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Wow, che colpo! In una grotta con fiume della Campania scoprono una “civiltà” antica. Ambra magica che veniva dal Baltico e migliaia di reperti. Cos’è lama alla base del volto dell’archeologa?

Redazione

27 Ottobre 2025

Archeologia - Ultime notizie ed approfondimenti, News

Nelle viscere della montagna campana gli uomini antichi ha lasciato la propria impronta di ingegno e mistero. Le Grotte di Pertosa-Auletta, in provincia di Salerno, tra i monti Alburni e il Vallo di Diano, si rivelano ancora una volta come un archivio sotterraneo della memoria umana. Qui, durante una recente campagna di scavi avviata all’inizio del 2025, gli archeologi hanno portato alla luce migliaia di reperti, tra cui uno scalpello dell’Età del Bronzo eccezionalmente conservato, con il manico di legno ancora intatto e aderente alla lama metallica. Un ritrovamento che, per rarità e stato di conservazione, riporta in vita il gesto antico dell’artigiano che, tremilacinquecento anni fa, modellava il mondo con strumenti nati dal fuoco e dalla pietra. Lo scalpello, che si presenta come una splendida fusione, veniva utilizzato, in questo caso, per lavorare il legno. Era forse di uno degli abitanti delle palifitte ad utilizzarlo. Forse, proprio con questo utensile aveva scavato e sistemato il legno per quelle antiche residenze.

L’umidità costante e la temperatura stabile delle grotte hanno agito come un involucro protettivo, impedendo la decomposizione dei materiali organici. È per questo che, in questo straordinario contesto carsico, il legno dello scalpello non si è dissolto come altrove.

Le Grotte di Pertosa-Auletta, percorse da un fiume sotterraneo navigabile, sono un unicum nel panorama italiano. I visitatori di oggi possono attraversarle in barca, come in un viaggio simbolico tra le viscere della terra e della storia, fino a raggiungere la Sala Grande, un vano alto ventiquattro metri che sembra fatto per accogliere le cerimonie di un’umanità preistorica che già dialogava con il sacro.

Le indagini hanno rivelato tracce di frequentazione umana antichissime, risalenti a circa ottomila anni fa, ma è nel II millennio a.C. che la grotta diventa un vero laboratorio di vita e di culto. Precedenti scavi avevano restituito i resti di una casa palafitticola preistorica, costruita – ed è un caso unico in Europa – in ambiente sotterraneo, tra il fiume e la roccia. La nuova campagna, condotta nel 2025, ha permesso di scoprire un’ulteriore estensione di quella stessa palafitta, portando così a comprendere che il complesso abitativo era ben più ampio di quanto si immaginasse.

Accanto agli strumenti d’uso quotidiano, le stratificazioni hanno restituito oggetti dal valore simbolico e rituale: vasi per unguenti, incensieri, figurine scolpite, resti vegetali bruciati, e numerose monete databili all’epoca ellenistica, tra il IV e il I secolo a.C. È evidente che la grotta, nel tempo, divenne un santuario sotterraneo, un luogo in cui gli uomini si immergevano nel buio primordiale per comunicare con le potenze invisibili. In un ambiente dove l’acqua scorre e il fuoco lascia tracce di cenere, le offerte rappresentavano il gesto più profondo di contatto con il divino.

Tra gli oggetti emersi, uno in particolare ha destato grande interesse: un grande pezzo di ambra, lucente e calda, come una lacrima del sole. La sua presenza nel cuore della Campania meridionale non è casuale. L’ambra, già nel II millennio a.C., era al centro di una rete commerciale che univa il Baltico al Mediterraneo, lungo quella che gli studiosi chiamano la “via dell’ambra”. Attraversando Alpi e Appennini, i piccoli grani di resina fossile raggiungevano i popoli italici, i Micenei, gli Etruschi, i Greci. Nella grotta di Pertosa, quell’ambra — forse offerta votiva, forse amuleto — testimonia un contatto diretto con culture lontane, quando le merci e le idee viaggiavano sulle stesse rotte e gli oggetti preziosi fungevano da ponti tra mondi diversi.

L’ambra appariva come una sostanza viva, a metà tra minerale e luce. Quando veniva strofinata, si elettrizzava, attirando piccoli frammenti, fili d’erba o capelli: un fenomeno che agli antichi sembrava magico, ma che oggi sappiamo essere elettricità statica, la stessa che si genera per attrito tra materiali diversi. La sua trasparenza dorata, simile alla luce del sole imprigionata nella resina, evocava l’idea di una luce eterna e divina. Inoltre, la presenza di insetti o semi intrappolati all’interno le dava un’aura di mistero e di immortalità, come se potesse conservare la vita al di là del tempo. Leggera, profumata se riscaldata, capace di galleggiare sull’acqua salata, l’ambra univa in sé aria, fuoco e luce, elementi che ne facevano una materia sacra e simbolo di energia vitale.
 

La scultura in terracotta raffigurante una testa femminile ritrovata accanto all’ambra rafforza questa dimensione di sacralità. È possibile che rappresentasse una divinità fluviale o ctonia, una figura legata alle acque e alla fertilità della terra. Nelle grotte, dove l’uomo entrava con il lume tremolante per affidare i propri voti, il volto della dea accoglieva il silenzio e il mistero.

Questa campagna di scavo, che fa parte di un progetto triennale, riprenderà il prossimo mese, ma già si annuncia come una delle più significative nel panorama speleologico e archeologico europeo. Per la prima volta, saranno coinvolti anche studenti delle scuole superiori, in un programma di tirocinio che li porterà a confrontarsi direttamente con le tecniche di documentazione e conservazione dei reperti. Una scelta che trasforma la scoperta del passato in un investimento nel futuro, con la stessa consapevolezza con cui, tremila anni fa, qualcuno lasciò il proprio scalpello in fondo alla caverna, certo che un giorno sarebbe stato ritrovato.

Nel silenzio delle Grotte di Pertosa-Auletta, dove il suono dell’acqua pare ancora la voce di chi scavava, l’archeologia restituisce un’eco precisa: il legame tra uomo, natura e sacro non si è mai interrotto. L’ambra che scendeva dal Nord, la lama che tagliava il legno, il fuoco che illuminava le pareti umide: tutto racconta di una civiltà che, anche nel buio, cercava la luce. Si deve alla Fondazione Mida l’impegno e la competenza nell’ambito della scoperta e della valorizzazione di questi reperti.

https://www.stilearte.it/wow-che-colpo-in-una-grotta-con-fiume-della-campania-scoprono-una-civilta-antica-ambra-magica-che-veniva-dal-baltico-e-migliaia-di-reperti-cose-lama-alla-base-del-volto-dellarcheologa/


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