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Inviato

Mi siedo sul bordo del letto grande e accarezzo il viso ghiacciato di papà. Gli scosto i capelli bianchi dalla fronte e lascio scorrere la mano sul corpo rigido, sino a sfiorare le sue, sovrapposte sulla pancia. Lo bacio sulla guancia ruvida. Che tu possa riposare in pace, papà. Fai buon viaggio.

Dalla spalliera ai piedi del letto Elisa mi squadra a braccia incrociate. Batte la punta dello stivale manco dovesse piantare un chiodo sul pavimento. «Okay, d’accordo principino: abbiamo aspettato che scendessi da Roma, per vederlo e salutarlo. Ora che l’hai fatto, possiamo spostarci in salotto? Il notaio è arrivato da un’eternità.»

Lancio un’occhiata di traverso ad Alessandro, in cerca di un conforto: zittiscila, ti prego.

Mio fratello fa spallucce e spedisce lo sguardo al soffitto

.

«Sbrigatevi.» Elisa si sistema la borsa di Gucci sulla spalla ed esce dalla camera da letto a passo di guerra, la chioma riccioluta le danza sulle spalle allo stesso ritmo.

Alessandro mi si siede accanto e si stropiccia gli occhi lucidi e arrossati. «Guardalo, Vincenzo.» Strofina la capigliatura rada, stringe e solleva un rotolo di pancetta. «Vedi? Papà rimane più in forma di me, anche così.» Ridiamo insieme e ci abbracciamo.

«Un giorno tornerò a vivere qui a Taormina, magari proprio in questa casa. Roma non la sopporto più.»

«A Taormina te lo auguro, in questa casa la vedo difficile…» Mio fratello abbassa la testa e giocherella con le unghie, ne tormenta una sino a tagliarsela.

Il volto mi si trasforma in un punto interrogativo. «Che vuoi dire?»

Solleva appena lo sguardo, rimanendo con la testa chinata. «Potrebbero esserci dei problemi.»

«Dei problemi?»

«Forse la casa va sgomberata per fine mese.»

«Ma che significa? Perché?»

«Ne so quante te.» Mi prede sottobraccio per farmi alzare e portarmi via. «Il notaio non ha potuto anticiparmi altro, ma presumo che ora ce lo spiegherà a tutti e tre.»

Lungo il corridoio le foto sulle pareti di papà e mamma sorridenti strappano un sorriso anche a me. Voglio crederli di nuovo insieme, abbracciati e felici, sereni.

Il notaio Boscarino si alza dal divano del salotto: giacca e cravatta, camicia bianca e completo scuro, impeccabile come sempre. Mi viene incontro e ci salutiamo con un doppio bacio sulla guancia, il lieve profumo di dopobarba riesce a distendermi ogni muscolo. Mi stringe le spalle e accenna un sorriso malinconico.

«Mi spiace doverti rivedere in questa circostanza.»

Mia sorella s’attorciglia un ricciolo intorno all’indice, sospira e brontola con ricercata teatralità. «Possiamo iniziare, per favore?» Sgrana gli occhi verso l’orologio a pendolo e lascia partire un sibilo. «Cielo, quasi le cinque!» Gli si avvicina, dà alcuni pugnetti sul vetro e ci spedisce una smorfia infastidita. «Ma questo coso funziona ancora? Io alle sei devo riprendere Giulia a danza, sbrighiamoci.»

«Elisa!» Alessandro le fa segno di calmarsi. Era ora.

Ci disponiamo intorno al tavolo ovale in legno, Alessandro ed Elisa sullo stesso lato, dietro alla terrazza, io all’estremità con la libreria alle spalle. Sposto verso di me una pila di tre carpette azzurre colme di fogli, per fare spazio al centro.

Il notaio è ancora in piedi, tra il divano e il mobile con la grande specchiera dorata. Alessandro gli indica la sedia di fronte al suo lato del tavolo. «Prego notaio, si accomodi.»

«Devo prima recuperare il testamento di vostro padre.»

«Cosa?! Non ce l’ha con sé?»

«Signora, se l’avessi avuto con me, sareste stati voi a venire nel mio studio, e non io a casa vostra.» Stringe il pomello del cassetto del mobile. «Il testamento è qui dentro.»

«Che cosa?» Il dito di Elisa oscilla tra me e Alessandro con fare inquisitorio, l’unghia laccata di rosso scuro fa la spola tra il mio viso e il faccione di mio fratello. «Voi due lo sapevate, vero? Certo che lo sapevate! Voi sapete sempre tutto, e non mi dite mai niente.» Si tappa la bocca con la mano, ma un altro sibilo le scappa comunque. «Il testamento è sempre stato qui, a casa nostra: avremmo potuto leggerlo da soli, senza bisogno di spendere soldi per un notaio.»

«Non credo, signora.» Dalla tasca del pantalone il notaio tira fuori una chiave e ce la mostra. «Il cassetto è serrato: una chiave l’aveva vostro padre, chissà dove, e l’altra l’ha consegnata a me.» Mi rivolge uno sguardo che invoca comprensione per quest’ultima stravaganza di papà.

Oh, notaio Boscarino! Altro che una chiave: io metterei la mia vita nelle sue mani. Gli sorrido per invitarlo a proseguire, e mi sorride di rimando.

«Perfetto, grazie. Davanti a voi, signora e signori, aprirò ora il cassetto.»

«Va bene, va bene…» Elisa dà il suo assenso come se stesse scacciando via una mosca. Mi punta l’indice in mezzo al petto. «Tu lo sapevi, vero?» Batte due colpi, uno più forte dell’altro. «Sì che lo sapevi.»

Faccio “no” con la testa, sospirando.

«E invece sì.» Ritrae la mano e affila gli occhi da vipera. «E comunque io l’ho sempre detto che nostro padre era uno squilibrato, lo è sempre stato in vita, e adesso pure in morte, guarda un po’.»

Alessandro le afferra il braccio. «Elisa, per favore.» Con un gesto del capo fa segno al notaio di procedere. «Prego, apra pure il cassetto.»

«Avvicinatevi, cortesemente: così potete verificare da voi che—»

«Non serve.» La voce mi esce cupa, profonda e irreale. «La nostra fiducia in lei è totale, notaio Boscarino: cento per cento, e anche di più, se fosse possibile.» Pietrifico Elisa con lo sguardo: e se ti azzardi ad aprire bocca, giuro che ti strozzo.

Anche Alessandro le indirizza un sorrisino intimidatorio, che addolcisce spostandolo sul notaio. «Proceda pure. Siamo tutti d’accordo: la fiducia in lei è totale e incondizionata, e la nostra gratitudine ancora più grande.»

Sul viso del notaio Boscarino si legge tutto il suo imbarazzo. «Preferirei che veniste qui, accanto a me, al momento dell’apertura del cassetto.»

«Ma che non ha sentito? Ci fidiamo tutti!» Elisa batte le mani per mettergli fretta. «Su, su: apra questo benedetto cassetto, ché è già tardissimo.»

Il notaio infila la chiave e la gira, fa scorrere il cassetto il più avanti possibile, come se volesse darci modo di vedere cosa c’è dentro, anche a distanza.

«Signora Elisa, signori Alessandro e Vincenzo, dentro il cassetto c’è un foglio a quadretti piccoli, piegato in due.» Lo solleva e ce lo mostra. «E poi c’è questo.» Con l’altra mano agita un sacchettino violaceo chiuso con una cordicella argentata, un tintinnio di monete riecheggia nel salone.

Si dirige verso di noi tenendo ben in vista sia il foglio che il sacchettino, li poggia sul tavolo e si accomoda davanti a Elisa e Alessandro. «Questo è il testamento.»

L’orologio a pendolo batte i suoi rintocchi, accompagnati da un sorriso dolce del notaio. «Se non è cambiato nulla dall’ultima volta che ho incontrato qui vostro padre, e non credo sia cambiato nulla, il contenuto del testamento mi è già noto, anche perché è stata un’operazione piuttosto travagl—»

«Senta notaio, nostro padre era uno squilibrato, e questo lo sappiamo già; non può limitarsi a leggere il testamento?»

La faccia scura di Alessandro mette a tacere Elisa. Le stringe il polso, semmai il messaggio non le fosse chiaro. «Lasciamo dire al notaio quel che deve dire, d’accordo?» Ritrae la mano e fa segno al notaio di andare avanti.

«Non ho granché da dire, in realtà.» Alliscia la cravatta e tossisce appena per schiarirsi la voce. «Semplicemente vostro padre non voleva lasciarvi debiti, perché pensava che non sareste stati capaci a gestirli, e considerato che di debiti ne aveva per milioni—»

«Insomma si può sapere cosa ci ha lasciato?»

«Undici marenghi, signora, undici marenghi d’oro.»

«Cosa?!» Elisa scatta in piedi, pianta le mani sul tavolo, le unghie sembrano penetrare nel legno.

«Undici marenghi?»

«D’oro, signora.»

«Mi sta prendendo in giro?» Alterna occhiate infuocate tra me e Alessandro. «E voi due? Non dite niente voi due?»

La figura di papà si materializza per un istante sotto il grande arco nel mezzo del salone. Chiudo gli occhi, prendo aria e la butto via: perdonala, papà, perdonala come hai sempre fatto…

«Dove sono i conti in banca, le case, le cassette di sicurezza…» Elisa agita le mani per aria come per riacciuffare ogni cosa. «… e… e… tutto il resto?» Batte il pugno sulle carpette, ansima. «Dov’è tutto

Il notaio solleva il sacchettino e lo agita, i marenghi scampanellano di nuovo. «Qui dentro, signora.»

Elisa dà una manata alle carpette, i fogli volteggiano e si sparpagliano sul parquet consumato. Mi alzo per raccoglierli e li sistemo su uno scaffale della libreria accanto a una foto incorniciata della nostra famiglia al mare, sotto l’ombrellone, con Elisa in braccio a papà. Che coraggio che hai, dopo tutto quel che ha fatto per te, per una vita intera: sei solo una serpe.

Un sibilo acuto si diffonde per sala. «Notaio, non scherziamo! Dov’è tutto?»

«Come dicevo, signora, è stata un’operazione travagliata. Vostro padre possedeva molto… in tutti i sensi.» Volge in su i palmi delle mani per evocare i due piatti di una bilancia. «Molte ricchezze…» Spedisce una mano in su e l’altra in giù. «… ma anche molti debiti.» Le mani del notaio mimano una leggera altalena, su e giù, giù e su. «Non voleva lasciarvi debiti e, credetemi, è stato un piccolo miracolo riuscire a liquidare tutti gli attivi per far fronte a tutti i passivi.»

Slaccia la cordicella e lascia cadere le monete sopra il foglio a quadretti: i lati col profilo di un soldato riccioluto si alternano a quelli opposti con la scritta “20 FRANCS” circondata da una corona di alloro.

Sospira. «E questo è ciò che è rimasto, alla fine di tutto: undici marenghi d’oro dell’epoca napoleonica, i più pregiati.»

Elisa stira il collo verso l’orologio a pendolo. «Cielo, non ce la farò mai ad arrivare in tempo da Giulia!»

Prende l’iPhone dalla borsa, si alza e s’apparta nell’angolo tra la specchiera e il divano. «Rispondi, cazzo!» Stritola la bambolina di pezza sul mobile, sbuffa. «Elena, grazie al cielo ti ho trovata! Sono incasinatissima… ti prego, ti supplico, Giulia finisce danza alle sei, non è che potresti andare… no, no… sì, certo, sì… grazie Elena… grazie.»

Si avvicina al notaio, con la mano copre i marenghi per reclamarne il possesso, il diamante sull’anulare luccica più dell’oro.

«Facciamola finita. Quanti me ne spettano?»

Il notaio Boscarino le accarezza la mano e gliela solleva a rallentatore. I marenghi tornano a respirare.

«Si sieda, signora. Le cose potrebbero non essere così semplici.»

Per una volta Elisa accondiscende senza polemizzare, ma i mugugni continuano a fare da sottofondo ai suoi gesti scomposti. «Che vuol dire che non sono semplici?» Si fa aria con la mano. «Cielo che caldo! Lei non sente caldo, notaio?»

«No.»

«Guardi che può anche togliersi la giacca, se vuole: qui nessuno si scandalizza.»

«Sto bene così, grazie.»

«Bah, come vuole.» Si alza, apre le tende alle sue spalle e spalanca il balcone, una folata di vento mi rinfresca il viso, lo scorcio di mare intorno all’Isola Bella è un colpo al cuore.

«Dividiamo e finiamola qui,» sbotta rimettendosi a sedere.

Il notaio congiunge i polpastrelli, li stacca e li riattacca, una, due, tre volte. «L’ultima riforma del diritto di successione ha modificato la disciplina delle cosiddette quote di legittima—»

«Non m’importa nulla delle cosiddette quote di legittima. Voglio solo i miei marenghi, e andarmene via.»

«E sia.» Il notaio dispone una moneta sopra l’altra, sino a formare una colonnina da 6; gliene costruisce accanto una seconda da 3, e infine una terza da 2. Pizzica il foglio a quadretti e lo apre. «Questo è il testamento di vostro padre. Procedo alla lettura, se siete d’accordo.»

Annuiamo all’unisono.

«Perfettamente cosciente e consapevole delle mie azioni, dispongo che ciò che resterà delle mie ricchezze, dopo aver saldato ogni debito, venga così ripartito: la metà al mio figlio maggiore Alessandro, un quarto al secondogenito Vincenzo, e un sesto alla piccola Elisa.

Vogliatevi bene - mi raccomando - ché la fortuna di uno può rappresentare la salvezza di tutti.

Taormina, 20 maggio 2025.

In fede.

Sebastiano Torrisi.»

Stringe il foglio aperto tra indice e pollice, lo fa girare ad arco di cerchio per mostrarlo a tutti a tre. «L’ha scritto vostro padre, di suo pugno, in mia presenza.»

«Scusi notaio, ho capito bene?» Alessandro inizia a contare sulle dita, più conta e più il volto gli si rabbuia. «La metà, un quarto e un sesto?»

Pure il notaio corruga la fronte. «Sì: la metà, un quarto e…»

«E un sesto, sì! Il mio sesto.» Elisa china la testa sul tavolo e s’infila le mani nella chioma leonina. «Sempre discriminata, dalla culla alla bara, fantastico.»

Bel coraggio che hai! Sei quella che in vita ha avuto più di tutti, perché papà diceva che avevi più bisogno di tutti, e nessuno qui ha mai fiatato…

Rialza la testa di scatto. «Datemi il mio sesto e me ne vado.»

«È impossibile,» sussurra Alessandro.

Il notaio gli risponde con una minuscola smorfia di dissenso. «Non esageriamo. È solo un po’ problematico, questo sì.» Si rivolge ad Alessandro. «La metà a lei…» Sposta lo sguardo su di me. «… un quarto a Vincenzo…» Sorride a Elisa. «… e un sesto a lei, signora.» Gli sfugge sospiro sofferto. «E i marenghi sono undici». Dalla tasca interna della giacca tira fuori il telefono, le dita corrono veloci sullo schermo. «Il calcolo dice che di questi 11 marenghi dovremmo darne 5,5 al signor Alessandro, 2,75 a Vincenzo e 1,83 alla signora Elisa.»

Elisa resta a bocca aperta. «Ma che razza di numeri sono?» Si copre il viso con la mano e scuote la testa, a occhi chiusi. «Ho ragione o no a dire che nostro padre era uno squilibrato?»

Alessandro allarga le braccia come per recitare un Padre Nostro. «Io l’avevo detto che era impossibile.»

Abbasso la testa e schermo il volto con la mano sulla fronte per celare il mio sorrisetto isterico. Diavolo di un papà! E questo cos’è, adesso? Il tuo ultimo scherzo? Mi ricompongo, deglutisco e con un gioco di mimica facciale cerco la complicità del notaio. «A me basta tenere un marengo solo, in ricordo di papà, il resto può darlo ai miei fratelli.»

«Mi spiace Vincenzo, ma le cose non sono così semplici, come dicevo già a tua sorella.» Congiunge un’altra volta i polpastrelli. «La riforma del diritto di successione—»

«Notaio!» Elisa sbarra gli occhi, apre e chiude la mano per imporgli una sintesi brutale.

«Come desidera. La rendo semplice: ci sono di mezzo varie questioni fiscali, con cui non vi annoio, ma c’è soprattutto l’inviolabile volontà del defunto da rispettare.» Il volto gli si incupisce. «E la volontà di vostro padre è in questa terna di numeri – un mezzo, un quarto, un sesto – a cui non si può derogare, per nessuna ragione.»

Ma è serio? «Notaio Boscarino, la supplico…» Congiungo le mani a mo’ di preghiera. «Non posso credere che non esista una scappatoia.» Afferro un marengo dalla colonnina più bassa. «Me ne basta uno soltanto, e quel che resta—»

Il notaio mi blocca per il polso, apro la mano di scatto e il marengo rotola sul tavolo. Lo rimette al suo posto, a riformare la colonnina da due. I suoi occhi stigmatizzano la mia esuberanza.

«Se pure accettassi la proposta, e comunque non posso, ciò che resterebbe della tua quota, Vincenzo, sarebbe 1,75.» Alza un sopracciglio, sul volto gli si stampa un sorriso beffardo. «Vuoi rinunciare a 1,75 marenghi? E poi come li dividi? Lo 0,875 a tuo fratello e l’altro 0,875 a tua sorella?»

«Basta!» Elisa sbatte entrambe le mani sul tavolo, ha gli occhi gonfi e lucidi. «Portiamo le monete da un bravo orefice e gliele facciamo frazionare come voleva lo squilibrato.»

«Sei sempre stata una frana in matematica.» Alessandro armeggia col suo iPhone e mostra lo schermo a Elisa. «Vedi? Il notaio ha detto che il tuo suo sesto di eredità equivale a 1,83 marenghi, ma il 3 è periodico.» Sospira scuotendo la testa. «Come ci regoliamo con l’infinito? Ve l’ho detto: è impossibile.»

Il vento invade la sala, il garrito dei gabbiani sembra una risata di papà dall’oltretomba.

«Notaio Boscarino, la prego.» Allungo la mano verso le colonnine da 6, 3 e 2 marenghi, sino a sfiorarle. «Non posso credere che non ci sia una via d’uscita.»

Il notaio fa scorrere due dita sulla fronte, come ad aprire la porta a una soluzione. «Una via d’uscita potrebbe esserci, in effetti.» Infila la mano in una tasca dei pantaloni, avvicina il pugno chiuso alla colonnina da 2 marenghi e lo apre: un nuovo marengo d’oro rimbalza sul tavolo e mostra la faccia con la scritta “20 FRANCS”.

«La volontà di vostro padre – la ripartizione un mezzo, un quarto, un sesto – non si può assolutamente modificare.» Sistema il dodicesimo marengo accanto alla colonnina da 2 e osserva compiaciuto quell’ideale triangolo rettangolo di monete. «Però nessuno ci vieta di…» Con un movimento diagonale dell’indice scorre l’ipotenusa dall’alto verso il basso, e appoggia il dito sopra l’ultimo marengo. «… allargare l’eredità.»

Elisa grugnisce e arriccia il nasino. «Ci sta forse prestando il suo marengo?» Punta l’indice contro il notaio, il suo artiglio rosso arriva a sfiorargli il naso. «Guardi che io non voglio debiti con nessuno. Ha capito?»

Con un sobrio baciamano il notaio le fa riacquistare un minimo di compostezza. «Me lo restituirete solo se Dio vorrà; altrimenti sarà stato un piccolo dono ai figli del mio più grande amico.» Lo sguardo del notaio rimbalza tra Elisa e Alessandro, per atterrare su di me. «Siamo d’accordo?»

Il sospiro di Alessandro tradisce un filo d’insofferenza. «Notaio, in tutta sincerità, anch’io mi sentirei a disagio ad avere un debito verso di lei, fosse pure di un solo marengo.»

«Non c’è nessun debito, le ripeto: è un dono a vostro padre, e cioè a voi, e tornerà da me soltanto se Dio lo vorrà.»

Ci scambiamo delle occhiate perplesse, Alessandro sorride e alza le spalle, Elisa s’impettisce ancor di più. Annuiamo tutti e tre.

«Allora, se nessuno ha obiezioni, l’eredità da dividere ammonta ora a 12 marenghi.» Indica le carpette sulla libreria alle mie spalle. «C’è un foglio bianco, lì in mezzo? Vedo pure una stilografica, accanto a quella vostra bella foto al mare.» Mi invita a passargli carta e penna.

Smisto il contenuto della prima carpetta, alla ricerca di un foglio pulito. Glielo consegno insieme alla penna. Mi ringrazia accennando un sorrido.

«Bene. Diamo corso alle ultime volontà di vostro padre: dividiamo i 12 marenghi così come voleva lui.»

Sfila il tappo della stilografica e accosta il foglio bianco al testamento di papà. «La metà al figlio maggiore.» Sul foglio bianco scrive “½×12=6” e sorride ad Alessandro. «A lei spettano 6 marenghi.» Allunga la colonnina da 6 verso mio fratello.

«Proseguiamo: un quarto al secondogenito.» Sotto “½×12=6” scrive “¼×12=3”. Spinge la colonnina con i 3 marenghi verso di me. Li chiudo nella mano, li stringo: papà… dove sei in questo momento?

Dedica l’ultimo sguardo a Elisa. «È rimasta lei, signora, a cui tocca un sesto del tutto.» Scrive “⅙×12=2” e sospinge la colonnina da 2 verso Elisa.

Sul tavolo rimane il marengo del notaio.

«Ricapitoliamo: il Signor Alessandro ha avuto 6 marenghi, equivalenti a metà dell’eredità allargata; tu, Vincenzo, hai avuto 3 marenghi, cioè un quarto di 12; e a lei, Elisa, ne sono andati 2, che corrispondono a un sesto, il suo sesto.» Traccia una lineetta accanto a ciascuna delle tre moltiplicazioni sul foglio, come a volerne spuntare l’esattezza, e richiude la stilografica. «Un mezzo, un quarto, un sesto: la volontà di Sebastiano Torrisi si è compiuta, ognuno di voi ha ereditato le quote che vostro padre aveva stabilito.»

Un gabbiano plana silenzioso tra le nuvole rossastre. Papà sei tu?

«Sebbene la matematica non sia il mio mestiere…» Il notaio alza le dita in sequenza, dal pollice al mignolo, di una mano e dell’altra. «… 6 più 3 più 2 fa 11: esattamente gli 11 marenghi iniziali di vostro padre, appena ripartiti secondo le quote da lui stabilite.» Appoggia l’indice sul marengo rimasto sul tavolo e ci esamina a uno a uno con uno sguardo veloce. «Col vostro permesso…» Si stringe nelle spalle, quasi a scusarsi, e ci sorride. «… vi tolgo il fastidio del dodicesimo marengo.»

Con un gioco di prestigio lo fa sparire nella mano e se lo rimette in tasca. Libera un lieve sospiro di soddisfazione. «Vogliatevi bene, mi raccomando.» Si alza e dà una stirata alla giacca. «Conosco l’uscita, non disturbatevi.»

Restiamo seduti a fissarci l’un l’altro, con gli occhi spalancati, ammutoliti, come se fossimo stati testimoni di un miracolo.

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Inviato

Bello :)

Merita di essere spostato in Piazzetta, così potrà avere più visibilità. In fondo si parla di monete, no?


Inviato

Molto bello! Mi ricorda L'uomo che sapeva contare di Malba Tahan!

IMG_4913.jpeg

…ma la maestria nel racconto è tutta dell’autore! Complimenti!


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