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Carissimi, in queste calme (e calde!) giornate agostane sono felice di condividere per la prima volta con voi un acquisto di diversi mesi fa, che mi ha spinto a fare un approfondimento sul tesoro "della centrale a gas" di Limoges scoperto nel 1926. Sul forum ho notato diverse discussioni volte a raccogliere informazioni sul tesoro in oggetto (ad es. qui IL TESORETTO DI LIMOGES). Spero queste mie righe possano essere utili per tutta l'utenza. La moneta La moneta, acquistata in "retail" presso la francese CGB (Comptoir Général de la Bourse), è un comunissimo denario di Settimio Severo (RIC 150) dal peso di 3.28 gr e dal diametro di 19.5 mm. Al diritto, un ritratto dell'imperatore ancora gradevole, con legenda SEVERUS AUG PART MAX. Al rovescio, la Vittoria alata che sorvola uno scudo posto su un cippo, e la legenda PM TR P VIII COS III PP. Di seguito una foto (credits Cgb.fr). La moneta era messa in vendita insieme a un cartellino identificativo da collezione, di cui vi posto le foto qui di seguito, con catalogazione di Occo (rif. p. 274 linea 8). Era la prima volta che acquistavo una moneta con "pedigree" e, intrigato da questo fatto, mi sono subito messo a cercare notizie sul tesoro. Tuttavia, come altri prima di me, inizialmente non sono riuscito a trovare informazioni rilevanti e di "prima mano". Poi un giorno, consultando il sito "Coin hoards of the Roman Empire" (https://chre.ashmus.ox.ac.uk/reference/1155), mi è apparso il nome di un tale Henri HUGON, che avrebbe scritto un articolo a riguardo nella rivista "BSAHL" del 1927. Facendo ricerche su tale Hugon, mi sono imbattuto nella Société Archéologique et Historique du Limousin (SAHL), di cui tale Hugon faceva parte. Ho finalmente compreso che la B di BSAHL stava per "Bollettino", e sono riuscito a trovare sul sito della Biblioteca Nazionale di Francia, il "Bulletin de la Société" del 1927, in cui figura lo studio di Henri Hugon, che fu incaricato insieme ai Sig.ri Delage e Martinaud di realizzare l'analisi del tesoro. Il Bollettino del 1927 è leggibile e scaricabile al seguente link (https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k6552329x/f66.item). Lo studio sul tesoro va da p. 60 a p. 71. Il tesoretto "della centrale del gas" di Limoges (1926). Di seguito una mia sintesi dello studio realizzato dal Sig. Henry Hugon, pubblicato nel 1927. Il tesoro è stato scoperto il 7 maggio 1926 à Limoges, presso i terreni appartenenti alla Società anonima del gas e dell'elettricità di Lione, proprietaria anche della centrale a gas di Limoges. Durante dei lavori edili, gli operai della Società urtano una giara di tipo "dolium" alta 40 cm, che si rompe e rivela il suo contenuto ossidato. Compreso il contenuto, gli operai presenti (non sappiamo quanti) si riempiono le tasche di denari e disperdono dunque una parte del tesoro (ancora oggi si ignora il numero totale delle monete disperse in quei primi momenti). Alcune monete verranno in seguito recuperate dalla Società in cambio del pagamento di una somma in denaro per il ritrovamento. La cosa interessante è che, per calcolare il peso dell'argento contenuto nei denari (e quantificare l'indennizzo), la Società farà analizzare il metallo contenuto in alcuni denari presi a campione. Questo il risultato: Denario Settimio Severo: AR 48.7% Denario Julia Domna: AR 48.8% Denario Caracalla: AR 47.3% Denario Geta: AR 45.1% Denario Alessandro Severo: AR 37.8% Denario Julia Mamea: AR 36.7% Raccolto l'insieme, la Società incarica la SAHL di realizzare un inventario dettagliato della scoperta. Purtroppo, l'articolo pubblicato nel bollettino non fornisce nel dettaglio le tipologie dei denari trovati, ma soltanto un riassunto del numero di monete e tipologie per imperatore. In totale sono state trovate 6.393 monete, tutti denari d'argento tranne quattro antoniani, che vanno da Antonino Pio a Postumo. I tre personaggi più presenti sono Caracalla (2.126 denari, 16 tipologie di diritto e 72 di rovescio), Settimio Severo (1.453 denari, 6 tipologie di diritto e 55 di rovescio) e Julia Domna (1.031 denari, 5 tipologie di diritto e 28 di rovescio). Ad eccezione di Annia Faustina, è presente tutta la dinastia severiana. Di seguito la tabella riassuntiva. Hugon nell'articolo precisa di aver realizzato un inventario più dettagliato per l'insieme delle tipologie, consegnato alla Società del gas e in duplice 2copia alla SAHL, di cui tuttvia non sono riuscito a trovare traccia in internet. In compenso, Hugon descrive in maniera narrativa alcuni dei pezzi più rari trovati nella giara: alcune monete di Pertinace, Clodio Albino, ma sopratutto un denario "ibrido" (mule?) mai recensito, con al diritto il busto di Settimio Severo e al rovescio il busto e i titoli di Caracalla infante. Data la presenza dei quattro antoniani (1 di Treboniano Gallo, due di Valeriano e uno di Postumo), Hugon ipotizza l'esistenza di almeno un'altra giara andata perduta, contenente le monete più contemporanee di chi ha nascosto il tesoro. Infatti, i lavori di scavo hanno permesso di stabilire che la giara era stata posta in un ampio spazio scavato in una parete di tufo. Un crollo parziale di questa cavità avrebbe permesso a questa giara di denari di non essere vista e quindi di rimanere dov'era. Realizzato lo studio, Hugon accenna che una parte del tesoro fu donata dalla Società a diversi musei d'oltralpe, senza però dare maggiori dettagli. Incrociando queste informazioni con quelle riportate nel seguente articolo del "Corpus des Trésors Monétaires Antiques de la France", p. 76, (https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bd6t5370037z.image) possiamo avere un'idea più dettagliata del numero di monete donate: 324 monete al Museo municipale di Limoges, altrettante al Museo nazionale delle Antichità di Lione e al Museo delle antichità di Parigi. 16 al piccolo Museo di Gueret e 15 alla "Società degli Antiquari di Poitiers". In totale, circa un migliaio di monete furono donate al "pubblico", le restanti sono rimaste alla Società negli uffici centrali di Lione e nella Centrale a gas di Limoges. Non sono riuscito a trovare maggiori informazioni sulle tipologie dei pezzi donati ai musei. Inoltre, non ho trovato notizie sul destino che gli abbia fatto fare la Società del gas: le ha vendute in asta? Le ha distribuite agli azionisti? Sono state tenute dall'Amministratore delegato o dal Direttore della centrale di Limoges come "bonus"? L'insieme di queste ipotesi? Secondo Hugon, la scoperta del tesoro di Limoges ha posto le basi per ridisegnare la storia della regione. Fino a quel momento infatti, nella regione dell'antica Augustoritum (Limoges) non erano stati ritrovati tesori importanti, e questo aveva spinto numerosi studiosi a ipotizzare un declino della città per cause naturali. Hugon nel suo studio ipotizza invece come il tesoro della centrale a gas sia da inquadrare negli anni turbolenti dell'ascesa di Postumo (di cui è stata trovata una singola moneta nel ripostiglio) e della nascita "dell'impero delle Gallie". Due parole vorrei spenderle sul numismatico Henri Hugon, classico erudito di fine Ottocento, che fu chiamato a gestire la classificazione del tesoretto. Alto funzionario pubblico francese, diventa Direttore Generale dell'Agricoltura in Tunisia, all'epoca protettorato francese. In Tunisia, scrive il primo trattato di numismatica del Paese, "Numismatique Beylicale", che diventerà la referenza per le monete dei Bey di Tunisi. In pensione, va a vivere nel limosino dove si dedica interamente alle attività storico-archeologiche della SAHL, di cui diventerà presidente. Mi sembrava giusto rendergli omaggio. I "passaggi" della moneta e l'etichetta da collezione Un altro fatto curioso ma importante riguarda i vari passaggi che la moneta ha effettuato. CGB nel pedigree aveva inserito unicamente la provenienza dal tesoretto di Limoges. Tuttavia, sono riuscito a individuare almeno due altri passaggi: nel 2017, è stata messa all'asta dal sito "La galerie des monnaies .fr" che ha gestito la vendita di un ampio lotto di monete romane per conto della casa d'aste Prado Falques di Marsiglia (Monnaies Romaines LES SÉVÈRES (193-235 après J.-C.). Insieme alla mia moneta, altri 50 pregevoli pezzi provenienti dallo stesso tesoro. La cosa interessante, tuttavia, è che tra queste 51 monete figura anche il denario con al diritto il busto di Settimio Severo e al rovescio il busto di Caracalla infante, considerato un ibrido unico, descritto nello studio di Hugon (vedi sopra) come il pezzo più raro trovato nella giara. Con ragionevole certezza, pensavo poter affermare che questo lotto di monete, (tra cui anche la mia), facesse parte di quelle catagolate da Hugon nel 1926, poi "tenute" dalla Società del gas di Limoges e quindi disperse chissà come. Poi però ho notato che tra le monete esitate, figura un denario di Gordiano Africano, non recensito dallo studio di Hugon: che fosse una delle monete intascate dagli operai e acquistate dal collezionista? Che ci sia stato un errore in sede di inventario da parte di Hugon? Nel frattempo, ho scritto una email al sito "La galerie des monnaies", chiedendo se potessero rivelare maggiori dettagli sulla provenienza del lotto di monete in questione. Vi farò sapere se dovessero mai rispondermi (tentar non nuoce). Alcune delle monete vendute nel dicembre 2017 sono riapparse nel 2018 da CGB, tra cui il denario ibrido/mule con i busti di Settimio Severo e Caracalla, che ha rivenduto nella Live auction del 5 giugno 2018. Nel 2024, la mia moneta insieme ad altre 8 (sempre tutte precedentemente passate da Prado Falques/La galerie des monnaies) è poi riapparsa tale e quale nell'E-Auction 8 di MDC del 9 marzo 2024. CGB ha nuovamente fatto incetta e le ha acquistate tutte e messe in boutique. Cercando in rete, sono riuscito a trovare un'altra etichetta di una moneta proveniente dalla stessa collezione esitata da Prado Falques e poi da MDC (Finally: a type I've wanted for years! - Roman Empire - Numis Forums), e un'altra etichetta del 1914 che potrebbe essere dello stesso collezionista, proprio su questo forum (https://www.lamoneta.it/topic/169001-aureliano-comune-ma-con-pedigree/#comment-2120863), che però non ho ritrovato sul catalogo online "La galerie des monnaies" del 6 dicembre 2017. Considerazioni personali finali Mi sono divertito molto a fare queste richerche. Questo è stato uno dei primi acquisti e mi ha spinto ad approfondire tanti aspetti non prettamente "numismatici" che però mi hanno ugualmente entusiasmato. Credo di aver pagato un po' troppo (200 EUR), soprattutto considerata la tipologia e qualità di conservazione della moneta. Cercando i vari "passaggi" del pezzo ho infatti notato come solamente nel marzo 2024, nell'asta MDC, il prezzo di aggiudicazione fu di soli 50 EUR. Forse i prezzi MDC erano un po' bassi, ma quello che ho pagato trovo sia un tantino alto. In compenso, la moneta mi piace molto e ha una storia particolare da raccontare (oltre alla storia initrinseca della sua coniazione). Spero questo mio (lungo) intervento vi abbia entusiasmato quanto ha entusiasmato me scriverlo. Rimango ovviamente in attesa di commenti, info aggiuntive, considerazioni o critiche. Grazie mille per l'attenzione e un caro saluto a tutti. K14 punti
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Generazioni a confronto Emissione 1955-1989 ed emissione small 1990-199212 punti
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Grazie! Ti posto degli scatti della moneta di cui ho accennato prima. Aveva un colpo abbastanza presente al ciglio del rovescio (a mio parere causato probabilmente all'atto della coniazione). Ma a parte questo (non trascurabile) problema, questo esemplare rientra a pieno titolo tra le più "perfette" che io abbia mai trovato nelle mie lunghe ricerche. La superficie della moneta si caratterizzava per essere molto "pulita" e nitida, rilievi molto precisi e ben evidenti (seppur nella loro bassa entità). Allego delle foto del venditore da cui la presi, con un dettaglio sulle pieghe della veste, che sono sempre uno dei punti deboli di questa tipologia. La patina invece era a dir poco fenomenale! non solo "spessa" (di vecchia collezione), ma omogeneamente estesa, coprente e con bellissime iridescenze (tipica della moneta "non circolata" che contraddistinguono spesso le monete emesse "per numismatici"). Su questa moneta, una patina con queste peculiarità non l'avevo mai vista, mentre, ad esempio, con un po di pazienza si riesce a trovare sui 20 Lire "Littore". Peccato per quel colpo, ma... la perfezione, davvero non esiste! su questa tipologia, men che meno! Ecco, nella mia personale esperienza, ritengo questo esemplare molto al di sopra della media per il conio (spiccata "pulizia" del modellato e rilievi perfetti nonostante la loro modestissima caratterizzazione; vedi la foto del dettaglio sopra inserita), per la patina, decisamente di insolita bellezza, e infine per la brillantezza veramente molto spiccata.11 punti
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Buongiorno a tutti, faccio compagnia al testone di Carlo I postato da @Andrea79 e vi presento uno dei miei ultimi acquisti sabaudi. Passata da Ratto nel 1965, da Varesi più recentemente e infine da Kruso questa primavera, dove l’ho acquistata. conservazione piacevole, dal vivo i rilievi sono alti e il metallo brillante, sotto a quella patina che a certe inclinazioni vira al blu. Buona giornata, N.10 punti
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Buonasera a tutti, in questa immagine scherzosa, elaborata da mia figlia in occasione del mio compleanno, viene raffigurata una sorta di contrappasso della figura del collezionista numismatico. Sullo sfondo della location del Mercatino del Cordusio, è rappresentata una transazione tra due monete antropomorfizzate, individuabili in un "testone" milanese e in un "ducatello" veneziano. Oggetto dello scambio sono i collezionisti. Infatti il "testone" sta trattando con il "ducatello" l'acquisto di un esemplare del 1966, rappresentato da una mia caricatura, in piedi sul raccoglitore. Da notare che il "testone" ha già acquistato un altro esemplare di collezionista che spunta dal suo "borsetto". Quest'ultimo particolare, sempre secondo mia figlia, contraddistingue ed identifica i frequentatori assidui del mercatino milanese e dei convegni numismatici che qualche volta anche lei è stata "costretta" a frequentare. Devo ammettere che quando l'ho visto mi è piaciuto molto e mi ha fatto subito sorridere. Un saluto Federico9 punti
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E poiché, come dite a Napoli "C'a nisciuno è fesso" si chiude anche questa. E, caro @tuttologo, sarà così anche in futuro per tutte le eventuali discussioni simili.9 punti
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Ultimo arrivo. Tallero coniato a Pisa. del 1595 esistono due tipi. Uno con la legenda al dritto a caratteri più spaziati (questo), di cui esistono ancora almeno 23 esemplari, l'altro, più comune, con caratteri più ravvicinati.9 punti
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IL PRIMO TRIUMVIRATO I Romani, benché fossero una società guerriera, svilupparono una teoria del bellum iustum, cioè della “guerra conforme al diritto “; sappiamo infatti da Cicerone che un bellum era considerato “iniustum … atque inpium” ( “contrario al diritto e al volere degli dei”) se iniziato senza giusta causa (ad esempio, respingere un’invasione, difendere popoli alleati o vendicare l’uccisione di cittadini) o comunque senza aver preventivamente tentato, tramite ambasciatori, una conciliazione pacifica[1]. Sebbene sia oggi evidente che le regole del bellum iustum siano state spesso applicate con ipocrisia e che la spinta espansionistica di Roma sia stata alimentata da vere guerre di annessione, scatenate per motivi pretestuosi, il fatto stesso che in un’epoca così remota i Romani abbiano elaborato una dottrina giuridica tesa a limitare i conflitti, dichiarando contrarî al volere divino quelli scatenati per mera volontà di dominio[2], costituisce un grande merito per la loro cultura. Nel 62 a.C. Gaio Giulio Cesare, trovandosi a Gades (odierna Cadice) durante l’anno della sua pretura[3], vide una statua di Alessandro Magno e scoppiò in lacrime, frustrato del fatto che - pur avendo superato l’età del grande condottiero macedone - non avesse compiuto alcuna impresa gloriosa: egli aspirava dunque alla fama, ma sapeva di poter solo sperare che, prima o poi, gli si presentasse l’occasione di combattere un bellum iustum. __________________ Nel 60 a.C. Cesare, saputo che Pompeo, deluso dal Senato, cercava di stipulare un’alleanza politica con Crasso, si propose da mediatore. I tre allora raggiunsero un accordo passato alla storia come “primo triumvirato” (anche se aveva la natura di un mero patto fra privati): Pompeo, con la sua fama, e Crasso, con le sue ricchezze, avrebbero sostenuto la candidatura di Cesare al consolato per il 59; in cambio egli, dopo l’elezione, avrebbe promosso leggi per ottenere quanto agognato dai suoi due alleati, ossia l’assegnazione di terre ai veterani di Pompeo e riforme economiche favorevoli all’ordo equestris (il ceto dei cavalieri; di fatto, in termini moderni, la borghesia commerciale). A margine, per rinforzare l’alleanza, Pompeo sposò Giulia, unica figlia di Cesare. Il patto ebbe successo: Cesare assunse il consolato nel 59 e promosse un programma di riforme rivoluzionario, aiutando non solo i veterani e i cavalieri, ma anche i cittadini più poveri. Una delle leggi del 59 incaricò Cesare stesso di governare per i 5 anni successivi (dal 58 a.C. al 54 compreso), come proconsole, le province della Gallia Cisalpina e dell'Illirico, presidiate da tre legioni; fu poi aggiunta la provincia della Gallia Narbonense (il cui governatore era deceduto), ove era presente un’ulteriore legione, la X[4]. Cesare era un signorino: amava vestire alla moda, passava ore ad acconciarsi e a curare la propria immagine, si dedicava alla vita mondana ed era noto perché aveva molte relazioni amorose (fra cui, come s’è detto, quella con Servilia), alcune delle quali - si mormorava - omosessuali; pertanto, quando in Senato dichiarò che avrebbe compiuto grandi imprese militari, un suo detrattore rispose: “Non sarà facile, per una donna”. Clodio aspirava candidarsi a tribuno della plebe, ma come patrizio non poteva e aveva allora deciso di farsi adottare da un plebeo. La rinuncia allo status patrizio, quasi assurda per la mentalità dell’epoca, aveva implicazioni di natura religiosa (molte funzioni cultuali erano riservate ai soli patrizî), per cui occorreva il preventivo assenso del pontifex maximus; glie lo diede nel 59 lo stesso Cesare (che era stato eletto al sommo sacerdozio nel 63, alla morte del balbuziente Metello). I due divennero così alleati politici, malgrado i dissapori causati dalla vicenda di Pompea, e Clodio fu eletto tribuno per il 58. __________________ Agli inizi del 58 a C., prima di lasciare Roma, Cesare volle assicurarsi che i maggiori esponenti degli optimates fossero allontanati dall’Urbe, onde evitare che approfittassero per esautorarlo dal comando (com’era successo a Silla e Lucullo). Il suo più intransigente avversario politico era Marco Porcio Catone, ed era un avversario scomodo: assolutamente onesto, privo di vizî, incorruttibile, imparziale e non ricattabile, voleva incarnare con inflessibilità e intransigenza le antiche virtù romane e si ispirava al nonno, il celeberrimo Censore, passato alla storia per il carattere severo, l’austero moralismo e le battaglie contro il lusso e il decadimento dei costumi. Cesare ottenne che il Senato lo inviasse a Cipro, quale primo governatore della neonata provincia e Catone, che era fratello uterino di Servilia, portò con sé il nipote Bruto (che nel frattempo si era fatto adottare da un altro parente di cui noi nulla sappiamo e, pertanto, aveva mutato il nome da Marco Giunio Bruto a Quinto Servilio Cepione Bruto[5]), una persona volubile e travagliata, amante della filosofia, della poesia e dell’arte, che subiva l’influenza e le pressioni dell’inflessibile zio senza, tuttavia, averne lo spessore morale. Clodio provvide invece a far allontanare un altro importante esponente degli optimates, Cicerone (di cui si considerava nemico personale): fece infatti approvare un plebiscito che lo condannava all’esilio. __________________ Nel 58 a.C. tornò a Roma vittorioso e assunse la carica di edile curule Marco Emilio Scauro, che era aveva combattuto in Oriente con Pompeo[6]. Nel 62 il Senato, malgrado la sua giovane età (aveva solo 20 anni), lo aveva incaricato di fermare Areta III, re di Nabatea, che aveva invaso la Giudea, regno vassallo di Roma; Scauro aveva condotto una campagna militare fulminea, sbarcando ad Alessandria, ponendo l’assedio Petra, capitale del regno nemico e accettando la resa di Areta solo dopo che aveva pagato un riscatto di 40 talenti. La sua impresa fu quindi celebrata su un particolarissimo denario di quell’anno, RRC 422/1. Si tratta di una moneta ricca di iscrizioni[7]: quelle del dritto ci informano che fu emessa dagli edili curuli (fatto eccezionale) su autorizzazione del Senato (EX S.C) per commemorare la sconfitta di Areta (REX ARETAS, raffigurato in ginocchio, a fianco del suo cammello, mentre offre un ramoscello d'ulivo) a opera di Scauro (M. SCAVR, AED CVR). Al rovescio invece l’altro edile curule, Publio Plauzio Hypseo (P. HVPSAEVS, AED. CVR) celebra la conquista di Priverno (PREIVER CAPTVM) compiuta nella seconda metà del IV secolo a.C. da un suo antenato, il console Gaio Plauzio Hypseo (C. HVPSAE. COS). La particolarità di questa emissione non è solo nella complessità grafica, ma anche nel fatto che segna un ulteriore passo avanti nella lunga evoluzione dell’iconografia monetale romana: per la prima volta, infatti, non viene più raffigurato un evento passato, allegoria di fatti contemporanei (come nel caso di Ulisse o di Marsia), né una rappresentazione genericamente allusiva al presente (come nel caso del trionfo di Mario e della statua equestre di Silla), ma direttamente un evento contemporaneo, con tanto di didascalia (REX ARETAS): si tratta di una piccola rivoluzione. La fine di Scauro sarà ingloriosa: pretore nel 56 a.C., poi governatore della Sardegna, accusato di estorsione (de repetundis) nel 54 si salverà solo grazie alla difesa di Cicerone; nuovamente accusato di brogli elettorali nel 53, sarà invece condannato ed esiliato. I rotoli del Mar Morto fanno cenno alla sua morte. __________________ Il 28 marzo del 58 a.C., mentre ancora era a Roma, Cesare venne a sapere che 370.000 Elvezi[8], di cui 90.000 soldati, lasciate le loro terre si dirigevano verso la Gallia Narbonense; era praticamente sicuro che l’avrebbero razziata. Si compì allora di nuovo l’incredibile trasformazione già manifestatasi con Silla e Lucullo: il nobilotto romano amante del lusso, dell’ozio e della vita dissoluta cambiò pelle repentinamente, dimostrandosi un soldato capace, coriaceo, determinato e coraggioso. Da allora e per tutti i 14 anni successivi Cesare, la “donna” ritenuta incapace di affrontare il pericolo, insieme ai suoi soldati avrebbe marciato a piedi, sopportato il gelo, dormito sul terreno nudo, mangiato radici selvatiche e combattuto in prima fila. Il proconsole lasciò Roma con la massima urgenza e dopo soli 5 giorni (tempo impensabilmente breve per l’epoca, sintomo di galoppate sfrenate) fu in Gallia Narbonense, ove fronteggiò gli Elvezi con la sola X legione; sopraggiunte infine le altre tre legioni a sua disposizione, li sconfisse in battaglia e li costrinse a tornare nelle loro terre d’origine. Stupiti da questa inaspettata vittoria, gli stessi Galli gli chiesero di ricacciare un altro invasore, i Germani del re Ariovisto, che aveva occupato il nord della Gallia. Cesare capì che era la sua tanto attesa occasione di combattere un bellum iustum; inviò due ambascerie al re, ma quegli rispose che i Romani non dovevano intromettersi e che le minacce di Cesare non lo spaventavano, perché “nessuno aveva combattuto contro Ariovisto senza subire una disfatta. Attaccasse pure quando voleva: si sarebbe reso conto del valore degli invitti Germani”; inoltre, “se era Cesare a volere qualcosa, toccava a lui andare da Ariovisto”. I legionarî avvertirono Cesare che non avrebbero accettato di combattere contro i Germani, descritti come guerrieri possenti, di statura imponente e ferocia impareggiabile; Cesare non si scompose: ribattè che se così era, avrebbe marciato contro di loro con la sola X legione, che era la più valorosa. Questa dichiarazione colse di sorpresa tutti i soldati: inorgogliti, i legionarî della X non osarono contraddirlo; umiliati, quelli delle altre legioni si dissero altrettanto pronti a combattere. Il proconsole accettò l’invito di Ariovisto e si recò a parlargli scortato solo da un manipolo di legionari della X che, per l’occasione, furono fatti montare a cavallo; da allora, la legione fu soprannominata Equestris e passò alla storia come la preferita di Cesare. I colloqui tuttavia fallirono e si giunse a battaglia: fu una vittoria schiacciante dei Romani, grazie anche a un tempestivo intervento della cavalleria comandata dal giovane Publio Licinio Crasso, figlio del triumviro. Il vittorioso intervento contro i Germani rese Cesare, di fatto, il protettore della Gallia: era il primo passo per diventarne il conquistatore. Lasciò le legioni[9] sparse sul territorio e sconfisse, una per volta, le popolazioni che, avendo capito il pericolo di perdere la propria libertà, gli si ribellarono contro, soprattutto, i Belgi (nel 57 a.C.) e i Veneti, tribù dell’attuale Bretagna (nel 56). Questi ultimi in particolare, popolo di marinai, furono sconfitti grazie a una serie di battaglie navali brillantemente condotte da un altro validissimo generale di Cesare, Decimo Giunio Bruto Albino (non imparentato, malgrado il nome, con Bruto figlio di Servilia). Memore delle accuse rivolte a Lucullo di portare avanti la guerra senza motivo, Cesare inviò periodicamente al Senato sintetici e obiettivi “resoconti sull’andamento della guerra in Gallia”, commentarii de bello Gallico: scritti con stile asciutto e lineare, venivano letti in pubblico e finirono per essere apprezzati e attesi dal popolo, appassionatosi al racconto di quegli avvenimenti in terre lontane e selvagge. I commentarii saranno poi raccolti in un unico libro che diverrà uno dei testi più famosi della letteratura occidentale, il De Bello Gallico. __________________ Durante l’anno in cui fu tribuno, Clodio promosse molte leggi tese a limitare il potere del Senato, a vantaggio delle assemblee popolari. Nel 57 a.C., terminata la carica, per evitare che l'aristocrazia senatoria facesse invalidare le sue riforme raccolse attorno a sé una banda di violenti facinorosi, con cui scatenò numerosi disordini facendo insorgere, nell'Urbe, un clima di terrore e violenza. Gli si oppose allora un tribuno della plebe di quell’anno, Tito Annio Milone, suo acerrimo nemico e vicino alle posizioni degli optimates, che organizzò un’altra banda armata per contrastare, con altrettanta violenza e spregiudicatezza, quella di Clodio. Nel frattempo Pompeo si crucciava del rischio di essere messo in ombra dalle grandi imprese belliche di Cesare; non essendo capace di costruirsi un base politica propria si riavvicinò agli optimates e al Senato. Grazie al suo appoggio passò una legge che consentiva il ritorno di Cicerone dall'esilio; l'oratore sbarcò a Brindisi il 5 agosto del 57 e trovò ad accoglierlo, oltre ad amici e familiari, la sua adorata figlia Tullia (da lui affettuosamente chiamata Tulliola) che, quel giorno, festeggiava il compleanno. Alla fine del 57 una grave emergenza colpì Roma: dalle importazioni non giungeva più grano sufficiente a sfamare il popolo. Gli optimates diedero la colpa a Clodio: infatti una sua lex frumentaria aveva reso del tutto gratuite le distribuzioni di grano ai poveri[10] (che sino allora, e dal tempo dei Gracchi, erano state fatte a prezzo calmierato) e si affermò che ne era conseguita una crescita incontrollata della domanda; per converso, i populares sostennero che la penuria fosse stata creata ad arte dai loro avversari, per sabotare proprio la legge in questione. Sull’orlo di nuovi scontri di piazza, il Senato incaricò Pompeo di risolvere il problema, affidandogli per 5 anni la cura annonae (ossia la gestione degli approvvigionamenti). Il triumviro si dedicò all’incarico con la passione e la competenza che gli erano proprie: girò personalmente i mercati di frumento del Mediterraneo facendo affluire a Roma grandi quantità di grano; divenne famosa l’occasione in cui, salito a bordo di una nave mercantile e pretendendo che salpasse malgrado una bufera in arrivo, spiegò al capitano che “navigare necesse est, vivere non est necesse”. __________________ In quegli anni, probabilmente nel 56 a.C., fu triumviro monetale Fausto Silla, figlio del defunto dittatore. Egli emise un denario, RRC 426/1, che celebra l’azione con cui il padre era riuscito a farsi consegnare l’infido Giugurta: al rovescio è infatti raffigurato Bocco, in ginocchio, che offre un ramo d’ulivo a Silla (identificato dalla didascalia FELIX), mentre lo stesso Giugurta giace, in ginocchio anch’egli, con le mani legate dietro la schiena, in segno di impotenza dinanzi al potere di Roma. Sappiamo che la medesima scena fu scolpita su un bassorilievo d’oro che Bocco inviò a Roma (e Silla offrì al popolo, con una cerimonia al Campidoglio che fece infuriare Mario) ed era impressa sul sigillo personale dello stesso Silla. Al dritto della moneta è invece raffigurata Venere, dea prediletta dal dittatore. __________________ Nel 56 a.C., conclusa la campagna contro i Veneti, Cesare tornò in Italia e incontrò gli altri triumviri a Lucca, con l’intento di confermare e rinsaldare l’alleanza stipulata quattro anni priva. Fu allora deciso che Crasso e Pompeo si sarebbero ricandidati al consolato per il 55 e Cesare li avrebbe aiutati, mandando a votare un gran numero dei suoi soldati; terminato il consolato Pompeo avrebbe assunto il governatorato delle colonie iberiche, Crasso invece della Siria, da cui voleva lanciare una campagna militare contro i Parti. A Cesare, invece, sarebbe stato rinnovato per altri 5 anni il mandato nelle Gallie. L’accordo funzionò e Pompeo e Crasso furono eletti consoli. Pompeo ne approfittò per inaugurare un’opera pubblica assolutamente grandiosa, da lui stesso voluta, finanziata e avviata 6 anni prima. Occorre premettere, al riguardo, che a Roma gli spettacoli teatrali erano molto amati ma il Senato aveva vietato di realizzare teatri in muratura, temendo che diventassero un covo di sediziosi; ogni anno, pertanto, venivano costruite e poi smontate strutture provvisorie in legno. Pompeo ideò uno stratagemma: fece costruire un tempio dedicato a Venere Vincitrice, sopra a un’immensa scalinata di pianta semicircolare; scalinata talmente ampia che, sui suoi gradini, potevano sedersi 40.000 cittadini, rivolti verso la base. La scalinata andò così a costituire, di fatto, il primo teatro in muratura dell’Urbe, il Teatro di Pompeo, di cui l’odierna Via di Grotta Pinta ripete il tracciato semicircolare. Ma non era finito: davanti alla scalinata-teatro si estendeva un grande giardino rettangolare, ornato di statue e circondato da un porticato che arrivava sino all’attuale Largo Argentina; qui si ergeva un sontuoso edificio destinato a ospitare le riunioni del Senato, la Curia di Pompeo, al cui interno campeggiava una grande statua di Pompeo stesso che reggeva il globo (gesto che simboleggiava il dominio sul mondo). __________________ Nel 55 a.C. fu emessa un’ingente quantità di denarî, stimata in 19 milioni di pezzi, molti dei quali peraltro riportavano la legenda S.C., indicatrice di emissioni straordinarie, ordinate dal Senato. Si ritiene che questa grande emissione sia stata fatta per pagare gli approvvigionamenti eccezionali di grano, che Pompeo, sempre attento nell’espletamento della cura annonae, stava facendo affluire a Roma. Una di esse, RRC 427/2, è firmata da Gaio Memmio (probabilmente, il figlio della sorella di Pompeo Magno) e reca, al dritto, il ritratto di un anziano barbuto con lo sguardo solenne, che la didascalia identifica in QVIRINVS. Si tratta quindi di Quirino, antichissimo dio sabino; secondo Bernoulli (ma Crawford non concorda) sarebbe qui rappresentata la statua di Romolo (al quale fu, in epoca tarda, associato il dio Quirino: “Romulum quem quidam eundem esse Quirinum putant” riferisce Cicerone) che, secondo le fonti, esisteva al Campidoglio. Al rovescio è invece rappresentata Cerere e la legenda ricorda che i primi giochi dedicati alla dea furono indetti da un Memmio, edile curule, antenato del monetale: MEMMIVS AED. CERIALIA PREIMVS FECIT. Altro denario interessante del 55 a.C. è RRC 428/3, firmato da tale Quinto Cassio, che raffigura al dritto il ritratto di un giovane con lo scettro sulla spalla e al rovescio l’aquila ad ali spiegate, con il fulmine negli artigli, affiancata da un lituo e un vaso sacrificale. Come ha osservato Amisano, sono questi gli elementi potenza militare di Roma: l’esercito (l’aquila, simbolo delle legioni e del favore a esse accordato da Giove), la potenza delle armi (il fulmine, strumento di Giove), l’attività augurale con cui il comandante accertava il favore degli dei (il lituo), la religiosità delle truppe (il vaso), la disciplina (lo scettro) e la scelta del caso favorevole (il Bonus Eventus, in cui egli identifica il ritratto al dritto; Crawford ritiene invece che sia il Genius Populi Romani). Terza moneta di interesse, è il denario RRC 430/1, che raffigura Venere al dritto e un cavaliere in armatura al rovescio. Reca la legenda S.C ed è firmata, al retro, da P. CRASSVS. M. F, ossia il giovane e valoroso comandante di cavalleria, figlio del triumviro, artefice della storica vittoria su Ariovisto. _____________________ Nel frattempo in Gallia continuavano i combattimenti. Nel 55 a.C. altri popoli germanici vi penetrarono, ma Cesare fu rapido nel fronteggiarli e, quando essi si rifiutarono di ritirarsi, ne fece grande strage attaccandoli a tradimento; ordinò poi alle legioni di costruire un ponte di legno sul Reno, vera meraviglia di ingegneria campale (il fiume è largo più di 500 metri), e condusse una spedizione punitiva in Germania, al termine della quale il ponte fu smontato. Decise allora di spingersi ove nessun Romano aveva mai messo piede, nella misteriosa isola di Britannia, con il pretesto che i suoi abitanti avevano aiutato le ribellioni dei Galli; fece costruire ottanta navi e, con esse, portò due legioni nell’attuale penisola del Kent. L’esercito dei Britanni tuttavia li aspettava sulla costa e i legionari avevano timore a sbarcare; li convinse l’aquilifero della X che si buttò in acqua gridando “Desilite, commilitones, nisi vultis aquilam hostibus prodere”[11] ( “Sbarcate, commilitoni, se non volete abbandonare l’aquila ai nemici”). I Britanni furono ripetutamente sconfitti e siglarono un trattato di pace; pago del risultato ottenuto, Cesare tornò in Gallia. A Roma la narrazione delle spedizioni e delle vittorie conseguite in Germania e, soprattutto, nella lontana e misteriosa Britannia suscitarono grande scalpore; fu infatti, per l’epoca, uno sforzo organizzativo, militare e tecnologico impressionante. Catone invece (che era tornato a Roma) rimase sconcertato dalla notizia della strage dei Germani e propose per Cesare una punizione severissima, ma il Senato, al contrario, decretò a suo favore un ringraziamento pubblico. Nel 54 a.C. giunse in Gallia anche il figlio di una cugina di secondo grado di Cesare, Marco Antonio. Orfano di padre aveva trascorso la gioventù in povertà e dissolutezza, ma nel 57 in Siria aveva dimostrando non comuni capacità militari; Cesare lo aveva allora chiamato alle sue dipendenze e il giovane dimostrò subito grandi doti di coraggio, abilità tattica e aggressività in battaglia. Quello stesso anno Cesare decise di tornare in Britannia, dato che gli abitanti dell’isola avevano tradito il trattato di pace. Questa volta si mosse con ben 800 navi e 5 legioni; fu attaccato dai Britanni del re Cassivellauno, li sconfisse in due diverse battaglie e decise di portare la guerra nell’entroterra nemico, con un attacco fulmineo al di là del Tamigi. Cassivellauno si arrese, accettando di inviare periodicamente a Roma un tributo e degli ostaggi; Cesare di nuovo tornò in Gallia ma lasciò sull’isola una rete di alleanze che sarà sfruttata un secolo dopo dagli eserciti dell’impero, quando torneranno per conquistarla definitivamente. __________________ Nel 54 a.C. Bruto, tornato da Cipro, fu triumviro monetale ed emise il denario RRC 433/2, che raffigura i due grandi tirannicidi del passato suoi antenati: al dritto Lucio Bruto, al rovescio Servilio Ahala, entrambi identificati da una didascalia. Egli voleva così proporsi come il paladino della legittimità repubblicana contro la tirannide e il suo messaggio era rivolto contro Pompeo, che stava assumendo atteggiamenti autoritarî. Sappiamo da Plutarco che nel 44 a.C., per incitare Bruto ad aderire alla congiura contro Cesare, gli furono recapitati biglietti anonimi con scritto “Tu non sei un vero Bruto”, “Oh se Bruto fosse vivo!” e “Bruto tu dormi”: chi gli scriveva, chiaramente, lo esortava a onorare la promessa implicitamente fatta con questa moneta. Vale la pena, qui, fare una considerazione sulla differente statura storica di Cesare e di due dei suoi principali oppositori, Pompeo e Bruto. Il primo risultò sempre coerente nel suo disegno politico, nel perseguimento dei suoi obiettivi e nel tentativo di mantener salde le sue alleanze; gli altri, invece, si schierarono ora con lui, ora contro di lui e arrivarono anche (come attesta questa moneta) a detestarsi reciprocamente. Appaiono quindi come due opportunisti, privi di una propria strategia politica, disposti a cambiare schieramenti e alleati mossi solo dalla ricerca della gloria Pompeo, da un animo inquieto e instabile Bruto. Bruto, peraltro, si proponeva come paladino della legittimità, ma (a differenza di suo zio Catone) dimostrò di essere tutt’altro che una persona onesta e integerrima. Nel 53 a.C. infatti si recò con l’incarico di questore in Cilicia; Cicerone, quando due anni dopo giunse in quella stessa provincia come governatore, rimase sconcertato nello scoprire che Bruto vi aveva praticato l’usura arrivando a pretendere un tasso d'interesse del 48%, in aperta violazione alle leggi romane. Tale era stata la disperazione dei suoi debitori che, addirittura, cinque senatori del luogo erano morti per fame, per ripagarlo. Alla permanenza di Cicerone in Cilicia risale l’unica emissione che reca il suo nome: un cistoforo (oggi rarissimo) che reca al rovescio tre legende, M. CICERO PRO COS., AΠA. (abbreviazione di Apamea, città non più esistente, nell’odierna Siria settentrionale) e ΘΕOΠΡOΠOΣ AΠOΛΛΩΝΙΟΥ (Theopropo di Apollonio, il magistrato emittente). __________________ In Gallia alla fine del 54 Ambiorige, re della tribù degli Eburoni, sperimentò una nuova tecnica di guerra: colpire le legioni mentre erano isolate, negli accampamenti invernali. Cinse d'assedio l’accampamento di Atuatuca (odierna Tongeren), convinse con l’inganno i soldati a uscirne, li aggredì e distrusse così un’intera legione; l’aquilifero, Lucio Petrosidio, per non far cadere l’insegna nelle mani nemiche la lanciò lontano, prima di cadere ucciso[12]. Spinto dal successo Ambiorige riprovò la stessa tattica contro un altro accampamento ma il comandante di questo, Quinto Tullio Cicerone (fratello dell’oratore) riuscì a far avvisare Cesare e resistette eroicamente sino al suo arrivo; il proconsole non poté tuttavia evitare che i suoi nemici fuggissero. Contemporaneamente un’altra tribù, i Treviri, attaccarono una terza legione ma il suo comandante, il valentissimo Tito Labieno, li sconfisse duramente malgrado lo svantaggio numerico. Il furore di Cesare per la perdita della legione fu grande: in segno di lutto, promise che non si sarebbe più rasato finché non l’avesse vendicata. Suddivise il suo esercito in tre tronconi e li fece convergere sull’esercito degli Eburoni, chiudendoli in trappola e sconfiggendoli, ma Ambiorige e il suo seguito fuggirono in Germania. Allora, nel 53, fece costruire un nuovo ponte sul Reno e lanciò una seconda spedizione punitiva nel territorio germanico; ritirandosi ordinò di lasciare in piedi il ponte, a perenne monito della potenza romana (a eccezione della parte terminale, abbattuta per impedirne l’uso da parte dei nemici). __________________ Due eventi luttuosi portarono alla rottura del delicato equilibrio politico che manteneva uniti i triumviri. Nel 54 a.C. morì di malattia Giulia, moglie di Pompeo; svaniva così il legame familiare fra lui e Cesare. Nel 53 a.C. morì invece Crasso. Egli infatti, dopo aver preso possesso della provincia di Siria, mosse guerra ai Parti, formalmente per sostenere un pretendente al trono spodestato dal fratello. Poteva valersi di un esercito di 7 legioni, per complessivi 40.000 uomini, e di validi subalterni, fra cui suo figlio Publio, appositamente rientrato dalla Gallia, e Gaio Cassio Longino, un capacissimo generale; poteva inoltre contare sull’alleanza con il re d’Armenia. Crasso ideò allora una manovra strategica a tenaglia: l’esercito armeno sarebbe calato dal nord, mentre quello romano avrebbe tagliato il deserto siriano a sud, entrambi diretti alla capitale nemica. Fu un gravissimo errore: il re dei Parti aveva previsto e prevenuto il suo piano, attaccando direttamente l’Armenia per impedirle di portare aiuto ai Romani; le legioni invece furono fatte penetrare indisturbate in profondità nel deserto e poi, quando furono nei pressi di Carre (odierna Harran), lontano dalla via di fuga dell’Eufrate, attaccate a sorpresa da un nutrito contingente di agili arcieri a cavallo, al comando dell’abilissimo generale Surena. La cavalleria romana tentò un contrattacco, ma cadde in trappola e fu annientata: il suo stesso comandante, Publio figlio del triumviro, fu ucciso. Di fronte a questa tragedia, Crasso apostrofò le truppe con grande contegno, dicendo loro “Questo è un mio lutto personale, o Romani, ma la grande gloria e il grande destino di Roma risiedono in voi … Roma è arrivata a un potere tanto grande non grazie alla fortuna, ma perché i Romani hanno affrontato i pericoli con coraggio e ostinazione”. Malgrado le esortazioni di Crasso, si verificò un fatto unico nella storia della Repubblica: spesso infatti è avvenuto che le legioni siano state sconfitte, sopraffatte e distrutte, oppure si siano arrese al nemico o ribellate al comandante, ma solo a Carre è accaduto che abbiano perso la volontà di combattere. Probabilmente fu una combinazione di cause a determinare questo effetto: la stanchezza della marcia, la sete nel deserto, la superstizione (si erano verificati molti presagi infausti), la sfiducia nel condottiero (Crasso poteva vantare come suo unico successo, seppur rilevante, la vittoria di Porta Collina), la paura di un nemico sfuggente, l’inesperienza (molti soldati erano reclute); fatto sta che l’esercito di Roma, improvvisamente, si rivelò incapace di reagire. Crasso ordinò la ritirata dentro le mura della città fortificata di Carre. A Carre si verificò lo scontro fra il triumviro e Longino: il primo voleva ritirarsi verso nord, per raggiungere le montagne dell’Armenia, il secondo a sud, per tornare in Siria, strada più difficile ma meno prevedibile. Aveva ragione Longino: lo seguirono 10.000 legionarî e riuscirono ad arrivare in Siria, unici sopravvissuti della cruenta battaglia di Carre. Il resto dell’esercito si mosse invece verso nord e fu raggiunto da Surena in persona, che offrì di discutere un armistizio. Crasso subdorò un’altra trappola, ma l’esercito lo obbligò ad accettare; egli allora disse loro: “se vi salverete, riferite a tutti che Crasso cadde perché ingannato dal nemico, non perché tradito dai propri concittadini”. E così fu: l’iniziativa di Surena era un tranello; Crasso fu ucciso e i legionarî sopravvissuti fatti prigionieri. Ormai convinto di aver debellato l’esercito romano Surena attaccò la Siria, deciso a conquistarla, ma Longino, con i suoi pochi e demoralizzati legionarî, lo sconfisse duramente, obbligandolo a tornare in Mesopotamia. Morti Giulia e Crasso, la rivalità tra Cesare e Pompeo degenerò in gelosie e reciproci sospetti; ne approfittò Catone, che architettò una coalizione di optimates, in funzione anticesariana, e convinse Pompeo (che non aveva mai raggiunto l’Hispania, governando scandalosamente le province assegnategli senza allontanarsi da Roma) a svolgere, di nuovo, la funzione di difensore del Senato. __________________ Mentre Romani e Parti combattevano in oriente, a Roma Clodio presentò la sua candidatura per la pretura, Milone quella per il consolato. Il confronto politico fra i due divenne rapidamente uno scontro violento fra le rispettive bande armate, tanto che il Senato dovette sospendere le elezioni e rinviarle ai primi mesi del 52. Il 18 gennaio, tuttavia, i due avversarî si incontrarono casualmente sulla via Appia, presso Bovillae (probabilmente, nell’odierno comune di Marino), entrambi scortati da schiavi armati; ne nacque uno scontro e Clodio rimase ucciso. Quando il suo cadavere fu portato a Roma la folla, inferocita, lo volle cremare nella vecchia sede del Senato, la Curia Hostilia, causando un incendio che la distrusse. Impauriti dall’ondata di violenza incontrollata che ne seguì, il Senato adottò un senatus consultum ultimum (il primo, dall'epoca della congiura di Catilina) e nominò Pompeo consul sine collega incaricandolo di riportare l’ordine in città, cosa che egli fece. Milone, processato, fu condannato all’esilio. __________________ Alla fine del 53 a.C. presso Cenabum (odierna Orleans) i Galli uccisero alcuni commercianti e funzionarî romani. Ne approfittò un nobile della tribù degli Arverni, che si pose a capo di una fazione contraria al dominio di Roma e si fece proclamare re; di lui conosciamo solo più il soprannome, “Potente Re Guerriero”, in lingua celtica “Vercingetorige”[13]. In breve tempo Vercingetorige convinse molte altre tribù a unirsi a un’alleanza anti-romana. Cesare, che si trovava in Gallia Cisalpina, capì immediatamente il pericolo: raggiunse velocemente Narbo e da là, fra i mesi di gennaio e febbraio del 52, con una mossa audace e imprevedibile attraversò i valichi innevati delle montagne Cevenne, in pieno territorio nemico, ricongiungendosi con le legioni stanziate più a nord prima che restassero isolate. Riunite le truppe, il proconsole mosse contro gli insorti ma Vercingetorige, capito che il tallone d’Achille delle legioni era la possibilità di approvvigionarsi di cibo presso i grandi agglomerati urbani, distrusse tutte le città galliche che si trovavano sul loro cammino. Una sola città fu risparmiata, Avarico (odierna Bourges), e quando Cesare vi giunse la cinse d’assedio; probabilmente questa mossa fu prevista dallo stesso Vercingetorige[14], che sperava così di inchiodare le legioni nel lungo e logorante assedio di una città ritenuta inespugnabile, ma aveva sottovalutato i Romani. Le legioni riuscirono a costruire un terrapieno alto quanto le possenti mura di Avarico e, così, la conquistarono; le scorte di cibo che vi trovarono permisero ai soldati di sopravvivere alla guerra di logoramento. Malgrado questo insuccesso, il prestigio di Vercingetorige cresceva di giorno in giorno e riuscì a portare dalla propria parte anche gli Edui, una delle più potenti tribù galliche che era, da circa un secolo, fedele alleata di Roma; ormai, quasi tutti i popoli della Gallia erano uniti contro l’invasore. Lo scontro fra esercito romano e gallico si ebbe presso Gergovia, capitale degli Averni (città non più esistente), e fu una sconfitta per Cesare. Un secondo gruppo di legioni si trovava a Lutetia (attuale Parigi), ai comandi di Labieno; Cesare, rimasto senza alleati, capì che era necessario riunire tutte le sue truppe e gli ordinò di avvicinarsi. Labieno si trovò circondato da nemici, a causa dell’improvvisa sollevazione di tribù sino allora rimaste pacifiche, ma seppe rompere l’accerchiamento e si ricongiunse a Cesare presso Agendicum (attuale Sens); l’esercito romano comprendeva ora 11 o 12 legioni, prive però di truppe ausiliarie, e quindi ammontava a soli 50.000 soldati. Impossibilitato a difendersi in un territorio divenuto interamente ostile, Cesare cercò di ritirarsi presso la provincia della Gallia Narbonense e allora Vercingentorige commise un errore fatale: credette che le legioni fossero ormai stremate, dalla fame e dai combattimenti, e potessero essere definitivamente debellate; le affrontò così con un esercito quasi doppio, 80.000 soldati, ma fu sconfitto e si rinchiuse nella piazzaforte di Alesia (cittadina non più esistente), in attesa che arrivasse l’esercito di rinforzo, forte di 250.000 combattenti. Cesare capì che lì si giocava il tutto per tutto: cinse la collina di Alesia con una linea fortificata, per impedire la fuga di Vercingetorige, e poi fece costruire una seconda linea fortificata più ampia e più esterna, per difendersi dai rinforzi che sarebbero giunti; dopo di che, attese. Lo aiutavano molti validissimi generali: fra gli altri, Tito Labieno, Marco Antonio, Decimo Giunio Bruto Albino e un homo novus, Gaio Trebonio. L’esercito di rinforzo arrivò forse a inizî ottobre e coordinò i suoi attacchi con quello chiuso ad Alesia. Per giorni interi le fortificazioni dei Romani, al tempo stesso assedianti e assediati, furono assalite contemporaneamente dall’interno e dall’esterno; in questa situazione, “I Romani erano terrorizzati dal grido che si alzava alle loro spalle mentre combattevano, poiché capivano che il pericolo dipendeva dal valore di coloro che proteggevano le loro spalle”[15]. Il momento più critico si ebbe quando 60.000 soldati galli, scelti fra i più valorosi, assaltarono il campo romano posto a settentrione, che rappresentava il punto più debole della cinta fortificata; intervenne Cesare personalmente e, per essere riconosciuto dalle sue truppe, cinse il mantello rosso (simbolo del suo imperium proconsolare), incurante del fatto che lo rendeva visibile anche al nemico. Malgrado l’enorme sproporzione di forze (50.000 legionarî contro 330.000 Celti), le difese romane ressero. L’esercito di rinforzo si ritirò e si disperse, i Galli sopravvissuti tornarono alle loro tribù. Vercingetorige uscì da Alesia, solo, gettò le proprie armi ai piedi di Cesare e si inginocchiò, in segno di resa incondizionata. La Gallia era stata definitivamente conquistata; nel 50 a.C. fu dichiarata provincia romana e divenne una delle regioni più profondamente romanizzate d’Europa. __________________ Nel 51 a.C. morì la sorella di Cesare, Giulia. L'orazione funebre fu pronunciata da suo nipote (figlio della figlia Azia), un giovane di soli 12 anni con lineamenti delicati e grande cultura, Gaio Ottavio Turino. __________________ Cesare sapeva che, quando avesse perso l’imperium proconsolare (che gli garantiva l’immunità processuale), i suoi avversari politici lo avrebbero processato per le molte stragi compiute in Gallia. Pensò allora di candidarsi a console per il 49 a.C. (per assicurarsi nuovamente l’imperium), ma per presentare la sua candidatura avrebbe dovuto entrare a Roma e quindi varcare il pomerium, gesto che avrebbe fatto decadere l’imperium proconsolare. Chiese allora di potersi candidare in absentia, ma il Senato gli negò questa possibilità (sebbene concessa in passato ad altri comandanti militari, come Gaio Mario). Tentò un’altra strada per tutelarsi dalla vendetta dei suoi avversarî: propose che sia lui sia Pompeo sciogliessero tutte le proprie legioni, ma il Senato non acconsentì e, anzi, ingiunse a entrambi di cedere una propria legione a favore di una futura campagna contro i Parti; obbedirono, ma Pompeo cedette proprio quella che aveva precedentemente “prestato” a Cesare, talché questi si vide privato di due legioni. Chiese nuovamente di potersi candidare in absentia, ma la risposta del Senato - sobillato da Catone - fu tranciante: se alla fine del 50 a.C. non avesse sciolto tutte le legioni rimastegli e non si fosse presentato nell’Urbe da privato cittadino sarebbe stato dichiarato hostis publicus. Alcuni tribuni della plebe tentarono di difendere le sue posizioni, ma furono cacciati da Roma. Cesare non aveva più altre strade. Il 10 gennaio del 49 a.C. ordinò a cinque coorti di attraversare in armi il fiume Rubicone, che segnava il confine della sua provincia, e si affidò all’incertezza di una nuova guerra civile: come egli stesso disse, “alea iacta est” ( “il dado è stato lanciato”). NOTE [1] Che effettivamente veniva compiuta (come nei casi, citati, di Brenno, Taranto, Filippo V, Lega Achea, Cimbri e Tigrane II). [2] Come aveva fatto, invece, Alessandro Magno, determinato a raggiungere la fine delle terre emerse. [3] Così dice Plutarco; Svetonio invece colloca il fatto nel 69 a.C., quando Cesare si era già recato nella penisola iberica da questore. [4] In antichità le legioni di Roma erano 4, per console, numerate da I a IV. Quando le esigenze militari crebbero, e con esse il numero delle legioni, l’assegnazione dei numeri fu un po’ caotica; non è quindi sempre semplice determinare se una determinata legione, citata dalle fonti con riferimento a un episodio, sia la stessa citata, con la uguale numerazione, in un altro caso. [5] È probabile che fosse stato privato dei diritti civili per la ribellione del padre (vd. pag. 66) e sia ricorso all’espediente di farsi adottare per ridiventare civis Romanus. [6] Che ne aveva sposato la sorella (subito morta di parto) nell’82 a.C. [7] Alcune lettere possono mancare, nelle molte varianti di questa moneta. [8] Popolazione celtica che abitava l’odierna Confederazione Elvetica; ne facevano parte i Tigurini, già alleati dei Cimbri (vd. pag. 51). [9] Negli anni Cesare aumentò progressivamente il numero delle legioni a sua disposizione (arruolandone di nuove e ricevendone una là distaccata da Pompeo), che arrivarono sino a un massimo di 10. [10] Sappiamo che per finanziarle Clodio destinò un quinto delle tasse, pari a 64 milioni di sesterzî: possiamo così stimare in 80 milioni di denarî (320 milioni di sesterzî) le entrate annue del fisco repubblicano. [11] De Bello Gallico, IV, 22. [12] Alcuni autori moderni ritengono che Petrosidio fosse lo stesso aquilifero autore dello sbarco in Britannia, ma è improbabile: infatti, quello apparteneva alla X legione, che non fu sicuramente distrutta ad Atuatuca (probabilmente, la legione distrutta fu la XIV). [13] Il suffisso -rix, -rigis, comune ad altri nomi tramandatici dal De Bello Gallico (come il predetto Ambiorige), equivale al latino rex, regis e dimostra che questi non sono veri nomi di persona, ma titoli nobiliari o soprannomi. [14] Secondo il De Bello Gallico, invece, Avarico non fu distrutta per ragioni sentimentali, essendo l’antica capitale della tribù dei Biturigi, ma sembra una motivazione inconsistente. [15] De Bello Gallico, VII, 84. ILLUSTRAZIONI 58 a.C, denario RRC 422/1 56 a.C, denario RRC 426/1 Ricostruzione grafica del Teatro di Pompeo e via di Grotta Pinta a Roma, che ne ripete la forma Tre denari del 55 a.C.: nell'ordine, RRC 427/2, RRC 428/3 e RRC 430/1 54 a.C., denario RRC 433/2 51-50 a.C., cistoforo di Cicerone9 punti
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Sicilia, recuperato in mare un elmo della battaglia delle Egadi del 241 a.C. Straordinaria scoperta nelle acque delle Egadi: i subacquei riportano in superficie un elmo in bronzo in eccezionale stato di conservazione dall’area della storica battaglia navale delle Isole Egadi del 241 a.C. Con il reperto anche una maniglia in bronzo e armi individuate tramite indagini radiologiche. Un recupero che getta nuova luce su uno degli episodi più significativi della storia antica del Mediterraneo. Nelle acque delle Isole Egadi, lo scorso agosto (ma la notizia è stata data solo stamani), è stato riportato in superficie un elmo in bronzo del tipo “Montefortino”, in straordinario stato di conservazione e completo dei paraguance. A individuarlo e sollevarlo dai fondali sono stati i subacquei altofondalisti della Società per la documentazione dei siti sommersi (Sdss), guidati da Mario Arena, sotto la supervisione della Soprintendenza del Mare, con il supporto dell’Area marina protetta, del Comune di Favignana e della Capitaneria di porto. Il manufatto proviene da un’area di mare carica di memoria: quella in cui, nel 241 a.C., si combatté la battaglia delle Egadi, scontro decisivo della prima guerra punica tra Roma e Cartagine. L’elmo, del tipo utilizzato dalle truppe romane tra IV e I secolo a.C., rappresenta uno dei ritrovamenti più importanti degli ultimi anni, sia per l’integrità del reperto, sia per il contesto storico a cui rimanda. “L’elmo Montefortino è uno dei più belli e completi mai recuperati”, commenta l’assessore ai Beni culturali e identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato. “Questi ritrovamenti non solo arricchiscono la conoscenza storica della battaglia del 241 a.C., ma rafforzano l’immagine della nostra Isola come custode di un’eredità culturale unica al mondo. È un risultato straordinario, frutto del lavoro congiunto della Soprintendenza del Mare, delle professionalità impegnate nelle ricerche e del sostegno di istituzioni e fondazioni internazionali. Continueremo a investire nella tutela e nella valorizzazione di questo patrimonio, consapevoli che rappresenta una risorsa identitaria e culturale fondamentale per la Sicilia”. L’elmo ritrovato L’elmo ritrovato L’elmo ritrovato Il recupero dell’elmo si inserisce in un’attività di ricerca più ampia, che negli anni ha portato alla scoperta di numerosi reperti legati tanto alla battaglia delle Egadi quanto ad altre epoche. Durante la stessa campagna è stata riportata in superficie anche una grande maniglia in bronzo, proveniente dal cosiddetto “relitto del banco dei pesci”, datato al V secolo d.C. La funzione precisa dell’oggetto resta incerta, ma la sua lavorazione e le dimensioni ne fanno un pezzo di grande interesse per gli studiosi. Tutti i reperti recuperati sono stati sottoposti a un primo trattamento conservativo grazie all’intervento delle restauratrici della Sdss. Le operazioni sono state rese possibili anche grazie al contributo del mecenate statunitense Michel Garcia, che ha sostenuto le attività di tutela e conservazione. Parallelamente, le ricerche si sono avvalse delle più avanzate tecniche diagnostiche. Presso lo studio radiologico del dottore Giuseppe Perricone, a Trapani, sono state eseguite tomografie computerizzate (Tac) su circa trenta reperti metallici recuperati in anni precedenti e ancora fortemente ricoperti da incrostazioni. Le indagini hanno permesso di identificare all’interno delle concrezioni spade, lance e giavellotti, armi che furono impiegate nello scontro del 241 a.C. e che per oltre duemila anni sono rimaste celate dal mare. La combinazione tra indagini scientifiche e recuperi subacquei conferma il ruolo centrale della Soprintendenza del Mare nel coordinare attività che uniscono professionalità diverse, dalla ricerca archeologica alla conservazione, fino alla diagnostica radiologica. Il lavoro della Sdss, con il supporto delle istituzioni locali, ha consentito di arricchire un patrimonio che, già oggi, costituisce un unicum nel panorama della ricerca mediterranea. Un ruolo decisivo in questa attività lo ha avuto anche la Rpm Nautical Foundation, fondazione privata statunitense che da anni affianca la Soprintendenza del Mare con proprie risorse e mezzi tecnologici. Grazie all’impiego di una nave oceanografica e a strumenti di indagine avanzati, la fondazione ha contribuito a mappare e documentare i fondali delle Egadi, individuando relitti e aree di interesse archeologico. La battaglia delle Egadi, combattuta il 10 marzo del 241 a.C., rappresentò la conclusione della prima guerra punica. Lo scontro vide la flotta romana, guidata da Gaio Lutazio Catulo, prevalere su quella cartaginese comandata da Annone, decretando la vittoria di Roma e l’avvio della sua supremazia sul Mediterraneo occidentale. I ritrovamenti subacquei di elmi, armi e rostri navali hanno restituito negli ultimi decenni testimonianze concrete di quell’evento epocale, arricchendo il racconto storico con evidenze materiali. Il nuovo elmo Montefortino si aggiunge a questa serie di scoperte, distinguendosi per lo straordinario stato di conservazione. La presenza ancora integra dei paraguance lo rende un reperto rarissimo, capace di offrire agli studiosi dati preziosi sulla tipologia di equipaggiamento utilizzata dai soldati romani e sulle tecniche di fabbricazione del periodo. La sua integrità consente anche di ipotizzare future esposizioni museali, che potrebbero permettere al grande pubblico di ammirare da vicino un oggetto che ha attraversato ventiquattro secoli di storia. Il recupero della maniglia bronzea dal relitto tardoantico e l’identificazione radiologica delle armi testimoniano come l’area delle Egadi non sia soltanto legata alla battaglia del 241 a.C., ma rappresenti un vero archivio stratificato di vicende storiche e commerciali. I traffici marittimi, gli scontri navali e la vita quotidiana delle imbarcazioni trovano eco in questi ritrovamenti, che restituiranno, grazie a futuri studi, ulteriori tasselli di conoscenza. Infine, è stato pulito il rostro numero 25 già recuperato in una precedente campagna: è romano e presenta l’iscrizione “Ser.Solpicio C.F. Quaestor Probavi(t)”, probabilmente: “Servio Sulpicio, questore, figlio di Gaio, approvò”, sottinteso il rostro. Il Gaio, di cui il questore nominato era figlio, potrebbe ipoteticamente essere Gaio Sulpicio, console dal 243 a.C. e dunque in piena prima guerra punica. Il rostro 25 https://www.finestresullarte.info/archeologia/sicilia-recuperato-in-mare-elmo-battaglia-isole-egadi8 punti
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Condivido con gli utenti del Forum interessati alle monete romane repubblicane e non , questo mio raro Asse avente come simbolo sopra la prua di nave l' elmo romano che dovrebbe essere del tipo Montefortino . Mi sono ricordato di avere questo Asse a seguito di aver letto questa recente notizia del ritrovamento nel mare delle isole Egadi di un elmo romano perfettamente conservato , anche delle sue para guance e proprio dello stesso tipo Montefortino in voga principalmente nel periodo repubblicano tra il IV e il I secolo a. C. : https://www.msn.com/it-it/viaggi/notizie/un-elmo-romano-risalente-alla-prima-guerra-punica-è-stato-recuperato-in-sicilia/ar-AA1Moim3?ocid=msedgdhp&pc=U531&cvid=b48153d1b4a24f68aac95785618ae4cb&ei=30 L' Asse in mio possesso pesa grammi 31,1 ed e' classificato come un Cr. 118/1 , forse di conservazione MB , per questo l' ho fotografato con luce radente per meglio far risaltare i rilievi ; nonostante la bassa conservazione credo , per passione personale verso i grandi bronzi repubblicani , che nulla tolga al fascino storico di queste monete .8 punti
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Buonasera a tutto il Forum. Appena aggiudicata all'asta su un noto sito on-line... variante non descritta in nota. Pubblica 1788 con al dritto SICILI anziché SICIL IL Magliocca le assegna R5 come grado di rarità.8 punti
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Buon Pomeriggio a tutti, nel 1892 l'impero austro-ungarico rimpiazzò la monetazione del fiorino con la corona ( 100 hellers = 1 corona austriaca ), quest'ultima durò fino al 1918 quando l'impero fu dissolto. Gli hellers erano monete dal valore nominale di 1-2-10-20 coniate in bronzo, ferro, alpacca, nichelio. Si può notare che nei conii del 1918 a rovescio della moneta nel mezzo dello stemma imperiale, compare lo scudetto-bandiera austriaca : Francesco Giuseppe I° era mancato nel 1916 e l'Austria-Ungheria si stava via via dissolvendo. Con l'acquisto ( in Polonia ! ) di questo lotto completo quasi tutta la serie. Grazie.8 punti
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Ecco a voi la rassegna culturale completa di ciò che troverete nei due giorni del Convegno. Vi aspettiamo 👍🏻8 punti
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Buonasera a tutti, mi fa piacere vedere che questa discussione si sia ripresa dopo un po' di tempo e ne approfitto per condividere questo nuovo 8 tornesi "SICL" che sono riuscito a mettere in collezione. Purtroppo è carente proprio sulla legenda, ma è comunque discretamente visibile e, tutto sommato, non mi sembra malaccio.8 punti
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Buonasera...finalmente ho messo in collezione uno di questi tondelli. In mano una goduria...credo sia in assoluto la moneta in Rame più pesante non solo tra le siciliane ma proprio tra tutte le monete coniate negli stati preunitari...questa pesa 32,74 grammi e anche lo spessore sbalordisce. Monete, tutte quelle di questa tipologia, dal piccolo grano al maggiore da 10, veramente molto rare da trovare in conservazione bb, estremamente rare in spl e praticamente introvabili in fdc! La mia non è in conservazione eccezionale si ferma al qbb e ha la pecca di quella debolezza al centro del rovescio...per il resto datemi anche voi un parere? Non è il millesimo più raro...più rari in questa serie sono i primi due 1801 e 1802 ma moneta cmq rara e di gran fascino anche per la sua "veracità" è quasi rozza...interessante il taglio che come scrivevo si presenta di gran spessore, ma di cui non saprei bene definire il disegno...nei manuali si parla di foglie? A voi la moneta Il taglio non me lo carica!!! È troppo spesso pure per il forum🥲!! 😛8 punti
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Direttamente dal convegno che si è tenuto oggi a Rende, una 37 senza punto dopo HIER Saluto tutti. Raffaele.7 punti
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...e non dimentichiamo che ci sarà anche l'esposizione della Collezione dell'Amico Pierpaolo.7 punti
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Buon pomeriggio a tutti! Quest'oggi vorrei condividere con voi un paio di monete asburgiche coniate con millesimo 1807 all'interno delle zecche imperiali di Kremnitz (B) e Vienna (A) durante il regno di Francesco I d'Asburgo-Lorena: i 15 e 30 Kreutzer in rame "celebri" per il loro generoso modulo. Il pezzo da 15 misura 35,12 millimetri ed ha un peso di 13,12 grammi, mentre, il 30 Kreutzer ha un diametro di 37,50 millimetri e pesa 17,50 grammi. Queste monete, unite ai pezzi da 1 e 3 Kreutzer coniati con millesimo 1812, rappresentano le prime emissioni per il territorio austriaco successive alla caduta del Sacro Romano Impero, avvenimento accaduto il 6 Agosto 1806 in seguito all'abdicazione di Francesco II d'Asburgo-Lorena dalla carica di "Imperatore Eletto dei Romani Sempre Augusto". Dopo essersi nominato, in via preventiva, Imperatore Ereditario d'Austria già nel 1804, l'abdicatario Sacro Romano Imperatore ascende al trono austriaco con il nome di Francesco I preferendo, nei primi conii di questo turbolento periodo, essere indicato come "FRANZ KAISER VON OESTERREICH..." anzichè con la formula latina "FRANCISCUS I DEI GRATIA AUSTRIAE IMPERATOR..." (da lui adottata nelle varie emissioni in piena Età della Restaurazione) per apparire più vicino alla popolazione provando ad acquistare sempre più stima da parte dei suoi numerosi sudditi. Infatti, le iscrizioni che accompagnano l'effigie del sovrano nei conii da 15 e 30 Kreutzer sono in lingua tedesca e recitano: "FRANZ KAIS V OEST KOEN Z HUN BOEH GALIZ U LOD", ossia "Francesco Imperatore d'Austria, Re d'Ungheria, Galizia e Lodomiria" . Nella seconda faccia di queste monete appare, assieme al valore "FÜNFZEHN KREUTZER" (15), "DREYSSIG KREUTZER" (30) e al millesimo 1807, la seguente dicitura "ERBLAENDISCH WIENER ST BANCO ZEIT THEILUNGS MÜNZ" che nella nostra lingua significa "Moneta divisionale coniata per i territori ereditari della Corona Asbugica legata al corso legale del Banco di Vienna". Per comodità, aggiungo qui le varie traduzioni: ERBLAENDISCH, abbreviazione di "Habsburgischen Erblande", domini ereditari della Casa d’Asburgo (Arciducato d'Austria, Regni di Ungheria, Galizia, Lodomiria...); WIENER ST BANCO ZEIT, “Wiener Stadt Banco Zeit”, legata al corso legale del Banco della Città di Vienna. Si riferisce al fatto che la moneta era soggetta alle variazioni di valuta stabilite, in caso di forte crisi, dal Wiener Stadtbanco, la banca centrale austriaca; THEILUNGS MÜNZ, moneta divisionale e di valore frazionario Da appassionato di Storia europea ritengo che queste monete incarnino pienamente il clima tumultuoso seguito alla caduta del Sacro Romano Impero e alla nascita dell’Impero Austriaco: proprio in questo periodo Francesco I, vedendo la sua autorità più volte messa alla prova dall’esercito francese guidato dall'abilissimo Imperatore Napoleone I, avvertì la necessità di rafforzare la propria immagine agli occhi dei sudditi provando a guadagnare la loro stima anche attraverso delle monete più "popolari" e meno "distanti e ieratiche".7 punti
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Buonasera a tutti, siete tutti invitati il 20 settembre, alle ore 11:00, nel salone del Museo Civico Archeologico di Nepi, alla Presentazione dell’ultima fatica letteraria del dott. Fiorenzo Catalli: “Il Mito in tasca” Il volume ci trasporta nell’affascinante mondo della mitologia e della leggenda ma non solo anche della numismatica. Il libro che verrà presentato è una vera e propria guida “tascabile” dei miti e delle leggende dell’era antica. È un delizioso ed utilissimo libro di 156 pagine, pubblicato dalla Casa Editrice DieLLe, di Verona, con ISBN n. 9788899398835, in formato A5, la copertina è 4+4 su carta lucida da gr. 300 plastificata, con allestimento in brossura, il suo costo è di € 18,00. Il giorno della Presentazione del volume, sabato 20 settembre 2025, avremo a disposizione alcune copie, i presenti e i Soci del Circolo potranno usufruire di uno sconto considerevole, al posto di € 18,00 di copertina potranno comprarne una copia al costo di soli € 13,00, fino ad esaurimento scorte. Vi consiglio, quindi, per essere sicuri di trovarne, di prenotarne una copia fin'ora, contattando direttamente via mail il Circolo: [email protected], sarà data precedenza ai Soci del C.N.R.L. ed alle persone che saranno presenti alla Presentazione. Nel volume troviamo alcuni miti conosciutissimi, come quello di Enea e Anchise o il mito delle Dodici Fatiche di Ercole, ed altri meno conosciuti, come il mito di Erittonio o di Frisso e l’ariete. Ogni leggenda narrata è illustrata da dipinti, sculture e monete, dove è rappresentata, che rendono ancora più piacevole la lettura. Il volume è completato dall’Introduzione e dal capitolo iniziale, Mito e leggenda, dove viene spiegata anche l’origine delle due parole, da 41 capitoli, che raccontano altrettanti miti e leggende e, in chiusura, un utilissimo glossario, che racchiude tutte le denominazioni delle monete illustrate e che rende ancora più semplice ed interessante la lettura, anche per chi è digiuno dell’argomento. È un volume sicuramente da non perdere, soprattutto per gli appassionati di Storia e di Numismatica. Il dott. Fiorenzo Catalli non ha bisogno di presentazioni ma ne riporto una breve biografia, a beneficio di tutti noi: Si è laureato nel 1973 in Lettere, con Laura Breglia, presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza. Vincitore del concorso per Funzionario Direttivo nel ruolo Archeologi con specializzazione in Numismatica presso il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e assunto in servizio di ruolo presso la Soprintendenza Archeologica di Roma dal 16 agosto 1979 fino al 31 maggio 2015, con sede di servizio in Via di Sant’Apollinare. Tra il 1999 e il 2006 ha collaborato con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria, con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio e con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale per il riscontro inventariale, la catalogazione e la valorizzazione delle rispettive collezioni numismatiche. Dal 2007 al 2015 ha ricoperto la carica di Direttore del Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana dove ha effettuando il riscontro inventariale, la catalogazione, l’edizione a stampa e on line e la valorizzazione della collezione numismatica, attraverso la pubblicazione a stampa e l’allestimento di mostre temporanee. Dal 2015 ne è stato il Direttore Scientifico. Dal giugno 2015 ha collaborato per il riscontro e la schedatura di collezioni numismatiche con il Polo Museale della Toscana con il Museo Archeologico Nazionale di Firenze, con il Museo Nazionale di Arezzo, con il Museo Etrusco “Guarnacci” di Volterra e con il Museo Archeologico di S. Maria della Scala di Siena. Innumerevoli le sue pubblicazioni, tra articoli e volumi, e le conferenze effettuate.7 punti
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cari amici è da un pò di tempo che non partecipo, per varie vicissitudini personali. voglio condividere con voi le monete che ho messo in collezione in questo periodo:7 punti
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Ciao! Purtroppo concordo, e te lo dice uno che per questa tipologia ne aveva annoverati ben 4 esemplari; tutti belli, tutti non circolati, non lavati, ma, tranne per uno (molto probabilmente un esemplare tra i primi coniati… trovato con una gran botta di fortuna!) sempre caratterizzati da quelle debolezze e/o piccole imperfezioni di conio. I rilievi sono proprio bassi in partenza, e questo dettaglio, unito con l’imprecisione che ancora affliggeva il processo di coniazione, comprometteva la precisione e la nitidezza dei dettagli. Dei quattro che avevo, il suddetto l’ho venduto a trattativa privata. Gli altri due in asta, e mi sono tenuto quello a cui sono più affezionato. Ha i suoi difetti, anche vistosi, ma ha una patina da collezione che parla da sola; e come giustamente riconosci, trovarlo con una patina “di questo tipo” è cosa (già di per sé) molto rara. Ti posto la foto, anche se sicuramente l’avrai già vista @CdC Cortesemente si potrebbe spostare questa discussione in “Regno d’Italia”? L’ideale sarebbe anche rinominarla in “5 Lire 1911 in Fdc: esiste?” molte grazie7 punti
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Nel mio vagare nel mare magnum delle monete mi imbatto periodicamente in qualche particolarità,un inedito o una variante rarissima,in questo caso non si può parlare di variante ma è più corretto chiamarlo errore di punzonatura,in questo esemplare da 3 grana coniato a Napoli nel 1810 durante il regno di Gioacchino Murat troviamo un errore nella legenda al dritto che recita: GIOACCHINO NAP ♢ RE DELLE DUN SIC ... praticamente abbiamo una N anziché la E in DUE che diventa DUN... niente di eclatante ma siccome non ne ho trovate di simili ho pensato di segnalarla...7 punti
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le monete di Massimo sono rare, ma questa in asta attualmente non è solo rara, cosa che a me dice poco, ma è interessantissima per quello che comporta. la sola siliqua nota, RIC 1601 riporta SMBA - Barcellona ma questa riporta SMTR quale è dunque la novità vera... a parte il fatto che sia inedita? Solo recentemente alcune monete di Costante II, figlio di Costantino III sono state assegnate a Saragozza SMCS la 1537, oggi nota anche con il diadema a rosette, è data dal RIC a Treviri - SMTR7 punti
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AGGIORNAMENTO Per prima cosa grazie per la segnalazione, stiamo intervenendo e per semplificare il lavoro abbiamo temporaneamente sospeso la possibilità di iscriversi al forum.7 punti
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Buongiorno,è una moneta spagnola contromarcata "resellada". Il difficile è capire il valore totale con le contromarche, comunque la base dovrebbe essere un 2 maravedis di Filippo II .La contromarca IIII è del 1603 (Filippo III), la contromarca VI è del 1636 (Filippo IV) e la contromarca ReX e la S dall altro verso è di Filippo IV databile al 1658-1659. https://it.numista.com/catalogue/pieces372709.html7 punti
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Interessante. In effetti non esistono propriamente doppie da 17 Paoli. Vorrei ricordare che il termine "Doppia" nella sua accezione originaria significava "2 Scudi d'Oro" (quelli cosiddetti "delle 7 stampe", perché possedevano originariamente le stesse caratteristiche metrologiche nei sette principali stati europei - Stato Pontificio, Spagna, Francia, Napoli, Firenze, Venezia e Genova). Nel 1709 Clemente XI portò il valore dello Scudo d'oro (= mezza doppia) a 16.5 Paoli (alla sua introduzione, nel 1530, ne valeva 10, ma si rivalutò progressivamente). Clemente XII con chirografo del 12 settembre 1733 attuò una riforma monetaria che, tra gli altri provvedimenti, ridusse il peso dello Scudo d'Oro (SO) a 3.082 g (al taglio di 110/libbra) pur mantenendo il valore di 16.5 Paoli (o Giuli). Poi, dopo le coniazioni dello SO negli anni 1734 - 1738, questa moneta non fu più battuta, soppiantata nella sua funzione dallo Zecchino. Con la riforma monetaria di Pio VI furono reintrodotte la Doppia e la mezza Doppia romana (al peso, rispettivamente, di 5.469 e 2.734 g). Il 6 maggio 1786 un editto del Camerlengato portò il valore nominale della Doppia da Scudi 3 a Scudi 3.13 (cioè da Paoli 30 a Paoli 31:3); nel contempo prescrisse che entro 8 mesi tutte le monete d’oro circolanti antecedenti il 1757 fossero portate in zecca per il concambio con moneta di nuovo conio; dopo tale periodo non avrebbero avuto più valore legale ma sarebbero state ricevute al costo della pasta d’oro in esse contenuta. Nel dicembre di quell’anno il prezzo della Doppia fu ulteriormente incrementato a Scudi 3.15 ed il termine del concambio prorogato di 2 mesi e di ulteriori 2 mesi in un bando del marzo successivo (Bollettino di Numismatica on line Materiali n. 76-2019 p.5). Ora se dividiamo per 15 il peso della "mezza Doppia" e moltiplichiamo il risultato per 17 otteniamo 3,098 g, cioè circa il peso della mezza Doppia di Clemente XII dopo la riforma monetaria da lui promossa. E si tratta anche del valore in grammi del peso monetale oggetto della discussione. Posto il 1786 come data "ante quem" (con l'incremento di valore della Doppia non comparve più in essa l'indicazione di "30 P" e nella mezza Doppia quella di "15 P" che risultavano inesatte, ed immagino neppure nei pesi monetali; inoltre il ritiro delle monete pre-1757 avrebbe reso inutili quel tipo di pesi) potrebbe pertanto trattarsi di un peso prodotto e utilizzato nella prima metà del pontificato di Pio VI per valutare il peso del vecchio SO di Clemente XII (= mezza Doppia) che valeva ora 17 Paoli. Non può essere tuttavia escluso che il 17 P approssimi il valore di 16.5 P dello scudo antecedentemente a tale periodo e sia stato utilizzato dunque tra il 1734 e il 1786. Non sono in grado di riconoscere lo stemma: sembrerebbe scorgersi un leone rampante in basso, il che potrebbe richiamare Bologna, ma la definizione della foto è troppo bassa e l'esemplare consunto ...7 punti
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@Adelchi66 Ti chiarisco due aspetti fondamentali: Guadagno personale: se davvero il forum fosse legato esclusivamente a un ritorno economico (che, tra l’altro, non sarebbe neppure un reato visto che è comunque un servizio di cui usufruisci), non avresti comunque ragione. In quel caso non vedresti 3 banner, ma 200, con popup e pubblicità invasive su ogni singolo paragrafo del forum, così come accade altrove. La realtà è che qui la pubblicità è ridotta al minimo indispensabile. Servizio reciproco: Che ti piaccia o no, il forum esiste perché qualcuno lo mantiene, lo aggiorna e paga i costi da 25 anni. Ma è vero anche che vive grazie ai contenuti degli utenti e all’impegno gratuito dello staff che lo tiene in ordine. È un insieme di ingranaggi che fanno funzionare una community di queste dimensioni: ben diverso dall'orologio con un solo ingranaggio da te descritto, senza lancette né quadrante. Sono tutte figure indispensabili, se manca la prima il forum chiude, se manca la seconda il forum è vuoto, se manca la terza il forum è anarchia. Non è difficile da comprendere. Donazioni e sostenibilità: tutte le donazioni sono volontarie e nessuno è obbligato a pagare nulla. Tu stesso puoi continuare a usare il forum gratuitamente, come fai dal 2006 “senza mai cacciare una lira”, e potrai anche vantarti di questo risultato. Potrai farlo finché ci sarà la possibilità di pagare i costi. E quei costi, ti piaccia o no, sono sostenuti anche dagli utenti che hanno deciso di contribuire spontaneamente. Non perché sono stupidi, come cerchi di farli passare. Per questo, ti chiedo almeno di rispettare chi sceglie di “investire 5 / 10 € l’anno” (questa è la media delle donazioni degli utenti) per sostenere il forum. Non sono ingenui né vittime di chissà quale arricchimento personale del sottoscritto. Semplicemente questo è il modello che permette al forum di essere online da un quarto di secolo. Se non fosse sostenibile, oggi non saremmo nemmeno qui a discuterne. Ora però basta, non intendo continuare questa discussione con te. Continua pure a mantenere la linea di pensiero del 2006, non mi interessa. Se hai altro da dirmi "per smuovere" le acque (de che?) scrivimi in privato. Questa torna ad essere una segnalazione di problemi tecnici sullo "scrolling da cellulare".7 punti
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E per concludere, un paio di foto della sala nella quale c’è stato l’evento commerciale. In particolare, una di queste foto è stata scattata intorno alle 19:00, la sala era ancora piena di curiosi. Ricordiamo che questa edizione nella giornata del sabato è durata ininterrottamente dalle 9:00 alle 20:00.6 punti
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Il convegno è stato strutturato anche per avere una forte spinta culturale. Ecco alcune immagini della sala delle relazioni con alta affluenza, cosa non scontata considerando l’ora delle relazioni e ovviamente il convegno al piano di sotto in pieno svolgimento! Oltre che ovviamente anche le mostre ed esposizioni, anche esse parte dell’evento culturale affiancato al convegno vero e proprio! A domani per l’atto conclusivo… in grande stile !6 punti
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Qualche foto di stamattina6 punti
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... Questo mi ricorda alcuni colleghi d'ufficio, ne ho un paio che sono ancora FDC! 🤣6 punti
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Complimenti vivissimi a @jaconico per il suo articolo pubblicato su Cronaca Numismatica: https://www.cronacanumismatica.com/le-alterazioni-di-colore-nella-cartamoneta-italiana/6 punti
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Posto di seguito il mio 12 Carlini, versione con abbreviazione. Qualche segno sul collo … Al solito ogni parere e’ ben accetto! Gabriele6 punti
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Allego la singola locandina dedicata ad uno dei relatori della rassegna culturale. L’evento nel complesso è composto da 3 relazioni dislocate tra sabato e domenica, in cui parleranno 4 relatori. Abbiamo puntato in tutti i casi a realizzare una rassegna composta da un giusto bilanciamento, ovvero sia da giovani che da gente molto esperta. Il professor Carroccio nello specifico è un docente di Numismatica dell’Universita della Calabria. Siamo felici di averlo con noi poiché ci dimostrerà come la numismatica non sia solo un bellissimo hobby ma anche una straordinaria disciplina scientifica con la quale poter costruire in modo accademico spaccati di storia. Idealmente assistere alla sua relazione sarà come essere presente tra i banchi Universitari. Io che ho fatto in passato proprio l’esame di numismatica ricordo ancora le emozioni che provavo mentre ascoltavo le spiegazioni tecniche della mia docente, credevo all’epoca di sapere gran parte di questo magico mondo ma in realtà in quei mesi di frequentazione del corso capii che quello accademico è un approccio totalmente diverso e sentire quelle lezioni mi provocava gran belle soddisfazioni e voglia di apprendere ancora di più le varie tecniche e i vari segreti che cela questa meravigliosa disciplina. Spero che anche per i fortunati che verranno ad ascoltare il Professore sarà così, del resto l’argomento è molto interessante! 😃 Che aspettate? Vi aspettiamo a CALABRIA COLLEZIONA!6 punti
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Buongiorno a tutti! Quest’oggi vi presento un’altra moneta goriziana: un 2 Soldi coniato presso la Zecca di Hall (F) nel 1799 durante il regno del Sacro Romano Imperatore e Conte di Gorizia e Gradisca Francesco II d’Asburgo-Lorena. Il Catalogo Gigante, rif. 4, la riporta come moneta comune. La moneta presenta: al dritto, lo stemma ornato e coronato della Contea formato dal leone rampante di Gorizia unito alle bande di Aquileia e, al rovescio, vengono inseriti su quattro righe entro un cartiglio barocco valore, millesimo e marchio di zecca. Dati ponderali: peso 5,50 grammi, diametro 22 millimetri. Condivido con voi questo breve scritto, da me riadattato qualche tempo fa e tratto dall’articolo “La Contea di Gorizia e la sua monetazione attraverso i tempi” di Franco de Braunizer, relativo alle emissioni monetarie goriziane durante il regno di Francesco II d’Asburgo-Lorena. Nel 1792, il figlio del Sacro Romano Imperatore ed Arciduca d’Austria Leopoldo II d’Asburgo-Lorena ascende al trono con il nome di Francesco II. La situazione europea è ormai drammatica: la Rivoluzione Francese scuote profondamente il Continente e il fenomeno napoleonico è in rapida ascesa. In un simile contesto, pur gravato da enormi responsabilità, l’Imperatore Francesco II mostra attenzione anche al sistema monetario, soprattutto nelle province che da tempo non ricevono riforme in materia economica e finanziaria. La Principesca Contea di Gorizia e Gradisca, che dalla fine del regno di Carlo VI d’Asburgo riceve solo monete spicciole caratterizzate da stilemi riccamente decorati ma molto simili tra loro, è oggetto di un tentativo di riforma. Oltre alla coniazione provvisoria di pezzi da un Soldo e Mezzo Soldo nello stile dei suoi predecessori, l’Imperatore promuove la realizzazione di nuovi modelli, rielaborando quelli già esistenti all’epoca di Giuseppe II e Maria Teresa. A partire dal 1799, si avvia una piccola ma significativa riforma monetaria per la Contea: tra l’ultimo anno del XVIII secolo e il 1802 vengono emessi dei nuovi pezzi, tra cui spiccano un Soldo migliorato sotto il profilo esecutivo ed un inedito pezzo da 2 Soldi significativamente differente da quello emesso nel 1734 da Carlo VI, poiché riprende gli stilemi “semplificati” delle serie da un Soldo coniate con millesimo 1788 all’interno della Zecca di Kremnitz. Il punto culminante di questa rinnovata produzione è rappresentato dalla moneta da 15 Soldi, coniata nel 1802 in mistura d’argento: questo esemplare, frutto di una concezione moderna e di notevole qualità artigianale, segna l'apice della monetazione goriziana. Tuttavia, rappresenta anche la sua conclusione: è l’ultimo pezzo emesso prima della fine dell'autonomia politica e monetaria della Contea di Gorizia e Gradisca sancita dalla Pace di Presburgo del 1805, che porta all’annessione del Veneto, dell’Istria e della Dalmazia al Regno d’Italia Napoleonico. Se qualcuno di voi è interessato, l'altra sera abbastanza sul tardi ho pubblicato qualcosa nella sezione monete moderne di zecche straniere relativamente al Kronenthaler di Giuseppe II d'Asburgo-Lorena...6 punti
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Posto la mia 120 grana del 1808. Ogni parere e’ benvenuto. Gabriele6 punti
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Buon pomeriggio a tutti, oggi vorrei parlarvi di questa monetina ( recentemente aggiunta in collezione ) in bronzo/rame del 1858 da 19 millimetri, un kreuzer ( soldo austriaco ), zecca di Milano che faceva parte della moneta spicciola del lombardo-veneto. Un breve cenno storico-culturale che forse non tutti conoscono ancora - nella parlata veneta soldi o denaro si traduce in schei . Ma da dove arriva questo termine ? A Venezia, la millenaria Serenissima Repubblica fino al 1797, aveva avuto il ducato e la lira veneziana che erano state la valuta legale. Durante la dominazione del '800 da parte dell'impero asburgico nel lombardo-veneto ( 1815-1866 ), le monete che circolavano in maggioranza erano le austriache e quelle del lombardo-veneto appunto, come ad esempio l'esemplare di questa discussione. Alcune avevano in leggenda a diritto la scritta SCHEIDEMÜNZE ( moneta spicciola ), ecco allora che per il popolo diventa schei che significava soldi e questo a tutt'oggi. Ed il ...DEMÜNZE ?? Anche questa porzione finale di scritta in leggenda ha fatto la sua parte : in quegli anni gli austriaci a Venezia avevano imposto la regola che se qualcuno veniva trovato in città senza almeno 5 soldi in tasca ( tasca = scarsèla in dialetto ), poteva essere accusato di vagabondaggio. Pertanto nella parlata dialettale veneziana una piccola somma di denaro veniva chiamata 5 schei de mona ( SCHEIDEMÜNZE ), mona può significare per indicare scherzosamente una persona sciocca ed ingenua; ma può anche essere utilizzata come espressione volgare -. In allegato oltre alle foto della moneta, una foto di un gadget souvenir che si può reperire ed acquistare a Venezia in qualche bottega artistico-artigianale. Grazie per l'attenzione.6 punti
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Dato che sto riordinando il mio piccolo monetiere, posto i miei tre talleri che umilmente compongono le tre tappe dei talleri coniati in Italia. Il primo e’ quello di Umberto (spazzolato ma preso a buon prezzo), il secondo l’Italicum del 1918, ed infine il tallero di MT coniato a Roma. Come sempre ogni parere e’ ben accetto!6 punti
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Gentilissimi amici del Forum, oggi vorrei presentarvi questa monetina da 8 soldi del Ducato di Mantova e del Monferrato, battuta a nome.di Ferdinando I Gonzaga tra il 1612 ed il 1626. Cosa ne pensate? Secondo voi per quale motivo l'usura è tutta al centro del tondello? Potrebbe trattarsi di un conio stanco più che di usura? Grazie mille a chi vorrà intervenire.6 punti
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Buongiorno...oggi una piastra Firmata Securitas in discreta conservazione e con il taglio ben riuscito...cerchi e quadratini belli evidenti. Esistono varianti per il tipo di taglio e per la disposizione a destra o sinistra delle sigle DeG... Moneta praticamente introvabile in fdc. Vorrei aggiungere anche la variante con sigla DeG vicino a R, e di recente mi è sfuggita l'occasione. Moneta questa che mi ha da subito affascinato, è stata la seconda moneta dopo una cingranella, che ho messo in collezione per Carlo di Borbone. Saluti.6 punti
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Conoscendo, anche se solo virtualmente @ACERBONI GABRIELLA e la sua serietà, concordo con chi ritiene che abbia voluto essere ironica, e pazienza se manca la punteggiatura, per una volta può scappare. Chiudiamola qui.6 punti
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Perdonami @tuttologo ma questo tuo atteggiamento non è accettabile. 1. il valore di una moneta dipende dalla conservazione. E' assai probabile che una moneta in buona conservazione valga 50 Euro. Se guardi il venduto vedi che i prezzi di vendita sono variabili. Il pezzo peggiore, venduto a 17 Euro, è in conservazione migliore della tua in cui non si legge nemmeno il valore, ossia non arriva alla conservazione MB. Qui i venduti su ebay: https://www.ebay.it/sch/i.html?_nkw=5+soldi+1675+genova&_sacat=11116&_from=R40&_sop=10&rt=nc&LH_Sold=1&LH_Complete=1 2. é cosa ben nota che i commercianti comprino per rivendere (lo chiamano commercio). Per cui probabilmente lo stesso commerciante pensa di venderla intorno ai 5-8 euro. Però è una vendita difficile. E' Difficile vendere monete in conservazione peggiore di MB, per cui dato che il commerciante assume il rischio che rimanga invenduta, ha valutato di comprarla al valore dell'argento. I soldi sono i suoi e ci fa quello che vuole. 3. é verosimile che il valore della tua moneta si aggiri proprio intorno a quanto detto sopra. Se proprio trovi l'interessato puoi venderla a 10 Euro, ma mi pare difficile. 4. Se ritieni di essere così bravo, vendila tu su ebay a 50 Euro, invece di criticare chi con competenza e pazienza ti aiuta e si becca pure degli insulti. 5. Sarebbe bene scusarti con la comunità. Capisco lo sfogo e la delusione, ma consiglio di modificare i messaggi di sfogo, che ritengo non accettabili.6 punti
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Buongiorno, beh un tuttologo che chiede cos'è quell' oggetto ci mancava... 😁6 punti
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Buonasera...giusto per risollevare questa "discussione/carrellata" di monete napoletane...vi propongo questa...patina marrone-blu bella antica...qualche traccia di malachite, ma un 3 grana con un bel pò di dignità. Dignità nonostante le debolezze e le fratture di conio...ma trattasi di moneta rara, e mio avviso tutto sommato ben conservata. Parlavo con alcuni amici, di come provvederò a metterla in bagno con olio di vaselina puro e cercherò di togliere quelle intrusioni di malachite...per il resto un 3 grana ◇rombo...in questo caso spostato verso l'alto, rami senza bacche, punto di compasso bello evidente e come dicevo fratture di conio che a memoria ho visto solo su un altro esemplare esitato da Ranieri, molto più bello di questo ma con il secondo 1 di 1810 rotto come questo... a memoria ricordo solo questi due ... già il rombetto dopo GRANA nei cataloghi la fa r2...ma da collezionista scrivo che sono più comuni i rombi allineati con GRANA e quelli posti dopo date con le cifre cicciotte... a voi la moneta... leggerò e guarderò volentieri foto di altri esemplari uguali p.s. la posterò anche nella mia discussione "maniacale" ...noche6 punti
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Per essere sicuri sulla cristallizzazione bisogna avere la moneta in mano o che ci siano indicatori inconfutabili, tipo l’aspetto della massa che appare da una rottura. La “ pelle di coccodrillo” si replica con shock termici in ambiente acido , o quantomeno se ne ottiene una imitazione molto plausibile , quindi bisogna andarci con i piedi di piombo. Invece, anche dalla foto , si possono individuare le difformità del disegno che , riportate all’epoca della presunta esecuzione, non avrebbero senso di esistere, perché chiunque avrebbe saputo che una insegna ha un palo per piantarla in terra e l’avrebbe replicato nel conio o nella conchiglia , così come avrebbe saputo che il trespolo aveva la linea orizzontale che arrivava a tutto l’esergo, non una sola parte. Sono difformità esecutive che male si adattano ad una realizzazione fatta in epoca coeva o giù di lì e ambiente metropolitano. Potrebbero essere plausibili in una imitativa, ma , di solito, la parte più scorretta in quelle è la legenda( per ovvi motivi di maggiore difficoltà interpretativa) , mentre un disegno comune come una insegna, oggetto ben presente in qualsiasi cultura dell’epoca, difficilmente sarebbe stato eseguito in modo errato. Diverso il discorso se la realizzazione fosse molto posteriore e l’esecutore non avesse avuto ben chiaro cosa doveva rappresentare e neanche che , per una augusta, un rovescio militare fosse estremamente improbabile.6 punti
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Moneta effettivamente slabbata MS63. Anche se c'è da dire che la luce della foto effettivamente non sia il massimo, a me non da una piacevole sensazione di altissima qualità. Nel granding americano gli avrei dato un 62. Forse sarà per il conio un po usurato, la superficie del modellato e i dettagli mi sembrano impastati. Per il rovescio su questa moneta osservo sempre la parte posteriore e il dorso del cavallo in primo piano. Con tutti i dubbi che la foto oggettivamente comporta, non mi trasmette una sensazione di metallo "untouched". Per confronto allego una moneta in FdC. (ex Negrini 38, ex listino Mazzarino). Anche se la foto non è in altissima conservazione è tuttavia sufficiente per poterne apprezzare la bellezza dell'esemplare. I dettagli sopra citati in questo esemplare sono non solo meglio definiti, ma soprattutto presentano una pulizia nel modellato, nei campi e in generale nel metallo, molto piacevoli. Confrontate la zona del cavallo sopra citata come qui appaia più fresca, più "pulita". Certamente l’esemplare in oggetto rimane una moneta gradevole, ma secondo me non è da farci "follie". La patina non mi convince pienamente. Occhio al ciglio, qualche tacchetta ce l'ha. Ciao, si, questi dettagli sono coniati "quasi evanescenti" per capirci. Ti allego un ritaglio in alta risoluzione di un esemplare in alta qualità dove puoi osservare il rilievo "un po meglio". Mi spiace fare sempre il guastafeste e smorzare l'entusiamo. Ma la "bava di conio", molto spesso chiamata in causa, non è questa. Se proprio vogliamo chiamarla così, questa dovrebbe essere un sottilissimo bavero di metallo, molto “tagliente”, ma che per la sua sottigliezza spezza come appena tocca qualcosa. Quello che si vede nella foto non è altro che un normale esubero di metallo scaturito all'atto della battitura della pressa. Lo troviamo anche in esemplari in bassa conservazione. Allego delle foto prese da ebay per rendere l'idea. Il modo migliore per constatare l'altissima conservazione rimane sempre la brillantezza del metallo e la "pulizia" del modellato. Problemi di coniazione (come debolezze di conio, riscontrabili in queste tipologie) potrebbero falsare la regolarità di dettagli e rilievi; per questo motivo non è mai consigliabile giudicare la conservazione unicamente su questi parametri6 punti
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Volevo brevemente ricollegarmi a questa discussione per una recente esperienza personale da riportare. Ho acquistato una moneta in asta Heritage, di basso costo. A parte i diritti d'asta abbastanza sostenuti, la cosa più seccante è stata una spesa per la spedizione di quasi 70 dollari, che rappresentavano quasi il 50% del prezzo della moneta, per non parlare degli oltre 50 euro di spese per il bonifico bancario, una vera e propria rapina. Ma pazienza! La cosa invece interessante, che si ricollega a questa discussione, è stata l'IVA. Onestamente non pensavo che l'aliquota ridotta fosse applicata immediatamente, pertanto ho inviato al corriere e conseguentemente alla dogana la solita dichiarazione che richiedeva un aliquota pari al 10%, unitamente a tutta la documentazione che provava le spese di acquisto (per loro nel valore c'è anche la spedizione e l'assicurazione, purtroppo...). Sorprendentemente, sono stato ricontattato dal corriere, il quale mi ha chiesto di rifare la dichiarazione, chiedendo l'aliquota del 5%, poiché questa è andata a sostituire la precedente del 10%. Pertanto, notizia positiva immagino per tutti, posso dire che anche sulle monete è applicata la nuova aliquota agevolata. Per chi dovesse avere bisogno della bozza del testo della dichiarazione da inviare in dogana, questo è quello che mi è stato fornito dal corriere stesso: "Il sottoscritto (cognome, nome e codice fiscale)__________ con riferimento alla spedizione n. awb____________ Dichiara trattasi di ___________, Dichiara altresi' che tale merce, in quanto avente valore numismatico rientra nell’allegato della tabella prevista dal D.L. n. 95/2025, e' soggetta ad IVA al 5%".6 punti
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