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Storia e cibo: Grissini, come è nata la specialità torinese più diffusa all'estero. Le origini, il nome e le varietà


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Grissini, come è nata la specialità torinese più diffusa all'estero. Le origini, il nome e le varietà

di Rosalba Graglia

Il 31 ottobre si celebra la Giornata Mondiale del grissino, amato da Napoleone e da Luigi XIV, nato per curare un futuro re

Grissini, come è nata la specialità torinese più diffusa all'estero. Le origini, il nome e le varietà

A pensarci sono stati gli Americani, che hanno istituito il National Breadstick Day, che si celebra l’ultimo venerdì di ottobre. Loro vanno pazzi per quei «bastoncini di pane» e ne ribadiscono l’origine, ricordando gli original breadsticks know as grissini, nati per curare gli intestinal disorders di Vittorio Amedeo II. Un’invenzione tutta torinese e famosa nel mondo, quindi. Celebrata oggi, 31 ottobre, con la Giornata Mondiale del Grissino. Tutelati dal marchio PAT, Prodotto Alimentare Tradizionale – ma ci starebbe una IGP, a proteggere un prodotto che oggi si può produrre ovunque, chiamandolo «Grissino di Torino» – i grissini sono la nostra specialità più diffusa all’estero.

Grissini, come è nata la specialità torinese più diffusa all'estero. Le origini, il nome e le varietà

Grissini, la storia

La storia, rigorosamente sabauda, narra del futuro re Vittorio Amedeo II che da bambino era gracile e soffriva di problemi gastro-intestinali. Colpa del pane del tempo, con una mollica poco cotta e umida che favoriva il proliferare di batteri. Per restituire la salute al principino si arrivò persino a organizzare un’ostensione straordinaria della Sindone. Finchè il medico Teobaldo Pecchio, originario di Lanzo e il panettiere di corte Antonio Brunero nel 1679 hanno l’idea giusta: fare un pane senza mollica. Brunero, anche lui di Lanzo, allunga l’impasto delle ghërse, i tradizionali pani affusolati, creando un bastoncino lungo e largo un pollice, lo cuoce in forno e nasce un pane senza mollica: il ghërsin, ovvero una piccola ghërsa. Vittorio Amedeo guarisce e i ghërsin, i grissini, diventano il pane prediletto della corte.

Ritratto con grissino

Carlo Felice li sgranocchiava persino al Teatro Regio durante gli spettacoli, e della principessa Felicita si narra di un ritratto con in mano un grissino. Luigi XIV il Re Sole aveva chiamato a Parigi un paio di panettieri torinesi apposta per sfornargli i grissini, e Napoleone, conquistato dai petits bâtons de Turin, aveva istituito addirittura un servizio di corrieri per farseli arrivare fragranti nella capitale francese. Una variante più commerciale della nascita del grissino racconta di un trucco escogitato dal panettieri per sostenere gli aumenti dei prezzi, ovvero assottigliare il pane, ma convince – e piace - molto di più la storia di Vittorio Amedeo II.

Rubatà o stirato

Una volta inventato, il grissino torinese si sdoppia. Il più antico e tradizionale è il rubatà (ovvero «rotolato»), lungo dai 40 agli 80 centimetri e arrotolato a mano, diffuso soprattutto sulla collina torinese, fra Chieri, Andezeno, Gassino. L'altro grissino è lo «stirato», più leggero e friabile, visto che la pasta non viene lavorata manualmente ma allungata tendendola dai lembi per la lunghezza delle braccia del panettiere. Rubatà o stirato, il mito del grissino resiste, tramandato nei secoli, viaggia tra i Paesi ed è proiettato nel futuro. Già, perché in quella favolosa cassetta interrata sotto l’Obelisco di Piazza Savoia, una specie di capsula del tempo alla piemontese, ci sarebbero una copia delle leggi Siccardi, i numeri 141 e 142 della Gazzetta del Popolo, monete, semi di riso, una bottiglia di Barbera e naturalmente loro, i grissini.

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