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Buongiorno a tutti! Partendo da una delle mie ultime acquisizioni, vorrei oggi portarvi indietro a quei turbinosi anni intorno all’anno Mille, anni passati alla nostra memoria scolastica come di apocalittica attesa della fine del mondo, nonostante probabilmente buona parte della popolazione non sapesse che stavano passando mille anni dalla nascita di Cristo… anni pur tuttavia turbolenti e densi di avvenimenti per il Regnum Italiae… anni che videro l’ascesa, il dominio e la caduta di Arduino d’Ivrea, ultimo vero re del Regnum Italiae.

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Arduino nasce forse intorno al 955 da Dadone, comes mediolanensis e noto possidente “del” comitatus di Pombia. I documenti sono avari di particolari e ricchi di ambiguità: da ciò che si legge nelle carte d’epoca Dadone poteva essere esponente di una famiglia nobile della grande città lombarda, forse semplicemente possessore di terreni in quel di Pombia o forse proprio Comes di quel comitato, ma non è dato di saperlo con certezza. Ciò che traspare, in ogni caso, è che suo figlio non fa parte della dinastia anscarica che aveva dominato la grande marca di Ivrea per buona parte del X secolo. Quando intorno al 990 Arduino riceve l’investitura a marchese d’Ivrea, dunque, non assurge a tale incarico per motivi dinastici, ma riceve un ufficio per chiamata imperiale da parte di Ottone III probabilmente dopo essersi distinto come funzionario efficiente, o forse per meriti militari. 

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Si trattava di una bella dimostrazione di fiducia. La marca di Ivrea a quel tempo non era più quell’enorme territorio esteso da Susa alla Lomellina e dalle Alpi al Mar Ligure che era stata fino al 950, allorché Berengario II la suddivide tra alcuni suoi sostenitori (arduinici, aleramici ed obertenghi) per favorire il controllo della costa ligure e la difesa dalle incursioni saracene.

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Essa rimaneva comunque una marca vasta ed importante, poiché controllava la via che attraversava i principali passi alpini occidentali che connettevano il Regnum Germaniae al Regnum Italiae, come quello del Gran San Bernardo. Il marchese d’Ivrea era dunque custode di un’importante cerniera tra Europa del Nord ed Europa del Sud.

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Fin dal suo insediamento ad Ivrea, centro del possedimento marchionale, Arduino “fa sul serio”. I vescovi di quel territorio, infatti, cioè quelli di Ivrea, Vercelli e Novara stavano cercando di approfittare del recente rimaneggiamento territoriale della marca, imponendo un potere autonomo sui comitati soggetti alla loro diocesi. Arduino non ci sta, e rivendica invece piena sovranità sui territori sottoposti alla sua giurisdizione.

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In ciò si comporta da “buon” ufficiale imperiale… ma finisce per scontrarsi proprio con i vescovi, i quali in fondo, nella politica della dinastia ottoniana, erano considerati una “pedina” importante nell’organizzazione amministrativa dell’Impero secondo la “dottrina” della Reichskirke.

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In questo periodo storico di grandi fermenti sociali ed istituzionali, Arduino ha l’acume politico di intercettare i sentimenti e le paure di un’ampia fetta della classe dirigente feudale, quella dei cosiddetti secundi milites, cioè i feudatari minori, che basavano il loro prestigio, la loro ricchezza (ed il loro stile di vita!) unicamente su concessioni feudali… quindi potenzialmente avocabili dai concessori, soprattutto alla morte del beneficiario, con possibile “defraudamento” dei successori di quei benefici e ricaduta in basso della famiglia nella scala sociale.

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Arduino si promuove come garante di questi benefici: se si considera che una buona fetta dei “grandi concessionari” di benefici feudali era costituita dai grandi ecclesiastici (vescovi ed abbazie), si inizia a comprendere come Arduino riesca a “tirarsi dietro” una discreta base di sostenitori nel suo contrasto con i vescovi di Vercelli, Ivrea e Novara ed un discreto seguito all’interno del Regnum Italiae.

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Tra 996 e 997 lo scontro si fa frontale, e un gruppo di sostenitori di Arduino attacca direttamente il vescovo Pietro di Vercelli nella sua città, giungendo ad appiccare il fuoco alla sua cattedrale ed uccidendo il vescovo stesso che vi si era rifugiato.

È il momento decisivo: il vescovo Warmondo di Ivrea invia ad Arduino una lettera di monito, disattesa, quindi un pubblico anatema ed infine la scomunica. Nel 999, Arduino è convocato addirittura a Roma al cospetto del Papa, fatto oggetto di processo e di una diffida ufficiale, venendo nominato “nemico pubblico”. Ciononostante, la base di potere conquistata da Arduino gli consente di mantenere il sostegno di molti feudatari minori e di alcuni grandi feudatari.

Quando nel gennaio 1002 l’imperatore Ottone III muore, un piccolo gruppo di potenti grandi feudatari del Regnum Italiae si riunisce a Pavia e il 15 febbraio, nella cattedrale di San Michele, proclama rex Italiae Arduino, che cinge la corona ferrea.

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È il momento sognato da una parte della classe dirigente italica: finalmente un nuovo re non più tedesco, ma italiano ed un Regnum Italiae distinto, anche nella persona regnante, dal Regnum Germaniae.


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La reazione della Casa di Sassonia non si fa attendere: eletto re di Germania, Enrico di Sassonia, cugino di Ottone III, si affretta ad inviare in Italia una “spedizione punitiva” agli ordini di un fedelissimo, il marchese di Verona, per riappropriarsi del potere in Italia. Arduino, forte dei suoi sostenitori, nel 1003 sconfigge i tedeschi alle chiuse dell’Adige e si impadronisce anche della marca di Verona. È l’apice del suo potere, ed Arduino lo esercita formalmente emettendo diplomi reali ufficiali e battendo moneta a proprio nome.


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Vi presento allora il denaro meno raro di Arduino, il denaro pavese al titolo di “Ardohinus regem”/“Imperator”:

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Peso 0,96 g - Diametro 16,0 x 17,0 mm

È anche con questo mezzo che Arduino fa propaganda e si presenta come legittimo sovrano.

Al diritto, troneggia nel campo il quadrigramma “ARDO”, che riecheggia sì graficamente le lettere “OTTO” dei precedenti denaro ottoniani, quasi a voler rimarcare la continuità del potere e dunque la sua legittimità, ma che è anche inizio del titolo “ARDOHINUS REGEM” che prosegue poi nella legenda, con un’insolita declinazione all’accusativo del titolo regio.

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L’”imperator” al verso potrebbe invece essere visto come una semplice ripresa dei precedenti denari ottoniani…

Eppure, non dobbiamo dimenticare che la corona del Regnum Italiae dava il diritto al proprio possessore di accedere al soglio imperiale… In fondo, già sotto Ottone III, secondo la cronologia scaturita dal ripostiglio dell’area Galli-Tassi, pur non essendoci un “imperator” incoronato in carica, le monete a legenda “inclita civita” al rovescio presentavano l’”imperator” al diritto, quasi un preludio alla futura incoronazione del puer già designato dal lignaggio; ed anche per il successivo Enrico IV di Franconia, incoronato imperatore soltanto nel 1084, non abbiamo motivo per datare la sua monetazione, rigorosamente recante il titolo “imperator”, solo a dopo tale evento.

Completa l’iconografia della moneta l’ormai immancabile “PA/PA/I” su 3 righe, ancora una volta come nella ormai consolidata tradizione ottoniana.

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Non è certo, questa, una moneta splendida: alla profondità dell’impronta delle lettere, ben impresse, fa da contraltare un’uniforme usura che appiattisce quasi ovunque la loro superficie, con aree di marcato rimaneggiamento proprio sulle lettere del quadrigramma “ARDO”… la “D” presenta quasi delle “escavazioni” con strisciate parallele del metallo, la “R” presenta dei  profondi segni di graffiamento che la sfigurano rendendola poco riconoscibile…

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Sul margine del tondello, ad ore 5 del diritto un colpo ha generato una profonda indentatura del bordo della moneta, che si insinua a ridosso della “S” della legenda pur senza alterarne la leggibilità ma che ruba sostanza metallica alla moneta impedendole di arrivare al grammo di peso… al rovescio, invece, ad ore 8-9, dal margine esterno si insinua verso il centro una frattura del tondello esile e non pregiudizievole per la sua integrità, ma ben evidente… infine, una brunitura ad ore 10-11 del rovescio evoca quasi l’impressione che la moneta sia stata saggiata col fuoco…

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È, questa, una moneta che ha “vissuto”, ha circolato, è stata passata di mano in mano testimoniando ai suoi fruitori un potere che cercava di affermarsi anche offrendo un mezzo per la vita quotidiana, per gli ingranaggi dell’economia. È una moneta che parla di un potere non scontato, ma che cerca di legittimarsi un morso alla volta, strappando un giorno dopo l’altro ai suoi contendenti.

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È una moneta che ci racconta la storia di Arduino, il quale dopo una iniziale vittoria deve poi confrontarsi con la calata in Italia di Enrico di Sassonia, che nel 1004 giunge con un poderoso esercito alle chiuse dell’Adige: il fronte arduinico allora inizia a sfaldarsi, molti abbandonano il Re ed Enrico, quasi senza scontri, penetra profondamente nella Pianura Padana, spingendo Arduino ad asserragliarsi nel suo Canavese, presso la rocca di Sparone. Enrico giunge fino a Pavia dove riesce a farsi incoronare anch’egli re d’Italia, quel tanto che basta a dimostrare ad Arduino che la sua base di potere c’è, ma non può bastargli contro la potenza dei sovrani sassoni.

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Vestigia della rocca di Sparone

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Poi i problemi sul confine polacco costringono Enrico II di Germania - I d’Italia - a tornare sui suoi passi per mettere ordine nelle faccende tedesche. Allora Arduino, testardamente, prosegue lungo la sua strada: lontano il re tedesco, prova a continuare ad amministrare il Regnum Italiae dalla sua posizione decentrata, continuamente pungolato dalle forze, sparute ma insistenti, degli alleati locali di Enrico II: i vescovi Leone di Vercelli e Warmondo di Ivrea. Con alterne vicende, Arduino riesce addirittura a rintuzzare i loro attacchi e porta le proprie milizie fino a prendersi Vercelli stessa, attaccando Novara e Como e continuando a rivendicare il potere come re d’Italia, abbastanza riconosciuto da ricevere richieste di concessione di diplomi regi.

Le fonti sono scarse, ma tale situazione dovette protrarsi fino al 1013, allorché Enrico II, consolidato il potere in Germania, potè finalmente e nuovamente calare in Italia.

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È davvero la fine per Arduino. Giunto a Roma, Enrico II ottiene dal Papa l’incoronazione ad imperatore, quindi risale la Penisola, pur con continui tentativi da parte dei partigiani di Arduino di fermarne l’avanzata, ma invano. Gli Obertenghi, potenti alleati di lunga data di Arduino (che ne aveva sposato la rampolla Berta), vengono sbaragliati, in parte improgionati ed il loro patrimonio fondiario minato dalla creazione di una nuova potente diocesi facente capo all’abbazia di Bobbio, proprio nel bel mezzo delle loro terre. Il cerchio intorno ad Arduino si stringe sempre più. E lui, asserragliato nella sua rocca di Sparone, capisce che si tratta ormai di una lotta ìmpari.

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Nell’autunno del 1014, presso l’abbazia di Fruttuaria di San Benigno Canavese, di cui egli stesso aveva concesso la fondazione, Arduino rende le insegne regie ed indossa il saio monacale. 

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Morirà appena un anno dopo, nella stessa Fruttuaria, forse con il rimpianto per non essere riuscito a cogliere l’occasione di fondare uno stato centralizzato ed indipendente in Italia, sottraendola al controllo dell’Impero.

 

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Monogramma Ardvinvs

Fonti:

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Inviato

Mi spiace, @Franzo… mi serviva per aprire la discussione!😅

Ti auguro di trovarne presto un’altra migliore e a prezzo ancora più “appetitoso”!


Inviato

Bellissima discussione con al centro una moneta rara ed affascinante, e direi proprio niente male per la tipologia. Grazie per la condivisione!

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