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Marzabotto: una grande fornace romana nel piazzale del tempio di Uni


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Scoperta straordinaria ora a Marzabotto: una grande fornace romana nel piazzale del tempio di Uni cambia la storia di Kainua e della “Bologna etrusca”. Etruschi umiliati? Culti schiacciati? Riconversioni?


Nostro servizio.

Una vampa inattesa si è accesa, in questa estate 2025, tra le vestigia della sacralità etrusca. Nella campagna di scavo appena conclusa a Kainua – l’antica Marzabotto, tra le dolci colline dell’Appennino bolognese – un’équipe di archeologi dell’Università di Bologna ha portato alla luce i resti notevoli di una fornace romana, di grandi dimensioni, collocata sorprendentemente proprio nel piazzale del tempio di Uni, la somma dea etrusca, equivalente della Giunone latina. Una riconfigurazione urbanistica avvenuta su basi ideologiche, nel mutamento provocato e imposto dalla romanizzazione progressiva?

Uni non è una divinità di lavoro e fuoco, come poteva essere Vulcano. Ma una sorta di grande Madre. Una Regina che aveva la necessità di possedere, nell’Olimpo e in terra, una camera con vista. Fumi e rumori di ceramiche, fischi di operai potevano essere un deliberato arbitrio su un’area che era stata sacra, anche se generazioni prima. E quell’opificio che sorgeva nella piazza, come un sopruso verso il cielo e verso le anime trapassate degli etruschi? L’urbanistica parla. Ha un proprio linguaggio.

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Il ritrovamento impone una svolta interpretativa profonda. In un’area che per secoli aveva ospitato il fulcro del culto cittadino, in uno spazio consacrato alle più alte divinità del pantheon etrusco, emerge ora la testimonianza concreta di una rifunzionalizzazione di tipo produttivo: un impianto artigianale organizzato, stabile, che cancella la narrazione di un abbandono passivo post-etrusco. Il tempio taceva, ma il lavoro parlava.


Una fornace nel tempio di Uni
Dove bruciava l’incenso, si scaldava l’argilla: il sacro si fa officina

La scoperta è avvenuta durante la nuova campagna 2025 condotta nell’area urbana di Kainua, nell’ambito di un più ampio progetto di rilettura dei livelli di frequentazione tardo-repubblicani e imperiali del sito. A colpire è la posizione stessa dell’impianto: la fornace, costruita in muratura, si colloca proprio sul piazzale antistante il tempio tuscanico dedicato a Uni.

L’analisi stratigrafica e l’inquadramento cronologico preliminare indicano una datazione compresa tra la fine del I secolo a.C. e il II d.C., periodo in cui – con ogni probabilità – il tempio aveva ormai cessato la sua funzione cultuale. Ciò suggerisce una dinamica di progressiva desacralizzazione e successivo riutilizzo pratico dello spazio urbano, secondo una logica funzionale tipica della cultura romana.

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Il luogo che un tempo accoglieva cerimonie, preghiere e sacrifici, divenne così sede di produzione. E non si trattava di un’attività marginale o occasionale: le dimensioni della fornace, la qualità costruttiva e la complessità dell’impianto rimandano a una manifattura strutturata, in grado di approvvigionarsi di materie prime, di impiegare manodopera qualificata, e forse perfino di inserirsi in circuiti commerciali regionali.

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Kainua romana: più viva di quanto si credesse
Sotto la patina del silenzio, la città continuava a respirare

Finora, la narrazione prevalente assegnava a Marzabotto una parabola decadente dopo la fase etrusca. La conquista romana e l’urbanesimo latino sembravano aver lasciato tracce modeste, relegate a sporadiche presenze rurali, a piccole villae, a strutture agricole isolate. Ma oggi quella visione vacilla.

La fornace appena indagata si aggiunge infatti a una serie di indizi che negli ultimi decenni stavano già suggerendo una realtà diversa:
– una villa rustica con fornaci nell’area nord-orientale della città,
– una grande canaletta romana che attraversa il piazzale del tempio di Uni,
– monete imperiali rinvenute nei pressi del tempio di Tinia,
– segni di riutilizzo sistematico di strutture etrusche,
– e ora questo complesso artigianale in pieno centro urbano.

Si configura così una Marzabotto romana che non è solo memoria etrusca o campo agricolo, ma luogo produttivo, attivo, inserito nelle reti economiche e insediative del territorio padano.


Dalla sacralità alla produttività
Il tempio non è più tempio: l’argilla prende il posto del culto

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L’intera area templare, alla luce di questi dati, richiede una rilettura radicale. Non più spazio abbandonato o marginale, ma ambiente reintegrato, adattato, riplasmato secondo le esigenze della nuova fase storica.

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Il processo di romanizzazione non fu solo imposizione politica e architettonica: fu anche risemantizzazione del paesaggio urbano. Là dove gli Etruschi avevano celebrato i loro dei, i Romani costruirono le loro economie. Questo passaggio, a Marzabotto, è ora documentato in modo chiaro e tangibile.

Il lavoro artigianale prende il posto del rito. L’altare lascia spazio al forno. Le preghiere si dissolvono nel fumo del mattone crudo. Ma resta, sotto tutto questo, la forma originaria della città, che continua a parlare attraverso i suoi cambiamenti.


Una nuova storia per Kainua
L’argilla racconta ciò che le iscrizioni tacciono: un altro tempo, un’altra anima

Lo scavo 2025 contribuisce dunque a scrivere un nuovo capitolo per Kainua, la città etrusca a pianta ortogonale che ha sempre affascinato studiosi e visitatori. Il paesaggio urbano che oggi conosciamo – fatto di templi, case, strade e necropoli – non è stato semplicemente sepolto dalla storia. È stato, in parte, riusato, ridefinito, riconfigurato.

Questa nuova evidenza impone di considerare la lunga vita della città oltre la fase etrusca, lungo un continuum fatto di adattamenti, di stratificazioni, di gesti quotidiani.

E se l’archeologia, come il lavoro del vasaio, si fonda su ciò che resta nella terra, è proprio nella fornace di Marzabotto che si cuoce una nuova interpretazione della storia: quella di una città che non muore, ma cambia pelle.

https://stilearte.it/scoperta-straordinaria-ora-a-marzabotto-una-grande-fornace-romana-nel-piazzale-del-tempio/


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