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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 02/16/25 in Risposte
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Salve. Condivido tre monete di Giuseppe Napoleone. Una piastra del 1806 ( gr. 27,50, mm. 37,9- Magliocca pag. 238, n. 402, R2 ), una piastra del 1807 (gr.27,52, mm.38,5,- Magliocca pag. 238, n. 403, R ) ed una del 1808 ( gr. 27,42, mm.38,00- Magliocca pag. 238, n. 404, NC ). La 1806, al rovescio, presenta una piccola escrescenza di metallo simile all'angolo di un 7, 7 che poi troviamo sul tipo dell'anno successivo negli esemplari con la data ribattuta (7 su 6). Il mezzo anello passante dell'ancora é appena accennato. Questa piastra, fra le tre, è quella più difficilmente reperibile in buona conservazione. Nella mia 1807 la data non è ribattuta ed il 7 è allineato agli altri numeri della data. Si trova a sinistra, mentre il valore si trova a destra (come avviene normalmente, eccezion fatta per un unico rarissimo tipo che riporta la data a destra ed il valore a sinistra). Il ciuffo dei capelli del sovrano è più folto rispetto al ciuffo presente nella 1806. L'ancora è con mezzo anello passante ed è sostenuta dal braccio di una sirena. L'altra sirena è con timone nella mano destra. Le due sirene, insieme, sostengono lo stemma coronato con al centro aquila imperiale ad ali spiegate. Piastra 1808: tipo II, ancora con mezzo anello, come nella 1807. Ciuffo del sovrano un po' meno folto che nella 1807, ma più folto rispetto alla 1806, comunque diverso da quello delle altre due ( almeno così mi sembra). Per quanto riguarda, invece, la struttura della corona, essa è identica per la 1806 e 1807, varia leggermente in alcuni particolari nella 1808. Pubblico dritto e rovescio delle tre monete, ma aggiungo una foto in cui le tre monete sono insieme ed affiancate, al fine di facilitare dei confronti. Ringrazio tutti per l'attenzione. Saluti.9 punti
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Buongiorno a tutti e buona Domenica. Oggi a Gaeta ricordano il 164°anniversario della fine dell'assedio di Gaeta 1860-61. Riporto la locandina dell'evento, purtroppo per motivi di salute non potrò esserci ma ci sarà il mio carissimo Amico Sergio @motoreavapore Il quale mi aveva girato la locandina ed invitato a presenziare insieme. Riporto le parole di Re Francesco II rivolte al Popolo. 《 Io sono Napolitano; nato tra voi, non ho respirato altr'aria, non ho veduti altri paesi, non conosco altro suolo, che il suolo natio. Tutte le mie affezioni sono dentro il Regno: i vostri costumi sono i miei costumi, la vostra lingua la mia lingua, le vostre ambizioni mie ambizioni》 Re Francesco II Parole molto toccanti. Voglio ricordarlo con le sue monete. Posto il mio Tari al quale sono molto affezionato perché proviene dalla Collezione di Sergio, proprio da Gaeta. Tutti potete partecipare, con le vostre monete, con le vostre riflessioni. Saluti Alberto8 punti
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Buon pomeriggio a tutti. Ringrazio @Litra68 e @gennydbmoneyper aver postato importanti testimonianze incisorie relative all'ultimo Re del Regno di Napoli Francesco II. Dal 1992 si celebra ogni anno questo evento storico culturale nella città di Gaeta, patrocinato dalla sezione ex allievi della scuola militare Nunziatella sezione Lazio, dal Sacro Ordine Militare Costantiniano di San Giorgio e dal comune di Gaeta. L'evento si divide in due parti: - la Santa Messa, celebrata nella chiesa della SS. Trinità, in onore dei caduti durante l'assedio del 1861 - l'alza bandiera del Regno di Napoli con il lancio della corona dei fiori sul luogo dove sorgeva la batteria Transilvania prima che i Piemontesi la facessero esplodere. Luoghi suggestivi circondati di storia, una storia che racconta le radici del sud e di un Regno che non esiste più. Di seguito alcune foto dei momenti più importanti. Altre foto.....6 punti
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Vorrei lasciare solo un piccolo commento a margine, visto che la questione mi tocca da vicino: ho riflettuto a lungo prima di intervenire e scrivere queste brevi considerazioni perché, visti i presupposti, non ero pienamente convinto di farlo. Tuttavia, rispondo in questa discussione, ma il mio discorso è più ampio e si adatta bene anche ad altri topic simili su temi e pubblicazioni affini. Con questo, non voglio assolutamente far perdere altro prezioso tempo (che non ha – l’ha ripetuto fino alla noia in vari contesti come questo) al nostro Amico, ma, impiegandone un po’ del mio, non posso fare a meno di notare che, quando la nave inizia ad affondare, il capitano, in questo strano caso, sia il primo ad abbandonarla. Dopo un’attenta lettura di quest’ultimo affascinante capitolo di quella che sembra essere effettivamente una interminabile “saga”, com’è stata definita precedentemente in tale contesto, aggiungerei dai parziali contorni “fanta-numismatici”, mi è parso superfluo e del tutto inutile procedere con una lunga disamina dei punti deboli di tale ricostruzione: ne sarebbe uscito un altro corposo saggio che, oltre a risultare scomodo per qualcuno, avrebbe dato eccessiva visibilità a questioni che non la meritano. Non è detto, tuttavia, che gli scritti del nostro Amico, trattati con la dovuta attenzione, non possano fornire, nel prossimo futuro, l’assist necessario per correggere il tiro e segnare finalmente un punto a favore delle scienze storico-numismatiche: d’altra parte, come è ben noto ai professionisti del settore, la ricerca storica, così come quella numismatica ad essa affine, comporta dei rischi a cui nessuno si può sottrarre. Da qui, il richiamo e l’invito, come vedremo nel corso di questa mia raccolta di osservazioni, alla prudenza. Mi è parso, inoltre, superfluo approfondire i singoli punti, in primis perché la maggior parte delle criticità si sono già rese evidenti agli occhi dei lettori più attenti; in secondo luogo, perché non si può discutere scientificamente di qualcosa che non è scientificamente fondato: non basta saper citare fonti, bibliografie e documenti per riconoscere la scientificità di un elaborato, ma, come dirò qui appresso, è il metodo ad indirizzare buona parte della ricerca e a determinarne la propria validità scientifica. D’altronde, «una cosa è lo strumento, un’altra è la scienza» (M. Bloch, Apologia della storia o Mestiere di storico, a cura di M. Mastrogregori, Milano, 2024, p. 134): già raccogliere e selezionare i documenti più utili per il proprio lavoro è, per lo studioso, uno dei compiti più complessi; figurarsi, ora, passare alla loro esegesi. Occorre una buona dose di accortezza in questa fase, a maggior ragione se i documenti ufficiali sopravvissuti sono relativamente pochi e ci consentono di ricostruire solo uno spaccato parziale e non il quadro generale della questione: «il pericolo inizia solamente quando ogni fonte di luce pretende da sola di illuminare tutto» (p. 248). Perché, per quante fonti possiamo disporre in ogni periodo storico, esse non saranno mai in numero sufficiente per ricostruire minuziosamente l’intero panorama degli eventi: tentiamo di avvicinarci ad esso con gli strumenti che abbiamo a disposizione di volta in volta, ma, al massimo, possiamo solo sottolineare alcuni aspetti del tutto. Infatti, mi è sembrato di individuare nuovamente il vero problema di questi scritti nel metodo d’indagine adottato, lo stesso con cui i documenti vengono man mano approcciati ed interpretati. Il merito principale del nostro Amico – ormai è palese ai più – consiste nel pubblicare documenti e testimonianze d’epoca in maniera filologicamente corretta (anche se non sempre possiamo parlare di edizioni critiche che seguono i classici criteri paleografici e diplomatici), ma il metodo d’interpretazione che poi viene ad essi applicato è finalizzato solamente alla dimostrazione di una o più idee che già sono insite nell’ipotesi iniziale a priori. In altre parole, non è la pubblicazione e la lettura del documento, laddove esso esista e ci sia giunto, a dimostrare i passaggi chiave di questo o di altro suo studio, bensì la dinamica è inversa: il documento viene interpretato e finanche, in alcuni passaggi, forzato al solo fine di arrivare alle conclusioni che egli ha già preconcette, ovvero «quando il giudizio pende da una parte, non si può evitare di volgere e torcere la narrazione in quel senso» (M. de Montaigne, Essais, a cura di A. Thibaudet, Paris, Gallimard, 1953, libro II, cap. X, p. 459 [ed. it. F. Garavini, Milano, Bompiani, 2012, p. 743]). È, questo, uno degli errori di metodo più comuni tra gli storici non professionisti, il che non è una novità: «le lunghe minuzie dell’erudizione storica, del tutto capaci di divorare una vita intera, meriterebbero di essere condannate come spreco di energie assurdo, quasi criminale, se avessero come unico risultato quello di rivestire con un po’ di verità uno dei nostri svaghi» (pp. 37-38). Ed è proprio quello che accade tra queste come in altre pagine a firma del nostro Amico: l’erudizione da lui messa in campo, con questi continui scoop e scoperte inseguite quasi ossessivamente ad ogni costo (come se l’unico senso della ricerca scientifica fosse quello di presentare ogni volta un elemento di novità da presentare tra squilli di tromba e rulli di tamburi), ha il solo scopo di «rivestire con un po’ di verità» una teoria a monte già data. In altre parole, quest’«immodesta sicurezza di sé» devia dalla cultura del dubbio, già di pirenniana memoria, che costituisce una delle basi fondanti, ma non esclusive, del metodo storiografico moderno e si imbatte, invece, in quella serie di errori e refusi che già Bloch riconosceva «in qualche modo suggeriti dai suoi testimoni» (p. 165). Estremizzando, forse, si potrebbe esemplificare tale meccanismo vizioso con un aneddoto narrato dal nostro storico: «smanioso di far prevalere le proprie tesi sulla trasmissione dei caratteri acquisiti, il biologo viennese Paul Kammerer produsse lui stesso, con iniezioni d’inchiostro di china sulle zampe dei suoi rospi, le supposte escrescenze nuziali che poi avrebbe mostrato trionfalmente come l’effetto di adattamenti ereditari». E sono proprio casi simili che inducono gli studiosi a ricorrere alle «regole ordinarie della critica della testimonianza» e, quindi, ad interrogarsi sul metodo e sulle sue problematiche, per evitare di incorrere in false o inquinate piste (anche queste citazioni sono tratte tutte da Bloch, Apologia della storia cit., p. 114). Tali “incidenti di percorso”, dunque, furono, sono e – mi auguro in misura progressivamente minore – saranno sempre presenti, sebbene in percentuali ridotte, all’interno della parabola evolutiva della ricerca, qualsiasi campo d’indagine essa abbia per oggetto. Perché di questo si tratta: le fonti, la bibliografia, i documenti, maneggiati in assenza di metodo critico, languiscono nel campo dell’erudizione o, al massimo, di un’utile ricerca antiquaria, ma non sono capaci di andare oltre. La critica, infatti, è come una «specie di torcia che ci illumina e ci conduce lungo le oscure strade dell’antichità, aiutandoci a distinguere il vero dal falso» (L. Ellies Du Pin, Nouvelle bibliothèque des auteurs ecclésiastiques, I, Paris, A. Pralard, 1690, p. 13). Se ne erano consapevoli già gli autori del XVII secolo – e, anzi, fu proprio all’epoca che le opere critiche iniziarono a muovere i loro primi passi, soprattutto in ambito dell’esegesi biblica e successivamente anche storiografica (penso, per rimanere in tema, a Pierre Bayle, il quale aveva già capito come tale metodo si potesse applicare ad un’infinità di opere e campi diversi del sapere) –, come mai ce ne dimentichiamo così facilmente ancora nel nostro tempo? Nonostante tutti i suoi successivi perfezionamenti, aggiungerei. D’altronde, la conduzione di un simile metodo ha portato a scardinare, allontanandoli tra loro, alcuni nessi di causa ed effetto su cui si regge la ricostruzione storico-numismatica, approdando a ben altre conclusioni. Per dirla con le felici parole – ancora una volta – di Bloch, che, mi pare chiaro, abbiamo eletto a nostra guida in tale frangente, «l’errore sulla causa si trasforma, come succede quasi necessariamente, in terapia sbagliata» (p. 92). Questo non si traduce, in ultima analisi, con la preclusione nei confronti di alcuni protagonisti di occuparsi di storia e di numismatica, anche a determinati livelli, né che queste discipline siano solo appannaggio di una ristretta cerchia di studiosi accreditati, bensì, più propriamente, significa sottolineare come esse debbano essere trattate con il dovuto rigore metodologico e con la giusta prudenza intellettuale, soprattutto se si è decisi ad agire in contesti scientifici, perché la storia, così come altre scienze, gode di punti fermi assoluti, ma è costellata di altrettanti – e forse più numerosi – punti oscuri che non le consentono, al pari della numismatica, di farne una disciplina ammantata di certezze. Infatti, già Bloch aveva intuito che «le certezze della storia sono ancora a uno stadio molto meno avanzato» (p. 44): e la situazione, ad oggi, non è mutata così tanto. I problemi e gli errori di metodo non sono sempre difficili da individuare, soprattutto per gli “addetti ai lavori”, ma ardui da risolvere nel momento in cui quello sfoggio di erudizione, a cui ci si richiamava precedentemente, è funzionale all’aumento dell’ego personale: e questo fenomeno mi pare pacifico anche dai toni usati ed emersi in questa discussione (ma non è la prima volta), non da ultimo quello sprezzante, emerso nel momento in cui viene citata qualche mia pubblicazione scientifica sull’argomento. Come è stato giustamente sottolineato anche in questa sede, senza un dibattito e un confronto costruttivo, oltreché scientificamente fondato non solo sui documenti (questi ultimi subentrano solo in un secondo momento), quanto più sull’adozione di un metodo storiografico valido in grado di comprendere tali fonti, questi suoi scritti, seppur con i dovuti pregi, approdano a conclusioni quantomeno discutibili e poco condivisibili; a maggior ragione ora che si delinea un quadro quasi surreale nel quale sono stati tirati in ballo eventuali grandi “guru” e “poteri forti” della numismatica che metterebbero a tacere le voci della presunta verità mediante complotti mirati. Neanche stessimo trattando, soprattutto in questa sede, di fantascienza con tanto di complotti e man in black della numismatica, ovviamente sottomessi a non meglio specificati “poteri forti” ed operanti sotto la loro egida, che tentano di intimorire e mettere a tacere i veri studiosi con la presunta verità in tasca. Il che, per carità, si sposa perfettamente con la “fanta-numismatica” praticata a tratti dal Nostro, ma mi lascia con un sorriso amaro sulle labbra il constatare come le nostre amate discipline, anziché essere trattate con il giusto metodo ed il rigore che richiederebbero, vengano esposte in tal modo su vetrine internazionali, evidentemente a digiuno di tali tematiche settoriali e, come si vedrà, ad esse poco o per nulla avvezze, e quindi incapaci, in assenza di strumenti critici adeguati, di emettere un giudizio metodologicamente fondato. Inoltre, come è stato già evidenziato, il criterio di riordino delle emissioni degli augustali, da cui deriva anche tutto un discutibile sistema di datazioni, è a dir poco risibile e non ha nulla di assimilabile alla scientificità che ci si aspetterebbe da una pubblicazione che si presenta in tale veste: anzi, mi meraviglio pure che abbia trovato seguito e accoglienza in una rivista con tanto di peer-review (questa, se ce ne fosse ancora bisogno, è l’ennesima conferma di ciò a cui mi riferivo poco più sopra)! Per dimostrarlo, infatti, mi sarà sufficiente chiedere cosa sarebbe successo agli augustali, e alla loro relativa sistemazione cronologica basata sui paragoni con le monete romane e bizantine, qualora si fossero individuati ritratti monetali afferenti agli stessi imperatori ma di stili completamente diversi rispetto a quelli selezionati dal nostro Amico nel suo lavoro: tanto per fare un esempio, i ritratti sugli assi o sui sesterzi di Domiziano (per limitarci al bronzo – ricordo che anche io ho una buona esperienza in campo di monetazione classica: sono stato, tra l’altro, curatore per ben due anni, qui sul Forum, della sezione di monete romane repubblicane) sono tutti uguali, in termini stilistici, a quello pubblicato dal Nostro per eseguire il confronto con il relativo augustale? Oppure si conoscono anche altri ritratti monetali del suddetto imperatore, stilisticamente differenti da quello selezionato nella pubblicazione, che sarebbero da soli sufficienti a smontare tutto questo inutile castello di carte? E siamo proprio così sicuri (le certezze della storia e della numismatica!) che tra le mani di Federico II e dei suoi funzionari capitò proprio e solo quel ritratto monetale di Domiziano, anziché un altro di tipo e fattura diversi? I richiami al mondo classico, custoditi nei caratteri iconografici ed epigrafici dell’augustale federiciano, sono ovviamente chiari e innegabili – e sono stati appurati da studiosi di ben altra caratura –, ma qui mi sembra che si stia andando un attimino oltre. Tra l’altro, questo sistema di classificazione e datazione, evidente prodotto dei problemi di metodo fin qui evidenziati, non può essere nemmeno scusato con il pretesto di una futura ottimizzazione: cosa dobbiamo ottimizzare se tale sconclusionata catalogazione si regge su basi così inconsistenti e facilmente opinabili? Mi chiedo, dunque, se siamo arrivati a tanto – il che è davvero triste –, quali siano le prospettive future per scienze come la storia o la numismatica se continueranno ad essere bistrattate in questo modo, senza metodo, senza prudenza e senza senso critico? In altre parole, prima di mettere mano alle fonti e ai documenti e a spendere a livello internazionale i propri titoli, sarebbe quasi un dovere morale per ogni studioso che intenda scrivere di storia o di altre discipline ad essa affini, come la numismatica, accostarsi ad una lettura, come quella di Bloch, che avvii allo studio metodologicamente ragionato e fondato della storia: il nostro Amico dovrebbe avere – mi auguro – una certa familiarità con testi di tal fatta, ed in particolare con le pagine di Bloch, non solo in virtù della sua recente formazione, ma vieppiù se pensiamo che proprio in Spagna, prima che altrove, il lavoro del nostro storico-guida fu dato alle stampe proprio con la chiara intenzione di fornire uno strumento di introduzione al metodo storiografico! Se accantoniamo tutto ciò, il risultato sarà quello di rimanere nel recinto del dilettantismo erudito, per quanto virtuoso e utile esso sia.6 punti
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Qualche scatto che mi ha girato un amico. Un saluto a tutti. Raffaele.4 punti
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Buongiorno a tutti, ultima moneta entrata in collezione, per poter costituire una piccola raccolta di monete medievali italiane utili a contestualizzare la mia collezione principale di monete di Genova. Acquistata in una recente asta tedesca, mi è piaciuta per la buona conservazione generale nonostante alcune debolezze. Ora rimarrà un po' all'aria per potersi patinare un po'. Personalmente l'ho classificata come: Napoli. Roberto d'Angiò, 1309-1343 Gigliato, AR, 26,1 mm ; 3,80 g. Pannuti-Riccio 1a. MIR 28/1.3 punti
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Dopo metà... un quarto La moneta da un quarto di aquila (quarter eagle), del valore di 2,50 dollari, prevista dal Mint Act del 1792, iniziò ad essere coniata solo nel 1796. Al pari della half eagle, di cui riprende il disegno del dritto, fu creata da Robert Scot. Ma, a differenza dell'altra, nelle prime monete coniate non sono presenti stelle nel giro, che vennero aggiunte successivamente, sempre nello stesso anno, in numero di 16, tanti quanti erano in quel momento gli stati dell'Unione, per poi scendere a 13, le colonie fondatrici, l'anno successivo e fino al termine delle coniazioni, nel 1807. Cambiava invece il disegno del rovescio, che adottava per la prima volta l'aquila araldica (Heraldic Eagle), modellata sul Grande Sigillo (Great Seal) degli Stati Uniti (ci torneremo ). Anche se esistono half eagles datate 1795 con lo stesso disegno, esse furono in realtà coniate nel 1798, e dunque l'aquila araldica fa qui, per la prima volta, la sua comparsa... prima di una lunga serie, su monete di ogni tipo. Si tratta di un'aquila ad ali distese, con sul petto uno scudo. Nel becco regge un cartiglio con il motto E PLURIBUS UNUM, con l'artiglio sinistro stringe un ramo d'ulivo, con il destro un mazzo di frecce. Sopra la testa, nuvole e stelle: 16 nel 1796 e 1797, 13 dal 1798, ad eccezione del 1804, che può presentarne 13 o 14. Nel giro UNITED STATES OF AMERICA. (foto da Ira&Larry Goldberg Auction) La moneta è composta dal 91,67% di oro e l'8,33% di argento e rame, ha un diametro indicativo di 20 mm. e un peso di 4,37 grammi. E, come abbiamo visto per le half eagles, non vi compare alcuna indicazione del valore. Nel 1796 furono coniate 963 monete senza stelle al dritto e, successivamente, 432 con 16 stelle. Entrambe le tipologie sono di estrema rarità, a causa del basso numero di esemplari e della rifusione, nel corso degli anni, di molti di essi. Ma, è quasi superfluo dirlo, i collezionisti prediligono gli esemplari senza stelle, un unicum, mentre quelli con le stelle furono poi coniati, anche se non tutti gli anni, fino al 1807. petronius3 punti
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Grazie @gennydbmoneygrande testimonianza storica questa medaglia. Dal Web. Il generale Enrico Cialdini con le sue truppe assediò la città di Gaeta da novembre del 1860 al febbraio del 1861…… fu un vero e proprio massacro … si sparò, contro i pochi superstiti dell’esercito borbonico e contro la popolazione inerme , donne, bambini, anziani …. Un attacco che continuava a violare la convenzione della Società delle Nazioni che proibiva l’invasione ad uno stato sovrano e che era cominciato senza una dichiarazione di guerra … Dopo tre mesi di strenua resistenza, nei quali la regina Maria Sofia si prodigò nel prendersi cura dei feriti, ma un colpo di cannonne colpì in pieno la santabarbara dove erano stipate le munizioni e la polvere da sparo provocando un’immane esplosione che dette il colpo di grazia alle già sfinite truppe duosiciliane. Il Re Francesco II onde evitare ulteriori sofferenze a tutto il suo amato popolo firmò la resa e partì per l’esilio con la consorte al grido “Viva ò rrè nuosto” urlato da un commosso picchetto d’onore. Era il 13 Febbraio 1861, i Borbone persero la fortezza e con essa tutto il Regno delle Due Sicilie che avevano contribuito a diventare grande dal giorno dell’insediamento del diciottenne capostipite Carlo di Borbone nel 1734. Saluti Alberto3 punti
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Le marche da bollo non sono in buone condizioni ma sono molto belle comunque! Complimenti! Molto bella anche la cartolina, ti fa viaggiare in un’altra epoca, la trovo favolosa!3 punti
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Per la curiosità generale (e per stimolare un interesse per la filatelia nel mio collega goriziofilo @Alan Sinclair 😀) in questo thread parlerò a brevi puntate delle emissioni riguardanti le città di Gorizia e Nova Gorica, due particolari luoghi di cui si sta discutendo qui nel dettaglio: Iniziamo con i francobolli dedicati alla fondazione. La data di fondazione di Gorizia non è del tutto certa, sappiamo solo che la prima citazione alla "Villa quae Sclavorum lingua vocatur Goriza" risale a un documento dell'imperatore Ottone III datato 28 aprile 1001. Di conseguenza quella è la data oggi ufficialmente adottata per celebrare la nascita di Gorizia, che festeggiò il millenario con un'emissione del 2001. Nova Gorica invece ha una precisa data di nascita (fu istituita ufficialmente il 15 settembre 1948), ma che io sappia fin'ora non ha mai avuto l'onore di celebrazioni specifiche sui francobolli (a parte nel recente foglietto dell'emissione congiunta per la Capitale europea della cultura). Se la vogliamo avere in emissioni vecchie la ritroviamo sulle marche municipali come questa rappresentante il ponte di Solcano / Solkan, il più lungo del mondo a campata unica in pietra, oppure sugli annulli, ad esempio l'annullo commemorativo come quello del 1960 dedicato al cinquantenario del primo volo di Edvard Rusjan, pioniere goriziano dell'aviazione che volò il 25 novembre 1909 a bordo di un aereo progettato e costruito da lui nonchè negli annulli ordinari nelle buste o cartoline commemorative di eventi, come ad esempio: o ancora gli annulli commemorativi apposti congiuntamente sulla stessa busta2 punti
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Si tratta di una rete di contraffazione nota per le sue false monete da 2 euro con stelle rotanti su entrambi i lati. Inoltre i pezzi hanno un anello esterno di colore rosso. Questa rete di contraffazione coni i nuclei e gli anelli separatamente e poi in seguito spinge con forza i nuclei negli anelli. Inoltre usano un solo design per gli anelli, motivo per cui i dettagli di design che si trovano sull'anello sul dritto delle monete autentiche vengono omessi su questi falsi. Sorprendentemente, tutte le stelle su entrambi i lati di questi falsi sono rotanti anziché dritte. Aggiungo altre monete2 punti
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The coin comes from the 5th Emission, dating to Autumn A.D. 287- Autumn A.D. 289. The IOVI TVTATORI AVG coins of Maximianus Herculius are scarcer than those of Diocletian as has already been said. The main publication covering these coins in detail is "Le monnayage de I 'atelier de Lyon, Diocletien et ses coregents avant la reforme monetaire (285 - 294). ", Numismatique Romaine VII, published by Wetteren, 1972, by Pierre Bastien. There are quite a few variations of bust type and legends known and all are scarce to rare. Here are a couple from my collection. Obv:– IMP C MAXIMIANVS P F AVG, Radiate, draped and cuirassed bust right, seen from rear Rev:– IOVI TVTATORI AVGG, Jupiter standing left, holding Victory and scepter, eagle at feet Minted in Lugdunum (//P). Emission 5, Officina 1. Autumn A.D. 287- Autumn A.D. 289 Reference:– Cohen -. Bastien Volume VII 154 (2 examples cited). RIC V Pt. 2 390 Obv:– IMP C MAXIMIANVS P F AVG, Radiate, draped and cuirassed bust right, seen from rear Rev:– IOVI TVTATORI AVGG, Jupiter standing left, holding Victory and scepter, eagle at feet Minted in Lugdunum (//P). Emission 5, Officina 1. Autumn A.D. 287- Autumn A.D. 289 Reference:– Cohen -. Bastien Volume VII - (unlisted with this bust type in Bastien). RIC V Pt. 2 390 Two supplements have been published since to capture new examples and types not contained in the original series. This example will be contained in the next supplement to the series. Now to the coin in question above. The original volume cointains on example -#164 - which is IMP C DIOCLETIANVS P AVG, and a draped and cuirassed bust seen from the rear that is also unmarked and from the same reverse die, which is in the British Museum. No additional examples are included in Supplement I. Supplement II (2003) adds two more coins with no officina marks, one of these is another example of #164, with the same reverse die, coming from the Troussey hoard. The other example differs only by the obverse legend IMP C DIOCLETIANVS AVG. All this information is not to say that the coin above is not rare or interesting. It really is. It would appear to be previously unknown but not entirely unexpected. It would appear that a single die was created by Officina 1 at the start of this emission without the officina mark. There are no examples previously known for Maximianus but there are 3 examples known for Diocletian. With permission I would like to bring this coin to the attention of Dr. S. Estiot, who is collating examples for Supplement 3.2 punti
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L'attuale governo della Bulgaria ha come obiettivo prioritario l'ingresso nell'unione monetaria nel 2026, senza ancora conferme ufficiali ma con l'apposito impianto legislativo già adottato: https://tayros.bg/index.php/2025/01/14/legge-sullintroduzione-delleuro-nella-repubblica-di-bulgaria/ Un recente sondaggio sull'introdizione dell'euro: https://www.bta.bg/en/news/economy/825599-57-1-of-bulgarians-against-entering-euro-area-39-favour-it-poll2 punti
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Purtroppo un piccolo difetto ce l'ha: non riporta piazza Transalpina/Evrope. Ciò è alquanto eretico, ma credo che sia perchè è stata progettata quando l'attuale magnificenza era ancora uno squallido piazzaletto senza significato 😀 Se la vuoi anche in versione cartacea è una mappa in 1: 12500 con cartografia Geodetski zavod Slovenije, edita in Italia da Studio F.M.B. Bologna. Sul retro ha una mappa più piccola in 1:50000 con la zona di Gorizia - Nova Gorica dal Sabotino a oltre Merna e da Moraro a Šempas.2 punti
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Nell' annullo c'è un errore, .. non puo' essere 37.4.1922 ma ovviamente 7 come scritto a penna, probabilmente l' impiegato ha settato male il rotore del Guller. Nell' annullo non riesco a leggere la località di partenza,.. potrebbe essere Conegliano..?? Comunque l' annullo mi sembra che sia uno dei primi frazionari e riporta appunto i numeri 23-31 o 23-81 ..? Cartolina illustrata affrancata correttamente con cinque parole di convenevoli per l' interno, con 15c Leoni decentrato verso dx come e' tipico di queste emissioni. Un bel pezzo di storia postale addirittura con la data errata (37).2 punti
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12 articoli arrivati a ora, siamo oltre il 50% delle pagine del precedente numero 11, un altro numero che promette molto bene ma volendo c’è ancora tempo fino a fine giugno per inoltrare un proprio contributo … [email protected]2 punti
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Io l'ho sviluppata contemporaneamente a quella: mi ha dato e continua a darmi un sacco di soddisfazioni.2 punti
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1915-1916 VIGILANZA IGIENICA SANITARIA DI MILANO D. Figura simbolica dell'assistenza sollevante soldato ferito: sullo sfondo campo di guerra. R. Nel campo, monogramma : VIS. In giro, ad arco: SERVIZIO DI GUERRA. Sotto tra due stellette: 1915-1916 Rifer. Le rivendicazioni Italiane del Trentino... n. 3042 punti
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Buonasera a tutti, condivido con voi le monete in rame che ho in collezione del 1792 per Ferdinando IV comprese le poche varianti che sono riuscito a reperire in questi anni. Inizio con la foto di tutti i pezzi e poi con la Pubblica a seguire fino al piccolo 3 Cavalli, descrivendone le particolarita' . Chiedo a chi avesse in collezione nominali in rame del 1792 di postarli per un confronto dei conii. Ringrazio quelli che vorranno dare un contributo alla discussione e Augurando a tutti un Felice e Fortunato Anno nuovo.1 punto
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Buongiorno a tutti, come appassionato della monetazione milanese, da qualche tempo sto "studiando" le vicende storiche relative al periodo compreso tra l'epoca "post comunale" e quella della "Prima repubblica". Trovo particolarmente affascinante questo periodo per la ricchezza di fatti storici, in particolare i diversi scontri tra le 2 famiglie allora più importanti: i della Torre e i Visconti (guelfi e ghibellini), che hanno poi visto emergere la figura di Martino della Torre. Bene, da alcune fonti sembrerebbe che Martino sia stato a tutti gli effetti "signore di Milano" dal 1259. Quindi ho un po' di confusione in merito, nel senso che le monete di questo periodo sono quindi ascrivibili a una signoria o effettivamente di una prima repubblica (1250 - 1310)? Forse i della Torre detenevano di fatto il potere, ma poi formalmente il governo era la una repubblica? Ed inoltre, visto che vorrei acquistare un ambrosino da 8 denari del primo periodo (varietà arcaica, emesso nei primi anni del periodo 1256 - 1298, così come indicato dal MIR), pur non riportando: riferimenti, effigi o nomi della famiglia della Torre, penso che possa essere, pienamente e senza alcun dubbio, ascrivibile al periodo di Martino della Torre. Oppure mi sbaglio? Quindi pur essendo una moneta "repubblicana" di fatto si potrebbe dire che è stata emessa durante la signoria di Martino della Torre? Forse forzando un po', si potrebbe dire che questo primo ambrosino era una moneta rappresentatriva anche della famiglia dei della Torre? Probabilmente le mie riflessioni sono un po' confuse, mi rendo conto, ma sono consapevole delle lacune storiche che ho ancora da colmare e da intrecciare con la passione collezionistica . Resta il fatto che l'ambrosino del primo periodo, con stile "arcaico" è un pezzo orai da tempo mi affascina. Vi ringrazio e chiedo un parere a chi di voi è più esperto di me ed ha più esperienza, sia numismatica, ma anche storica. Un saluto, Fabrizio.1 punto
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Appuntamento milanese filatelico numismatico a Novegro il 21-22 marzo 20251 punto
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Assolutamente, sono aperto ad ogni parere dato che io qui sono il più inesperto! Ringrazio tutti per l’aiuto e spero che venga fuori che il tondello sia autentico.1 punto
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A mio avviso di tratta di un falso con patina artificiale e pasticciato con terriccio per farlo sembrare da scavo...1 punto
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Ciao Odjob, ma in effetti anch'io ho letto così nelle fonti, quindi suppongo che il periodo dovrebbe essere quello dell'effettiva emissione degli ambrosini, almeno i primi. Poi beh, certamente la mia era un pura cuirosità e anche un po' una forzatura tutta la mia "riflessione", in quanto comunque la moneta non riporta nessun riferimento alla famiglia dei Della Torre 😅😄1 punto
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Oggi pomeriggio stavo mettendo in ordine e ho scoperto che la ho pure io (non so perché ma non la avevo segnata). Non essendoci ancora le tirature ufficiali i vari siti riportano dati un po' a caso a volte. Sugli euro guarda eurocollezione che è piuttosto attendibile e riporta i dati provvisori se non disponibili i definitivi1 punto
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diametro 3 cm peso purtroppo non saprei dirvi, non ho strumenti adatti. Vi direi che assomiglia molto al peso del case vuoto delle cuffie Samsung (Buds Fe)1 punto
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salve,intendevo che forse si prestava più attenzione all aspetto estetico se è vero che venivano donati a persone di riguardo.mia opinione comunque .saluti nino1 punto
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buona sera,sfoglierò tutti i miei cataloghi d asta,se trovo qualcosa sarà mia premura farlo presente.saluti nino1 punto
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salve ,penso che per dimensioni e scentratura sia poco probabile.mia opinione riguardo ipotesi medaglione1 punto
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buon giorno ,penso aiutato nei profili ,comunque se cosi non fosse un mb+ ci sta.mia opinione soggettiva saluti1 punto
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Buongiorno , piu' che un crescente di luna dovrebbe forse essere una C al contrario , come altre lettere che ricorrono sotto l' elefante in questa serie di monete con testa di africano ed elefante al rovescio ; monete facenti parte della generica serie "Val di Chiana" di cui non si conosce l' esatta zecca . Le lettere sotto l' elefante potrebbero identificare la diverse zecche in cui furono emesse queste monete celebrative del passaggio di Annibale (?) , Citta' che erano favorevoli alla spedizione di Annibale contro Roma . La Val di Chiana si estende per oltre 100 Km. dove risiedevano importanti Citta' etrusche . https://www.bing.com/ck/a?!&&p=64e2b567f7569a6df8c0e081b83f3b812a89a8381e4d18257582ddcac4a5b6adJmltdHM9MTczOTU3NzYwMA&ptn=3&ver=2&hsh=4&fclid=248e3721-c518-6a50-3303-22b4c4c56b9e&psq=monete+etruche+della+val+di+chiana&u=a1aHR0cHM6Ly93d3cuc3R1ZGlldHJ1c2NoaS5vcmcvd3AtY29udGVudC91cGxvYWRzLzIwMjEvMDYvU0UwMl8yNi5wZGY&ntb=11 punto
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Complimenti Raffaele per la scoperta e l'aggiudicazione di una Piastra rarissima che andrà ad arricchire la tua strepitosa Collezione. In effetti le Piastre del '56 presentano una notevole Varietà o meglio Varianti volontarie, tali da far pensare che in Zecca ( oppure all'esterno per motivi storico/politici ) sia successo qualcosa. Forse l'attentato a Sua Maestà da parte di Agesilao Milano, che alcuni storici configurano come espressione di una congiura anti-borbonica radicata nelle "alte sfere" di Napoli? Può essere che questo sentimento abbia attecchito anche nella Zecca e che le Varianti delle Piastre sia dei "segni". Sono supposizioni anche perchè non sono confortate da documenti. Buona Serata Beppe1 punto
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Zecchiere Albertino, moneta attribuita nel passato alla zecca di L'Aquila, per il simboletto prima del numerale,1 punto
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Facevo una riflessione, ci sono annate che danno soddisfazione più delle altre, come del resto il vino. Questa 56 è un ulteriore tassello che si aggiunge al mosaico sempre in continua evoluzione delle piastre di Ferdinando II. Ora mi tocca trovare una piastra da aggiungere alle mie. Certo con @Raff82in giro la vedo assai dura. Saluti Alberto1 punto
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A me risulta che Martino della Torre ,nel 1257-58, subentrò alla signoria della città di Milano, al ghibellino Manfredi Lancia. Capitano di Milano dal 1259, fu il ghibellino Marchese Uberto Pelavicino sotto la cui influenza vi erano anche Brescia, Piacenza, Pavia, Alessandria, Tortona , Parma e Cremona(quindi il capitanato aveva effetti di potere sulle città). La signoria di Martino della Torre durò fino al 1264. odjob1 punto
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Caro Postoffice tanto tanto lavoro mi ha tenuto lontano dal materiale in questi mesi..1 punto
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L'autore in questione tra gli appassionati di numismatica dell'Italia meridionale è noto, oltre che per alcuni interessanti studi riguardanti fonti archivistiche e documentarie inerenti la storia monetaria, anche per alcuni contributi un po' controversi in cui, diciamo così, spicca una visione piuttosto "ottimistica" e "trionfale" su presunte nuove scoperte, attribuzioni e revisioni, che dovrebbero rivoluzionare le ormai vecchie e superate impostazioni... Qui si può trovare una più articolata e dettagliata discussione con recensione ad un suo precedente lavoro sempre riguardante la presunta attività della zecca di Napoli in età normanna e sveva: https://www.academia.edu/117670185/Raffaele_Iula_Moneta_que_tunc_per_ista_civitate_andaberis_zecca_ed_economia_monetaria_a_Napoli_nel_XII_secolo_in_Archivio_Storico_per_le_Province_Napoletane_CXLII_2024_pp_7_281 punto
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Nei monogrammi che figurano nelle monete repubblicane romane compare un “misterioso” AV , probabilmente fu un arcaico monogramma rappresentante un Magistrato delle Gens Aurelia , antico monogramma perche’ successivamente compare nelle monete la forma piu’ identificativa e piu’ chiara indicante AVR , sempre in monogramma , che meglio e inequivocabilmente identifica un pur sempre generico Aurelio , non essendo presente un prenome o un cognome . C’e’ anche chi vede nella forma antica AV il monogramma AN (Antonia ? Annia ? Antia ?,Antestia ?) oppure anche il monogramma AL (Allia ? o Alliena ?) ma questo ci porterebbe a tutt’ altro discorso , quindi rimaniamo ad esaminare l’ abbinamento piu’ probabile AV = Aurelio . Se questo discorso fosse esatto il problema sarebbe nell’ identificare chi fosse questo Aurelio nella storia romana . Secondo il Babelon questo Aurelio con il suo monogramma AV potrebbe essere stato Aurelio L. f. C. n. Cotta , Console nel 252 e nel 248 a.C. , durante la prima guerra punica , figlio di Lucio Aurelio Cotta . Il grosso problema di questa improbabile identificazione risiede proprio nella moneta coniata , non fusa , che dovrebbe rappresentarlo : l’ Asse , i suoi sottomultipli e i Denari , datati tutti tra il 194 a.C. e il 190 a.C. Anche questa ultima datazione riferita ad un Gaio Aurelio Cotta lascia delle perplessita’ perche’ l’ unico Gaio Aurelio Cotta che potrebbe rappresentarlo come datazione delle monete sarebbe il Cotta che fu Pretore urbano nel 202 a.C. e che venne eletto Console nel 200 a.C. insieme a Publio Sulpicio Galba Massimo . Come provincia gli fu affidata l' Italia , con il compito di combattere contro i Boi , gli Insubri ed i Cenomani , che sotto il comando di Amilcare , generale cartaginese, avevano invaso il territorio romano . Il comando fu gestito direttamente dal Pretore Lucio Furio Purpureo , che alla fine fu onorato con il trionfo . Cotta , rimasto offeso per non aver ricevuto nessun riconoscimento , si occupò solo di saccheggiare e devastare il territorio nemico , così da guadagnare più bottino che gloria . Non sono noti altri Aurelii Cotta che ricoprirono cariche pubbliche tra il 194 e il 190 a.C. Concludendo questa ricerca , il misterioso Aurelio , ammesso che tale sia , che impresse il suo monogramma AV rimane di incerta identiificazione . In foto l’ Asse con il monogramma trattato .1 punto
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