio e che nessuno degli intervenuti ha notato,parlo del globetto sotto l'intreccio dei rami,nei dodici carlini in discussione è chiaramente visibile a sinistra della stella a 5 punte posta sotto all' intreccio dei rami di olivo e di spighe dei dodici carlini...
    1 punto
  35. Assolutamente magnifico. In Val Rosandra ci sono stato qualche anno fa, e intendo ritornarci.
    1 punto
  36. Proprio per questo ho scritto che non è il meglio che il conio abbia prodotto. La moneta non ha circolato.
    1 punto
  37. I 20 anni di matrimonio sono denominati Nozze di Porcellana, ma non saprei se i 20 anni di frequentazione di un forum hanno un nome. In ogni caso, buon ventennale. apollonia
    1 punto
  38. E questo va bene, ma ciò non spiega la somiglianza delle spade rinvenute in Sardegna datate 1600 a.C molto simili a quelle mostrate dai guerrieri Shardana nelle raffigurazioni egizie, e stiamo parlando di un periodo antecedente alle invasioni dei Popoli del Mare. E i vestiti e l'equipaggiamento che si vedono nei bronzetti sardi? Anche questi sono molto simili alle raffigurazioni egizie. Inoltre, nella Stele di Nora la Sardegna viene denominata SRDN, uguale al termine egizio che indicava gli Sherdana. Anche questa è una coincidenza?
    1 punto
  39. Pronti I signori desiderano altro? basta chiedere petronius
    1 punto
  40. @petronius arbiter Da appassionato di monetazione romana imperiale: Un caro saluto. Stilicho
    1 punto
  41. Cari Soci ed Amici, reminder per la conferenza di domani sera. Ricordo che a fine conferenza si potranno vedere le monete di Carlo V, pubblicazioni riguardanti Leone Leoni e della monetazione milanese di Carlo V ed altro...poi il consueto brindisi. Si potrà anche vedere questa bellissima moneta Il rovescio lo potranno vedere i presenti...quindi che dire vi aspettiamo numerosi.
    1 punto
  42. @Max68Busca Molte informazioni sono presenti sul catalogo di lamoneta.it: Marengo o 20 franchi - Repubblica Subalpina (lamoneta.it) Viene lì ripresa una interessante discussione apparsa sul forum alcuni anni fa. Comunque si tratta di una moneta per molti versi misteriosa, dato che non è neppure chiaro dove sia stata coniata (a Torino o Parigi?). L'anno 9 presenta una varietà di contorno (fogliette o righe oblique) che potrebbe forse essere messo in rapporto alla zecca in cui tale moneta fu battuta.
    1 punto
  43. Non conoscevo questa moneta e quindi sono andato un po' a leggere. In effetti, su questa tipologia TVTELA AVGVSTI per Vitello, le opinioni sono cambiate nel tempo. Inizialmente erano considerate o come falsi o come reincisioni di un rovescio VICTORIA AVGVSTI sempre di Vitellio. Questo potrebbe forse spiegare l'assenza della moneta nel RIC I? La ricerca più recente, alla luce anche della comparsa di nuovi esemplari (tipo quello del post #4) ha rivisto il suo pensiero e ora ammette la presenza di questo rovescio per Vitellio. L'effigie rappresenterebbe Vitellio seduto in atteggiamento protettivo verso due figure che, secondo il pensiero prevalente dovrebbero rappresentare i cittadini dell'impero. Forse proprio in attesa dell'arrivo di Vespasiano che poi, guarda caso, erediterà lo stesso rovescio. Fonti per letture ed approfondimenti: - articolo: THE TUTELA TYPE OF VITELLIUS E. Krupp, F. Krupp The Numismatic Chronicle and Journal of the Royal Numismatic Society, Seventh Series, Vol. 1 (1961), pp. 129-130 (3 pages) Disponibile per la lettura libera on line previa registrazione: https://www.jstor.org/stable/42662311 - pagina del FAC con intervento di Curtis Clay (che ha messo in vendita la moneta di sopra e che considera il pezzo un asse per i suoi riflessi rossastri) e che parla anche diffusamente di questo rovescio in Vespasiano: TVTELA AVGVSTI: a new sestertius type for Vespasian in 71 (forumancientcoins.com) - esempla del Mnzabinett di Berlino (che lo identifica come dupondio): MK-B | Vitellius 69 n. Chr. (smb.museum) Spero di non aver detto inesattezze; il mio "inglisc is very pur"😁 PS: @modulo_largo, da dove viene la tua immagine? Ciao. Stilicho
    1 punto
  44. Ti allego le pagine di Guzzetta con la storia del rinvenimento così puoi farti un’idea di quanto fu difficoltoso il recupero del tesoretto.
    1 punto
  45. Prologo 20 agosto 1570, provincia di Hizen. Gli eserciti dei due clan più potenti del nord Kyushu si stanno per scontrarsi, dando inizio alla così detta battaglia di Imayama. Da una parte abbiamo l’esercito del clan Ryuzoji, costituito da soli 5000 guerrieri comandanti dal daimyo Ryuzoji Takanobu; dalla parte opposta abbiamo la coalizione guidata dal clan Otomo, forte di 60000 guerrieri agli ordini di Otomo Chikasada, fratello del daimyo Otomo Sorin. Prima della battaglia, i guerrieri del clan Otomo iniziano a pregare, sperando nella vittoria grazie all’aiuto divino. Pregano per qualche divinità shintoista? No. Pregano pronunciando qualche mantra buddista? No! Pregano per la Vergine Maria e Gesù Cristo! Sembra una cosa strana, non trovate? Oggi spiegheremo brevemente la storia del Cristianesimo in Giappone, dalla sua diffusione fino alla caduta. 1. L’inizio del cristianesimo in Giappone Principali clan durante il periodo Sengoku La storia del cristianesimo in Giappone comincia verso la metà del XVI secolo, in pieno periodo Sengoku. A quel tempo il Sol Levante era ancora terreno di scontro tra decine e decine di clan, desiderosi di prendere il controllo di più territori possibili. Nel 1543 una nave cinese diretta verso l'isola di Okinawa fu costretta a ormeggiare nella piccola isola di Tanegashima a causa di una tempesta. A bordo della nave cinese erano presenti anche mercanti e avventurieri portoghesi, tra cui l’esploratore Fernão Mendes Pinto. La nave venne sequestrata e il signore dell'isola, Tanegashima Tokitaka, entrò in possesso di due archibugi. Capite le potenzialità di queste armi, Tokitaka affidò i due archibugi al suo armaiolo di fiducia, ma questo non riuscì a riprodurre il complesso scodellino dell'archibugio. Il problema si risolverà l'anno successivo, quando i portoghesi tornarono a Tanegashima portando un loro armaiolo che venne messo a servizio del signore dell'isola. Nacque così il tanegashima-teppo, il primo archibugio giapponese. Pinto ritornò presso le coste della Cina, e contattò diversi mercanti portoghesi che si dimostrarono molto interessati a iniziare i commerci con il Giappone. Oltre ai mercanti, nelle terre giapponesi arrivarono anche missionari di vari ordini cristiani. Il più importante fu lo spagnolo Francesco Saverio, membro della Compagnia di Gesù considerato il pioniere della diffusione del Cattolicesimo in Asia. Nel 1547 Saverio incontrò alcuni giapponesi nella penisola di Malacca, tra cui un certo Anjirò, un fuggitivo accusato di omicidio. Anjirò raccontò la sua vita, i costumi e la cultura giapponese a Saverio e gli propose di estendere l'evangelizzazione al Giappone. Anjirò fu il primo giapponese a convertirsi alla fede cristiana e assunse il nome di Paulo de Santa Fé. Nel 1549 Saverio, insieme ad Anjirò e ad altri tre missionari gesuiti, si unì alla nuova spedizione di Pinto diretta a Kagoshima, importante città situata a sud dell’isola di Kyushu. Il gesuita fu accolto amichevolmente da Shimazu Takahisa, daimyo di Satsuma e capo del potente clan Shimazu, ma l'anno successivo proibì la conversione dei suoi sudditi al cristianesimo sotto pena di morte. Per imparare la lingua e la cultura locale, Francesco fu ospitato dalla famiglia di Anjiro fino all'ottobre del 1550. Da ottobre a dicembre del 1550 risiedette a Yamaguchi, città principale della regione di Chugoku. Poco prima di Natale partì per Kyoto con l’intento di incontrare l’imperatore, ma il piano fallì a causa delle guerre che imperversavano in tutto il Giappone. Il gesuita tornò a Yamaguchi nel marzo 1551, dove il daimyo della provincia, Ouchi Yoshitaka, gli diede il permesso di predicare. In questi tre anni il numero di missionari, gesuiti e di altri ordini come quello francescano, aumentò e furono fondate diverse congregazioni cristiane in varie città e province, tra le quali spicca quella di Bungo. Tuttavia, il popolo giapponese non si convertì facilmente in quanto molte persone erano già buddiste o shintoiste. Francesco cercò di combattere la rigidità di alcuni giapponesi secondo cui un Dio che aveva creato tutto, compreso il male, non poteva essere buono. Nonostante la diversa religione, Saverio descriveva i giapponesi come brave persone, riassumendo il tutto come la razza migliore tra i pagani. Criticò invece l’omosessualità, una caratteristica molto diffusa nel Giappone feudale. Nel 1552 Francesco decise di ritornare in India, ma nello stesso anno morì nell’isola cinese di Sancian. Il corpo fu sepolto nella città coloniale portoghese di Goa. Il successo dei missionari dipendeva da vari fattori. Prima di tutto c’era una forte somiglianza tra i missionari e i monaci buddisti, in particolare per la disciplina in quanto era un punto fondamentale da entrambe le parti. Diversi giapponesi credevano di avere a che fare con una nuova filosofia di buddismo, tanto che Cristo poteva essere scambiato per Amida, nome nipponico di Amitabha Buddha. Inoltre, i nipponici ammiravano il coraggio dei missionari, uomini venuti da terre lontane che si addentravano in terre ignote. Tuttavia, il vero successo era solo per natura economica: i signori locali giapponesi più potenti ricavavano grandi profitti dal commercio con gli europei, accogliendo favorevolmente i missionari pur di non rovinarne i rapporti. Un altro fattore era quello militare, dove molti daimyo sollecitavano mercanti e missionari per nuove risorse e armi, specialmente archibugi e navi. Le conversioni ricoprivano una vasta massa di gente, dai contadini fino alle classi più nobili, come la casta dei samurai. Durante le battaglie, i samurai cristiani si gettavano nella mischia portando rosari, urlando e invocando il nome di Gesù o della Vergina Maria, con la speranza di riceverne il supporto. Furono proprio alcuni samurai cristiani a uccidere il tredicesimo shogun dello shogunato Ashikaga, Ashikaga Yoshiteru. Oltre a contadini e samurai, si convertirono al Cristianesimo anche diversi daimyo. Le due parti successive del post saranno incentrate sui signori della guerra cristiani più importanti: Omura Sumitada e Otomo Sorin. San Francesco Saverio in un dipinto di Bartolomé Esteban Murillo Il viaggio percorso 2. Breve storia di Omura Sumitada Emblema del clan Omura Omura Sumitada è uno dei daimyo più importanti e conosciuti della storia giapponese in quanto fu il primo signore feudale a convertirsi al Cristianesimo, oltre a essere il principale responsabile dell’apertura del porto di Fukae, l’odierna Nagasaki, al commercio estero. Shodomaru nacque nel 1533 da Arima Haruzumi, signore di Shimabara e capo del clan Arima, e da una figlia di Omura Sumiyoshi. All’età di cinque anni fu adottato da suo zio Omura Sumisaki. L’adozione fu una scelta strategica in quanto lo zio non aveva eredi legittimi, ma Sumisaki adottò prontamente il giovane Shodomaru grazie agli antichi legami di parentela tra il clan Arima e Omura. Al momento della sua successione, il giovane Shodomaru cambiò il nome in Omura Sumitada. Il regno iniziò in modo turbolento tra coinvolgimenti di parenti e pressioni di altri clan, ma il pericolo più grande fu l’invasione dei territori da parte del clan Ryuzoji. Sumitada doveva trovare immediatamente degli alleati. Nel 1561, in seguito all'assassinio di stranieri nella città di Hirado, i portoghesi iniziarono a cercare altri porti dove poter commerciare. In risposta alla loro ricerca, nel 1562 Sumitada offrì un rifugio sicuro nel suo dominio, dando speciali privilegi ai mercanti portoghesi nel porto di Fukae e la libertà di predicare ai gesuiti. Nel 1563, Sumitada si convertì al Cristianesimo, battezzato con il nome di Bartolomeo. Tuttavia, la conversione fu accolta molto negativamente da alcuni sudditi. La ribellione portò alla distruzione di Fukae e alla fuga di Sumitada, ma grazie all’aiuto dei portoghesi riuscì a sedare la rivolta e a stabilizzare i domini. Nel 1572 ci fu un’altra invasione da parte di Saigo Sumitaka, ma la minaccia fu definitivamente sventata nel 1574, sempre con l’ennesimo contributo dei portoghesi. Nello stesso anno Sumitada diede inizio alla repressione delle altre religioni; numerosi templi furono distrutti, e tutti gli abitanti del suo dominio furono obbligati a convertirsi al Cristianesimo o essere uccisi sul posto. Negli anni 1577 – 1578, il daimyo Ryuzoji Takanobu, il più potente della regione nord del Kyushu, prese di mira i domini di Sumitada. Preoccupato del fatto che Takanobu avrebbe cacciato gli stranieri una volta che gli Omura fossero sconfitti, Sumitada “concesse” il porto di Nagasaki ai gesuiti, mantenendo i diritti di riscuotere le tariffe doganali sulle merci che passavano attraverso il porto. Nel 1580 Sumitada si sottomise ai Ryuzoji, diventandone così vassallo. Dopo la guerra Ryuzoji – Shimazu, nel 1587 il dominio di Omura si sottomise immediatamente al potente signore della guerra Toyotomi Hideyoshi, successore di Oda Nobunaga nella riunificazione del Giappone, anche se subirono la perdita del porto commerciale di Nagasaki che passò sotto il controllo diretto di Hideyoshi. Nello stesso anno Omura Sumitada morì di tubercolosi e gli succedette il figlio Yoshiaki, anche lui cristiano battezzato con il nome di Sancho. La devozione di Sumitada al Cristianesimo venne illustrata dal gesuita Luís Fróis, che descrisse un breve episodio: mentre Omura Sumitada era in marcia per la guerra, accadde che passò per la strada come un idolo, Marishiten di nome, che è il loro dio delle battaglie. Quando lo superano, si inchinano e gli pagano la riverenza, e i pagani che sono a cavallo scendono da cavallo come segno del loro rispetto. Ora l'idolo aveva sopra un galletto. Quando il daimyo arrivò con il suo squadrone fece fermare i suoi uomini e ordinò loro di prendere l'idolo e bruciarlo insieme a tutto il tempio; e prese il galletto e gli diede un colpo con la spada, dicendo "oh quante volte mi hai tradito!" E dopo che tutto fu bruciato, fece erigere una croce molto bella nello stesso punto, e dopo che lui e i suoi uomini gli avevano prestato una profonda riverenza, continuarono la loro strada verso le guerre. Antica raffigurazione europea di Omura Sumitada 3. Breve storia di Otomo Sorin Emblema del clan Otomo Volete un daimyo che rispetti i tre principali motivi (devozionale, economico, militare) per la sua conversione al Cristianesimo? Ci sta solo un nome: Otomo Sorin. Otomo Sorin nacque nel 1530 da Otomo Yoshiaki, capo dell’omonimo clan e signore del dominio di Funai, mentre per la madre non ci sono informazioni storiche. Il progetto del padre era di disegnare come suo successore Shioichimaru, fratellastro paterno di Sorin, e aveva un piano per eliminare sia Sorin che Chikazane, il suo tutore. Tuttavia, nel 1550 l’attentato fallì e il vassallo anziano del gruppo di Sorin sollevò una ribellione. La rivolta provocò l’uccisione del padre, di Shioichimaru e di sua madre. Il giovane Sorin divenne così il ventunesimo capofamiglia del clan Otomo. Sorin fu un daimyo molto abile nella diplomazia, tanto che nel 1551 riuscì a far cessare il “secolare” scontro tra il suo clan e quello di Ouchi. Nello stesso anno, incontrò personalmente il gesuita Francesco Saverio, concedendone la libertà di predicare nei suoi domini, ma la scelta provocò una ribellione di alcuni vassalli, scatenando un vero e proprio conflitto religioso. Sedata la rivolta, la città di Funai, l’odierna Oita, divenne un porto importante simile a Nagasaki, frequentato da preti gesuiti, mercanti, banditi e pirati. Oltre a favorire le relazioni con i cristiani, tanto che lo designavano come Re di Bungo, Sorin combatté una serie di battaglie negli anni successivi, conquistando nuove province e consolidando il territorio. In questo periodo è attestato anche l’invio di delegazioni politiche alla città portoghese coloniale di Goa, in India. Nel 1557, gli Otomo iniziarono una guerra con il clan Mori, famoso per la sua potente flotta. Il conflitto fu veramente aspro, tanto che nel 1559 intervenne lo shogun Ashikaga Yoshiteru per porre fine alla disputa. Con grande abilità diplomatica, Sorin inviò un enorme donazione allo shogun, che ricompensò il signore degli Otomo con la nomina di shugo, ovvero signore provinciale ufficiale. Nel 1562, Sorin entrò nel sacerdozio e prese il secondo nome di Kyuan Sorin. Fornendo continuamente molto sostegno alla famiglia shogun Ashikaga, nel 1563 fu nominato shobanshu, una carica superiore a quella di shugo. La mediazione con lo shogunato aveva un unico scopo: ottenere maggiori vantaggi nei negoziati di riconciliazione con il clan Mori. Pensate che la pace durava così a lungo durante il periodo Sengoku? Nel 1569, il clan Mori invase un territorio vassallo di Sorin, scatenando così un nuovo conflitto. Durante la guerra, Sorin chiese ai mercanti e ai gesuiti salnitro di buona qualità, archibugi e cannoni in quanto si considerava protettore della cristianità. Si dice che sia stato proprio l’esercito di Sorin a usare per la prima volta un cannone “moderno” in Giappone. L’esercito Mori fu sconfitto nella decisiva battaglia di Tatarahama. A questo punto, Sorin controllava un grande territorio che comprendeva le province di Bungo, Chikuzen, Chikugo e la maggior parte di Buzen. Inoltre, aveva influenza sulle province di Hugo, Hizen e Iyo. Nel 1570 iniziò il declino degli Otomo, con la sconfitta nella battaglia di Imayama da parte del clan Ryuzoji. Nella battaglia perse la vita il fratello minore di Sorin, Otomo Chikasada. Nel 1576, il quarantaseienne Sorin decise di condividere il potere con il figlio Yoshimune, instaurando un governo dualistico. L’anno successivo, la coalizione guidata da Sorin contro il clan Shimazu subì una sconfitta talmente schiacciante nella battaglia di Mimi-kawa che gli Otomo persero molti vassalli e territori. Inoltre, le dispute per il potere con il figlio si facevano sempre più dure e pressanti. Nell'agosto del 1578, Sorin fu battezzato da padre João con il nome di Francesco, e inviò una lettera di avviso al re del Portogallo. Ogni giorno prima del suo battesimo, Sorin ripeteva cinquanta preghiere dell'Ave Maria (una per ogni grano della catena del rosario) e cinquanta preghiere del Signore per tre volte al giorno: mattina, mezzogiorno e sera. Oltre a favorire la diffusione del Cristianesimo e i commerci con Spagna e Portogallo, Sorin seguì anche un piano simile a quello di Omura Sumitada, con la distruzione dei templi e costringendo la popolazione dei suoi domini a unirsi alla nuova religione. Nello stesso periodo, costruì il primo ospedale generale del Giappone, una struttura specializzata nella scienza medica occidentale dove le persone del dominio potevano sottoporsi a controlli gratuiti. Nel 1582, Sorin inviò la così detta Ambasciata Tensho, la prima delegazione ufficiale giapponese in Europa. Ideata dal gesuita Alessandro Valignano e supportata dai tre daimyo cristiani Omura Sumitada, Otomo Sorin e Amira Harunobu, la spedizione era guidata dal gesuita giapponese Mancio Ito, e nel corso del viaggio in Europa incontrarono autorità importanti come il re Filippo II di Spagna, il granduca Francesco I de' Medici, papa Gregorio XIII e il suo successore papa Sisto V. A Roma Mancio Ito divenne cittadino onorario e nobile con il titolo di Cavaliere di Speron d'oro. A causa delle nuove pressioni del clan Shimazu, nel 1585 Sorin chiese aiuto a Toyotomi Hideyoshi. Hideyoshi guidò il suo esercito alla conquista della regione di Kyushu e nel 1587 sconfisse l'esercito degli Shimazu in vari luoghi. Sorin si ammalò durante la rapida inversione della situazione della guerra e morì di malattia, probabilmente tifo, a Tsukumi, nella provincia di Bungo, poco prima della resa del clan Shimazu. Ritratto di Otomo Sorin in una stampa d'epoca Dipinto del 1665 che raffigura l'incontro tra l'ambasciata giapponese e Papa Gregorio XIII 4. Ascesa e declino del Cristianesimo in Giappone L’avanzare del Cristianesimo in Giappone fu lento ma progressivo, specialmente nella regione del nord Kyushu. Una bozza del 1582 scritta dal gesuita Alessandro Valignano stimava circa 200 chiese e 150000 adepti, fino ad arrivare a quasi 300000 alla fine del XVI secolo secondo stime di alcuni storici. Dalla metà del periodo Sengoku fino agli inizi del periodo Edo, la percezione del Cristianesimo cambiò sempre di più sotto l’influenza dei tre grandi unificatori del Giappone: Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu. Nobunaga favorì il Cristianesimo per i vantaggi economici e militari, ma soprattutto vide la nuova religione come uno strumento utile per combattere il fanatismo buddista, considerato un ostacolo per i suoi piani di conquista. Alcuni monaci erano interessati al Cristianesimo, mentre quelli dei templi principali, considerati lo zoccolo duro del buddismo giapponese, percepivano la nuova religione come una minaccia. Le dispute si fecero sempre più dure e violente, tanto che i monaci cacciarono via i cristiani dalla capitale Kyoto, costringendoli a trovare rifugio nella città autonoma di Sakai. Il gesuita portoghese Luís Fróis non si arrese e decise di tornare a Kyoto per parlare direttamente con Oda Nobunaga, spiegandogli le sue ragioni. Quale migliore occasione per dare uno scacco matto ai buddisti della capitale? Così Kyoto divenne un terreno fertile per il Cristianesimo. Inizialmente Toyotomi Hideyoshi seguì una politica di tolleranza simile a quella applicata dal suo predecessore, tanto che durante i suoi primi anni di regno alcune città erano governate direttamente dai gesuiti. Ben presto le cose cambiarono. La frequente paranoia che colpiva Hideyoshi iniziò a entrare in gioco: daimyo e generali che si convertono? Adepti che chiamano Signore la loro figura divina? Vogliono instaurare un altro potere! Inoltre, la rivalità tra missionari spagnoli e portoghesi faceva presagire a Hideyoshi un ipotetico futuro scontro tra Spagna e Portogallo, nella quale il Giappone poteva essere terreno di scontro. In aggiunta, le dispute tra cristiani e buddisti si fecero sempre più violente, minando la stabilità del regno. La goccia che fece traboccare il vaso? La scoperta di traffici di schiavi giapponesi da parte di alcuni mercanti portoghesi. Nel 1587, Hideyoshi bandì i missionari dal Giappone e applicò maggiori controlli verso i signori feudali cristiani, mantenendo però le relazioni commerciali con gli europei. Tuttavia, il decreto non fu mai applicato del tutto, e diversi missionari continuarono a praticare la loro predicazione. Con il passare degli anni, l’atteggiamento anticristiano di Hideyoshi cresceva sempre di più, fino a esplodere nel 1593 con l’arrivo in massa dei francescani, più autoritari e intolleranti verso le altre religioni. Alla fine del 1596, Hideyoshi diede inizio alle prime persecuzioni e ordinò ai governatori da lui dipendenti di arrestare tutti i religiosi cristiani. Nella capitale Kyoto furono catturati ventisei cristiani: 6 francescani di origine spagnola o portoghese, 3 gesuiti e 17 terziari francescani giapponesi. I prigionieri furono portati in una piazza, dove subirono il taglio di un pezzo dell’orecchio sinistro. Per intimorire tutti i giapponesi cristiani e scoraggiare altre conversioni, Hideyoshi fece marciare i ventisei da Kyoto a Nagasaki, la città dove era presente la maggiore comunità cattolica. I condannati arrivarono nella città portuale dopo 30 giorni e circa 600 chilometri di estenuanti fatiche. Il 5 febbraio del 1597, i ventisei furono portati alla collina Nishizaka, pronti per la crocifissione. La morte doveva avvenire come quella del loro Signore. Dopo averli fatti soffrire per molto tempo, tutti i Ventisei martiri del Giappone furono finiti mediante un colpo di lancia, ricavato da canne di bambù, sul costato. L’ammonimento funzionò e diversi missionari, tra cui Alessandro Valignano, fuggirono dal Giappone. Agli inizi anche Tokugawa Ieyasu era favorevole verso i cristiani, dando libertà nei suoi domini, ma con l’inizio del nuovo shogunato Tokugawa, che coincide con l’avvio del lungo periodo Edo, Ieyasu applicò politiche restrittive e persecutorie simili a quelle del suo predecessore Hideyoshi. Durante il 1613 iniziò una nuova campagna di persecuzione, che culminarono con il martirio di Kyoto. Nel 1614, Ieyasu bandì definitivamente il Cristianesimo dal Giappone tramite un editto, definendola dottrina perversa. Il 14 maggio dello stesso anno si svolse l’ultima processione per le strade di Nagasaki, che toccò sette delle undici chiese della città, tutte successivamente demolite. Da allora, i cristiani continuarono a professare la loro fede nella clandestinità: iniziava così l’era dei kakure kirishitan, ovvero cristiani nascosti. Gli adepti celebravano i loro riti in alcune stanze segrete all'interno delle loro abitazioni private. Nel corso del tempo le raffigurazioni sacre venivano trasformate in statuette che assomigliavano a quelle tradizionali di Buddha o di altre divinità. Le preghiere furono scritte per sembrare dei canti buddisti, mentre la Bibbia e i testi liturgici furono trasmessi oralmente. Con il secondo shogun Tokugawa Hidetada, le persecuzioni aumentarono di portata e brutalità, specialmente verso i giapponesi convertiti. Nel 1619 quasi 60 fedeli vennero condannati al rogo, tre anni dopo 55 vennero giustiziati nel cosiddetto Grande martirio di Nagasaki. Nel 1625 venne inaugurata la pratica dei yefumi, tavolette di legno con le icone di Gesù o della Vergine che si dovevano profanare calpestandole come prova di abiura del cristianesimo da parte dei condannati. Chi si rifiutava di farlo veniva torturato e ucciso. I metodi furono brutali: cavamento degli occhi, bambini malmenati davanti ai loro genitori, crocifissioni, roghi o ebollizioni da vivo, decapitazioni e tsurushi, una pratica altamente utilizzata dove il malcapitato veniva appeso a testa in giù in una fossa piena di escrementi, con un taglio sulla tempia in modo che il sangue potesse defluire e non morisse rapidamente. Con il terzo shogun Tokugawa Iemitsu, il malcontento verso gli occidentali aumentò in modo vertiginoso e le persecuzioni si aggravarono ancora di più. Nel 1639 tutti gli occidentali furono espulsi e si vietò l’attracco a tutte le potenze europee, ad eccezione per gli olandesi, che potevano commerciare con il resto del Giappone e risiedere nella piccola isola di Deshima, nel porto di Nagasaki. Inoltre, si vietò anche l’emigrazione: migliaia e migliaia di nipponici non poterono rientrare nel loro paese, pena condanna di morte. Nel 1640, alcuni membri di un’ambasciata portoghese sbarcarono in Giappone, ma furono subito decapitati sul posto. Iniziò così il lungo periodo dell’isolazionismo giapponese, noto con l’appellativo di sakoku jidai, periodo del paese chiuso. Dal 1640 tutti i giapponesi furono obbligati a registrarsi presso i templi buddisti e a seguire corsi, in modo tale da dimostrare di non essere cristiani. Del Cristianesimo non ne rimaneva quasi traccia nel 1660. Antica stampa che raffigura i Ventisei martiri del Giappone Xilografia del XIX secolo della mappa di Nagasaki. L'isola al centro della stampa è la piccola isola artificiale di Deshima, territorio olandese dal 1641 al 1859. 5. La rivolta di Shimabara, l’ultima resistenza dei giapponesi cristiani Durante gli inizi del periodo Edo non mancava la resistenza da parte dei cristiani giapponesi. La più grande e conosciuta fu la rivolta di Shimabara del 1637. La penisola di Shimabara era governata dal daimyo Matsukura Katsuie, figlio di Matsukura Shigemasa noto per aver dato avvio le tremende persecuzioni nei confronti dei cristiani nei suoi domini. Il figlio continuò il piano di sradicamento del Cristianesimo iniziato dal padre, e in più attuò un’eccessiva tassazione per rispettare la politica dell'ikkoku – ichijo, ovvero un castello in ogni provincia, decisa dallo shogunato Tokugawa. I proventi delle tasse servivano per smantellare i castelli di Hara e Hino e costruire la nuova postazione difensiva a Shimabara. Le tasse logoranti peggiorarono le condizioni dei contadini e molti morirono di fame, mentre i samurai al servizio del daimyo compivano crudeltà di ogni genere come furti, uccisioni e stupri. Tra persecuzioni e tasse la pazienza era finita. La rivolta scoppiò nell’autunno del 1637 con l'assassinio del daikan di Shimabara Hayashi Hyozaemon, cioè l’esattore delle tasse. In molti villaggi di Shimabara iniziarono le prime violenze e i contadini cominciarono con l'attaccare i granai pubblici in cui era contenuto il riso con cui avevano pagato le logoranti tasse. Al fianco dei contadini cristiani si unirono anche ronin cristiani, ovvero samurai decaduti senza padrone, veterani nel combattimento e nelle arti marziali. La notizia della ribellione arrivò a Nagasaki, che inviò delle truppe per reprimere la rivolta. La rivolta scoppiò anche nell’arcipelago di Amakusa e il daimyo del luogo, Terazawa Katataka, inviò subito un contingente di 3000 guerrieri al comando di nove nobili per eliminare la rivolta. Tuttavia, il piccolo corpo di spedizione fu annientato dall’armata ribelle il 27 dicembre del 1637. In una successiva battaglia combattuta il 3 gennaio 1638, gli insorti di Amakusa furono sconfitti e i sopravvissuti fuggirono dalla loro isola per unirsi ai ribelli di Shimabara. Verso gli inizi del 1638, le file dell’armata ribelle erano aumentate e a capo dell’esercito ribelle si pose il sedicenne ronin cristiano Amakusa Shiro. L’esercito ribelle riunì le forze nel castello dismesso e in rovina di Hara. Nonostante le pessime condizioni della struttura, il castello garantiva ugualmente una buona protezione in quanto situato su un promontorio che dava sul mare. Tre lati del castello, infatti, terminavano con un dirupo e per attaccarlo si doveva usare l'unico passaggio disponibile che era protetto da due profondi fossati. Nel castello gli insorti portarono con sé anche le loro famiglie. Secondo gli storici, il numero totale tra insorti, donne e bambini era di 27000 – 37000 persone. Nel castello tutti lavorarono per rafforzare le difese e sui merli esposero croci di legno e vessilli crociati. L’armata assediante dello shogun comprendeva circa 50000 guerrieri, tra i quali era presente anche il famoso Musashi Miyamoto, considerato il migliore spadaccino della storia giapponese. A capo dell’immenso esercito fu messo Shigemasa Itakura, scelto direttamente dallo shogun Tokugawa Iemitsu. Nel frattempo, i Tokugawa avevano chiesto aiuto anche agli olandesi, che presero parte all'assedio con Nicolaes Couckebacker, il capo del trading post della Compagnia olandese delle Indie Orientali della città di Hirado. Gli olandesi rifornirono l'esercito dello shogunato di cannoni e polvere da sparo, e inviò sul luogo dello scontro tre vascelli da guerra, uno dei quali comandato dallo stesso Couckebacker, il de Ryp. Il castello per una quindicina di giorni subì un pesante cannoneggiamento sia dalle truppe a terra sia dalle navi olandesi, ma gli insorti si rifugiarono in alcune gallerie sotterranee che avevano creato nei giorni precedenti per proteggersi dalle cannonate. A causa della disorganizzazione dell’esercito dello shogun e del piano fallimentare, gli olandesi si ritirano. Il vero motivo fu un altro: i giapponesi non gradirono farsi aiutare da stranieri e per orgoglio dovevano combattere la ribellione con le loro forze. Dopo diversi tentativi falliti di attacco, e a seguito della morte di Itakura in uno degli assalti, l’armata dello shogunato passò al nuovo comandante Matsudaira Nobutsuna. Gli insorti riuscirono a resistere per altri due mesi, ma le condizioni climatiche e la tenacia degli assedianti cominciavano a farsi sentire. Il freddo dell'inverno aveva danneggiato entrambe le fazioni, ma le truppe dello shogunato ricevevano periodicamente dei rinforzi a differenza dei ribelli, che, oltretutto, cominciavano ad esaurire le munizioni e le scorte di cibo. Nell'aprile del 1638, Matsudaira aveva al suo comando circa 125000 guerrieri. Sapendo delle condizioni difficili dei ribelli, Matsudaira inviò un messaggio di resa in cui prometteva il totale perdono per tutti i non cristiani e per coloro che avessero ritrattato la loro fede. Al messaggio rispose lo stesso Amakusa Shiro scrivendo che tutti erano cristiani e sarebbero morti per la loro fede. Il 12 aprile del 1638, l’esercito dello shogunato riuscì fare breccia nel castello. Gli scontri terminarono definitivamente il 15 aprile, con la sconfitta delle ultime sacche di resistenza. Tutti gli insorti sopravvissuti, compresi donne e bambini, furono decapitati, e i loro corpi ammassati e sepolti tra le rovine del castello, che fu incendiato e completamente raso al suolo. La testa del capo della rivolta, Amakusa Shiro, fu portata fino a Nagasaki ed esposta al pubblico per diversi giorni, come monito per la popolazione. Lo shogunato prese seri provvedimenti anche nei confronti dei comandanti del suo stesso esercito: diversi daimyo furono considerati responsabili della rivolta e vennero decapitati; Matsukura Katsuie, la cui politica tirannica fu tra le cause della rivolta, fu indotto a compiere il seppuku, il suicidio rituale. I clan che diedero il loro contributo militare all'esercito dello shogunato furono invece ricompensati venendo esentati dai periodici contribuiti che dovevano versare allo shogun. La grande rivolta di Shimabara fu l’ultimo tentativo di resistenza da parte dei cristiani giapponesi. Dopo la rivolta, lo shogunato sospettò i cattolici occidentali come aiutanti degli insorti. L’evento influenzò il decreto di espulsione degli occidentali dal Giappone del 1639. Xilografia del XIX secolo raffigurante Amakusa Shiro Resti del castello di Hara. La struttura fa parte del bene protetto dall’UNESCO “siti cristiani nascosti della regione di Nagasaki” 6. Che cosa rimane? Per quasi tutta la durata del periodo Edo, i cristiani rimasero nascosti sotto gli occhi dello shogunato Tokugawa. A seguito della spedizione navale USA guidata dal commodoro Matthew Perry, nel 1853 il Giappone fu riaperto ai rapporti con l'estero. Nonostante il Cristianesimo fu ancora bandito, giunsero molti religiosi cristiani. Sotto il governo dell’imperatore Meiji, nel 1871 fu introdotta la libertà religiosa, riconoscendo così alle comunità cristiane il diritto all'esistenza. Dopo più di 200 anni, l’epoca dei cristiani nascosti finì. Oggi il Cristianesimo viene praticato da meno dell'1% della popolazione giapponese, con comunità cattoliche concentrate perlopiù a nord dell’isola di Kyushu, principalmente nelle vicine città di Nagasaki, Hirado e Goto. Circa il 70% delle chiese risulta essere normalmente frequentata da meno di 30 fedeli. Una chiesa nei pressi di Hirado Spero che questo post sia stato di vostro gradimento! 😄 Alla prossima, Xenon97
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