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  1. L. Licinio Lucullo

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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 06/18/25 in Risposte

  1. Perdonatemi una battuta: Da tutti i post che vedo su questi fantomatici errori di conio, mi viene da pensare che se tutte le ore perse dagli italiani a ricercarli fossero utilizzate a lavorare alzerebbero di due punti il PIL!
    4 punti
  2. Di sicuro di barbarico ci sono i modi..
    3 punti
  3. IL SIMBOLO DELLA POTENZA DI ROMA: L’AES GRAVE A Roma l'emissione di moneta arrivò seguendo due strade: la cosiddetta “monetazione romano-campana”, di cui si dirà oltre, e l’aes grave. Si definisce aes grave un sistema di monete di bronzo, fuse, a valore intrinseco (cioè, valevano tanto quanto il metallo che contenevano). In sostanza, la nascita della moneta a Roma è simile a quella avvenuta in Asia Minore, con la differenza che là i governanti decisero di garantire il peso dell'elettro, qui quello del bronzo; là fu adottata la punzonatura (che si può ritenere una forma arcaica di coniazione), qui la fusione. Le monete di aes grave sono quasi lingotti circolari: hanno infatti un peso ragguagliato all’unità di misura in uso a Roma, la libra, suddivisa in 12 once. Le monete principali, del peso e del valore di una libra, erano gli asses (“assi librali” in Italiano) nome probabilmente derivante da asser, “palo”, essendo il palo la rappresentazione visiva dell’unità (come per noi, oggi, l’indice alzato); il simbolo del valore impresso su di essi era infatti “I”. Furono inoltre emesse le frazioni dell’asse, ossia semisse (mezzo asse, simbolo “S”), triente (la terza parte dell’asse, ossia 4 once, simbolo “····”), quadrante (“···”), sestante ( “··”) e oncia (“·”). Più raramente fu emessa la semioncia (simbolo “S”) e, ancor più raramente, i multipli dell’asse, ossia dupondium (due assi, “II”), tressis (“III”) e quincussis (“V”); in un solo caso (la moneta RRC 41/1) fu emesso il decussis (“X”). Ma quanto pesava una libra (e, quindi, un asse)? Le monete, proprio per la loro fattura grezza, presentano una grande variabilità (ad esempio, gli esemplari dell’asse RRC 14/1 oggi noti vanno da 240 a 400 g). Tuttavia si ritiene che Roma abbia utilizzato, nel tempo, tre differenti valori di riferimento: la libra propriamente romana da 327 g, la libra italica da 341 g e quella osco-latina da 273 g[1]. Le monete di aes grave sono quindi massicci pezzi di metallo, di fattura grezza, con iconografie assolutamente essenziali: molta sostanza e poca forma. Il loro fascino è proprio quello di simboleggiare la più antica cultura romana, improntata a rusticità, praticità, sobrietà, ben lontana dalla raffinatezza e dal gusto del bello che connotavano, invece, la cultura magno-greca (e che traspaiono anche nell’iconografia della monetazione romano-campana). Scrisse Romolo Calciati nel 1978: “Raramente una moneta riesce a dare una tale impressione di potenza, di realismo, di aderenza storica del soggetto monetario alla realtà sociale e politica della nazione che intende rappresentare. Immaginiamo questo asse poderoso e ponderoso gettato sul piatto della bilancia dello scambio come una spada di Brenno: esso dava la sensazione precisa della potenza di Roma repubblicana. Diremmo, col linguaggio contemporaneo, che questo asse librale era un efficacissimo mezzo di comunicazione, il corrispettivo della stampa, della televisione, delle parate militari”. _____________________________ L’aes grave è sicuramente molto antico ma è difficile oggi, per noi, capire a quando risalga. Vista la fattura grezza e la natura di monete a valore intrinseco (quindi, concettualmente molto vicine al bronzo scambiato a peso), si potrebbe pensare che sia estremamente antico: in effetti, in passato gli studiosi ipotizzavano i Romani avessero iniziato a produrlo tra il VII e il V secolo a.C.[2]; del resto le leggi delle XII tavole, promulgate nel 451-450 a.C., parlano frequentemente di asses, per cui sembra logico che questa moneta dovesse esistere. Tuttavia i rinvenimenti archeologici fanno pensare che le monete di aes grave siano più recenti; fra i numismatici moderni solo Corradi[3] crede ancora in una datazione al V secolo a.C., mentre gli altri autori sono convinti che sia comparso nella seconda metà del III secolo a.C. (più precisamente tra il 338 e il 311 a.C.)[4] oppure addirittura agli inizî del III secolo a.C.[5]. La difficoltà di datare l’aes grave comporta tre problemi interpretativi. Primo problema: capire in che rapporti si pongano aes grave e monetazione romano-campana. Come si vedrà in seguito, le monete romano-campane sono diversissime e (almeno apparentemente) incompatibili l’aes grave: comprendono infatti, oltre al bronzo, anche argento e oro; sono coniate anziché fuse; presentano iconografie estremamente raffinate, anziché grezze; soprattutto, presentano anche quelle di bronzo pesi molto ridotti (fra 2 e 15 g, in un solo caso 19 g) e, quindi, non potevano avere un valore intrinseco. Eppure, sembra che i due sistemi monetarî siano stati in uso in contemporanea, tra la fine dei IV secolo e la metà del III. Per spiegare questa anomalia si è pensato che i Romani usassero l’aes grave per i commerci interni e per quelli con i popoli italici, le monete romano-campane invece per i commerci con i popoli magno-greci (culturalmente più evoluti e, quindi, abituati a monete meno grezze). Secondo problema: capire se l’aes grave sia un’invenzione romana, o meno. Infatti, monete di aes grave (oggi molto rare) furono emesse, oltre che dai Romani, anche da Etruschi e da numerosi altri popoli italici (Umbri, Osci, Apuli e popoli della costa adriatica), ma non si riesce a determinare quali di esse siano le più antiche. Inoltre, molte delle città che emisero aes grave furono assoggettate da Roma proprio tra la fine dei IV secolo e la metà del III, per cui non si riesce a capire se la loro monetazione sia iniziata prima della conquista romana o dopo. Per queste ragioni, alcuni storici pensano che l’aes grave sia stato inventato dai Romani ed essi abbiano esportato tale idea nelle altre città italiche; altri invece ritengono che sia nato in Etruria e poi copiato dai Romani; altri ancora che sia comparso in modo spontaneo e indipendente fra popolazioni differenti, a causa di circostanze economiche comuni. Terzo problema: capire quali siano le emissioni di aes grave più antiche, fra quelle stesse romane. Qui serve un’ulteriore precisazione: nei secoli, il peso medio delle monete romane (soprattutto quelle di bronzo, più limitatamente quelle d’argento) calò progressivamente. Questo successe perché lo Stato, quando non aveva abbastanza metallo prezioso da monetare ma doveva comunque pagare i debiti, cominciava a emettere monete un po’ meno pesanti. È evidente che queste iniziative spingevano i venditori ad alzare i prezzi delle loro merci (per ricevere una stessa quantità di metallo prezioso) e, per questo, tale meccanismo è oggi definito come “svalutazione” (di monete a valore intrinseco), un fenomeno ben conosciuto e che si è manifestato anche in altre culture antiche. Tanto premesso, si è visto che Roma emise assi librali di pesi medi differenti, 341 g, 327 g e 273 g; tuttavia, siccome Varrone afferma che “habet iugerum scripula CCLXXXVIII, quantum as antiquus noster ante bellum Punicum pendebat” (“lo iugero comprende 288 scrupoli[6], tanto quanto pesava il nostro asse prima della Guerra Punica”) molti studiosi[7] ritengono che l’emissione più antica non sia la più pesante, ma quella da 327 g. Le serie di aes grave più antica sarebbe allora la RRC 14 e sarebbe, secondo la testimonianza di Varrone, precedente alla prima della Prima Guerra Punica (“ante bellum Punicum”). Successivamente, l’Urbe sarebbe passata a emettere assi più pesanti, da 341 g, probabilmente perché, ampliando la sua sfera di influenza, avvertiva il bisogno di commerciare non solo con i Romani stessi, ma anche con altre popolazioni italiche (la libra da 341,1 g è infatti ritenuta lo standard italico). Appartengono a questa categoria di peso le serie RRC 18 e RRC 19. Dopo queste due serie, Roma sarebbe passata a emettere aes grave basato su un asse di 273 g. Al riguardo, ci sono due opinioni fra gli studiosi: o fu adottato (sempre per ragioni commerciali) lo standard della libra osco-latina, oppure si era tornati alla libra romana ma ne era stata effettuata la prima svalutazione (è significativo, infatti, che 273 sia i 10/12 di 327: lo Stato, forse, aveva cominciato a produrre assi contenenti solo 10 “once-peso” di metallo, sebbene continuassero essere suddivisi in 12 “once-moneta”). Fra le serie di questo periodo la più interessante è RRC 24, che presenta in tutti i nominali, al rovescio, una ruota a sei raggi: alcuni studiosi ritengono che, per tale ragione, anche queste monete fuse (come la didracma RRC 14/3, di cui si dirà in seguito) siano state emesse in occasione della costruzione della via Appia (312-308 a.C.; Crawford invece data questa serie al periodo tra il 265 e il 242 a.C.). ___________________________________________ Come detto, esistono monete di aes grave anche presso altre popolazioni italiche, oggi abbastanza rare (a testimonianza del fatto che ne furono emesse relativamente poche). Esiste però un gruppo di monete fuse che presenta interessanti peculiarità: la cosiddetta serie ovale, i cui nominali presentano tutti su una faccia una clava (attributo di Ercole), sull’altra il simbolo del valore (“I” per l’asse, “C” - ossia sigma uncinato - per il semisse e i pallini per gli altri nominali, sino all’oncia). Lo standard ponderale di riferimento dell’asse sembrerebbe di circa 151 g (ma non è certo). Le caratteristiche di questa serie sono: - la forma, che non è tonda (unico caso nella penisola) ma ovale e, peraltro, con una grande variabilità (ovali perfetti, rettangoli arrotondati, tronchi di cono, etc.); - la grande distribuzione del sestante, di cui sono stati rinvenuti molti esemplari da Trento a Termoli; - l’estrema variabilità del peso; in particolare, sebbene in teoria i sestanti dovessero pesare 25,17 g, in realtà gli esemplari rimasti vanno da 9 a 51 g. Gli studiosi ritengono, sulla base dei ritrovamenti, che queste monete possano essere state emesse da Tuder (odierna Todi, città umbra), Tarquinia o Velzna (città etrusche; la seconda, ridenominata “Volsinii” in epoca romana, oggi non esiste più). Per la data, tenuto conto del peso, si propone la fine del IV secolo (circa 320 a.C., epoca in cui gli etruschi usavano una libra di circa 150 g, detta appunto “etrusco leggera”) oppure la metà del III (epoca in cui i romani, a seguito di una forte svalutazione, cominciarono a emettere aes grave - cosiddetto “semilibrale” - con un asse di metà libra romana, quindi circa 163 g). Sussiste però, nella mia opinione, un’altra possibilità di interpretazione. Esiste infatti un rarissimo lingotto di aes signatum, coevo o poco più recente del “ramo secco”, che presenta il disegno della clava; è stato quindi ipotizzato un collegamento tra questo lingotto e l’aes grave ovale[8]. Allargando il discorso, potrebbe darsi che le monete ovali siano proprio un elemento di passaggio tra l’aes signatum più antico, con disegni di “ramo secco”, “lisca di pesce” e clava, e le monete tonde; in altri termini potrebbero essere una specie di “lingottini” e ciò spiegherebbe sia la forma (a metà tra il parallelogramma dei lingotti e il disco delle monete) sia la grande variabilità della forma stessa (derivante dal fatto che si trattava, appunto, di un primo tentativo di trasformare i lingotti in monete) e del peso (come appunto i lingotti con “ramo secco” e “lisca di pesce” che, appunto, avevano un peso abbastanza variabile). Infine, credo che dovrebbe essere presa in considerazione la possibilità che queste monete siano riconducibili a Roma, quanto meno sotto forma di monete “coloniali”: infatti, questa è l’unica serie di aes grave (a parte, ovviamente, quelle romane) ad aver avuto una diffusione così ampia, che si spiegherebbe solo se fosse la moneta di una città capace di intrattenere commercî dal Trentino al Molise, come alla fine del IV secolo poteva essere Roma. Inoltre queste monete sono state rinvenute, nei ripostigli, insieme all’aes grave romano (ma questo accade anche per altri aera grava italici). Del resto, delle tre città proposte come sede della zecca, sappiamo che Velzna fu resa tributaria da Roma dal 294 a.C. e soggiogata nel 280, Tarquinia fu conquistata nel 295 e anche Tuder fu in qualche modo assorbita da Roma nel III secolo. Se la serie ovale fosse attribuita alla Roma arcaica, tuttavia, andrebbe chiarito il problema del peso, troppo leggero per gli standard romani arcaici[9]. NOTE [1] La più piccola unità di misura del peso usata a Roma era lo scrupolo, corrispondente (secondo l’opinione prevalente - non è sicuro) a 1,137 g. Sappiamo, da Varrone, che la libra romana pesava 288 scrupoli (cioè, 12 once da 24 scrupoli ciascuna), quindi appunto 327,45 g. La libra italica doveva pesare 300 scrupoli (341,10 g), quella osco-latina 240 (272,87 g). [2] Nel 630 a.C., secondo Marchi e Tessieri (1839); nel 539, secondo Eckhel (1792); nel 450, secondo Mommsen (1860). [3] Dissertazione sull'aes grave fuso e coniato di Roma e relative riduzioni, in “Nummus et Historia” VII, Formia 2003. [4] Secondo Hill, Cesano, Breglia, Alteri, Panvini Rosati, Babelon, Soutzo, Grueber, Haeberlin, Millingen, Sear. [5] Crawford, in particolare, propone il 280 a.C. [6] I Romani suddividevano in 288 scrupoli sia la libra (12 once da 24 scrupoli), sia il giorno e la notte (12 ore da 24 scrupoli), sia lo iugero; si chiamava quindi allo stesso modo (scrupulum, letteralmente “sassolino”) la più piccola unità di misura sia del peso, sia del tempo, sia della superficie. [7] Sono di questa opinione Thomsen, Crawford e Coarelli. [8] Ambrosini, Le monete della cosiddetta serie ‘ovale’ con il tipo della clava, in “Studi Etruschi”, 1987. [9] Roma, a seguito delle svalutazioni, arrivò a emettere aera grava con assi del peso di mezza libra (detti, perciò, “assi semilibrali”) ma solo alla fine del III secolo. Se le monete ovali fossero così recenti, non potrebbero rappresentare una forma di passaggio fra lingotti e monete tonde. In alternativa si potrebbe pensare che siano monete coloniali, commisurate alla libra etrusca leggera. ILLUSTRAZIONI Asse RRC 14/1 Asse RRC 24/3 Sestanti della serie ovale Pezzi di aes grave esposti nei musei italiani
    3 punti
  4. PREMESSA Un amico, del tutto profano in materia numismatica, mi ha chiesto perché la monetazione romana repubblicana mi affascini tanto. Ho deciso allora di scrivere queste poche righe pensando a lui, a come spiegargli la mia passione. Questo non è quindi un trattato di numismatica, e men che meno di storia. Contiene sicuramente approssimazioni, probabilmente imprecisioni, forse errori. La scelta degli eventi narrati e delle monete che li illustrano è del tutto arbitraria e priva di una vera logica. Questo è un racconto, un tentativo di comunicare emozioni: le emozioni che promanano dalle monete repubblicane, per chi ama il ricordo di quei sette secoli in cui la città di Roma creò, dal buio della preistoria italica, la storia stessa dell'Occidente.
    2 punti
  5. Buonasera, ecco uno dei miei ultimi acquisti in asta, un bel BB Buona serata.
    2 punti
  6. Essendo uscito il mio ultimo lavoro tra le diverse "novità" presenti vorrei segnalare questo Bezzo da 6 l'esemplare, fino ad oggi non segnalato (al momento sono censiti 3 esemplari*) di questo bezzo da sei bagattini presenta S. Marco in piedi e la legenda ✿ S • MΛRCVS ✿ ✿ VENETVS ✿
    2 punti
  7. Buonasera Alan, il francobollo è decisamente buono e bello, Vaccari sono una sicurezza, Valeria tiene sempre alto il nome del padre Paolo , è una cara amica e persona molto seria. La mia domanda era solamente per sapere se vi era un certificato, in quanto la firma di Sorani a lato sx in verticale significa francobollo senza gomma o con gomma parziale, a vederlo in foto sembra senza gomma , era solo questo che mi piaceva sapere, saluti F.P.
    2 punti
  8. Ma infatti! La consegna a mano in questi casi dovrebbe essere d'obbligo! E poi crea un buon rapporto venditore-cliente, con la possibilità di conoscersi di persona e poter fare di nuovo affari insieme!
    2 punti
  9. Ecco 2 ultimi acquisti in asta: Gian Galeazzo Visconti (1385 - 1402) - Grosso da 1 e mezzo Filippo Maria Visconti (1412 - 1447) - Grosso da 2 Buona serata.
    2 punti
  10. Segnalo l'uscita de: Le monete anonime della Serenissima di Andrea Keber La monetazione anonima, ovvero priva del nome del Doge in carica, emessa dalla zecca veneziana: Il testo tratta le emissioni sia per i domini della terraferma che quelli "de mar": Dalmazia, Isole ed Armata, Isole del Levante (Corfu, Cefalonia e Zante), Candia, Cipro, Antivari, Lesina, Ravenna, Rovigo, Sebenico, Spalato, Traù, Treviso, Zara, la zecca di Cattaro e Scutari. 136 pagine.
    2 punti
  11. Stiamo cercando di fare un aggiornamento importante, bisognerà portare pazienza un altro po'.
    2 punti
  12. Mannaggia, a qualcuno toccherà rivenderla ad un prezzo più basso del preventivato!
    2 punti
  13. Caspita! Ha ragione @PostOffice quando dice che hai sempre materiale interessante. Questo è materiale storico! Complimenti davvero.
    2 punti
  14. Buungiorno, dopo una forzata assenza, riprendo se pur a tempi strettissimi, la mia partecipazione al forum nella nostra sezione, avevo chiuso con il giorno 11 giugno, ma vorrei postare alcune cose dei giorni precedenti prima di ripartire con l'odierno, le avevo preparate e vi sono tra loro dei pezzi interessanti, a partire dal 12 Giugno 1946 , giorno in cui De Gasperi, a seguito dei sanguinosi scontri di Napoli, con 11 morti e circa 300 feriti . tra monarchici e repubblicani, si reca dal re per convincerlo a dimettersi ed vitare di accrescere il malumore dell'opinione pubblica,il re risponderà di attendere l'esito della Cassazione. Tra la notte del 12 e del 13 Giugno 1946 il Consiglio dei Ministridecide di deporre io re e proclama Alcide De Gaspari Capo Provvi pro tempore dello Stato.
    2 punti
  15. Anche per questo Antico stato, aggiungo i miei francobolli.
    2 punti
  16. Ciao a tutti, cosa ne pensate di questa monetina di Libio severo con monogramma di Ricimero, autentica? Dati moneta: Libio Severo (Severo III, 461-465). AE 9,5 mm, zecca di Roma. Dritto. Busto diademato, drappeggiato e corazzato a destra. Rovescio. Monogramma di Ricimero. RIC X 2715-2717; LRBC 871-872; Morello 1. AE. 0,61 g. 9,5 mm. RR. Molto raro e in ottime condizioni per l'emissione. VF/Circa EF. PS: forse ho sbagliato sezione dovevo inserirla nella sezione imperiale.
    1 punto
  17. Amici Filatelici Buon Sabato e Buon pomeriggio ! Il Regno delle due Sicilie comprendeva il Regno di Napoli ed il Regno di Sicilia. I due Regni furono poi riuniti in un solo Stato retto dalla dinastia dei Borboni, per effetto del trattato di Vienna del 1815. Oggi condivido un francobollo del 1859 Sicilia, da 20 grana, colore ardesia-grigio, privo di annullo, effigie del Re Ferdinando II° ( che morì proprio a Maggio del 1859 ). Sul retro la firma dei periti fil. S. Sorani e P. Vaccari. La serie ( prima emissione del Regno di Sicilia ), fu emessa il 01.01.1859, poco più di un anno prima dello sbarco dei Mille di Garibaldi, è composta da 7 esemplari di diverso colore e valore, detti comunemente anche "testoni"; è ricercata in quanto considerata una delle serie più belle della filatelia classica. Chiamo per cortesia al commento gli esperti @fapetri2001 e @PostOffice ma anche altri appassionati del settore. Grazie.
    1 punto
  18. Salve,la moneta è greca oppure provinciale romana e dovrebbe essere un bronzo di Lacedemone (Sparta) in Laconia,ma ce ne sono talmente tante che non capisco quale potrebbe essere. Magari chiederei a @Vietmimin se ci può aiutare 🙂 Ne posto una come esempio https://www.acsearch.info/search.html?id=3725161
    1 punto
  19. fai un confronto con un francobollo molto più comune e sicuramente con colla, potrai notare le differenze
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  20. Non posseggo monete da migliaia di euro...... quelle da ciotola per i miei quiz vanno benissimo
    1 punto
  21. Senza offesa, sia chiaro! Ripensando alla moneta, sarà quella con la prematurazione a destra e la tapioca in incuso?
    1 punto
  22. Ah per fortuna c'è la garanzia di ebay. Allora si è in una botte di ferro! In fondo al mare.
    1 punto
  23. Io non metto in una busta da lettere 5000 euro. Come minimo deve essere assicurata per il suo valore ma, preferibilmente, spenderei i soldi per il viaggio ed, eventualmente, anche il pernotto. Sia se compro, sia se vendo. Ormai parliamo di pezzi rari, di valore storico.
    1 punto
  24. Una Carli/Ripa del 1962, l'ultima emissione per questa maestosa banconota, nello stesso anno avevano cominciato a stampare le 10.000 lire Michelangelo, gradualmente saranno sostituite da quest'ultime. La trovo integra, colori ancora vivi e con le solite pieghe che la dividevano in otto parti per rimpicciolirla, non vedo il classico forellino al centro che spesso queste pieghe generavano, banconota comune ma complessivamente meglio di BB. Direi 70/80 euro.
    1 punto
  25. MB = 20 monete BB = 25 monete SPL = 15 monete. Si risolve con un sistema lineare in 3 equazioni e 3 incognite, con metodi di sostituzione, somma o sottrazione, come da libri di algebra di base. (Si può vedere analogia con metodo solutivo usato da @apollonia ai post #244 e #245) Saluti Carlo
    1 punto
  26. Su C c'é SSO Dioscuro sopra NO = successo di oscuro soprano. Buona giornata!
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  27. Ricordo che organizzò una bell'asta di aurei romani a New York
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  28. Bentornato..ci sei mancato.. mi auguro di cuore che tutto si sistemi.
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  29. Buongiorno complimenti ottimo acquisto!
    1 punto
  30. Buonasera @carripotti22, se autentico, 1/4 di fiorino del I° tipo, il suo peso dovrebbe essere di grammi 5,34. Zecca di Milano raro R2. Conservazione : a diritto con tutte quelle hair lines sembra che sia stato lucidato, inoltre i rilievi sono un po' piatti, ad esempio la basetta del Re, l'orecchio ed il nastrino che scende sul collo che si vede a malapena. Anche il rovescio ha le sue hair lines. Secondo me complessivamente non più di BB.
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  31. Domiziano e Minerva. La n° 9 della Mister Day Parmalat
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  32. La Numismatica, nel vero senso della parola, esisterà sino a quando esisterà la moneta, corrente o di epoca passata. Il collezionismo numismatico è un'altra cosa... In quel caso, da quando si cerca di lucrare sul collezionista, avete ragione la cosa è degenerata... Ma anche il collezionista che compra per lucrare (o almeno lo pensa) e non solo per collezionare e per piacere personale rischia di fregarsi da solo! Studiare le monete si può fare con monete di tutte le epoche, come si può collezionare monete di tutte le epoche... a volte collezionare monete di prezzo basso e di facile reperibilità è anche bello, senza pensare di mettere da parte un tesoro!
    1 punto
  33. per scoprirlo puoi basarti sul catalogo di Andrea Pucci, LE MONETE DELLA ZECCA DI FIRENZE EPOCA MEDICEA. Cosimo II i gradi di rarità messi sul volume di Alessandro Mantagano, Monete italiane regionali (MIR) Toscana - zecche minori, sono molto meno attendibili. i riferimenti ai numeri di esemplari che ho messo nel post si basano sulle mie ricerche e su un corpus di quasi 400 esemplari comparsi in aste, collezioni private, musei e che sto catalogando. .
    1 punto
  34. Potevano farla con la testa staccabile, hanno perso una ottima occasione per fare una moneta epica.
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  35. Ottimo, mi fa piacere allora che la "cosa pubblica" ogni tanto si ricordi anche dei cittadini
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  36. Grazie a tutti
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  37. 1 punto
  38. Medaglia devozionale, rame/ottone, coniata, della seconda metà del XIX sec. - Olivieri. Napoli.- Ciao Borgho
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  39. QUANDO A ROMA GOVERNAVANO I RE In origine, a Roma si diffuse l’idea che anziché barattare le merci fra loro, fosse più utile scambiarle con un bene prezioso e durevole; nacque così l’idea di barattare il bronzo con le merci. Questa cosa la sappiamo per quattro motivi: perché è stato così in tutte le civiltà di cui si hanno notizie (seppure usando beni-rifugio differenti: argento, conchiglie, etc.); perché ce lo riferisce Plinio (“rudi usos Romae”); perché ne resta memoria nel diritto romano, che prevede una serie di accordi compiuti “per aes et libram” (letteralmente “per mezzo del bronzo e di una bilancia”, ossia quindi “pesando il bronzo ricevuto in cambio”); e, infine, perché ci sono importanti testimonianze archeologiche, dato che sussistono diversi casi in cui i pezzi informi di bronzo sono stati rinvenuti insieme a monete vere e proprie. Interessantissimo, in proposito, è il deposito votivo scoperto nel 1852 a Vicarello e ora parzialmente ricostruito nei sotterranei del Museo Nazionale Romano: infatti, si trattava di un pozzo dove i fedeli gettavano una moneta (come oggi si fa a Fontana di Trevi) e lo strato più basso era composto da pezzi di bronzo informe; subito sopra di essi c’erano monete del tipo “aes grave” (di cui si dirà nel prosieguo), a testimonianza che i pezzi informi avevano effettivamente una funzione di tipo monetale ed erano in uso prima dell’aes grave. Per questo tipo di proto-moneta si usa oggi il termine di aes rude (sulla base del citato passo di Plinio, “rudi …”); il suo utilizzo è attestato in contesti archeologici databili dall’VIII secolo a.C. (forse, addirittura dall’XI) sino al IV. Quando Romolo fondava Roma, gli scambi si facevano con l’aes rude. Fra i pezzi di bronzo rinvenuti in contesti archeologici alcuni non sono informi, ma presentano forme ben precise, di natura geometrica (gocce, barre, lingotti, dischi, etc.) o naturalistica (ghiande, astragali, etc.). Non c’è alcunché di strano: se il bronzo veniva scambiato a peso, ben si poteva utilizzare anche metallo dotato di una forma, magari anche per immagazzinarlo meglio. Peraltro, fra quelli di forma geometrica, molti risultano frammenti, ossia sono stati tagliati (a caldo) per ottenere lo specifico peso di cui c’era bisogno. Alcuni studiosi usano la locuzione (inventata) aes formatum per distinguere queste proto-monete da quelle informi, ma sono solo un tipo di aes rude. È importante fare una precisazione: qualunque pezzo di bronzo poteva essere scambiato a peso, per cui oggi c’è un unico modo per distinguere un vero aes rude o formatum da un qualunque altro pezzo di bronzo, ossia ritrovarlo in un preciso contesto archeologico (come a Vicarello); poiché tuttavia i reperti archeologici non possono essere liberamente venduti, ne consegue che non c’è alcun modo di sapere se i pezzi in bronzo venduti da negozi e case d’asta siano effettivamente aera ruda o meno. Si possono inserire in collezione al fine di “riempire un vuoto”, ma occorre sapere che non c’è alcuna possibilità di avere certezza che siano antichi e, quand’anche lo fossero, di sapere se siano stati veramente scambiati a peso (e quindi effettivamente utilizzati come aera ruda) o fossero solo residui di fonderia. Un discorso a parte deve essere fatto per molti oggetti a forma di conchiglia, spesso in piombo e talvolta in bronzo, che vengono rinvenuti in scavi archeologici (databili ai secoli VI-III a.C.) eseguiti nella Pianura Padana e nell’area governata dagli Etruschi. Alcuni studiosi (ad esempio Franco Pezzi, Conchiglie di piombo, Mantova 2010) ipotizzano che siano proto-monete (e, quindi, aes formatum), ma altri non sono d’accordo e propongono che si tratti di oggetti votivi (spesso presentano un forellino di sospensione; la conchiglia simboleggiava la vulva, quindi la fecondità), oppure proiettili asimmetrici per le fionde o ancora pesi per le bilance. L’ipotesi più probabile è che si trattasse di decorazioni o paracolpi per utensili fittili, cui venivano saldate con mastici, argilla o di piombo fuso (spesso infatti presentano tracce di terracotta sulla faccia piatta), oppure di piedini per pentole metalliche. Comunque sia, nulla esclude che le conchiglie in bronzo venissero anch’esse scambiate a peso, come aes formatum, quando occorreva. ________________________________________ A partire da una certa data, ai pezzi di aes rude e formatum cominciano ad aggiungersi altri, che recano un segno inciso nel metallo. Si parla al riguardo, sulla base del citato brano di Plinio, di aes signatum; sotto questo nome si distinguono, tuttavia, tre categorie di oggetti abbastanza differenti. La prima categoria è composta pezzi di bronzo sostanzialmente informi, che recano tuttavia una o più contromarche (cioè, disegni elementari o lettere incise nel metallo). I più diffusi, rinvenuti sia in varie località dell’Italia centrale sia nei Balcani, presentano due contromarche sulle facce contrapposte, una costituita da un punto centrale e 4 raggi che se ne dipartono, l’altra da un arco di cerchio; si ritiene che raffigurino rispettivamente il sole e la luna. Haeberlin, importante numismatico tedesco del XIX secolo, dopo aver esaminato numerosi esemplari di questa tipologia di aes precisa che su altri pezzi esistono anche le combinazioni sole/nulla, sole/sole e luna/luna. Una seconda categoria, molto interessante, è quella del cosiddetto “ramo secco”. Si tratta di lingotti di bronzo a forma di parallelepipedo schiacciato, di peso variabile e fattura grezza, che recano un'immagine in rilievo somigliante a un ramo privo di foglie (più raramente sono presenti altri segni, altrettanto grezzi: lisca di pesce, clava, delfino, crescente lunare), la cui esatta natura è tuttavia discussa (secondo alcuni autori sono un espediente tecnico per far fuoriuscire i gas durante la fusione, oppure segni utili a facilitarne la frammentazione). I lingotti con “ramo secco” sono stati rinvenuti in tutta la penisola e in Sicilia, interi o (più spesso) tagliati in frammenti; quelli interi hanno pesi compresi fra 0,8 e 2,1 kg. Il fascino del “ramo secco” è quello di costituire un oggetto sicuramente utilizzato a Roma (esemplari sono stati infatti rinvenuti in scavi eseguiti in città) e sicuramente databile all’epoca in cui i re governavano sull’Urbe: infatti, un frammento di 0,425 kg rinvenuto presso il santuario di Bitalemi (Sicilia), in uno strato sigillato databile al periodo 570-540 a.C.[1], dimostra l’esistenza di questi manufatti nel VI secolo a.C. Una terza categoria di aes signatum è costituito da un altro genere di lingotti di bronzo, che si distinguono dai “ramo secco” per una iconografia più varia ed elaborata, una forma più definita, un peso più leggero ma anche più omogeneo (tra i 1,8 e 1,2 kg), definiti correntemente “quadrilateri”. A differenza dei “ramo secco”, sono molto rari. Gli studiosi sono concordi nel ritenere che siano stati prodotti a Roma (un tipo presenta anche la legenda “ROMANOM”, forma arcaica per Romanorum); Crawford, inoltre, è convinto che avessero funzione monetale, per cui li elenca nel RRC. Giova comunque precisare che altri studiosi non sono così sicuri che i quadrilateri fossero monete, sebbene indubbiamente alcuni siano stati rinvenuti in ripostigli[2] (a Santa Marinella, La Bruna, Ariccia) assieme a esemplari di aes grave. Ci si potrebbe chiedere, a questo punto, se uno dei tipi di aes formatum noti possa essere quello di cui parla Plinio, inventato da Servio Tullio (che avrebbe regnato dal 578 al 535 a.C.), e permetta così di affermare che la moneta, a Roma, è nata nel VI secolo a.C.; la risposta, tuttavia, sembra essere negativa. In primo luogo, se quella testimonianza fosse attendibile la prima moneta romana dovrebbe essere stata un lingotto con pecora, ma un simile lingotto non è stato rinvenuto (il che ovviamente rende improbabile, ma non impossibile, che sia esistito). I lingotti romani che ci sono pervenuti - ossia i quadrilateri -, peraltro, sono molto posteriori all’epoca regia, probabilmente dell’epoca compresa fra la fine del IV secolo a.C. e gli inizi del III, come dimostrano i ripostigli[3], la legenda ROMANOM (che, ancorché arcaica, appare molto posteriore al Latino di epoca regia, attestato dal lapis niger e dalla fibula praenestina) e la circostanza che un tipo rechi l’elefante (animale ignoto ai Roma prima della guerra contro Pirro, iniziata nel 280 a.C.). Certo, il “ramo secco” esisteva già all’epoca di Servio Tullio, ma non è affatto sicuro che avesse uno scopo monetale (è stato rinvenuto in contesti votivi a Bitalemi e a Terravecchia di Grammichele, ma qualunque oggetto d'arte o di valore, non solo le monete, può costituire l'offerta a un dio) e comunque la sua ampia diffusione fa ritenere che non fosse un manufatto esclusivamente romano (Roma, ai tempi di Servio Tullio, esercitava la sua influenza politica e commerciale su un territorio molto più piccolo). Il passo di Plinio non può quindi essere accettato alla lettera; probabilmente non è vero che la moneta, in Italia, sia stata inventata da Servio Tullio. ________________________________________ Come detto, varie civiltà arcaiche usavano un sistema proto-monetale consistente nel baratto tra le merci e un metallo prezioso; la moneta vera e propria nacque quando alcune autorità statali decisero di far punzonare questi metalli, per garantirne il peso (e quindi il valore) e velocizzare, così, i commerci (perché diveniva inutile pesare il metallo). Questa evoluzione si verificò dapprima in Cina (tra l’VIII e il VII secolo a.C.), poi, in modo separato e indipendente, in Asia Minore. Qui infatti era tradizione scambiare le merci con palline di elettro (una lega di argento e oro); a un certo punto (secondo la tradizione, nel VI secolo a.C., a opera di Creso re della Lidia; secondo gli studiosi moderni prima, attorno alla metà del VII secolo a.C.) i governanti cominciarono a far punzonare queste palline, che presentavano quindi un segno “in incuso” (cioè incavato, rispetto alla superficie della moneta). Poco dopo si cominciò ad apporre un segno anche sull’incudine e nacque, così, la tecnica della coniazione; inoltre, furono prodotte anche monete d’argento, oltre che di elettro. La moneta ricosse subito un grande successo; tutte le città greche dell’Asia Minore cominciarono a produrla e a diffonderla, attraverso la loro fitta rete di contatti commerciali, in tutto il mediterraneo, occidente compreso. Tornando alla Roma arcaica, sembra strano che all’epoca dei re dentro l'Urbe non si usassero monete (come si vedrà in seguito, le prime monete romane, aes grave e monete romano-campane, sono probabilmente databili alla fine del IV secolo a.C.) e ci si limitasse a ricorrere al baratto fra le merci e il bronzo a peso (aes rude e formatum). Si ritiene, infatti, che il tempio eretto nel Foro Boario nel 495 a.C. (l’Ara massima di Ercole) non fosse altro che la monumentalizzazione di un altare preesistente (e, quindi, risalente all’epoca regia), dedicato a una divinità locale assimilata al fenicio Melqart, protettore dei mercanti; sarebbe quindi questa una testimonianza indiretta che in quel luogo in epoca antichissima, addirittura prima della fondazione di Roma, esistesse un sito di scambio fra merci portate dai mercanti fenici e prodotti locali, ma è tuttavia difficile immaginare l’esistenza di scambi commerciali di portata addirittura internazionale senza l’utilizzo di un qualche genere di moneta. Per queste ragioni, uno studioso[4] ha ipotizzato che la Roma arcaica non abbia emesso proprie monete perché utilizzava proprio monete greche arcaiche; non c’è alcuna prova archeologica al riguardo, però c’è un importante indizio. Infatti, tra il 1862 e il 1867 sono stati rinvenuti una serie di ripostigli di piccole monete di tipo ionico, risalenti al VI-V secolo a.C., a Morella e Pont de Molins (in Spagna), Auriol[5] (presso Marsiglia, città fondata dai Greci) e Volterra, città etrusca; ciò dimostra che gli Etruschi utilizzavano monete greche. Siccome a Roma, nel VI secolo a.C., dominava una stirpe etrusca (i Tarquini), è molto probabile che monete analoghe siano state utilizzate anche nell’Urbe. NOTE [1] Si definisce “sigillato”, in archeologia, uno strato di terreno che appare chiaramente separato dagli strati sovrastanti (generati da eventi o attività successivi), senza interruzioni o intrusioni (causate da riutilizzo del terreno, erosione, contaminazione o distruzione) che potrebbero averne alterato il contesto originario. Gli oggetti rinvenuti in uno strato sigillato sono sicuramente databili all’epoca dello strato. Su questi scavi ha scritto Piero Orlandini in “Annali dell'Istituto Italiano di Numismatica”, 1965-1967. [2] È molto frequente trovare gruppi di monete duranti gli scavi, perché nell’antichità nasconderle era un modo per conservare i propri risparmi; tali gruppi sono oggi definiti “ripostigli” o “tesoretti”. [3] È bene notare, tuttavia, che i ripostigli, anche quando possono essere datati con relativa sicurezza (come negli strati sigillati), forniscono solo indizi e non certezze sull’epoca di emissione delle monete, perché non si sa per quanto tempo esse abbiano circolato prima di essere state nascoste. [4] Amisano, La storia di Roma antica e le sue monete, vol. 1, 2004. [5] Siccome il rinvenimento di Auriol è il più numeroso (circa 2.130 monete), si parla al riguardo di “monetazione tipo Auriol”. ILLUSTRAZIONI Esposizione di aes del Museo nazionale Romano. Al centro, frammenti di aes rude raccolti in una bilancia. In alto, due quadrilateri, RRC 4/1 (con pegaso e ROMANOM) e RRC 7/1 (con raffigurazione di uno scudo). A destra, un “ramo secco” Ricostruzione del deposito di Vicarello, dal Museo Nazionale Romano Ramosecco del Museo Civico Archeologico "A.C. Simonini" Il "ramosecco" rinvenuto a Bitalemi Monetazione "tipo Auriol" rinvenuta a Volterra
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  40. si è buona, ne ho altre da conii identici o simili, questa nello specifico viene da Artemide 69E con calma potrei anche verificare altri passaggi precedenti, ma mi serve tempo, perchè di Ricimero ho più di 400 esemplari in archivio
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  41. o le code sul sito si sono formate perché oggi emettevano anche la moneta per Spadolini?? 🤣
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  42. Sei stato chiarissimo, grazie davvero. Marco
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  43. Mi inserisco nella discussione dopo averla debitamente condivisa sui social vista l'importanza del tema trattato. Il venditore ha fatto un'altra vittima. Le monete proposte, e poi acquistate da un mio amico che non sapeva di questa faccenda, sono in parte della stessa tipologia di quelle già segnalate da Fabry, ma ne sono spuntate delle altre. Come vedete dalle foto allegate il bagattino con la madonna e il bambino deve essere il vero cavallo di battaglia di questo signore. Sono presenti però anche esemplari che almeno nell'iconografia provano a riprendere il "Redentore su trono" tipico dei grossi, oppure esperimenti di replica del mezzo soldo da sei bagattini a nome di Alvise Mocenigo. Il pezzo più strano è però sicuramente quello che presumibilmente dovrebbe replicare una bolla o sigillo datato dal cartellino XVIII o XVII secolo. Che dire, bisogna solo inchinarsi nei confronti di un vero fenomeno😆. Aggiungo inoltre che alla richiesta del mio amico di ricevere riferimenti circa la provenienza della moneta il signore ha segnalato un certo lotto di un'asta di inizi anni 2000: il dubbio che le monete non provenissero dal suo ingegno lì per un attimo mi ha sfiorato. Dopo aver con fatica recuperato il catalogo in questione, il lotto nomina tutte altre monete e di certo non questi abbozzi. Fine della storia. A parte gli scherzi, torniamo a collezionare monete vere, che trasudano storia e storie infinite e non pezzi di metallo battuti l'altro ieri. Buon collezionismo.
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  44. Oggi 13 giugno giorno di S. ANTONIO, medaglia dell'ottavo centenario della nascita 1195-1995 Altra medadaglia del Centenario 1195-1995
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  45. @Carlo. il collezionismo esiste anche per le basse conservazioni, ci sono anche appassionati del vissuto MB - BB
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  46. Io come altri, ho scelto di apporre 2 loghi, uno per i libri di numismatica e un'altro per i libri di storia locale e altro.
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  47. Tempo fa discutevo via email con un amico del crescente numero di falsi sul mercato, e di come molti collezionisti sembrassero infastiditi dall'argomento. Mi venne allora in mente il film Matrix, come metafora. Il fenomeno a cui stiamo assistendo è una sorta di Numismatrix, in cui falsari e commercianti poco accorti stanno ricreando un falso mondo antico, che non è mai esistito, ed i collezionisti sono le vittime, parassitate e nutrite di immondizia. Come nel film, alcune vittime preferiscono ignorare la realtà anche quando gli viene mostrata, e scelgono di rimanere immerse nel matrix.
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