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Scoperti ad Orvieto reperti etruschi e monete romane


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Due teste di ariete, una di leone e altari monumentali emersi dalla terra sacra degli etruschi. Sono i reperti straordinari ritrovati nelle recenti campagne di scavo al Campo della Fiera, alle pendici della rupe di Orvieto, dove da 26 anni lavora l'equipe guidata dall'archeologa Simonetta Stopponi. Qui, ai margini della città, in posizione pianeggiante e strategica, sorgevano templi, altari e strutture monumentali oggi parzialmente riportate alla luce. Le due teste di ariete e quella di leone, perfettamente scolpite con dettagli naturalistici e uno sguardo magnetico, ornavano questi altari dedicati agli dèi celesti, come indicano anche le fonti latine. "Abbiamo perfino trovato un occhio in bronzo e pasta vitrea - ha spiegato la professoressa Stopponi - che conferisce alle sculture un realismo impressionante". Accanto a questi capolavori, migliaia di reperti: ceramiche, oggetti votivi, monete romane e persino un pendente d'oro cavo, usato per contenere profumo, a forma di ghianda. Un tesoro diffuso in un'area che le indagini geofisiche stimano in circa 40 ettari.

https://www.lastampa.it/cronaca/2025/08/05/video/trovati_migliaia_di_reperti_nel_santuario_degli_etruschi_la_scoperta_alle_porte_di_orvieto-15259757/

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Tutti i ritrovamenti sono importanti ma il pendente aureo è strepitoso!

Di bronzo in genere sarà difficile trovarne,i romani,dopo la conquista del sito ,lo hanno "drenato" accuratamente..

Con crudele e violenta meticolosità.

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Modificato da Adelchi66
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Il 06/08/2025 alle 06:24, Adelchi66 dice:

Tutti i ritrovamenti sono importanti ma il pendente aureo è strepitoso!

Di bronzo in genere sarà difficile trovarne,i romani,dopo la conquista del sito ,lo hanno "drenato" accuratamente..

Con crudele e violenta meticolosità.

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Complimenti @Adelchi66 per la tua conoscenza letteraria a tutto campo,devi avere una bella libreria,per un consiglio su qualche volume sei di riferimento.

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19 minuti fa, Villanoviano dice:

Complimenti @Adelchi66 per la tua conoscenza letteraria a tutto campo,devi avere una bella libreria,per un consiglio su qualche volume sei di riferimento.

 

Grazie,se avessi bisogno non hai che da chiedere..


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Diario di scavo al Fanum Voltumnae • Introduzione

Con Giuseppe M. Della Fina seguiamo «in diretta» lo scavo di uno dei luoghi più rilevanti dell’intera Etruria, la sede religiosa e politica della Lega etrusca, ai piedi della rupe di Orvieto

Avremo la possibilità di seguire da vicino una campagna di scavo, di condividere per un’intera settimana (da lunedì 4 a sabato 9 agosto) le giornate di lavoro con gli archeologi. L’impegno (si scava, ogni giorno, dalle 6 alle 14), l’entusiasmo contagioso, i reperti rinvenuti.

Si tratta, oltretutto, dello scavo di uno dei luoghi più rilevanti dell’intera Etruria, il Fanum Voltumnae: la sede religiosa e politica della Lega etrusca, l’organismo che venne istituito per cercare di superare la suddivisione per città-stato indipendenti e gli interessi particolari di ognuna. Le fonti antiche non forniscono l’ubicazione del sito, al punto che esso è stato cercato in luoghi diversi dell’Etruria anche molto lontani tra loro.

Una serie d’indizi spingeva comunque verso Orvieto, che, in epoca etrusca, era denominata Velzna, mentre Volsinii era la denominazione della città in lingua latina. Ecco i principali: la notizia, riportata dal grammatico latino Sesto Pompeo Festo, che, nel tempio di Vertumno (vale a dire Voltumna) a Roma, era raffigurato Marco Fulvio Flacco, il console vincitore di Velzna, nel 264 a.C., in veste di trionfatore; alcuni versi del poeta Properzio (IV, 2, 3-4) dove viene fatto dire a Vertumno che non rimpiangeva di avere abbandonato i focolari di Volsinii, con un chiaro riferimento al rito dell’«evocatio»; il numero delle statue di bronzo, pari a duemila, portate via da Velzna sconfitta nella testimonianza di Metrodoro di Scepsi riportata da Plinio nella Naturalis Historia (XXXIV, 16, 34), che induce a ipotizzare la presenza di un santuario d’importanza notevole nelle immediate vicinanze.

Infine il Rescritto di Spello, con la decisione dell’imperatore Costantino, presa tra il 333 e il 337 d.C., di consentire agli Umbri di non recarsi più «aput Volsinios» per celebrare la loro festa religiosa come avveniva sulla base di un’antica tradizione, che sembra riallacciarsi alle riunioni che si tenevano presso il Fanum Voltumnae e ricordate da Tito Livio.

Volsinii a quel tempo non si trovava più da secoli sulla rupe di Orvieto, ma a ridosso del lago di Bolsena dopo che i suoi abitanti, in conseguenza della rovinosa sconfitta del 264 a.C., vi erano stati trasferiti in maniera forzosa. Nel testo si dice infatti “presso” e non “in” Volsinii: la città nuova e quella vecchia distavano 17 chilometri circa tra loro, il Fanum Voltumnae anche meno.

Sulla base di queste indizi e di una serie di rinvenimenti avvenuti durante l’Ottocento, l’archeologa Simonetta Stopponi ha iniziato le ricerche, ai piedi della rupe di Orvieto, nell’area di Campo della Fiera. Era il 2000 e da allora le campagne di scavo sono andate avanti con regolarità coinvolgendo prima l’Università di Macerata, poi quella di Perugia (Stopponi ha insegnato in entrambe) e, più di recente, l’Università di Foggia. Nel frattempo è sorta l’Associazione Campo della Fiera.

Le indagini archeologiche hanno riportato alla luce un’area che si estende per cinque ettari, ma le prospezioni geomagnetiche consentono d’ipotizzare una superficie di circa 20 ettari e forse di più. Un altro elemento da sottolineare è la lunga durata dell’area indagata: dal VI secolo a.C. al XVII secolo d.C.

Provo a riepilogare le scoperte principali effettuate sinora: la Via Sacra del santuario, larga oltre 10 metri, lungo la quale s’incontrano il tempio A, dove il culto continuò anche in epoca romana. Quindi il tempio C, dedicato a una divinità matronale forse Minerva, e affiancato da due costruzioni denominate E e  F, che accoglievano altari monumentali. E, ancora, il tempio B, eretto su un’ampia terrazza, che domina l’area e ornato da portici e vasche; costruito alla fine del VI secolo a.C., fu distrutto nel 264 a.C. e poi abbandonato.

Ben testimoniata è la fase romana: in epoca augustea venne costruita, a ridosso del recinto del tempio A, una lussuosa domus, probabilmente la sede del «praetor Etruriae». La residenza era dotata di due impianti termali: uno costruito alla fine del I secolo a.C., l’altro edificato negli anni dell’imperatore Adriano.

Non è ancora sufficiente, gli archeologi hanno riportato alla luce i resti della Chiesa di San Pietro in Vetere, costruita tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo d.C., impiantati su un precedente edificio sacro cristiano caro a una piccola comunità. Che cosa ci attende nella campagna di scavo in corso?

 

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Tombe rinvenute del saggio H. Campagna di scavo 2025

https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/Diario-di-scavo-al-Fanum-Voltumnae-Introduzione

 
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Archeologi al lavoro nell'area prossima al Tempio A

Cortesia Associazione Campo della Fiera

Diario di scavo al Fanum Voltumnae • Primo giorno

Con Giuseppe M. Della Fina seguiamo «in diretta» lo scavo di uno dei luoghi più rilevanti dell’intera Etruria, la sede religiosa e politica della Lega etrusca, ai piedi della rupe di Orvieto

Sono arrivato in località Campo della Fiera, ai piedi della rupe di Orvieto, e ho raggiunto gli archeologi che stanno riportando alla luce il Fanum Voltumnae, il santuario federale degli Etruschi, con la direzione di Simonetta Stopponi. Sullo scavo è una giornata importante: inizia oggi il secondo turno che vede protagonisti giovani archeologi e archeologhe diversi/e rispetto a coloro che hanno animato il primo turno, iniziato il 7 luglio, ed appena concluso. 

L’atmosfera è simile a quella di un primo giorno di scuola: piacere d’incontrare colleghi con i quali si è scavato in anni precedenti, o che si conoscono per ricerche portate avanti insieme, o tramite i social, o attraverso le pubblicazioni. Inoltre curiosità e attesa per ciò che avverrà. Il sogno, come sempre, di fare una scoperta rilevante, di cui si parli a lungo, e magari di esserne i protagonisti diretti, pur sapendo bene che uno scavo stratigrafico è importante di per sé.

Stamani sullo scavo erano presenti anche Francesca Valentini, soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, e Luca Pulcinelli, funzionario archeologo della stessa Soprintendenza, per portare la vicinanza del Ministero della Cultura. Stopponi e i suoi collaboratori più stretti, nei giorni scorsi, dopo una valutazione attenta, avevano stabilito l’area dove intervenire. Si tornerà a scavare, ad esempio, a ridosso degli edifici E e F che accoglievano alcuni altari monumentali. Al momento ne sono stati portati alla luce sei. Con le nuove ricerche si vuole verificare la possibilità di rinvenire i resti di altri.

Va segnalato che i due edifici sono in connessione con la Via Sacra e risultano contemporanei alla sua prima fase. La loro costruzione può essere datata agli inizi del V secolo a.C., mentre il vicino tempio C, di tipo greco con colonne che circondavano pronao e cella, sorse intorno al 510 a.C. Sono interventi realizzati negli anni di Porsenna, il personaggio più noto della storia etrusca, che deve avere avuto un ruolo di primo piano nella valorizzazione e monumentalizzazione del Fanum Voltumnae in linea con la sua visione politica, che tendeva (per quanto possibile) ad avere una visione unitaria, o, almeno, d’insieme degli interessi politici ed economici delle diverse città-stato etrusche. Un progetto, va detto, che non venne compreso a pieno nelle sue potenzialità.

Prima di entrare nelle dinamiche dello scavo, va ricordato chi era Voltumna, la divinità alla quale il santuario era dedicato. In proposito occorre rammentare che la denominazione ci è nota da testimonianze letterarie ed epigrafiche latine, insieme a quella di Vertumnus: sono i due gradi di integrazione della stessa divinità etrusca nel «pantheon» latino. La prima denominazione, trasmessaci esclusivamente da Tito Livio, può essere considerata una sorta di trascrizione dall’etrusco derivata dalla tradizione annalistica, che era ben presente allo storico.

Per comprendere a pieno la valenza di Voltumna occorre andare a rileggere un saggio degli anni Ottanta del Novecento dell’etruscologo Mauro Cristofani, che ha illuminato questa figura divina sulla quale si era dibattuto a lungo. Voltumna, nella sua interpretazione, va considerato un epiteto di Tinia, il dio etrusco equivalente allo Zeus greco e allo Iuppiter latino, e ciò spiega bene l’affermazione di Varrone che lo definisce «deus Etruriae princeps». Come pure che il santuario federale sia stato dedicato a lui.

Sul successivo culto nel mondo romano interessante è la lettura del saggio Il dio elegante, Vertumno e la religione romana di Maurizio Bettini (Einaudi), che dedica notevole attenzione a un’elegia di Properzio (IV, 2), dove il poeta fa affermare alla divinità: «Io sono etrusco ed etrusca è la mia origine, né mi pento / di aver abbandonato i focolari di Volsinii durante la battaglia».

A Velzna (Volsinii, in lingua latina), al 264 a.C., al Fanum Voltumnae si torna.

https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/Diario-di-scavo-al-Fanum-Voltumnae-Primo-giorno

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Le archeologhe Simonetta Stopponi (al centro), Laura M. Michetti e Claudia Carlucci sull'area di scavo

Diario di scavo al Fanum Voltumnae • Secondo giorno

Con Giuseppe M. Della Fina seguiamo «in diretta» lo scavo di uno dei luoghi più rilevanti dell’intera Etruria, la sede religiosa e politica della Lega etrusca, ai piedi della rupe di Orvieto

Leggere Tito Livio sul cantiere di scavo del Fanum Voltumnae è suggestivo. Lo storico, vissuto in età augustea, ricorda infatti il santuario, in più occasioni, nella sua opera Ab Urbe condita libri, pur non fornendone una localizzazione precisa. Dal suo racconto apprendiamo che, nelle riunioni che vi si svolgevano, gli Etruschi eleggevano una figura comune a tutti (lo storico romano lo chiama «sacerdos») sulle cui caratteristiche e i poteri esercitati vorremmo sapere di più, e assumevano decisioni politiche e militari per fronteggiare le sfide del loro tempo.

Ad esempio, in una riunione, che possiamo immaginare drammatica, decisero di non intervenire a sostegno di Veio, che era assediata e stava per cadere in mano romana. Nell’assemblea, i Falisci e i Capenati, evidentemente stretti alleati e in tale qualità presenti all’incontro, chiesero che s’intervenisse militarmente, ma si decise di non farlo concedendo solo l’invio di eventuali volontari. Veio fu la prima città-stato etrusca a cadere in mano romana nel 396 a.C. e dall’esito di quello scontro si fa iniziare la lunga, progressiva romanizzazione dell’Etruria.

Le assemblee, svolgendosi negli spazi di un santuario, avevano un preminente carattere religioso, ma erano anche occasioni di mercato e Tito Livio afferma che i Romani apprendevano, in prima battuta, le decisioni assunte proprio ascoltando i racconti dei mercanti che vi avevano preso parte e che forse, in taluni casi, non erano solo venditori ciarlieri.

Vi si svolgevano anche ludi solenni e sempre Tito Livio ricorda un’occasione in cui un personaggio di spicco proveniente da Veio (che i Veienti elessero poi re, nei drammatici frangenti appena ricordati) aveva ritirato improvvisamente i propri attori per protesta contro una decisione a lui contraria dei rappresentanti delle altre città-stato mentre i ludi erano nel pieno svolgimento. Lo sdegno suscitato dalla sua azione è tra i motivi che lo storico indica per spiegare la debole solidarietà dimostrata verso Veio. Siamo tra i resti di quell’area dove tutti questi avvenimenti sono accaduti.

Oggi l’attenzione si è concentrata su un rinvenimento delle ultime settimane e i responsabili dello scavo ne hanno discusso insieme a due ospiti: Laura M. Michetti, che insegna Etruscologia all’Università «La Sapienza» di Roma e dirige lo scavo di un altro importante santuario etrusco, vale a dire Pyrgi, e Claudia Carlucci, direttrice del Polo Museale della Sapienza. Subito a nord del tempio A (quello restato in funzione per l’intera durata del santuario) gli archeologi hanno riportato alla luce un edificio articolato, di cui va compresa la destinazione d’uso e la stessa planimetria resta da definire.

La pavimentazione in cementizio decorato risulta del tutto simile a quella di un rifacimento del pavimento del tempio A. Entrambi i pavimenti risultano databili tra l’80 e il 50 a.C. Ė una datazione, se verrà confermata nel prosieguo delle ricerche, che riveste un interesse particolare, in quanto suggerisce ristrutturazioni nell’area del santuario già decenni prima dell’età augustea, quando, nel quadro generale di un recupero delle antiche tradizioni, vennero fatti interventi significativi e già osservati.

Sono iniziati anche nuovi interventi su una strada basolata, rinvenuta durante le campagne di scavo degli anni scorsi per un tratto lungo 60 metri circa, che collegava il santuario con il lago di Bolsena. La direttrice saliva all’altopiano dell’Alfina attraverso una «tagliata» di epoca etrusca, nota come Sasso Tagliato.

La carreggiata è dotata di canalette per il convogliamento delle acque e presenta un restringimento in corrispondenza del recinto sacro del tempio A, evidentemente per rispettarlo. La strada è segnata dai solchi dei carri che l’hanno percorsa. La parte meridionale della strada è fiancheggiata da una fontana monumentale. I reperti recuperati consentono di datarne la realizzazione nella prima metà del III secolo a.C. e di comprendere che rimase in funzione a lungo anche in piena età romana. 

Una novità delle ultime ore: la strada si ricongiungeva con la Via Sacra e forse nella stessa zona va riconosciuto un nuovo ingresso al santuario in epoca romana: in quella fase la maggior parte dei frequentatori proveniva dall’area di Bolsena e non più dalla rupe di Orvieto e dai suoi dintorni.

 

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Veduta dell'area di scavo tra la Via Sacra e la strada verso il lago di Bolsena. Cortesia Associazione Campo della Fiera

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Veduta dei resti della via che dal Fanum Voltumnae portava verso il lago di Bolsena

https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/Diario-di-scavo-al-Fanum-Voltumnae-Secondo-giorno

 
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Restauratrice al lavoro intorno a una fornace di epoca etrusca.

Cortesia Associazione Campo della Fiera

Diario di scavo al Fanum Voltumnae • Terzo giorno

Con Giuseppe M. Della Fina seguiamo «in diretta» lo scavo di uno dei luoghi più rilevanti dell’intera Etruria, la sede religiosa e politica della Lega etrusca, ai piedi della rupe di Orvieto

Stamani sono arrivato sullo scavo con un autobus: vi sono alcune corse di due linee urbane che, da Orvieto centro, come da altri quartieri della città, arrivano nei pressi, poi si deve proseguire a piedi per 300 metri circa. Mi sono chiesto il motivo per cui l’ho fatto mentre raggiungevo l’area archeologica: volevo dimostrare a me stesso che il quotidiano, il nostro presente, non è così lontano dal passato. Le due dimensioni possono incontrarsi, in una qualche misura, convivere. Un archeologo ha bisogno ogni tanto di verificare tale consapevolezza acquisita negli anni di formazione, di sentirsi rassicurato sulle scelte di fondo della sua vita, mi verrebbe da scrivere.

Sono arrivato a destinazione: oggi sullo scavo sono presenti anche alcuni restauratori che, ottenuta l’autorizzazione da parte della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria,  consolideranno e poi asporteranno una fornace etrusca per assicurarne la conservazione. La fornace dovrebbe divenire visibile in seguito negli spazi del costituendo Museo della Tradizione Ceramica, che sta nascendo a Orvieto e avrà sede all’interno di Palazzo Simoncelli in Piazza del Popolo.

Essa era stata impiantata nell’area dove era sorto il monumentale tempio B, andato distrutto durante gli scontri che portarono alla conquista romana di Velzna nel 264 a.C., che va considerato (avendo previsto la distruzione della città e la deportazione degli abitanti) uno degli interventi più duri effettuati da Roma nella penisola italiana. Combattimenti a ridosso dell’edificio sacro e anche al suo interno sono testimoniati dalle numerose ghiande missili (i proiettili del tempo)  rinvenute.

La fornace va messa in relazione con una bottega di ceramisti che produsse prevalentemente vasi in ceramica a vernice nera e acroma, rimanendo attiva da poco dopo l’evento bellico sino agli inizi del II secolo a.C.

 

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Archeologa al lavoro nella zona del possibile nuovo ingresso al santuario in epoca romana. Cortesia Associazione Campo della Fiera

 

Il Fanum Voltumnae, quello che è stato il santuario federale degli Etruschi, è caratterizzato infatti da una fase di epoca romana rilevante. Questo era emerso già in maniera significativa nelle precedenti campagne di scavo, ma in questi giorni il quadro si sta modificando e arricchendo.

Ho accennato già ieri che la Via Sacra e la strada che dal santuario portava alla nuova città, voluta dai Romani, in prossimità del lago di Bolsena, sembrano incontrarsi tra loro in un punto diverso da quello che si ipotizzava. Inoltre, nella zona del loro incrocio, dovrebbe essere stato individuato un ingresso al santuario diverso da quello di epoca etrusca e realizzato in età sillana. Qui sta seguendo i lavori l’archeologa Sara Simonetti.

Un accesso differente comporta, come è facile immaginare, un cambiamento profondo nella fruizione dell’area, ma che resta in funzione da prima degli interventi di ristrutturazione di epoca augustea ben conosciuti e coerenti con la politica di recupero delle antiche tradizioni portata avanti da Augusto e dal suo consigliere Mecenate, etrusco di origine e discendente da una gens aristocratica di Arezzo.

 

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Fornace etrusca in attività dalla metà del III agli inizi del II secolo a.C. Cortesia Associazione Campo della Fiera

 

A proposito della sponda volsiniese del lago di Bolsena, non va dimenticato che la presenza etrusca vi era già significativa e che lì si trovavano forse gli interessi di una delle famiglie aristocratiche che avevano chiesto inizialmente l’intervento di Roma per essere rimesse al potere, pur non potendo prevedere un esito così disastroso.

La testimonianza di una fase romana precedente agli anni di Augusto è stata recuperata anche in un’altra zona dell’area di scavo, sulla quale ci soffermeremo in maniera dettagliata nei prossimi giorni. Qui sono state rinvenute ben 120 tombe che vanno dalla seconda metà del VI al XIII secolo d.C. e quindi ben lontane cronologicamente dalle testimonianze etrusche e romane. Ma gli archeologi medievali, coordinati da Danilo Leone (Università di Foggia), nello scavarle si sono resi conto che alcune hanno tagliato strati che possono essere datati al II-I secolo a.C. In particolare, hanno intercettato, in successione, dal basso, una platea con lastre in tufo di epoca etrusca, un pavimento in cementizio con motivo a stuoia del II secolo a.C. e un altro pavimento in cementizio degli anni di Silla.

Di nuovo segni d’interventi anteriori all’epoca augustea e sempre meno lontani dagli eventi del 264 a.C., a suggerire che il santuario risentì sicuramente e in maniera pesante dello sconvolgente mutamento politico, istituzionale e sociale, ma riuscì a sopravvivere al vento della storia che lo aveva attraversato. Riuscirà, come vedremo, a farlo anche quando sopraggiungeranno mutamenti ancora più profondi con la fine del mondo classico e della religione pagana.

 

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Una platea con lastre in tufo di epoca etrusca e, al di sopra, pavimenti di II e I secolo a.C. Cortesia Associazione Campo della Fiera

 Voltumnae • Terzo giorno |Giuseppe M. Della Fina

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Archeologi al lavoro nell'area della chiesa altomedievale

Cortesia Associazione Campo della Fiera

Diario di scavo al Fanum Voltumnae • Quarto giorno

Con Giuseppe M. Della Fina seguiamo «in diretta» lo scavo di uno dei luoghi più rilevanti dell’intera Etruria, la sede religiosa e politica della Lega etrusca, ai piedi della rupe di Orvieto

Oggi, partendo dalla rupe di Orvieto, ho raggiunto l’area di scavo, a piedi. C’è un motivo preciso, che mi ha spinto a farlo: ho voluto ripercorrere la strada descritta dallo storico Procopio di Cesarea in La guerra gotica, dato che mi soffermerò sui rinvenimenti di età altomedievale e medievale avvenuti e che stanno avvenendo nell’area di Campo della Fiera.

L’autore ebbe modo di osservare da vicino la rupe essendo al seguito di Belisario, generale dell’imperatore Giustiniano, che riuscì a strapparla ai Goti dopo un assedio. Scrive Procopio: «Su quella altura gli Antichi costruirono una città senza mura né fornita di altra difesa, dato che parve loro quel luogo inespugnabile per natura. Infatti a quella conduce una sola strada tra le rupi».

 

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Veduta dall'alto della chiesa nella fase altomedievale. Cortesia Associazione Campo della Fiera

Quella (allora) unica via di accesso è divenuta attualmente Via Filippeschi, che si unisce a Via della Cava e termina con Porta Maggiore. Da lì, in 30 minuti, ho raggiunto l’area di scavo. I lavori relativi alla fase post-classica sono coordinati da Danilo Leone, docente di Metodologia e tecnica della ricerca archeologica presso l’Università di Foggia.

La fase post-classica che le campagne di scavo hanno restituito è di interesse notevole e suggerisce una linea ininterrotta di frequentazione dell’area sino al Seicento. Vediamo il quadro restituito: si parte da un punto di grande crisi, la lussuosa domus, che aveva ospitato il «praetor Etruriae», risulta abbandonata e crollata nella seconda metà del IV secolo d.C. Nei suoi spazi, durante il secolo successivo, s’insediò una ristretta comunità contadina: buche di palo per apprestamenti con tetti di paglia danneggiarono i pavimenti mosaicati.

Nel corso del VI (è il secolo in cui Procopio raggiunse la rupe nel quadro della Guerra gotica) il quadro iniziò a mutare: la domus venne liberata dalle macerie, che ancora la occupavano, e la grande aula, che era stata riservata ai «publica consilia», fu trasformata in una chiesa con nuovi pavimenti musivi (fine VI-inizi VII secolo). Intorno ad essa si sviluppò un cimitero restato in funzione sino al Duecento: in due/tre tombe sono stati rinvenuti oggetti di uso quotidiano che rinviano alla cultura longobarda. Nella campagna di scavo in corso sono state individuate dieci nuove tombe.

 

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Veduta dall'alto della chiesa e del convento di San Pietro in Vetere. Cortesia Associazione Campo della Fiera

Una piena ripresa della vita nella zona si ebbe, comunque, più tardi e si può seguire attraverso le fasi edilizie della chiesa, sulla quale s’intervenne nell’VIII e IX secolo d.C. Nel 1211 si ha la prima citazione dell’esistenza di una chiesa denominata San Pietro in Vetere, l’intitolazione con quella specifica «in Vetere» fa intuire che si era consapevoli della frequentazione assidua della zona in precedenza.

Nel 1226, nell’anno della morte di San Francesco, vi giunsero tra i dodici e i quindici frati francescani, tra i quali era Ambrogio da Massa, destinato a divenire beato: la sua comunità e gli abitanti di Orvieto, che, nel frattempo, era divenuto un florido Comune, lo avrebbero voluto santo.

Ai francescani si deve una nuova chiesa, che venne edificata sui resti di quella altomedievale, e un convento; nel 1260 ad essi subentrarono i Servi di Maria, che vi rimasero sino al 1265. Entrambi gli Ordini si trasferirono in città e costruirono loro chiese. La peste del 1348, che investì Orvieto con particolare durezza, venne avvertita anche dagli uomini e dalle donne che vivevano nell’area ai piedi della rupe.

La peste venne superata, seppure con difficoltà: la chiesa di San Pietro in Vetere continuò a funzionare seppure ridimensionata, il convento fu demolito. L’area intorno divenne sede di fiere periodiche per tutto il Quattrocento, il Cinquecento e il Seicento. Da qui il toponimo di Campo della Fiera.

 

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Ipotesi ricostruttiva della chiesa e delle infrastrutture del mercato nel XV-XVI secolo (disegno M. Sbrancia). Cortesia Associazione Campo della Fiera

In una pianta del Catasto Tiroli (1764) l’area risulta ormai terreno agricolo e solo la presenza della chiesa, probabilmente diruta, viene segnalata. Ė l’ultima testimonianza prima del ritrovamento dei suoi resti, grazie alla ricerca archeologica.

Resta da dire di una scoperta eccezionale avvenuta negli anni scorsi: lo scavo di un pozzo, profondo più di 11 metri, ha restituito reperti che vanno dalla metà del Duecento sino al Seicento. In particolare ceramiche, tra cui ben mille brocche che conservano le decorazioni e i colori intensi degli smalti. Vi è stato effettuato anche un rinvenimento singolare: una incisione in bronzo con la raffigurazione di Filippo IV il Bello, re di Francia. Essa è stata ritrovata spezzata in quattro parti all’interno del pozzo, come se qualcuno se ne volesse liberare.

Tra le ipotesi avanzate da Luca Becchetti (Archivio Apostolico Vaticano), vi è quella che la sua distruzione potrebbe essere collegata a una possibile damnatio memoriae in relazione alla posizione ostile assunta dal sovrano contro i Cavalieri Templari, che erano presenti nel territorio orvietano.

 

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Incisione in bronzo di Filippo IV il Bello. Cortesia Associazione Campo della Fiera

https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/Diario-di-scavo-al-Fanum-Voltumnae-Quarto-giorno

 
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Donario monumentale (metà III sec.a.C.).

Cortesia Associazione Campo della Fiera

Diario di scavo al Fanum Voltumnae • Quinto (e ultimo) giorno

Una settimana di lavoro nell’area archeologica di Campo della Fiera si sta concludendo. Arrivato sullo scavo, ho camminato sino a un donario monumentale che si trova di fronte al tempio A e risulta in asse con esso. Su di esso originariamente erano infisse, con ogni probabilità, statue in bronzo. Spicca nell’area archeologica, ma la sua rilevanza non è soltanto visiva.

L’archeologa Alba Frascarelli lo ha collegato agli interventi che il console Marco Fulvio Flacco fece realizzare a Roma, nell’area di Sant’Omobono, di fronte ai templi di Fortuna e Mater Matuta, per celebrare il suo trionfo. Lì sono state rinvenute anche due iscrizioni seppure frammentarie, incise su altrettanti donari rettilinei, nelle quali il console rammenta la conquista della città.

Se l’ipotesi avanzata da Frascarelli fosse da seguire e appare probabile (una tesi diversa è espressa da Daniel P. Diffendale), ci troveremmo di fronte a uno dei primi interventi al Fanum Voltumnae dopo la conquista di Velzna (Orvieto), da parte del corpo di spedizione guidato al console romano.

Non si trattò, come ho già scritto, solo di un assedio conclusosi a favore dell’assediante, ma di un intervento che previde la rifondazione della città altrove, seppure non a grande distanza. Un intervento così duro trova una spiegazione con la volontà romana di vendicare l’uccisione di uno dei consoli dell’anno precedente avvenuto durante l’assedio, ma soprattutto con la data dello scontro: 264 a.C.

 

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Edificio F lungo la Via Sacra. Cortesia Associazione Campo della Fiera

 

Non è una data qualsiasi nella storia di Roma: è l’inizio della prima guerra punica. I Romani con la durissima repressione intesero inviare un messaggio alle altre città etrusche, che erano entrate nella loro orbita da pochi anni. Non avrebbero dovuto rivoltarsi mentre Roma era impegnata nello scontro per il controllo del Mediterraneo occidentale, altrimenti avrebbero rischiato di subire lo stesso trattamento.

Il santuario federale (il Fanum Voltumnae) non venne risparmiato per il motivo che il messaggio arrivasse a tutti e con chiarezza. Per la sua rilevanza anche politica, dallo scavo di Campo della Fiera si passa rapidamente agli accadimenti più significativi della storia antica.

Un’altra testimonianza degli anni immediatamente successivi all’intervento di Roma è stata portata alla luce nelle scorse campagne di scavo: si tratta di un’officina di ceramisti che si era insediata alle spalle del tempio B, il più monumentale tra quelli scoperti sinora e abbandonato in coincidenza degli scontri.

Lo scavo stratigrafico ha indicato che la bottega s’impiantò sul posto solo pochi anni dopo i combattimenti, anche prima della metà del III secolo a.C. Possiamo ipotizzare che tra i suoi clienti vi fossero quegli uomini e quelle donne che ripresero a frequentare il santuario, dove il tempio A era restato in funzione.

 

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Archeologi al lavoro lungo la Via Sacra. Cortesia Associazione Campo della Fiera

 

A un personaggio di primo piano nella politica romana e a un ceramista, si dovrebbe la prima ripresa della zona seppure con intenti e prospettive distanti e diverse.

Un’altra area dove ancora stamani si stava lavorando è quella attorno agli edifici E e F, affacciati direttamente sulla Via Sacra e accanto al tempio C. Essi accoglievano altari monumentali, di cui sono stati recuperati alcuni resti, tra i quali due protomi angolari di ariete e una lastra con protome di leone. Gli altari vennero smembrati e rovesciati senza alcuna forma di rispetto per la loro sacralità.

Quando si è trascorsa una settimana su uno scavo per cercare di documentarlo, occorre ricordare chi lo ha reso possibile e le persone con le quali si è tentato di dare le prime interpretazioni di quello che si andava riportando alla luce; «a caldo», si dice (un modo di dire che risulta particolarmente appropriato in queste giornate di agosto): Simonetta Stopponi, che lo dirige, Danilo Leone, che segue da vicino le fasi post-classiche, Silvia Simonetti e Serena Bramucci, le responsabili di area.

 

https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/Diario-di-scavo-al-Fanum-Voltumnae-Quinto-e-ultimo-giorno

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