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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 07/23/25 in Risposte
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Da neofita, mi sembra evidente che non esistano denari suberati e denari legali battuti con identico conio: questo sarebbe stato possibile unicamente sottraendo un conio già in uso presso una zecca ufficiale, per poi riutilizzarlo nella creazione di denari suberati. Sarà anche successo, chissà, ma mi sembra comunque una fattispecie remota, di cui infatti ad oggi non si hanno prove. Ovvero, sarebbe altresì possibile facendo entrare clandestinamente un conio usato per battere denari contraffatti in qualche officina di zecca (ipotesi ancora più fantascientifica e poi, a quale scopo??). Diversa la teoria secondo cui alcuni maestri incisori, desiderosi di voler "arrotondare", abbiano messo a disposizione i propri talenti per la creazione di conii da usare per la contraffazione. Un'ipotesi che da neofita mi sembra già più plausibile, e potrebbe spiegare la qualità raggiunta da alcuni suberati. Infine, la teoria secondo la quale alcuni suberati possano essere stati creati nelle zecche ufficiali, mi sembra plausibile se si pensa all'ipotesi di una piccola associazione a delinquere: dei lavoratori di un'officina decidono di "arrotondare" creando patacche (spartendosi poi l'argento in eccesso risultato delle patacche). Perché no, non ho mai letto nulla al riguardo. Ma su larga scala? Non ne vedrei il motivo, se non appunto alti livelli di corruzione e malaffare dilagante. Ordini di politica monetaria? Se gli imperatori potevano decidere delle quantità di argento nel metallo, perché ricorrere ai suberati? Però ripeto sono neofita, e di libri ne devo ancora leggere sull'argomento! Grazie per l'interessante discussione.3 punti
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Ringrazio il direttivo del CCNM per l'invito e la consueta disponibilità. Mi permetto di segnalare a @talpa - di cui ricordo l'interesse manifestato tempo fa - la possibilità di seguire la conferenza in diretta streaming.2 punti
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ciao, ti sbagli. Esistono eccome contromarche con chicco. allego articolo di Santelli tratto da monete antiche2 punti
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Buonasera, vi racconto le ultime novità. Mi sono arrivate ben sette monete dall'Inghilterra che colmano dei buchi importanti nella collezione. Sebbene il mio obbiettivo era quello di comprare una moneta per imperatore, possibilmente d'argento, ho visto l'occasione di avere una collezione più rappresentativa per tipi monetali motivo per cui ho comprato vari imperatori che avevo già. Il pezzo più importante è una miliarense di Giuliano dal peso di 3,4 gr. Attualmente è la moneta più costosa che ho comprato, ma devo dire che se l'avessi comprata all'asta il prezzo sarebbe stato molto più alto al punto di equivalere al prezzo che ho pagato per tutte le altre monete messe insieme. Nei cataloghi è descritta come miliarense, in altre argenteo. Il motivo del rovescio e il peso mi indicano che non si tratta di una siliqua pesante. Altra moneta è una siliqua di Eugenio. Avevo ben tre monete su cui scegliere, alla fine mi sono deciso su quella più grande e con la leggenda più visibile. L'unica pecca è l'aspetto stanco e il ritratto non standard, segno che si tratta di una delle primissime emissioni di questo usurpatore. E' come se gli avessero detto all'incisore di aggiungere della barba e dei baffi a una moneta di Teodosio. Poi ho comprato due monete di Alletto. Un antoniniano con la Pax che cercavo da tempo e un quinario con la nave al rovescio. Non sono un fan dei quinari, ma una conversazione qui sul forum in cui si ricordavano "quei bei vecchi tempi in cui si potevano comprare quinari a 50.000 lire" mi ha spinto verso quella direzione. Una siliqua tagliata di Valente con una bella patina e un'altra siliquia di Giuliano. Quest'ultima comprata per lo stile del ritratto. Finalmente un antoniniano di Mario che ha bisogno di una piccola pulizia.2 punti
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Non è un denario, non è romano e non è autentico... 3 su 3, complimenti all'internet2 punti
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Anch'io avevo notato la siliquia di Vetranio e devo dire che mi sono mangiato le mani, è una moneta che senza buco costa dieci volte quel valore. Ad ogni modo alcuni acquisti in area britannica mi hanno focalizzato in quella direzione, ne parlerò nel post sulla mia collezione. Casualmente ascoltavo un collezionista tutto contento che mostrava un sesterzio di Salonino dicendo che era uno dei pezzi più belli della sua collezione. Si deve trattare un una moneta rara oppure ricercata, perchè il pezzo a livello stilistico mi sembra nella media.2 punti
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Eccomi, allora per quanto riguarda il peso e il diametro anch'io li avevo dati per normali, le piccolissime differenze rispetto a quanto riportato su gigante, potrebbero spiegarsi anche con piccoli errori degli strumenti, per quanto riguarda il magnetismo invece ne sono abbastanza certo. Prima di spiegarvi come misuro il magnetismo/diamagnetismo è meglio che faccio una premessa, io acquisto da oramai 15 anni placchette e lingotti d'oro come forma di investimento e solo negli ultimi due anni ho deciso di diversificare anche con monete del regno, preferibilmente in oro, ma qualcosa anche in argento. Io ho sempre controllato le placchette e i lingotti una volta ricevuti con un bilancino di precisione, una calamita al neodimio N50 (un magnete molto forte), e due supporti in plastica, di cui uno cilindrico stampato da me con la stampate 3d in modo che ho potuto alloggiarci al suo interno nella parte superiore la calamita attaccandola al supporto in plastica. Posiziono il supporto in plastica con la calamità sul bilancino e azzero la tara, e esternamente al bilancino posiziono l'altro supporto che arriva a filo quasi al contatto con la calamità lasciando pochi millimetri a separarli. Così facendo, con la tara a zero appoggio delicatamente la placchetta o in questo caso la moneta sopra il secondo supporto, affinchè si vada a trovare a pochi millimetri dal magnete, e di conseguenza se attrae o respinge il magnete, il bilancino misurerà un'unita positiva o negativa. ma forse con un video rendo meglio l'idea. Ho fatto due video così da rendere l’idea, facendo il confronto fra questa 50 lire cinquantenario 1911 e un'altra moneta aggiudicatomi nella stessa asta, la 50 lire aratrice 1912, ho comparato il cinquantenario con quella aratrice perchè sono due monete arrivate dalla stessa asta, dovrebbero avere lo stesso peso, lo stesso diametro e lo steso fino dell'oro, oltre a essere state coniate nella stessa epoca, risultato, quella aratrice risulta correttamente diamagnetica, mentre il cinquantenario presenta magnetismo. Magari se qualcuno con in possesso il cinquantenario e se sela sente potrebbe fare lo stesso test mio per capire, se questo magnetismo è intrinseco a tutte le 50 lire cinquantenario, o se solo quello in mio possesso è un falso, certo fatto molto molto molto bene ma pur sempre un falso. https://www.youtube.com/shorts/CRnn05kkTYA - 50 lire cinquantenario 1911, come potete vedere il bilancino indica un peso negativo, significa che la moneta attrae il magnete. https://www.youtube.com/watch?v=K0ry1YADes4 - Prova fatta con 50 lire aratrice aggiudicato nella stessa asta, e come vedere indica un peso positivo significa che la moneta spinge il magnete verso il basso, respingendolo Vi assicuro che funziona benissimo per poter controllare se la lega presentare magnetismo o meno, e ho sempre controllato sia le placchette, che tutte le monete che ho ricevuto, e tutte quelle del regno in oro 900/1000 sono sempre state diamagnetiche, compreso le altre 3 monete aggiudicatomi nella stessa asta, quanto vorrei avere qui con me un’altra 50 lire cinquantenario per esserne assolutamente certo. Comunque ho inviato il video completo alla la casa d'aste per spiegare nel dettaglio il problema con i test che ho fatto, e dopo aver inviato un email, il titolare mi ha richiamato garantendomi che non ci sono problemi, che posso rispedirgliela e l'avrebbero ricontrollata, e che in tutti i casi se mi permangono dei dubbi avremmo trovato una soluzione, suppongo mi propongano una nota di credito da usare per la prossima asta di novembre.2 punti
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Volevo aggiornare chiunque fosse intervenuto in questa discussione; la moneta è stata data per autentica senza alcuna possibilità di smentita da un certo Dominique, direttore e curatore reparto monete antiche di Baldwin London.2 punti
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Non è da fiera, ma da Carrarmato Perugina degli anni '70, la n. 1 di questa immagine:2 punti
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Io posseggo un paio di esemplari di questa moneta, entrambi periziati ed entrambi con diametro di 28,3 mm., quindi - per me - il diametro rilevato non costituisce un problema. Altrettanto dicasi per il peso, in quanto 0,02-0,04 g. rientrano nelle tolleranze accettate. Le mie monete però, sono totalmente amagnetiche (non capisco come con un "bilancino di precisione", che per sua natura dovrebbe misurare solo il peso, tu abbia rilevato la sensibilità al magnetismo). In genere, nella lega 900/1000 usata per l'oro monetato, il 10% rimanente sia per lo più rame con qualche residuo d'argento che sono totalmente diamagnetici. Il rilevamento di una debole attrazione da parte del magnete al neodimio (e non il contrario) appare strana e non spiegabile. Visto le imprecisioni riportate nella descrizione (chiedo scusa per la pignoleria) , la prima cosa che mi viene da chiedere è se la prova sia stata fatta a regola d'arte (ad es. non vi erano nelle vicinanze materiali ferrosi? il piano era diamagnetico? Non dimentichiamo che alcuni materiali possono mantenere del magnetismo residuo dopo essere stati allontanati dalla calamita: non penso alla moneta d'oro, ma al piano sul quale poggiava quando è stata fatta la rilevazione). Aggiungo per completezza, che trovo un poco irregolare la perlinatura della moneta (ma potrebbe essere dovuto alla foto) dove le distanze dei punti variano e non si presentano uniformi.2 punti
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non posso dire di averla acquistata appositamente per il Museo degli Orrori, ma so che qui troverà la sua degna presentazione al pubblico! povera monetona, ha preso più colpi della pentolaccia!2 punti
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No, non è certamente un elemento importante, mi piaceva comunque scrivere qualcosa qua per avere una discussione viva e piacevole con gli amici, così, come sta venendo, giusto per tenere viva la sezione, nulla più. soprattutto, non una discussione in senso stretto, ma una chiacchierata .... poi ognuno ha il suo punto di vista, e va bene così, ...... tuttavia, in linea con l'attuale pensiero dominante, se non la pensi come me, probabilmente ti bombarderò2 punti
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Martedì 23 settembre dalle ore 20:45 al CCNM (via Kramer, 32 Milano. Citofono SEIDIPIU'), conferenza su "Committenza e finalità del riconio della medaglia pontificia nel XVII secolo" tenuta da Antonio Rimoldi. La conferenza che avrà inizio dalle ore 21:00 potrà anche essere seguita da remoto, i link da utilizzare per seguire la conferenza verranno comunicati nei primi giorni di settembre.1 punto
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DE GREGE EPICURI Oggi voglio mostrarvi questo bronzo di Salonina, uno degli ultimi arrivati. E' per la zecca di Saitta in Lidia, che non era rappresentata nella mia collezione; pesa 5,70 g. e misura 22 mm. Al D, busto a destra; si legge solo: ..NEINAC C... Al R, tempio tetrastilo, con figura al centro. Leggo solo: (E)AC...X e in esergo: ...ITTH... E' descritta nella collezione Winsemann al n.2643; BMC 74; GRPC Lydia 172. In parte simile anche alla Sear 4665, ma con scritte diverse.1 punto
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Una veduta delle ultime tombe scavate nella necropoli nord di Cirene in Libia Photo: Oliva Menozzi, Università di Chieti-Pescara Una statua femminile acefala e una piccola testa nelle tombe rupestri di Cirene Rientrata dalla Libia, Oliva Menozzi dell’Università di Chieti-Pescara ci racconta gli ultimi ritrovamenti dello scavo nella necropoli settentrionale dell’antica città, indagata notte e giorno per non lasciare incustoditi i reperti Come a volte accade nelle ricerche archeologiche, nei giorni finali saltano fuori le scoperte più stimolanti. Com’è accaduto da poco nella necropoli settentrionale di Cirene, nella Libia nord-orientale, indagata dalla missione dell’Università di Chieti Pescara diretta dalla professoressa Oliva Menozzi che a «Il Giornale dell’Arte» racconta con entusiasmo: «Con i ritrovamenti di solito è così. Negli ultimi due giorni si è scavato anche di notte con gli operai libici che si cimentavano per la prima volta in scavi notturni per non lasciare lì reperti incustoditi». Ma che cosa è emerso in questa missione estiva nella necropoli nord? Tombe rupestri di età ellenistica dalla raffinata facciata architettonica con loculi, sarcofagi e, tra i reperti, una statua femminile acefala e una piccola testa, ceramica attica, sementi e un corpo incenerito. Menozzi era nel sito nordafricano fino a venerdì scorso 18 luglio. «Grazie alla fruttuosa collaborazione con tecnici, operai e ispettori del Department of Antiquity di Tripoli e di Cirene abbiamo ripreso a scavare nella necropoli di Cirene, dove non intervenivamo dal 2009, anche per le problematiche causate dal devastante uragano Daniel del settembre 2023, racconta. Abbiamo cominciato a smontare i detriti e i blocchi, e sono venute fuori quattro sepolture del tutto ignote a testimonianza del fatto che la necropoli continuava in quella zona con fitte tombe architettoniche. Intanto, abbiamo scavato tre camere funerarie rupestri, di datazioni differenti, in un’altra vorremmo tornare tra settembre e ottobre, e abbiamo trovato due piccoli sarcofagi, inizialmente attribuiti a infanti o adolescenti, ma che invece si sono rivelati essere a incinerazione». Statua femminile, probabile personificazione di Persefone, rinvenuta nella necropoli nord di Cirene in Libia. Photo: Oliva Menozzi, Università di Chieti-Pescara Piccola testa rinvenuta nella necropoli nord di Cirene in Libia. Photo: Oliva Menozzi, Università di Chieti-Pescara Due tombe di età ellenistica, prosegue Menozzi, presentano «quattro-cinque loculi con sei o sette defunti e corredi, sia di adulti che di bambini. All’interno ceramica attica importata dalla Grecia e balsamari con ancora tracce di profumo tant’è che faremo la gascromatografia (una tecnica per analizzare le miscele, Ndr). Abbiamo riportato campioni per comprendere la familiarità genetica: stiamo avviando le analisi insieme al collega Alfredo Coppa, antropologo forense dell’Università La Sapienza di Roma, e l’Università di Harvard perché facciamo parte di un gruppo di ricerca nelle necropoli di tutto il bacino mediterraneo». Di rilievo i rinvenimenti principali: «Le tombe ellenistiche hanno restituito una piccola testa di divinità funeraria, legata a uno dei due sarcofagi per l’incinerazione, e una statua femminile molto bella, probabilmente la personificazione di Persefone per accompagnare i defunti nell’aldilà». L’archeologa segnala anche coroncine di foglie in bronzo e perline in terracotta rivestite in foglia oro trovate su due defunti: «Si tratta di un tipo di corona ellenistica mai rinvenuto a Cirene». Mentre la ceramica di un paio di tombe risale alla fine del IV secolo a.C., quella nella sepoltura più antica arriva dalla fine del VI: «Abbastanza ampia, è la tomba più prestigiosa e abbastanza ricca dato che qui abbiamo trovato tanta ceramica a vernice nera ma anche a figure nere, quella ateniese per eccellenza, che copiavano e facevano anche a Cirene». Non ultimi, riferisce Menozzi, sono venute alla luce «tante piccole ciotoline e piatti con quelle che sembrano sementi: le ho imbustate e sigillate perché faremo analisi paleobotaniche per capire la tipologia delle offerte votive all’interno delle tombe». A Cirene operano tre università italiane: oltre a quella abruzzese intitolata a Gabriele d’Annunzio, intervengono l’ateneo Carlo Bo di Urbino con una missione diretta da Oscar Mei e l’Università Luigi Vanvitelli della Campania con Serenella Ensoli alla guida delle ricerche. Al momento, precisa l’archeologa, solo le prime due missioni sono al lavoro con un progetto finanziato dall’agenzia Aliph (International alliance for protection of heritage) per ricerche e restauri in seguito alle distruzioni provocate nel 2023 dall’uragano Daniel. La squadra italo-libica al lavoro nella necropoli nord di Cirene in Libia. Fonte Oliva Menozzi, Università di Chieti-Pescara https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/Una-statua-femminile-acefala-e-una-piccola-testa-nelle-tombe-rupestri-di-Cirene1 punto
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@muraglia85 ma le foto della moneta in tuo possesso sono quelle delle foto che hai postato al 1° post? Se è così, la moneta è autenica al 100% e la piccolissima differenza sul magnetismo è dovuta ai costituenti del 10% in peso, che non è oro La stessa prova fatta su uno zecchino veneziano (oro praticamente puro) probabilmente non avrebbe rilevato scostamenti1 punto
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F arsi, ST rada, O sandolino, S abile = farsi strada osando l'inosabile. Buonanotte!1 punto
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@Alan Sinclair questa ha sicuramente visto passare tante cose.. forse giusto le manca un treno. Ma la proteggerò!1 punto
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esatto. potrebbe essere argomento a facvore della tesi che "a Ravenna si usa così"?1 punto
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Foto migliore e credo anche originale. https://www.euronews.com/2020/08/24/large-trove-of-early-islamic-gold-coins-discovered-in-israel1 punto
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In teoria i falsari dell'ultima generazione non dovrebbero fare un errore così grossolano, potrebbe essere un errore di taglio, significherebbe che è rimasta attaccata una frazione della cornice esterna che viene rifilata, ma senza foto nitide ritorniamo all'aria fritta vabbè, sarà una omelette.... non l'ho trovato l'emoji che frigge l'aria!1 punto
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Salve Atexano,noto solo ora questa discussione e se ti fa piacere ti dico la mia:moneta originale che ha subito qualche attacco o del tempo o tentativo di miglioramento.sulla rarità e il valore si sono espressi altri1 punto
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si proprio così, riesco a misurare anche il minimo magnetismo o diamagnetismo, con le placchette ha sempre funzionato bene, e con le monete fino a stamattina non mi era mai capitato di aver per le mani una moneta in oro 900/1000 che fosse magnetica, per quanto poco magnetica, ma lo è.1 punto
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@centoreti spero che una delle tre versioni che ti ha dato internet sia falsa.. Sembra un gadget1 punto
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S premia GR, umida L, lumini O = spremiagrumi d'alluminio. Buon pomeriggio!1 punto
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Non è il peso che fa un falso o un originale ma aiutano a capire questo perchè dobbiamo basarci su delle foto, in mano di solito basta un occhiata. Normalmente i falsi sono calanti di peso e diametro giusto o quasi dipende con che metallo sono fatti. Ci sono i falsi di oggi che si avvicinano molto al peso e al diametro giusto ed allora devi cercare la piccola differenza del tipo lettere , numeri o altro differente dagli originali. Questa moneta è una di quelle più falsificate o meglio copiate insieme al 20 lire Littore e alle 5 Lire 1914/1911/1901 , quest'ultime piu semplice da distinguere. In foto ci sono stati esperti che le hanno giudicate buone ma successivamente è bastato uno sguardo diretto per capire che erano false. In foto bisogna stare molto attenti ai particolari.1 punto
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dipende dalla moneta, dal peso originario, dal livello di usura della moneta. in generale un paio (1-2) di punti percentuali. alcune monetazioni possono presentare più variabilità anche negli standard1 punto
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Sarebbe la prima volta che c’è un matching completo su un suberato1 punto
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Diciamo che il quesito è ostico sia per la sua formulazione grammaticale sia perché dipende molto dal materiale di cui è fatta e dal periodo storico della moneta. Una cosa è un bronzo magnogreco, un'altra una moneta da 10 lire del regno. Secondo: le onete non andrebbero mai pulite se non si sa quel che si fa Terzo: Hai detto che l'hai trovata. Per i ritrovamenti fortuiti vale quanto segue: Ai sensi dell’art. 90 del Codice (Scoperte fortuite), deve farne denuncia entro ventiquattro ore al Soprintendente o al Sindaco ovvero all’Autorità di Pubblica Sicurezza e deve provvedere alla conservazione temporanea di esse nelle condizioni e nel luogo in cui sono state rinvenute. Lo scopritore ha però facoltà di rimuovere il reperto, per meglio garantirne la sicurezza e la conservazione, sino alla visita dell’Autorità competente e, ove occorra, di chiedere l’ausilio della Forza Pubblica. Le spese sostenute per la custodia e rimozione sono rimborsate dal Ministero. Secondo l’art. 92 del Codice (Premio per i ritrovamenti) il Ministero corrisponde un premio allo scopritore non superiore al quarto del valore delle cose ritrovate o, in alternativa, mediante rilascio di parte delle cose ritrovate. Da sottolineare che lo scopritore che si sia introdotto o abbia ricercato in un fondo altrui senza il permesso del proprietario o del possessore, oltre ad incorrere nelle previste sanzioni penali, non ha diritto al premio in argomento.1 punto
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Ma proprio per la difficoltà e per l abilità necessarie per realizzare i suberati si pensa che spesso fossero invischiati gli stessi incisori della zecca di stato, ma non in modo sistematico ed ufficiale, ma ufficioso , altrimenti avrebbero utilizzato gli stessi conii dei denari ufficiali , ne convieni ?1 punto
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Ciao, a scopo didattico per me e penso anche per altri ti posso chiedere qual è la difficoltà tecnica nel realizzare denari suberati dentellati rispetto a quelli normali? 🙂 ANTONIO1 punto
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Salve,l'ho scritto prima,denari repubblicani dentellati suberati sono difficili da eseguire se non da una officina altamente specializzata e con gli Speculatores che tenevano gli occhi aperti una officina clandestina avrebbe avuta poca vita.si ha notizia ,a questo punto di numerosi processi ,data la mole del fenomeno a carico di produttori o spenditori?Modulo largo ,se vedi Gaetano chiedigli dei suberati rinvenuti spesso in Sicilia,forse eravamo considerati persone obbligate ad accettarli.ripeto e non voglio essere monotono,sono considerazioni personali dettate dalla mia logica,poi ognuno può restare sulle sue posizioni tranquillamente ma analizzando le mie ipotesi tecnicamente.1 punto
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Beh ! Direi che da un punto di vista storico culturale quello del costume maschile dell' epoca può avere un' importanza rilevante. Anche il rapporto tra imperatore e "patricius" reggente sotto il profilo , è il caso di dirlo, dell' imitazione iconografica ,ha il suo peso. Per fare un' esempio: forse che le auguste imperatrici non facevano tendenza con le loro peculiari pettinature ? Che tra l'altro permettono di datare una eventuale ritrattistica altrimenti non posizionabile cronologicamente? .1 punto
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Una veduta dello scavo della necropoli di Sasso Pinzuto a Tuscania (Viterbo) Foto cortesia Alessandro Naso Tuscania: un poppatoio e un edificio per i culti funerari Sono alcuni degli ultimi ritrovamenti della campagna di scavo diretta da Alessandro Naso nella necropoli di Sasso Pinzuto che saranno presentati giovedì 24 luglio L’Etruria riesce sempre a sorprendere: un singolare edificio è stato appena riportato alla luce all’interno della necropoli di Sasso Pinzuto, a Tuscania (Viterbo), dove, dal 2022, sono in corso campagne di scavo condotte dall’Università «Federico II» di Napoli e dal Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies (Camnes) di Firenze sotto la direzione di Alessandro Naso. L’area accoglie più di 130 tombe a camera risalenti al VII-VI secolo a.C. e quelle di rilievo maggiore sono contenute all’interno di tumuli. Nel 2024, proprio in chiusura dello scavo, come accade spesso, era stata individuata la fondazione di una struttura quadrangolare in opera quadrata situata a ridosso dell’area dei tumuli e di una platea tufacea. Nella campagna 2025, i cui risultati verranno presentati a Tuscania presso l’agriturismo Casa Caponetti (in località Quarticciolo) giovedì 24 luglio alle ore 17.30, l’attenzione degli archeologi si è concentrata sull’edificio con un’attenzione particolare posta nel comprenderne la cronologia e la funzione. Va segnalato che, nella trincea di fondazione del muro meridionale dell’edificio, ricavato nel vivo dello strato tufaceo naturale, è stata rinvenuta una teca inviolata. Lunga circa 80 centimetri e ricoperta da una lastra di tufo, accoglieva cinque vasi in bucchero che sono in corso di microscavo per conoscerne il contenuto originario. Si può segnalare, intanto, che una delle forme è singolare: si tratta di un attingitoio, dotato di una sporgenza laterale forata in senso longitudinale, che lo rende un poppatoio e rinvia alla sepoltura di un neonato avvenuta nella prima metà del VI secolo a.C. Una deposizione che sembra precedere di poco l’edificio che, sulla base del rinvenimento di alcune terrecotte architettoniche decorate a stampo con temi cari alle aristocrazie etrusche di epoca arcaica (cortei di carri, banchetti e danze), dovrebbe risalire al secondo quarto dello stesso secolo. Qual era la sua funzione? Si tratta di un edificio, dove si potevano svolgere culti funerari, fatto costruire nell’area della necropoli, da una famiglia di rango aristocratico, che voleva sottolineare così la propria posizione sociale all’interno della comunità di appartenenza e i propri valori. Edifici simili, in Etruria, si possono trovare a Vulci e a Cortona. Un dettaglio della tomba indagata nella necropoli di Sasso Pinzuto a Tuscania (Viterbo). Foto cortesia Alessandro Naso https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/Tuscania-un-poppatoio-e-un-edificio-per-i-culti-funerari1 punto
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Appalti truccati, trapianti truccati, motorini truccati che scippano donne truccate; il visagista delle dive è truccatissimo!1 punto
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Non colleziono banconote auro, le spendo solamente, a mio parere uno/due millimetri di differenza già sono un'enormità, figuriamoci 6 millimetri: Ho una banconota 146mm x 78mm Per dimostrare quel 146 mm x 78 mm in ogni caso servono foto fatte su di una base di carta millimetrata.1 punto
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Buonasera @Francesco Crtzuiofghjk2389 benvenuto nel Form. Piccolo consiglio, provi a salutare, chiedere per favore e ringraziare e vedrà che riceverà delle risposte. Non per polemizzare, ma lo prevede il regolamento. Grazie.1 punto
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LA TERZA GUERRA MITRIDATICA [1] In Asia Minore, a oriente del Ponto, si estendeva l’Armenia il cui sovrano, Tigrane II, ne aveva grandemente espanso i confini, che ormai si estendevano dalla Fenicia al Mar Caspio. Egli aveva anche fondato una nuova e splendida capitale, Tigranocerta, piena di monumenti, giardini e parchi e protetta da alte mura, con un palazzo reale circondato da un immenso parco e, per ogni eventuale esigenza di sicurezza, un imprendibile forte. Avendo inglobato molti regni indipendenti, aveva assunto il titolo di “re dei re” e obbligava i re vassalli a permanere alla sua corte, come se fossero suoi giullari. Mitridate preparò con cura l’ulteriore scontro con Roma, capendo che sarebbe stato decisivo: strinse un’alleanza matrimoniale con Tigrane II, dandogli in moglie sua figlia, assicurandosi così il necessario retroterra strategico; raccolse un’armata ingente e ben preparata e rafforzò i confini con una rete di fortificazioni; si alleò con Sertorio ricevendone alcuni consulenti militari (ex Senatori romani che avevano tradito la patria). Nel 74 a.C. l’irriducibile re del Ponto invase la Bitinia, che l’ultimo re aveva da poco lasciato in eredità al popolo romano, assediandone la capitale, Cizico, mentre i suoi eserciti dilagavano nella penisola anatolica. Quell’anno era console Lucio Licinio Lucullo che, immediatamente, partì da Roma con una legione; siccome, malgrado la sua lunga militanza, non aveva mai diretto una campagna, si imbarcò con tutti i trattati militari che riuscì a reperire e studiò lungo il tragitto. Sbarcato in Asia raccolse altre quattro legioni (comprese le due Fimbriane), arrivando così a una forza di circa 30.000 fanti[2] e 1600 cavalieri. Giunto nei pressi di Cizico, Lucullo seppe dai disertori pontici che le schiere nemiche contavano ben 300.000 uomini, dieci volte i suoi. Studiò allora il terreno, e occupò un’altura che gli consentiva non solo di difendersi con facilità, ma soprattutto anche di colpire le vie di approvvigionamento dell’immenso esercito di Mitridate; dopo di che si limitò ad attendere che fosse la fame a indebolire il nemico. Trascorse così l’inverno, mentre le difficoltà di approvvigionamento rendevano sempre più precaria la posizione dell’esercito pontico, che cominciò a sfaldarsi; una notte del 73 a.C. Mitridate stesso, ormai disperato, si diede alla fuga via mare; il suo esercito tolse l’assedio e cercò di raggiungerlo via terra, ma fu attaccato e distrutto dalle truppe di Lucullo. Le forze romane trascorsero il resto dell’anno a liberare altre località dell’Anatolia dopo di che, nel 72 a.C., Lucullo si mosse per catturare Mitridate direttamente nel suo territorio e varcò quindi i confini del Ponto. Il re nemico aveva organizzato una nuova armata e cercò di fermarne l’avanzata ma, preso dallo sconforto per un’ulteriore vittoria romana, fuggì, mentre le sue truppe si sfaldavano, e si andò a rifugiare in Armenia, presso il genero Tigrane. Questi gli concesse un palazzo ove vivere, ma credendosi superiore a lui rifiutò di riceverlo di persona. Nel 70 a.C. giunse presso Tigrane un legato di Lucullo (nonché suo cognato[3]), Appio Claudio Pulcro. Il “re dei re” lo ricevette nel suo magnificente palazzo, per impressionarlo e intimidirlo con tanto lusso; tuttavia (narra Plutarco[4]) “Appio non era spaventato o stupito di tutto questo sfarzo e spettacolo, ma non appena ebbe udienza, disse chiaramente al re che egli era venuto a riprendere Mitridate […], in alternativa era costretto a dichiarare guerra contro Tigrane”. Dal canto suo Tigrane (già “indispettito da Lucullo il quale nella sua lettera lo aveva nominato con il titolo di ‘re’ soltanto, e non di ‘re dei re’”) “anche se fece ogni sforzo per ascoltare questo discorso con viso apparentemente sereno ed un sorriso forzato, non poté nascondere ai presenti la sua sconfitta alle audaci parole del giovane”; allora “inviò splendidi doni ad Appio”, per comprarne la benevolenza, ma “Appio accettò solo una ciotola, non volendo che il suo rifiuto fosse interpretato come una forma di inimicizia personale verso il re, restituì il resto e marciò con grande velocità per raggiungere il suo comandante”. Nel 69 a.C. si presentò da Tigrane un messaggero, annunciando che le legioni si stavano avvicinando a Tigranocerta; il “re dei re” lo giudicò un bugiardo disfattista, ritenendo impossibile che i Romani penetrassero così tanto, e così velocemente, nel grande regno armeno, e lo fece uccidere. Pochi giorni dopo invece Lucullo, al comando dei suoi soldati, giunse in vista della splendida capitale armena. Si ripeté quanto avvenuto tre anni prima con Mitridate: Tigrane mandò un esercito a fermare Lucullo, ma fu sconfitto; allora il “re dei re” scappò per avere modo di riorganizzare le proprie forze e lasciò la capitale all’assedio romano. Tigrane organizzò con cura il contrattacco; dopo essersi fatto inviare truppe da tutti i regni suoi vassalli tornò a Tigranocerta con una forza immane: 150.000 fanti con armamento pesante, 55.000 cavalieri di cui 17.000 catafratti (muniti, cioè, di corazza), 20.000 arcieri e frombolieri, 35.000 ausiliari[5]. A Lucullo, che aveva disperso le sue forze lungo la penisola anatolica, restavano solo 16.000 legionarî e poche migliaia di cavalieri. Avendo visto avanzare l’esercito armeno, divise ulteriormente le truppe: lasciò 6.000 fanti a proseguire l’assedio di Tigranocerta e mosse contro l’armata nemica con soli 10.000 legionarî e 1.000 cavalieri. Il 6 ottobre del 69 a.C. i due eserciti si fronteggiarono; a dividerli, solo un corso d’acqua. Nel campo armeno Mitridate, finalmente ammesso alla presenza del genero, gli consigliò di stare lontano dall’accampamento di Lucullo, ma Tigrane si prese gioco della sua pavidità e, vedendo che le forze romane erano tanto esigue, fece a favore degli astanti una battuta di spirito, passata alla storia: “Se sono qui come ambasciatori sono troppi, se invece sono qui come nemici sono troppo pochi”[6]. Nel campo romano, i luogotenenti di Lucullo tentarono di dissuaderlo dal combattere, osservando che il 6 ottobre era un giorno infausto, ma egli si limitò a ribattere che, con la sua vittoria, lo avrebbe trasformato in fausto. Lucullo aveva individuato una collina, posta alle spalle di Tigrane, che gli avrebbe procurato un ottimo vantaggio tattico e quindi spinse il suo cavallo in avanti, per attirare l’attenzione su di sé. Narra Plutarco[7]: “Tigrane chiamò a sé [il generale] Tassile e gli disse ridendo: ‘Non vedi che l’invincibile armata romana sta scappando?’ ma Tassile gli rispose: ‘Oh Re, mi piacerebbe [...] ma quando questi uomini sono in marcia, essi non indossano abbigliamenti splendenti, né usano scudi o elmi lucenti; invece, ora essi mostrano le armi, avendone rimosso le coperture in pelle’. E quando ancora Tassile stava parlando, giunse alla loro vista un’aquila romana, mentre Lucullo si dirigeva al fiume con le coorti che si disponevano in manipoli, pronte alla traversata. Poi, all’ultimo, come se fosse stato inebetito dallo stupore, Tigrane gridò due o tre volte ‘Sono i Romani ad attaccare noi???’ [... ... Lucullo] attraversò il fiume, e si aprì la strada contro il nemico di persona. Indossava una corazza d’acciaio a scaglie scintillanti, e un mantello con nappe, e allo stesso tempo sguainò la spada dal fodero [...] mentre i suoi soldati lo seguivano con tutte le loro forze, perché avevano visto che il loro comandante era davanti a loro con l’armatura, sopportando come tutti la fatica di un normale fante [...] condusse i suoi uomini contro i cavalieri catafratti [...] il nemico non si aspettava l’arrivo dei Romani, ma al contrario, con alte grida e nella maggior parte con una fuga vergognosa, si lanciarono insieme ai loro cavalli al galoppo con tutto il loro peso, oltre le file della propria fanteria, prima ancora di aver cercato anche solamente di resistere”. Con la sua manovra di aggiramento, condotta personalmente, Lucullo spinse i catafratti contro il loro stesso esercito e la massa di quegli uomini coperti di metallo si abbatté sulle fila della fanteria armena, seminando il caos più totale e causando una rotta completa dell’esercito. Lo stesso Tigrane si diede subito alla fuga: per non essere riconosciuto lasciò persino la corona al figlio, che a sua volta la diede a uno schiavo. In una delle più incredibili vittorie della storia militare di tutti i tempi, i Romani persero 5 soldati, gli Armeni 100.000. Mitridate raggiunse Tigrane in fuga ed entrambi i grandi re che avevano osato sfidare Roma si abbracciarono, e piansero della loro sventura. Tigrane e Mitridate si rifugiarono nella vecchia capitale dell’Armenia, Artaxata. Lì Lucullo giunse nell’estate del 68 a.C. e di nuovo si scontrarono: 70.000 Armeni contro due sole legioni. Fu un’altra, schiacciante vittoria romana e i due re dovettero di nuovo fuggire sulle montagne del Caucaso. _______________ Delle epiche gesta di Lucullo in Asia non resta memoria sulle monete, salvo forse una piccola eco. Nel 69 a.C. infatti, mentre lui combatteva a Tigranocerta, un monetario, Marco Pletorio Cestiano, emise una serie di denarî di cui uno, RRC 409/1, presenta al dritto una figura femminile ignota, sicuramente non una dea romana, e al rovescio l’aquila sul fulmine. Crawford ipotizza che la figura sia Iside e che l’aquila rappresenti la dinastia tolemaica (di cui era simbolo); forse però, visti i grandi avvenimenti che stavano accadendo in Asia Minore, c’è da chiedersi se la figura al dritto non possa essere un’allegoria dell'Anatolia e, quindi, l’aquila rappresenti (come spesso accade, nell’iconografia romana), il potere militare di Roma, arrivato a mettere ordine in quelle terre lontane. _______________ Mentre la guerra imperversava nell’Oriente, a Roma si verificavano grandi e repentini stravolgimenti politici. Per il 70 a.C. furono eletti consoli Pompeo, generale ormai amato dalle folle, e Crasso, che godette dell'appoggio di Cesare, sempre più benvoluto dai popolari[8]. Appena entrati in carica essi avviarono una campagna di riforme legislative mirate a depotenziare quelle precedentemente adottate a Silla, limitando il potere del Senato e restaurando quello dei tribuni della plebe. Nello stesso anno il giovane avvocato homo novus che aveva osato contrastare un liberto di Silla, Cicerone, assunse l’accusa contro l’ex governatore della Sicilia, Verre, non solo facendolo condannare, ma mettendo a nudo la corruzione che dilagava fra i nobili. Poco per volta, così, il potere della vecchia aristocrazia (cui anche Lucullo apparteneva) andava erodendosi. Nel 67 a.C. fu deciso di debellare la piaga della pirateria, che era ormai divenuta insostenibile; a tal fine furono concessi amplissimi poteri a Pompeo che, in pochi mesi, riuscì con rara competenza organizzativa[9] a predisporre ed eseguire una manovra navale, in tutto il Mediterraneo, individuando e distruggendo i covi dei pirati. _______________ Mentre inseguiva i re nemici Lucullo fu abbandonato da Roma stessa, a causa della sua inflessibile serietà. I primi a voltargli le spalle furono i suoi soldati. In un mondo ove i territori nemici erano visti come fonte di razzie e arricchimento, il proconsole era forse l’unico Romano che vietava tassativamente ai proprî soldati di saccheggiare le città conquistate; inizialmente i legionari accettarono e pazientarono, convinti che sarebbe arrivato il loro momento, ma Lucullo rimase inflessibile, impedendo loro di fare razzia. Pertanto nel 68 a.C., quando sulle montagne dell’Armenia arrivò il gelo e cominciò a nevicare, i soldati si rifiutarono di proseguire la marcia; Lucullo dovette tornare indietro e attendere la primavera in pianura e Mitridate e Tigrane ne approfittarono, per riprendere possesso di porzioni dei rispettivi regni. In seguito scoppiarono altre ribellioni fra i legionarî, aizzate addirittura da un altro cognato di Lucullo (fratello di Appio Claudio Pulcro) che si faceva chiamare Publio Clodio (anziché Claudio) per ostentare vicinanza al popolo[10]. Clodio era un pessimo elemento, che trovava appagamento nel seminare e fomentare il caos; peraltro di una delle sue tre sorelle[11], bellissima e dissoluta, si innamorò il poeta che andava allora in voga a Roma, Catullo, che ne rese immortale il ricordo con lo pseudonimo di Lesbia. Ma il tradimento più grave arrivò direttamente dal Senato. Occorre premettere che Lucullo era noto, fra le popolazioni delle province, per essere un magistrato giusto e magnanimo. Nel 70 a.C. si era recato a riorganizzare la provincia d’Asia, trovandola devastata dai debiti, causati sia dalla guerra, sia soprattutto dalla rapacità dei publicani[12]; aveva quindi limitato il tasso di interesse superiore all’1% mensile e adottato una serie di altre misure di equità grazie alle quali, in circa quattro anni, tutti i debiti furono saldati. Tale fu la fama della sua imparzialità che le province limitrofe chiesero a Roma di averlo, anch’esse, come governatore. Queste misure, giuste ma severe, gli causarono tuttavia molte inimicizie fra publicani e usurai, che godevano, a Roma, del sostegno politico dei populares e corruppero alcuni tribuni della plebe affinché lo accusassero di protrarre inutilmente la guerra, solo per potersi arricchire. Tanto fecero, che furono creduti; nel 66 a.C. un una legge, appoggiata pubblicamente da Cesare e Cicerone, tolse il comando della guerra a Lucullo e lo attribuì a Pompeo, reduce dalla vittoria contro i pirati. _______________ Pompeo proseguì la campagna militare sino al 63 a.C.; ottenne la resa di Tigrane, che tornò a governare sulla sola Armenia, ma non quella di Mitridate. Il re del Ponto infatti, disposto a giocare il tutto per tutto, si alleò con un re dei Galli e decise di invadere l’Italia marciando lungo il Danubio; fu infine ucciso da un soldato del suo stesso figlio, stufo che i deliranti disegni paterni continuassero ad alimentare l’ira di Roma. All’esito della guerra gran parte dell’Asia Minore cadde sotto il dominio romano: Bitinia, Ponto e Siria furono costituiti in provinciae nel 64 a.C., Giudea e Armenia furono ridotte a regni vassalli. In Bitinia fu emesso un bronzo di Nicea, che bene attesta la diffusione del potere di Roma Al rovescio infatti è raffigurata une figura femminile seduta su una pila di scudi, che regge in una mano Vittoria, nell’altra la lancia; la didascalia in esergo, ΡΟΜΗ, consente di identificarla nella personificazione della Città Eterna. La legenda inoltre, ΕΠΙ ΓΑΙΟΥ ΠΑΠΙΡΙΟΥ ΚΑΡΒΟΝΟΣ, informa che l’emissione è avvenuta “sotto Gaio Papirio Carbone”, governatore della neonata provincia. Al dritto è invece ritratto Dioniso e sono presenti la legenda ΝΙΚΑΙΕΩΝ e la data (in lettere greche[13]), che consente di collocarlo con sicurezza nei primi anni di dominio romano. Lucullo tornò a Roma, celebrò il trionfo nel 63 e abbandonò la politica. Disprezzato dalla patria che aveva così brillantemente servito, per ironia della sorte fu ricordato dai posteri per i suoi pasti abbondanti, lui che era stato uno dei più abili generali di Roma. Fu uno degli ultimi esempi della grandezza della vecchia aristocrazia Romana: come Silla (e Cesare dopo di loro), rivelò incredibili capacità tattiche e strategiche senza avere precedenti esperienze; come Scipione, seppe condurre attacchi fulminei e devastanti contro il punto debole del nemico; come il Cunctator[14], capì il momento in cui una strategia attendista era più efficace dello scontro diretto; come Cincinnato, si ritirò a vita privata quando la repubblica non ebbe più bisogno di lui. In più, fu forse l’unico dei suoi contemporanei a trattare le popolazioni soggette con umanità e a trattenere risolutamente gli istinti rapaci dei suoi soldati; pagò proprio questo. Pompeo, dal canto suo, era la terza volta che si presentava a “sconfiggere” un nemico (dopo Sertorio e Spartaco) già fiaccato da un altro generale ... _______________ Nel 63 a.C. assunse il consolato Cicerone. Era un uomo particolare, di cui - grazie al suo epistolario - conosciamo non solo le capacità, ma anche le umane debolezze: gli fu offerto di cambiare cognomen, visto che il suo era offensivo, e risposte che avrebbe invece reso celebre quello che aveva (cosa che, in effetti, è successa); fu eletto grazie a una particolare congiuntura politica, sostanzialmente perché era ritenuto così debole da non dare fastidio ad alcuna delle fazioni in campo, ma credette che fossero state riconosciute le sue grandi doti di statista; proveniva da una famiglia assolutamente estranea alla vita politica romana, ma fece di tutto per essere accettato come esponente degli optimates, proprio lui che (nel processo a Verre) aveva messo a nudo la decadenza dalla vecchia casta aristocratica. Durante il suo consolato Cicerone scoprì un complotto ordito da un nobile decaduto, Lucio Sergio Catilina, e lo trattò come se fosse stato l’inizio di una nuova guerra civile, ovviamente scongiurata grazie alle sue grandi doti politiche. Cinque cospiratori, appartenenti a facoltose famiglie romane, furono incarcerati e si discuteva se giustiziarli o esiliarli; Cicerone, di fronte a una folla mossa da sentimenti contrastanti (molti volevano la salvezza dei cinque detenuti), diede infine una prova sublime della sua abilità oratoria limitandosi ad annunciare: “Vixerunt” (“vissero”; l’uso del tempo perfetto, tuttavia, indica un’azione conclusa: Cicerone ne annunciava quindi la morte, usando la delicatezza di non dirlo esplicitamente). Gli altri congiurati fuggirono in Etruria, ove costituirono un esercito di disperati che fu definitivamente sconfitto nel gennaio del 62 a.C., a Pistoia. Quell’anno un monetiere non ben identificato, Lucius Scribonius Libo (forse, il padre dell’omonimo che sarà console nel 34 a.C.), emise un denario particolare, RRC 416/1. Esso al dritto raffigura il Bonus Eventus (identificato dalla didascalia), divinità legata al mondo agricolo. Al rovescio, invece, è rappresentato il Puteal Scribonianum, monumento con una storia curiosa. Le fonti infatti narrano come nel Foro fosse originariamente presente un piccolo altare del dio Vulcano, presso cui Romolo teneva le prime adunanze di popolo. L’altare fu poi colpito da un fulmine e la cavità così formatasi fu lasciata aperta in segno di rispetto verso gli dei che avevano voluto scagliare il fulmine. Infine, agli inizî del II secolo a.C., un appartenente alla gens Scribonia l’aveva monumentalizzata in forma di pozzo, il Puteal Scribonianum appunto. Presso tale pozzo, peraltro, il pretore teneva i processi per usura. Questa moneta è interessante per due motivi: dal punto di vista storico, è interessante l’opinione di Crawford, secondo cui la scelta del Puteal - costruito dove s’era abbattuto un fulmine - probabilmente celebrava la vittoria contro i seguaci di Catilina; dal punto di vista iconografico, invece, rileva lo stile poco elaborato, che attesta un’evoluzione (in atto nell’arte romana) dagli influssi ellenistici, per i quali in precedenza si era prediletta la ricerca del bello, a canoni estetici più vicini al realismo, che invece miravano a trasmettere il messaggio con maggior immediatezza, prediligendone il significato alla forma. _______________ Sempre nel 62 a.C. Cesare assunse la carica di pretore e dimostrò grande equilibrio, nei contrasti fra popolo e Senato. Accadde inoltre che una notte Clodio si introdusse in casa sua mentre erano presenti solo donne (per espletare una funzione religiosa); quando la cosa si scoprì, suscitando grande scandalo, egli ripudiò la moglie (Pompea, nipote di Silla, che aveva sposato dopo la morte di Cornelia Cinna) pur ritenendola innocente, perché “mulier Caesaris etiam suspicione vacare debet” (“la moglie di Cesare deve essere esente anche da sospetto”). L’anno dopo Pompeo entrò in contrasto con il Senato (di cui, sino allora, era stato il paladino) che non volle riconoscere adeguate ricompense ai suoi soldati, e cercò l’appoggio politico di Cesare e di Crasso. Si gettavano così le basi del primo triumvirato. NOTE [1] Questa viene denominata “terza guerra mitridatica” perché una “seconda”, inconcludente, si ebbe fra l’83 a.C. e l’81, quando Lucio Licinio Murena, lasciato da Silla a capo delle legioni Fimbriane, si scontrò con Mitridate, che ne uscì vittorioso. [2] È difficile determinare quanti uomini corrispondano a “una legione”, per due ragioni: primo, benché le legioni avessero una forza teorica di 3.840 fanti, la loro consistenza pratica dipendeva da molti fattori contingenti (perdite, congedamenti, rinforzi, etc.); secondo, le fonti spesso non citano le forze alleate (che, in teoria, dovevano essere di entità uguale a quelle di Roma). Ne consegue che “una legione” può significare un numero che varia da 8.000 fanti (una legione a ranghi completi più una pari unità alleata) a soli 2.000 (la sola legione, a ranghi ridotti). In questo caso, sono le fonti a dirci che erano 5 legioni pari a 30.000 fanti. [3] Lucullo aveva sposato una delle sue tre sorelle. [4] Vita di Lucullo, 21. [5] Queste stime, riportate dalle fonti antiche, sono verosimilmente esagerate, per far apparire ancora più eroica l’impresa dei Romani. È comunque sicuro che gli Armeni fossero in grandissima superiorità numerica. [6] Appiano, Guerre mitridatiche, 85; Plutarco, Vita di Lucullo, 27. [7] Vita di Lucullo, 27-28. [8] Fra l’altro, nel 69 o 68 a.C. morì di parto la sua giovane sposa, Cornelia Cinna, ed egli volle commemorarla pronunciando una laudatio funebris dai rostra. Fu un’attestazione d’amore che colpì il popolo perché un simile onore era riservato, all’epoca, ai soli personaggi importanti (anche donne, ma solo anziane matronae). [9] Ebbe anche la lungimiranza di destinare i prigionieri e le loro famiglie a una vita da agricoltori nelle coloniae, affinché si convertissero a uno stile di vita onesto. [10] È questa la testimonianza che già all’epoca la pronuncia popolare del dittongo -au- era mutata in -o-, come poi ereditato dall’Italiano. [11] Non si sa esattamente quale delle tre, verosimilmente non la moglie di Lucullo. [12] In quella provincia, a causa della sua lontananza, Roma sperimentò per la prima volta un sistema di esazione delle tasse che consisteva nel farsi anticipare il dovuto da alcuni appaltatori, detti publicani, che poi riscuotevano le tasse dai cittadini. Si rivelò un sistema fallimentare e vessatorio: i publicani pretendevano dai cittadini il doppio di quel che versavano a Roma e, a chi non aveva disponibilità, applicavano interessi usurarî. [13] ΔΚΣ, ossia 224. Il conteggio di questi anni decorreva dalla morte del diadoco Lisimaco, considerato come anno 1 (= 282-281 a.C.), talché la moneta è stata emessa nel 59-58 a.C. [14] Soprannome di Quinto Fabio massimo, che aveva sfiancato Annibale proprio con una strategia cauta e attendista. ILLUSTRAZIONI 69 a.C, denario RRC 409/1 59 a.C., bronzo di Nicea 62 a.C., denario RRC 416/11 punto
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I FERT è il motto dei Savoia lo mettevano apposta (anni 60/80)per non cadere nel reato di falso, ora i cinesi e altri che fanno copie di monete non mettono niente perchè nessuno gli dice niente, addirittura anche in SLab vendono monete finte un Mondo di "finti" parmigiano finto, monete finte, automobili finte, clima finto, tutto finto però virus veri e guerre vere , bugie e falsità vere. Un bel passo avanti per l'umanità.🙃🙃1 punto
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Beh se assomiglia a Hulk Hogan i baffi ci sono eccome 😅 paragone azzeccatissimo 👌1 punto
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no è Napoli 100%, l'unica cosa che non torna è il simbolo sotto il busto nel frattempo segnalo questo tornese passato sulla baia, caricato dal profilo di un negozio1 punto
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Sí chiaramente, e non cita bene neanche il tema della discussione che sono le contromarche piú che il tipo in sé, ma ho ritenuto meglio collegarmi a questa vecchia discussione piuttosto che aprirne una nuova per mantenere lo storico dell'argomento (non mi pare vi siano state altre discussioni specifiche su questo tema e tipo monetale)1 punto
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Onestamente anche per me gli ultimi presentati sopra sono ritratti con i baffi. E' possibile poi che si tratti inoltre di incisori diversi, perché avrebbero dovuto rappresentare tutti il labbro superiore in quel modo quando la lettura piu' semplice è quella della rappresentazione di baffi che oltretutto erano una caratteristica ben nota di questi capi barbari?1 punto
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Il video integrale del Convegno di Arezzo del 5 luglio 2025 organizzato dall’Accademia Numismatica Italiana con importanti interventi da Ganganelli, D’Andrea, Borghini, Bertuzzi, buona visione ! https://drive.google.com/file/d/1t10tVxkOgxXKJyDPCdMxW0w7_4eWLwBV/view?usp=drivesdk Sotto slide di Ganganelli1 punto
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Come promesso, eccoci qui. Premetto che lo scopo di questa discussione è esporvi alcune mie osservazioni in merito alla medaglia in questione. Non è mia intenzione dimostrare alcunché né tantomeno imporre il mio pensiero come verità assoluta. Mi piacerebbe, invece, che si aprisse un interessante confronto di idee e opinioni tra gli appassionati ed esperti di medaglistica murattiana. Veniamo ora a noi: tra i numerosi pezzi proposti nella prossima prestigiosa asta NAC Milano (5-6 giugno 2024) spicca una medaglia di Murat di assoluta rarità. Trattasi del premio alle alunne dell’Istituto Salesiano in oro. A primo impatto sono rimasto letteralmente sbalordito difronte a cotanta bellezza ma, stranamente, più osservavo certi particolari e più crescevano i miei sospetti sul fatto che potesse trattarsi di un riconio postumo. Ciò mi ha spinto a confrontare i dettagli di questo esemplare in oro con quelli di esemplari certamente provenienti dal conio originale e facilmente riconoscibili per le numerose problematiche che li affliggono (fratture ed esuberi di metallo in primis). Per mia fortuna, possiedo un esemplare in argento di questa tanto magnifica quanto sfortunata medaglia che mi ha consentito di svolgere un dettagliato lavoro di confronto. Prima di cominciare è bene ricordare che di questa medaglia si ritiene sia stata realizzata una sola coppia di conii che, purtroppo, è andata progressivamente deteriorandosi finché non risultò del tutto inutilizzabile. Visto che l’esemplare di nostro interesse (in oro) è scevro dai classici difetti di conio tipici di questa tipologia, assumiamo che sia stato uno dei primissimi ad essere coniato. Ipotizziamo, pertanto, che il conio fosse ancora perfettamente integro. A questo punto, cominciamo analizzando il dritto. Uno degli elementi caratteristici di questa medaglia è il fatto di essere l’unica, tra le numerose medaglie del Gioacchino, ad essere firmata dall’incisore Filippo Rega. Notate come la coda della -a di Rega compia una specie di virgola che forma una sorta di ovale che va a racchiudere la firma. Nell’esemplare in oro, invece, tale ovale è stranamente incompleto (si interrompe bruscamente a livello della -R di Rega). Un’altra differenza la riscontriamo nella base del busto di Murat. Nell’esemplare in oro, a sinistra sotto i capelli, è presente una specie di mancanza di metallo, particolare che invece non si riscontra negli esemplari in argento e bronzo e, dunque, teoricamente coniati successivamente. Per quanto riguarda il dritto, inoltre, se osservate attentamente, noterete che numerosi ciuffi della chioma e particolari della basetta non combaciano in diversi punti. Passiamo ora al rovescio. Qui una delle differenze più eclatanti è l’usignolo e la mano su cui questi si poggia. La conformazione della testa, del collo e la posizione della coda dell’uccellino non corrispondono nei due esemplari. Altro elemento che vorrei sottoporvi è il volto della fanciulla. Perché nella medaglia in oro naso e bocca sono a malapena accennati mentre negli esemplari in bronzo e argento sono ben definiti? Alla luce di tutte queste differenze, ritengo improbabile che questo esemplare in oro provenga dalla medesima coppia di conii usata per realizzare il mio esemplare in argento e gli altri esemplari presenti sul nostro catalogo: https://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-ME52E/8 Prima di concludere, vi invito ora a confrontare l’esemplare in oro dell’asta NAC con questo in metallo dorato e con quest’altro in bronzo dichiarato come "conio Parigi 1840/1850". In particolare, provate ad osservare i vari elementi che ho cercato di porre alla vostra attenzione. https://scaligera.bidinside.com/it/lot/4508/napoli-murat-1808-1815-medaglia-1812-/1 punto
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