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Spero di ravvivare questa sezione del forum presentando il mio ultimo acquisto della monetazione dei Camerlenghi. Classificata al CNI 2, Munt.2, è la Quadrupla del Camerlengo Barberini 1655 con l' Esergo senza la scritta ROMA. Proviene dell'asta NOMISMA 22 del Settembre 2002, lotto n° 1009.20 punti
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Ciao a tutti! Adesso andiamo ad occuparci di una questione che fino all’anno scorso non si poneva e che quasi nessuno di noi avrebbe mai immaginato. Sono già due volte che, in prima persona, mi capita di assistere a spiacevoli situazioni causate da immagini che – in teoria – dovevano soltanto essere elaborate da un’AI per rimuovere lo sfondo e migliorare la qualità, ma che invece, loro malgrado, hanno fatto un disastro e dato origine a malintesi. La prima volta si trattava di una banconota in vendita: l’elaborazione era talmente stramba da sembrare uscita dal taccuino di schizzi di Picasso. Fortuna che, dopo aver contattato la persona coinvolta, la faccenda si è chiarita subito - complice anche l’intervento di un gruppetto di numismatici, pronti a difendere (sì, ma in modo pacifico e civile) ogni banconota come se fosse l’ultima reliquia del mondo conosciuto. La seconda volta, invece, si trattava di una moneta ed è successo qui sul forum. A parte un paio di soggetti, nessuno ha avuto la minima voglia di chiarire l'accaduto con un briciolo di buona volontà e, come un copione ormai stanco, la discussione è degenerata in accuse ed insulti travestiti da opinioni. In entrambi i casi, è stato poi spiegato che era stato utilizzato un programma per rimuovere/modificare lo sfondo, aggiungere un testo o aumentare la luminosità. A questo punto, ho pensato fosse arrivato il momento di fare chiarezza e tirare le prime somme. Ci sono tre IA di punta che, bene o male, abbiamo a disposizione sui nostri dispositivi: ChatGPT, Gemini e Copilot. Le ho utilizzate per documentare il metodo con la stessa procedura, in modo da garantire la replicabilità dei risultati. Il prompt usato è stato sempre lo stesso "remove background noise and improve image quality" (rimuovi il rumore di fondo e migliora la qualità dell'immagine) in inglese, perché tanto le AI traducono tutto ciò che gli diamo in pasto, e così ho cercato di eliminare possibili fonti di errore. Iniziamo con una moneta che mi hanno dato di resto: qui l'immagine originale, scattata mettendo la moneta su di una bella tovaglietta, come vedo spesso nelle foto postate sul forum per vari motivi. Non commento le foto di Copilot e ChatGPT, sono simili in quanto la base tecnologica è la stessa, ma sembra che abbiano creato una nuova valuta: l'"EurOvo". La foto di Gemini è più interessante: venuta benino, nevvero? Ma se guardiamo i dettagli, ecco che ci sono delle incongruenze. ============================ Parte seconda: Che c'hai mille lire? Copilot e ChatGPT anche qui hanno dato risultati… patetici (come per la banconota citata in apertura che era una catastrofe simile) Gemini anche qui sforna un'immagine migliore e la natura della banconota è rimasta inalterata - con tutti i difetti e le pieghette - ma come prima da non vedere da vicino: Gli ingrandimenti delle firme dell'Azeglio e delle scritte che vengono in parte storpiate o del tutto omesse: 6 OENHAIO 1882 ? Il leone del contrassegno poi guardatelo con calma, cliccando sulle immagini, queste si ingrandiscono. ============================ Concludendo: morale della favola? In un'altra discussione sono state richieste "foto nitide [...] non “artefatte/modificate/elaborate con qualsivoglia programma informatico” (Cit. @oppiano): devo dire che le immagini che io posto da sempre sul forum sono tutte modificate al piccì, come minimo per es. ritagliate. Ed allora come facciamo? I programmi che uso io non hanno (almeno fino ad adesso) funzioni AI e gli strumenti sono meri attrezzi digitali. Ma posso esserne veramente sicuro? Devo confrontare adesso l'immagine pre- e post-produzione per determinare eventuali modifiche indesiderate? Come sempre, bisogna stare al passo con il mondo che cambia: ieri come oggi ci sono trappole ovunque. Conoscerle è l’unico modo per evitarle, ma non tutti hanno la stessa dimestichezza con le nuove tecnologie - e questo non è certo un difetto, ma solo una realtà da accettare. Ricordo per l'occasione il motto “in dubio pro reo”, anche perché vedo che questo è un trend che sta avanzando. Chi non era al corrente di quanto descritto sopra ed ora ha letto il mio post, adesso ha a disposizione una rosa di informazioni ed esempi che spero possano facilitare in futuro sia l'analisi che il giudizio. njk 😁15 punti
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Ultimo ma spero di no, acquisto in asta. Un doppio orecchio (quasi triplo) che non avevo di una piastra 1855. Se vi piace mette tanti like 😄 Spero nell'arrivo perchè ogni tanto i corrieri fanno i capricci, secondo alcuni oltre a pagare la spedizione dovremmo stare a casa quando vogliono loro e no viceversa........ poi casomai approfondisco.14 punti
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Buongiorno, sperando di fare cosa gradita, allego una recentissima decisione della Corte di Cassazione Penale (n. 32166 depositata il 29 settembre 2025) sul tema del legittimo possesso dei beni di interesse numismatico. Al di là del richiamo di principi già noti e a più riprese affermati dalla giurisprudenza, la decisione pare offrire un interessante spunto di riflessione laddove statuisce che: "Invero, questa Corte (Sez. 3, n. 45983 del 12/11/2021, De Falco, cit.) ha chiarito che, con riferimento ai beni provenienti dalle collezioni numismatiche, non può non tenersi conto del fatto che il codice Urbani conferma implicitamente la possibilità che i beni di interesse culturale siano posseduti da soggetti privati, in particolare qualora il Ministero competente non abbia dichiarato di interesse culturale le cose, in quanto aventi caratteristiche di eccezionalità. In questi casi devono considerarsi incluse le collezioni numismatiche, delle quali risulta lecito il possesso se acquistate presso rivenditori commerciali od altri collezionisti, [...]. Nel caso in esame, tuttavia, il giudice dell'esecuzione ha spiegato che le monete riferibili all'area di circolazione italiana, delle quali si chiedeva la restituzione, fossero prive di documentazione tale da comprovarne l'acquisizione attraverso canali commerciali regolari secondo la vigente normativa (tramite commercianti dotati di registri di carico e scarico per il commercio di cose antiche)". In buona sostanza la Corte, pur confermando il provvedimento di confisca che aveva attinto l'imputato, ha precisato che se quest'ultimo fosse risuscito a dimostrare di aver acquistato le monete attraverso canali di vendita regolari (e, dunque, fosse stato in possesso della relativa documentazione) avrebbe potuto (verosimilmente) ottenere la restituzione delle stesse. Buona lettura. Cass. pen. sez. III 29 settembre 2025 n. 32166.pdf12 punti
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oggi mi sono regalato queste opere..e con queste sono a 970 volumi...10 punti
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Lotto 1882 - Asta Gadoury - Auction XIX – Monaco 2025 - 4/10/2025 Vittorio Emanuele III 1900-1946 Prove e Progetti 10 Centesimi 1919 PROVA Roma, Ape, Cu 5.44 g. Ref : Pagani Prove n. 350, Luppino n. PP272 Grading : SP 66 RB Conservation : FDC. Rarissime https://www.biddr.com/auctions/gadoury/browse?a=6119&l=7522364 https://www.pcgs.com/cert/576252099 punti
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Un successo straordinario: Grazie a tutti Ancora con gli occhi pieni di gioia e il cuore gonfio di gratitudine, guardiamo queste immagini che raccontano un'esperienza indimenticabile: Calabria Colleziona 2025 è stato un vero trionfo! Dalle foto si evince chiaramente l'enorme affluenza e l'atmosfera vibrante che ha animato ogni angolo dell'evento. Stand affollati, sorrisi, scambi appassionati e momenti di approfondimento hanno dimostrato che il collezionismo è più vivo che mai, specialmente qui in Calabria! Il successo di questa manifestazione è frutto di un lavoro di squadra eccezionale e di una visione ben precisa: Mettere al centro l'aspetto culturale. E in questo, la superba direzione del direttore Nicolò Giaquinta @jaconico è stata la nostra stella polare, garantendo una qualità e un'attenzione ai dettagli che hanno fatto la differenza. Un grazie immenso per la sua inesauribile passione! Un ringraziamento di cuore va ai nostri relatori di altissima qualità: Mattia Rescigno @Mattia Rescigno_ Salvatore Rubino e il Professore Caroccio, che con le loro profonde conoscenze hanno arricchito ogni sessione, trasformando la curiosità in vera cultura. E come non menzionare le due mostre di spessore, curate egregiamente da Pierpaolo Pisano e dallo stesso Nicolò, che hanno offerto percorsi espositivi unici e coinvolgenti. Dietro a tutto questo c'è l'impegno instancabile dei soci e l'organizzazione impeccabile di Collezionare RENDE Associazione Culturale. Un applauso speciale al nostro Presidente, Marco Mele, la cui innata pacatezza, saggezza e cortesia sono state un faro in ogni momento. E un grazie di cuore a tutto lo staff, veri pilastri dell'evento: Enrico Reda e Biagio Antonio Mazzulla per la loro energia e il loro supporto costante. Le loro gentilissime signore, che hanno gestito ogni aspetto con grazia e precisione. Il nostro esperto grafico Alessandro Berardi, che ha dato forma alle nostre idee. Il nostro energico commercialista Marco Bonaro, sempre prezioso e presente. Il vulcanico Francesco Salerno, un'anima trainante e insostituibile. Un ringraziamento speciale a Marika, compagna del nostro Nicolò, per il suo fondamentale supporto nel video marketing e nella grafica: La sua creatività ha dato voce e immagine al nostro evento! Sono onorato di aver dato il mio contributo in questa nuova, entusiasmante avventura. E come non menzionare il carissimo Antonio Pezzulli per tutto l'affetto sincero e la mia compagna di vita Alessia Mele, il cui supporto morale e logistico è stato fondamentale. Mi avete coccolato e fatto sentire davvero speciale. Grazie a tutti gli amici che, ancora una volta, vi siete adoperati con grandi sacrifici economici e fisici per la buona riuscita dell'evento. Posso tranquillamente definirlo: "Un Grande Successo!" Ma nulla nasce per caso! L'obiettivo principale era fare rumore, distinguerci da tanti eventi "visti e rivisti", mettendoci anima, cuore e passione, tratti identitari non comuni a tutti. Crediamo nel nostro piccolo di esserci riusciti! Vi aspettiamo per la nuova edizione, ancora più entusiasti, comunicativi, energici e reattivi...con il nostro motto di sempre: "Più siamo...più ci divertiamo!" E per la futura edizione, il nostro motto sarà "Calabria Colleziona: Energia pura, cultura ed avventura!"9 punti
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Cari amici, il Gruppo Numismatico Quelli del Cordusio vuole presentare ed invitarvi all'evento MILANO NUMISMATICA 2025, evento che quest'anno abbiamo fortemente voluto condividere con ben 4 altre importanti realtà associative ( NIP, ANIT, CNI e col Patrocinio di FICN ) col fine di creare il 25 ottobre 2025 un momento di confronto, dialogo e condivisione con chi ama la nostra comune passione che è la numismatica. L'evento si terrà come al solito all'Hotel Sina de la Ville, Via Ulrico Hoepli 6, Milano, Sala Duomo, 1° piano. Milano Numismatica sarà condivisione ma anche come sempre un evento contenitore divulgativo/culturale per collezionisti, studiosi e appassionati di numismatica. Un service a favore della numismatica, del collezionismo numismatico, della cultura, dei valori, dei giovani con ben due Premi per loro, col Gazzettino di Quelli del Cordusio n.12 che verrà presentato dagli autori e che verrà consegnato ai presenti interessati in modo gratuito quel giorno come consuetudine del Gruppo Numismatico di Quelli del Cordusio. Numerosi e autorevoli relatori provenienti da altri ambiti associativi ci accompagneranno durante la giornata numismatica. Seguirà il Workshop sui tavoli tematici condotti da Professionisti esperti della NIP sulla conservazione e qualità delle monete. Essendo i posti limitati si prega prenotare in modo sollecito per essere sicuri di poter partecipare all'evento. Vi allego la locandina di MILANO NUMISMATICA 2025 con programma e info nell'attesa di potervi vedere e salutare quel giorno. Mario Limido Responsabile Gruppo Numismatico Quelli del Cordusio8 punti
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Buona domenica, condivido volentieri uno degli ultimi acquisti entrati in raccolta. Trattasi di una Doppia del 1767 di Carlo Emanuele III esitato in asta Nomisma Spa 74 del 5-6/9/2025 con il Lotto 1748 così descritto in Catalogo: Carlo Emanuele III (1755-1773) Doppia 1767 - Nomisma 123 (indicato R/5 senza alcuna valutazione per ogni conservazione!) AU (g 9,63) RRRRR Col 1761 ed il 1768, il millesimo 1767 risulta il più raro di tutta la serie delle doppie che va dal 1755 (probabilmente l'anno più comune) al 1772. Anche se non sono note le tirature dei singoli anni sicuramente ne vennero battuti pochissimi esemplari di cui questo rappresenta sicuramente il migliore apparso. Grading/Stato: SPL. Ex Nomisma Aste Srl n. 6 4/5/2024, lotto 552. Ex Nomisma Spa n. 68 2/9/2023, lotto 1181. Ex Gadoury 15/10/2022, lotto 719: Carlo Emanuele III Secondo Periodo 1755-1773. Doppia Nuova, Torino, 1767, AU 9.65 g. Ref : Cud. 1053l (R10), MIR 943, Biaggi 808i, Fr. 1105. Conservation : NGC AU 55. Rarissime. Top Pop: le plus bel exemplaire connu.8 punti
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Salve. Ho pensato di pubblicare questo mio Ducato 1684 di Carlo II. Gr. 28,10. A me non sembra male. Cosa ne pensate? Grazie.8 punti
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Sicilia, recuperato in mare un elmo della battaglia delle Egadi del 241 a.C. Straordinaria scoperta nelle acque delle Egadi: i subacquei riportano in superficie un elmo in bronzo in eccezionale stato di conservazione dall’area della storica battaglia navale delle Isole Egadi del 241 a.C. Con il reperto anche una maniglia in bronzo e armi individuate tramite indagini radiologiche. Un recupero che getta nuova luce su uno degli episodi più significativi della storia antica del Mediterraneo. Nelle acque delle Isole Egadi, lo scorso agosto (ma la notizia è stata data solo stamani), è stato riportato in superficie un elmo in bronzo del tipo “Montefortino”, in straordinario stato di conservazione e completo dei paraguance. A individuarlo e sollevarlo dai fondali sono stati i subacquei altofondalisti della Società per la documentazione dei siti sommersi (Sdss), guidati da Mario Arena, sotto la supervisione della Soprintendenza del Mare, con il supporto dell’Area marina protetta, del Comune di Favignana e della Capitaneria di porto. Il manufatto proviene da un’area di mare carica di memoria: quella in cui, nel 241 a.C., si combatté la battaglia delle Egadi, scontro decisivo della prima guerra punica tra Roma e Cartagine. L’elmo, del tipo utilizzato dalle truppe romane tra IV e I secolo a.C., rappresenta uno dei ritrovamenti più importanti degli ultimi anni, sia per l’integrità del reperto, sia per il contesto storico a cui rimanda. “L’elmo Montefortino è uno dei più belli e completi mai recuperati”, commenta l’assessore ai Beni culturali e identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato. “Questi ritrovamenti non solo arricchiscono la conoscenza storica della battaglia del 241 a.C., ma rafforzano l’immagine della nostra Isola come custode di un’eredità culturale unica al mondo. È un risultato straordinario, frutto del lavoro congiunto della Soprintendenza del Mare, delle professionalità impegnate nelle ricerche e del sostegno di istituzioni e fondazioni internazionali. Continueremo a investire nella tutela e nella valorizzazione di questo patrimonio, consapevoli che rappresenta una risorsa identitaria e culturale fondamentale per la Sicilia”. L’elmo ritrovato L’elmo ritrovato L’elmo ritrovato Il recupero dell’elmo si inserisce in un’attività di ricerca più ampia, che negli anni ha portato alla scoperta di numerosi reperti legati tanto alla battaglia delle Egadi quanto ad altre epoche. Durante la stessa campagna è stata riportata in superficie anche una grande maniglia in bronzo, proveniente dal cosiddetto “relitto del banco dei pesci”, datato al V secolo d.C. La funzione precisa dell’oggetto resta incerta, ma la sua lavorazione e le dimensioni ne fanno un pezzo di grande interesse per gli studiosi. Tutti i reperti recuperati sono stati sottoposti a un primo trattamento conservativo grazie all’intervento delle restauratrici della Sdss. Le operazioni sono state rese possibili anche grazie al contributo del mecenate statunitense Michel Garcia, che ha sostenuto le attività di tutela e conservazione. Parallelamente, le ricerche si sono avvalse delle più avanzate tecniche diagnostiche. Presso lo studio radiologico del dottore Giuseppe Perricone, a Trapani, sono state eseguite tomografie computerizzate (Tac) su circa trenta reperti metallici recuperati in anni precedenti e ancora fortemente ricoperti da incrostazioni. Le indagini hanno permesso di identificare all’interno delle concrezioni spade, lance e giavellotti, armi che furono impiegate nello scontro del 241 a.C. e che per oltre duemila anni sono rimaste celate dal mare. La combinazione tra indagini scientifiche e recuperi subacquei conferma il ruolo centrale della Soprintendenza del Mare nel coordinare attività che uniscono professionalità diverse, dalla ricerca archeologica alla conservazione, fino alla diagnostica radiologica. Il lavoro della Sdss, con il supporto delle istituzioni locali, ha consentito di arricchire un patrimonio che, già oggi, costituisce un unicum nel panorama della ricerca mediterranea. Un ruolo decisivo in questa attività lo ha avuto anche la Rpm Nautical Foundation, fondazione privata statunitense che da anni affianca la Soprintendenza del Mare con proprie risorse e mezzi tecnologici. Grazie all’impiego di una nave oceanografica e a strumenti di indagine avanzati, la fondazione ha contribuito a mappare e documentare i fondali delle Egadi, individuando relitti e aree di interesse archeologico. La battaglia delle Egadi, combattuta il 10 marzo del 241 a.C., rappresentò la conclusione della prima guerra punica. Lo scontro vide la flotta romana, guidata da Gaio Lutazio Catulo, prevalere su quella cartaginese comandata da Annone, decretando la vittoria di Roma e l’avvio della sua supremazia sul Mediterraneo occidentale. I ritrovamenti subacquei di elmi, armi e rostri navali hanno restituito negli ultimi decenni testimonianze concrete di quell’evento epocale, arricchendo il racconto storico con evidenze materiali. Il nuovo elmo Montefortino si aggiunge a questa serie di scoperte, distinguendosi per lo straordinario stato di conservazione. La presenza ancora integra dei paraguance lo rende un reperto rarissimo, capace di offrire agli studiosi dati preziosi sulla tipologia di equipaggiamento utilizzata dai soldati romani e sulle tecniche di fabbricazione del periodo. La sua integrità consente anche di ipotizzare future esposizioni museali, che potrebbero permettere al grande pubblico di ammirare da vicino un oggetto che ha attraversato ventiquattro secoli di storia. Il recupero della maniglia bronzea dal relitto tardoantico e l’identificazione radiologica delle armi testimoniano come l’area delle Egadi non sia soltanto legata alla battaglia del 241 a.C., ma rappresenti un vero archivio stratificato di vicende storiche e commerciali. I traffici marittimi, gli scontri navali e la vita quotidiana delle imbarcazioni trovano eco in questi ritrovamenti, che restituiranno, grazie a futuri studi, ulteriori tasselli di conoscenza. Infine, è stato pulito il rostro numero 25 già recuperato in una precedente campagna: è romano e presenta l’iscrizione “Ser.Solpicio C.F. Quaestor Probavi(t)”, probabilmente: “Servio Sulpicio, questore, figlio di Gaio, approvò”, sottinteso il rostro. Il Gaio, di cui il questore nominato era figlio, potrebbe ipoteticamente essere Gaio Sulpicio, console dal 243 a.C. e dunque in piena prima guerra punica. Il rostro 25 https://www.finestresullarte.info/archeologia/sicilia-recuperato-in-mare-elmo-battaglia-isole-egadi8 punti
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Dato che mi chiedi (giustamente) da dove discende l'ipotesi che ho esposto al post #23 di questa discussione, ti spiego. L’esperienza mi insegna che le sentenze non riportano mai tutti i fatti che hanno caratterizzato l’iter processuale, ragion per cui molto spesso alcuni passaggi motivazionali, agli occhi del lettore che di quel processo non è stato parte (come il sottoscritto), possano risultare contraddittori o, peggio, illogici. Poiché mi rifiuto di credere che la decisione contenga una contraddizione tanto macroscopica come quella evidenziata da @gioal , mi sforzo di leggere “tra le righe” della motivazione. Ciò premesso, la mia interpretazione non può che fondarsi solo ed esclusivamente sui seguenti dati testuali. Nella parte in “fatto” della pronuncia si legge che: “Deduce ancora la difesa che il privato può rivendicare la proprietà dei beni archeologici, che si presumono di proprietà statale, fornendo la prova che […] c) i reperti siano stati acquisiti in epoca anteriore alla entrata in vigore della legge n. 364 del 1909, ad eccezione del collezionista, per il quale non si applica la presunzione di appartenenza allo Stato. Pertanto, essendo il ricorrente un collezionista numismatico ed avendo prodotto fatture di acquisto di esemplari numismatici, che ne comprovano l'acquisto attraverso legittimi canali, diversamente da quanto affermato nella ordinanza impugnata, il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto disporre la restituzione al ricorrente di tutte le monete, dal momento che le fatture di acquisto prodotte erano idonee a provare il legittimo possesso da parte del ricorrente di tutti i reperti”. In definitiva, sembrerebbe che una delle argomentazioni spese dalla difesa sia stata la seguente: (i) la presunzione di appartenenza allo Stato non si applica al collezionista; (ii) il ricorrente è un collezionista, qualità che ha comprovato di possedere attraverso la produzione di fatture di acquisto di esemplari numismatici (si badi, non è specificato “degli esemplari di cui si chiede la restituzione”); (iii) quelle fatture, poiché documentano l’acquisto di esemplari numismatici (si, ma di quali, mi domando), sono idonee a provare il legittimo possesso di tutte le monete (e, quindi, devo desumere che si intendesse sostenere, anche di quelle che detta documentazione di acquisto non possedevano). Secondo me, ciò che traspare dalla lettura è che la documentazione di acquisto fornita dalla difesa fosse esclusivamente finalizzata a provare che l’imputato fosse aduso all’acquisto di monete e, quindi, che fosse un collezionista, così da poter legittimare il possesso anche di monete che – pur presenti in collezione – risultavano tuttavia prive di documentazione comprovante l’acquisto (interpretazione che risulterebbe pure coerente con la premessa svolta dalla difesa che, come ricordato sopra, tra le altre cose deduceva che al collezionista “non si applica la presunzione di appartenenza allo Stato”). Perché altrimenti non enfatizzare espressamente la circostanza (probabilmente dirimente) che la documentazione fornita fosse riferibile proprio alle monete oggetto di sequestro e successiva confisca? E che lo scopo della documentazione fornita dall’imputato fosse, evidentemente, quello di provare la qualità di collezionista piuttosto che di provare l’acquisto delle specifiche monete non restituitegli, lo si evince ulteriormente – a mio avviso – dalla posizione che la Corte prende sul punto, affermando che: “1.3. Neanche è persuasivo il riferimento alla figura del collezionista numismatico, che il ricorrente afferma e documenta di essere”. E’ la stessa Corte, in altri termini, a raccontarci che il ricorrente ha documentato di essere un collezionista ma non anche di aver acquistato legittimamente pure quegli esemplari che, presenti nella sua collezione, sono tuttavia risultati privi di documentazione di provenienza. Magari le mie sono solo elucubrazioni mentali. Una cosa però è certa: la Corte non scrive da nessuna parte che l’acquisto tra privati non vale a conferire legittimità al possesso dei reperti. Non lo dice neanche il Codice dei Beni Culturali, come giustamente qualcuno in questa discussione ha già fatto rilevare. Saluti.7 punti
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Egregi "la monetiani". Anche quest'anno vi presento la manifestazione VENEZIA NUMISMATICA in qualità di referente, giunta alla sua X^ edizione, che si terrà il giorno 11 ottobre 2025, dalle 9.00 alle 17.00, sempre presso il Novotel, sito in Via Ceccherini 21, immediatamente adiacente all’uscita Castellana della Tangenziale di Mestre.. La formula è la medesima che è sempre apprezzata dal mercato: sicurezza e qualità. Quest'anno abbiamo ricevuto anche il patrocinio della NIP, che ha inserito la manifestazione Venezia Numismatica tra quelle consigliate, richiamate nella pagina FB dell'Associazione a cui mi fregio di appartenere ormai da 15 anni https://www.facebook.com/peritinip Saranno presenti anche le autorità del Comune di Venezia per l’inaugurazione, Comune che ha concesso anche il patrocinio alla manifestazione. L'appuntamento, che si rinnova dal 2016, è diventato un appuntamento apprezzato per : - la signorilità dell'ambiente; - la qualità dei commercianti presenti; - la possibilità di potersi godere la visione delle monete senza la preoccupazione e la concitazione presente nelle altre manifestazioni. A tal proposito alcune considerazioni. La SICUREZZA per noi è il VALORE ASSOLUTO. Gli episodi che hanno toccato tanti commercianti, me compreso, mi hanno spinto, due anni fa, ad adottare una procedura di registrazione all'evento, oltre a potenziare la presenza della Vigilanza armata. Questa procedura, a parte qualche naturale diffidenza, è stata non solo compresa (perché fatta a tutela di tutti coloro che accedono alla manifestazione), ma anche appoggiata. A titolo informativo due anni fa tutto questo insieme di iniziative e di procedure ha permesso di individuare e monitorare due soggetti sospetti che sono stati controllati dalle Forze dell'Ordine presenti, e che si sono allontanati senza ulteriori problematiche. Mentre l’anno scorso un soggetto, straniero, che non ha voluto fornire le sue generalità, non è stato fatto entrare. Il sito di appoggio per la registrazione è numismaticaitalia.com, dove ci sarà un'apposita sezione dedicata e dove sono annotate le indicazioni logistiche per poter arrivare al sito nella maniera più consona. Ringraziamo Imago7, https://imago7.it con la sua titolare Antonella Bruno, azienda specializzata nell'organizzazione di eventi con molti famosi brand a livello nazionale ed internazionale che ci supporta per la parte comunicazione e social. Ci sarà anche una sezione culturale, seguita dal Sig. Giuseppe Magnabosco, con due memorie, della quale inserirò il programma e che si terrà sempre nell’adiacente Sala Firenze. Sempre a disposizione e tenetevi in contatto!!! Stefano Palma – alias Sivis7 punti
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Su questo forum si è molto discusso se le monete napoletane in rame fossero di rame puro o di bronzo. In questo caso le carte sono rivelatrici. Cesare Coppola, maestro della zecca di Napoli, il 20 febbraio 1785 descrive l'impellente bisogno della "rifazione della moneta di rame" poiché circola sfigurata e logora ed è causa di risse. Nel lungo documento, il Coppola nell'argomentare la richiesta - tra le altre cose - riporta un elemento a noi importante risultante dalla proposta del colonnello di artiglieria Michele Castagna di utilizzare, per la coniazione della nuova moneta, i cannoni in bronzo in disuso presso la Regia darsena. Questo lo stralcio di documento. ASNA, Ministero delle finanze, busta 2136.7 punti
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Ciao @Gallienus, A me lascia molte perplessità. Bordo irregolarissimo, impreciso e assente. Gli incusi sono fatti molto male, imprecisi, deboli e poco impressi. Il modellato mi pare approssimativo e questo a prescindere dalla bassa conservazione; osserva la base della legenda al D/, dovrebbe essere dritta, netta, invece è approssimativa e incerta (il bordo poi al D/ è imbarazzante, guardala bene, da sx c'è [ma è davvero minimo] fino a scomparire e fondersi con la dentellatura proprio nella zona D'ITALIA). Se fosse incastonata, non dovrebbe avere compromesso gli incusi, tanto meno il bordo. dettaglio della legenda al D/. Guarda la base della A finale7 punti
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Buon Pomeriggio a Tutti, oggi condivido questo 20 kreuzer del 1765 di recente acquisto, zecca BP per Kremnika (Kremnitz Slovacchia), SK e PD sono le iniziali degli incisori/monetieri. Si tratta di una moneta coniata nell'ultimo anno di regno di Francesco I° di Lorena che era il consorte della Regina Maria Teresa d'Austria. La coppia che si unì in matrimonio a Vienna nel 1736 ebbe ben 16 figli, tra questi 2 futuri imperatori d'Austria - Giuseppe II° e Leopoldo II°, Maria Antonietta futura Regina di Francia e la Regina Maria Carolina di Napoli, moglie di Ferdinando IV° di Napoli e III° di Sicilia. Certamente non poco. Grazie per l'attenzione.7 punti
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Genova città etrusca Da cosa derivi il nome di Genova è ancora una questione controversa. Gli scrittori di lingua greca la citano come Genua. Gli studi moderni di glottologia fanno derivare l’appellativo dall’indoeuropeo g(h)enu “bocca”, acquisito nella lingua celto-ligure parlata nella Liguria dell’età del ferro, con riferimento alla posizione geografica. Il nome fu in seguito probabilmente fatto proprio dagli Etruschi insediati sulla collina di Castello e reso in etrusco con il vocabolo “kainua” “città nuova”, che rientra in un gruppo di nomi etruschi di città come Mantua-Mantova. Genova, già piccolo insediamento tribale ligure, nasce dunque come città etrusca : un grande centro commerciale (emporium) attorno ad un tempio dedicato ad una divinità protettrice. L’esistenza sulla collina di Castello di uno o più luoghi di culto è suggerita da alcuni graffiti, con iscrizioni, come le parole “ais” (dio) e “al” (dono), dunque un luogo dove si facevano offerte alla divinità, e da un’iscrizione incisa su un ciottolone in serpentino lavorato per essere infisso verticalmente in un supporto, che riporta il nome dell’autore della dedica, un certo Nemetie di origine celto-ligure. La divinità venerata sarebbe Sur(i)/Soranus, oggetto di culto in Etruria e nel Lazio, con un importante santuario nell’emporio di Pyrgi da dove provengono molti reperti ritrovati in loco. Oltre alle merci, gli etruschi portano anche la scrittura, come dimostrano le iscrizioni rinvenute negli scavi, redatte infatti in lingua e caratteri etruschi. L’ortografia segue le norme dell’Etruria settentrionale. Fin dalle sue origini Genova appare legata alle vicende del porto, creato in uno degli approdi più favorevoli e protetti dell’arco costiero ligure, lungo le rotte battute dalle navi mercantili, etrusche e greche. Le rotte sottocosta, già utilizzate fin dal Neolitico, come dimostrano i rinvenimenti di ossidiana da Lipari nelle grotte del Finalese e, con maggiore frequenza a partire dal VII secolo a.C., come documentano i materiali di importazione marittima rinvenuti negli scavi dei centri della Liguria orientale, offrivano protezione dai violenti venti di scirocco e libeccio che tuttora, in alcuni periodi dell’anno, rendono pericolosa la navigazione. Le alture dell’entroterra di Genova risultano già frequentate nella Preistoria. Tali presenze dimostrano la vitalità di percorsi di crinale intensamente frequentati, sia per la caccia, sia, più tardi, per lo sfruttamento delle risorse dei boschi, la pastorizia e l’agricoltura. In occasione dei lavori per la realizzazione di un parcheggio sotterraneo in piazza della Vittoria è stato individuato a circa 12,5 metri sotto il piano stradale, un livello di frequentazione che conteneva un frammento di legno lavorato, datato, con analisi radiocarboniche, al Neolitico. La scoperta ha suggerito l’ipotesi dell’esistenza di una palafitta presso la foce del torrente Bisagno, zona allora paludosa ed anche oggi segnata da frequenti allagamenti. Maggiori informazioni restituisce un insediamento individuato nel cantiere della metropolitana in piazza Brignole, rimasta fuori del centro abitato fino alla costruzione della settima cinta muraria del 1626 e rimasta campagna fino ai grandi interventi urbanistici ottocenteschi. Durante i lavori di costruzione sono stati raccolti alla profondità di circa 5 m dal piano di calpestio materiali che risalgono ad un periodo tra il 3000 e il 2000 a.C.o (età del Rame/Bronzo Antico) e alla prima età del Ferro. Una grande struttura muraria in pietre a secco, della lunghezza di circa 12 metri che delimita un ampio spazio con tracce di focolari. Dunque alla fine dell’età del Bronzo e nella prima età del Ferro lungo l’arco costiero fra il capo del Promontorio e la penisola del Molo sorgevano piccoli nuclei abitati, di cui restano solo pochi frammenti di ceramica e di intonaco cotto, raccolti nel cantiere della metropolitana di Principe e nell’area del Portofranco. Ma le prime consistenti tracce archeologiche di frequentazione dei luoghi ( frammenti di anfore vinarie etrusche) sono state identificate nella zona del porto antico, materiali databili tra la fine del VII e la fine del VI secolo a.C., che costituiscono la prova dell’utilizzo come approdo, da parte di mercanti stranieri, del tratto di costa che divenne più tardi il porto medievale. Situato al centro dell’arco ligure, all’inizio l’approdo svolgeva probabilmente funzioni di scalo tecnico, per l’abbondanza di acqua potabile e combustibile, la presenza di una spiaggia riparata su cui tirare in secca le imbarcazioni (che a quel tempo navigavano solo di giorno) e la protezione della penisoletta del Molo in caso di burrasca. Il complesso dei materiali dei livelli della fine del VII e VI secolo di Portofranco mostra una notevole varietà di provenienze e costituisce una sorta di repertorio delle merci commerciate lungo le coste tirreniche, con una netta maggioranza di oggetti provenienti dall’Etruria costiera (vasellame in bucchero, recipienti da cucina e da dispensa e anfore vinarie. Un numero consistente di materiali proveniva da Caere (Cerveteri), importante città etrusca, vicina al Tevere e al territorio dei Latini, che dalla fine del VII secolo esportava a Nord (attraverso il porto di Genova) i prodotti della sua ricca agricoltura. Genova dunque nasce già come è oggi, il porto della pianura padana e oltre questa, attraverso i passi alpini, la via principale per il nord Europa per le merci provenienti dal Mediterraneo. Già da allora venivano utilizzati percorsi lungo la Val Polcevera in seguito ricalcati dal tracciato romano della via Postumia e oggi dalle moderne autostrade. Grande importanza aveva il commercio di ambra e di schiavi che arrivavano da nord tramite i Celti. In cambio gli Etruschi fornivano soprattutto il vino accompagnato dagli oggetti necessari per il suo consumo: vasi in bucchero, ceramiche dipinte e recipienti in metallo. Tra la fine del VII e i primi decenni del VI secolo a.C. ebbe inizio anche un commercio con la Gallia, dove nel 600 a.C. era stata fondata in territorio ligure la colonia greca di Marsiglia. Ma Genova riserva altre sorprese. Nel corso dei lavori di scavo per la realizzazione di un pozzo per la metropolitana nella Spianata dell’Acquasola è stata messa in luce, a 14 metri di profondità dal piano di calpestio, parte della base di un grande tumulo sepolcrale che si ritiene simile a quelli di Cerveteri, che misurava in origine circa 15 metri di diametro ed era circondato da un muro di sostegno. All’interno del tumulo sono stati rinvenuti i resti di alcune tombe a incinerazione, costituite da quattro lastrine di pietra infisse verticalmente per delimitare uno spazio quadrangolare entro cui doveva essere deposto il corredo. La struttura monumentale della tomba e le sue dimensioni suggeriscono che fosse destinata ad un personaggio importante, la cui sepoltura doveva trovarsi in posizione centrale, attorniata da altre, forse di parenti stretti. I corredi ritrovati conservano frammenti di bucchero di produzione etrusco meridionale, di alcune coppette, due piccoli perni in bronzo attribuibili ad un gancio di cinturone e due fibule in bronzo, oggetti provenienti da siti tra Lazio e Campania frequentati da mercanti etruschi. Il ritrovamento nella tomba dei resti di una donna di circa trent’anni che dagli oggetti di ornamento dovrebbe aver indossato un costume tipico dell’area campano laziale hanno fatto pensare che allora fosse già in atto a Genova una politica di scambi e alleanze suggellate da matrimoni. Dunque una nobildonna etrusca del sud andata in sposa a un ricco genovese forse di etnia ligure a stringere un patto di alleanza finalizzato al commercio. Alla fine del VI secolo a.C. risalgono le prime tracce di frequentazione del colle di Castello, uno sperone roccioso sul crinale che si prolunga fino alla penisola del Molo (vicino agli attuali Magazzini del sale e a Porta Siberia), che offriva una buona visibilità sull’intero arco costiero, da Portofino fino a Capo Mele. Le buche per palo e per i focolari ritrovati nell’area del convento di San Silvestro, fanno pensare a capanne in legno, probabilmente con copertura di paglia o stoppie. Anche due edifici in pietra sono attribuibili a questa prima fase di vita dell’oppidum, come il sito fu più tardi definito dagli storici di età romana: il primo era un recinto monumentale, con un’apertura delimitata da pilastri, costruito accuratamente in blocchetti di pietra disposti in filari regolari. Il vasellame ritrovato era in netta maggioranza importato. Si tratta prevalentemente di recipienti da cucina proveniente da vari centri dell’Etruria, mentre fra le ceramiche fini da mensa sono attestati vasi di fabbricazione attica a figure nere e figure rosse. Essendo un grande emporio, Genova etrusca commerciava, come si è visto, anche con i Greci della attuale Francia meridionale e in particolare di Massilia (Marsiglia). La realizzazione di un centro stabile a Genova sembra rispondere, ad un’esigenza di mercato. La convergenza sul porto di una rete di percorsi di crinale e di fondovalle in corrispondenza di valichi, che collegavano la città ai territori padani, e la posizione costiera in un punto centrale del golfo ligure facevano della città una cerniera tra Etruschi, Greci di Marsiglia, Celti e Liguri dell’interno. Nel V secolo Genova era già un importante centro portuale che riceveva derrate alimentari e prodotti artigianali da tutto il Mediterraneo, in parte utilizzandoli direttamente, in parte smistandoli verso il Piemonte meridionale e i siti costieri della Liguria centrale. Insomma “l’emporio dei Liguri” di cui parla Strabone. Nel corso della prima metà del V secolo l’abitato sulla collina di Castello si ingrandisce. Nell’oppidum trovavano posto anche officine per la lavorazione dei metalli, principalmente del ferro, come dimostrano le abbondanti scorie di lavorazione e un resto di forno fusorio, Tracce che testimoniano della presenza di artigiani provenienti dall’Etruria, all’epoca all’avanguardia nella siderurgia. Qualcuno ha ipotizzato la presenza di esperti etruschi che esploravano l’entroterra alla ricerca di giacimenti da sfruttare. Sono stati rinvenuti anche ovili, pollai e recinti per animali. Lo studio delle ossa documenta la presenza oltre che di animali allevati per l’alimentazione, anche di cani e cavalli. Circa alla metà del V secolo l’oppidum fu circondato da una poderosa cinta muraria di circa due metri di spessore. Nel tratto occupato nel medioevo dal palazzo del Vescovo sono stati ritrovati i resti di una torre quadrangolare che permetteva il controllo dell’intero arco portuale e di un vasto braccio di mare che a Ponente arrivava fino a Capo Noli. All’estremità nord, nell’area ora occupata dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie la nuova, si apriva una porta che costituiva l’accesso all’oppidum per chi proveniva dal porto. Lo spazio interno era pavimentato in ciottoli, mentre all’esterno del muro una rampa gradinata di pietre sovrapposte, in discesa è stata interpretata come ciò che resta della antica via che dai moli saliva alla città posta sulla cima del colle. Come tutti i centri etruschi la città dei vivi era circondata da quella dei defunti. La necropoli preromana si estendeva sulle colline di Santo Stefano e Sant’Andrea, separate dal corso del torrente Rivotorbido. Gli oggetti di corredo più antichi risalgono al primo quarto del V secolo a.C., cioè a circa due generazioni dopo la fondazione dell’oppidum, ma nel corso dei lavori in piazza Dante, nel 1910, furono raccolti anche alcuni frammenti di vasi etruschi a figure nere del VI secolo a.C. che fanno supporre che le tombe più antiche siano andate distrutte nel corso dei secoli. La forma delle sepolture, radicalmente differente da quella a cassa in lastre di pietra, adottata invariabilmente presso le popolazioni Liguri dall’VIII secolo a.C., è tipica dell’Etruria settentrionale interna e padana, e dimostra come questo tipo di sepolcro sia stato introdotto a Genova dagli immigrati Etruschi. Ciascuna tomba ospitava uno o più defunti, legati da rapporti famigliari. La composizione dei corredi rispecchia un benessere diffuso. Dunque, fin dai suoi primi secoli Genova fu una città ricca, ma anche un centro multietnico proprio per la frequentazione di mercanti provenienti da ogni zona del Mediterraneo e dell’Europa. La città non aveva una composizione etnica omogenea, ma formata di genti provenienti da aree diverse, portatrici quindi di differenti culture, tuttavia proprio da ciò che è stato ritrovato appare chiaro che sono gli Etruschi l’etnia dominante. Essi introducono la metallurgia, controllano l’emporio, introducono la scrittura, influenzano fortemente culti e rituali funerari, la cerimonialità collettiva (corredi da vino), le tecniche artigianali ed edilizie. I nomi di persona documentati a Genova, talvolta abbreviati o suggeriti dalle sole iniziali, graffiti con uno strumento appuntito sulle pareti o sul fondo di vasi di uso quotidiano per segnalarne il possessore, sono in maggioranza etruschi. Gli etruschi soprattutto controllavano il commercio. Dall’area di Golasecca proveniva la donna di alto rango sepolta in una delle tombe della necropoli insieme a un ricco apparato di gioielli fra cui spiccano una elaborata collana di ambra con pendenti intagliati a forma di stivaletto o vaso. La presenza di una ricca e probabilmente donna straniera sepolta a Genova rappresenta un’ulteriore conferma dell’uso di cementare alleanze commerciali medianti matrimoni. I gioielli della tomba, indicano anche strette connessioni con i centri dell’Etruria padana dove operavano botteghe orafe che producevano fibule in metalli preziosi e raffinate collane e pendagli intagliati nell’ambra importata dal Mar Baltico attraverso i Celti. Molti altri elementi di collana in ambra sono stati rinvenuti nella necropoli e nell’abitato, insieme ad altri oggetti di importazione come alcune raffinate fusaiole in pasta di vetro prodotte principalmente fra Veneto e Slovenia e diffuse specialmente in sepolture nel Veneto, in Etruria padana e nel Piceno. Ma Genova era anche un importante luogo di reclutamento e imbarco di soldati mercenari. Lo testimonia l’elevato ritrovamento di armi e complementi di abbigliamento militare prodotti in tutto il Mediterraneo, un elemento in contrasto con l’immagine di una società dedita prevalentemente al commercio e all’artigianato e dunque sostanzialmente pacifica. Questo ha fatto pensare non alla presenza di una forte guarnigione a protezione della città e del porto, ma al possibile ruolo di Genova come porto di imbarco e reclutamento di truppe mercenarie. Le fonti storiche sono infatti ricche di testimonianze sull’impiego di mercenari liguri e celti, specialmente da parte dei Cartaginesi e dei Greci. di Giorgio Amico http://storiaminuta.altervista.org/genova-citta-etrusca/7 punti
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Buongiorno a tutti. Al Convegno di Rende ho trovato questa Piastra del 1787 di Ferdinando IV...presenta al rovescio un "ripensamento" da parte di chi ha approntato il conio madre. H(S)SPANIAR... Magari rara ma non introvabile ☺️7 punti
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Aggiungo a questa bella discussione di Ale 2 piastre prese al convegno di Rende. 1831 con scudetto del Portogallo vuoto. Piastra del 1833 con scudetto del Portogallo vuoto. Saluti tutti. Raffaele.7 punti
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Buon pomeriggio! Parma Oggi ho il piacere di presentarvi un francobollo del 1852: 5Centesimi nero su carta colorata. Dentellatura assente come nella maggioranza dei francobolli dell'epoca. Assente anche la filigrana... Come sempre, un vostro commento è sempre gradito Saluti6 punti
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Mercato di monete e francobolli a Milano, parco Novegro https://www.parcoesposizioninovegro.it/fiere/eurofil-5/6 punti
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Salve a tutti, volevo presentarvi l'ultima arrivata in collezione Detto ciò ci metterei un punto o un punto e virgola 😀6 punti
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Nel corso dei miei quasi 20 anni di frequentazione di questo forum, più di qualche volta mi è successo di imbattermi tra le varie sezioni di Lamoneta in discussioni in cui vari utenti condividevano monete di grande importanza numismatica e che hanno richiesto anche ingenti sforzi economici per i fortunati collezionisti che le hanno sapientemente aggiunte alle loro raccolte. Ma la moneta che qui Daniele ci mostra, per me va collocata in una categoria a parte. La straordinaria eccezionalità di questo pezzo va incasellata sotto svariati aspetti: in primis la sua magnificenza: la quadrupla è per antonomasia il "masterpiece" per ogni collezionista di monete papali e riuscire ad aggiungere questo modulo nella propria raccolta è senza dubbio sinonimo di collezione avanzata e matura. In secondo luogo per la sua esimia rarità: questo pezzo, come già segnalato da @DARECTASAPERE, proviene dall'asta Nomisma del 2002 e in questi 23 anni altri esemplari non se ne sono visti (quella della NAC 104 del 2017 è la variante con la scritta ROMA in esergo, Munt 1), così come possono ritenersi assolutamente sporadiche le apparizioni precedenti; ora sono lontano dai "sacri testi" ma appena riesco proverò a fare una ricerca mirata sugli analoghi esemplari passati in asta in passato. Ed infine, ma certamente non di minore importanza (soprattutto in questo periodo della Numismatica), la sua altissima conservazione: una moneta praticamente intonsa che consente di apprezzare ancora di più tutti i dettagli di questo eccezionale pezzo. Caro Daniele, che dire? Ti confermi ancora una volta "magister" sulle monete con l'ombrellino (come le chiami tu!). Ma in questo caso hai fatto veramente il botto! Complimenti!6 punti
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Gli amministratori del forum hanno ben altro a cui pensare. Posso assicurare che, salvo casi eccezionali (ad esempio se viene mostrata una moneta rubata), non hanno il benché minimo interesse a sapere dove un utente ha acquistato le proprie monete e da chi… Continuiamo, comunque, ad attendere fiduciosi foto non alterate delle sue monete.6 punti
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Sigillo doganale ottocentesco del ducato di Parma, Piacenza e Guastalla. Se ne conoscono con la denominazione delle tre sedi doganali del ducato.... Parma 1 Piacenza 2 Guastalla 3 Mario6 punti
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Allora, cerchiamo di spiegarci per bene. Il graffio sull’1 si trova su diversi tipi di falsi, anche più pacchiani di questo (come ben dimostra l’esempio linkato da Oppiano che basta vederlo specialmente al dritto per smascherarlo). Di per sé quindi, la presenza di questo particolare (il graffio per l’appunto) non lo trovo fattore dirimente per giudicare l’autenticità (Esempio: se venisse pubblicato, ma con foto poco chiare, un esemplare autentico che presenta un graffio similare proprio in quello stesso punto, cosa facciamo? Lo bolliamo come falso già solo per la presenza del graffio?) Punto due. Diciamo che non è la solita patacca sfacciata: il colore del metallo, l’usura e l’aspetto generale lo rendono in apparenza non così pacchiano, tanto è vero che ha comunque fatto abbassare la guardia a diversi utenti che non sono proprio novizi; Anche il FERT in incuso non è reso in maniera così elementare (basta guardare il confronto che ho inserito con le foto: le rosette sono mal impresse mentre si è cercato di restituire al FERT incuso le grazie del lettering) come invece lo troviamo nelle solite riproduzioni da bancarella, come questa attualmente sulla baia e sempre col graffio (non taglio!) sull’1. https://ebay.us/m/hG1G6s Rimango sempre perplesso invece sul fatto che si possa imputare all’incastonatura il bordo sfuggente e decentrato con gli incusi imprecisi. Lo avevo già espresso nel mio intervento: Men che meno una “fresatura”, che a mio parere avrebbe generato danni molto più evidenti. Poi il contorno è quello che è… il fatto che fosse così sottile e sfuggente poteva essere il vero “campanello d’allarme” per esaminarla con più attenzione. “Eccezionalmente ben fatta” mi pare esagerato, però che non sia il solito falso raffazzonato e pacchiano, questo si, obiettivamente glielo concedo6 punti
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Per ora è ancora possibile verificare l'autenticità confrontando i falsi con gli originali. Qui sotto posto un esemplare autentico per confronto e condivisione: è in bassa conservazione, ma accontentiamoci, dopotutto è un R3:6 punti
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Per me curiosità, altrimenti le piastre sarebbero tutte varianti, in una raccolta di sole piastre avere anche le curiosità va bene per capire come funzionava la zecca, questa piastra insegna che si sono presi cura di correggere e allineare la data e come questa tante altre sono testimonianza dell'attenzione degli operatori.6 punti
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Buonasera, Volevo condividere questo esemplare di una 5 lire del 1926. La patina che ha preso nel monetiere, dopo circa sette mesi, è a dir poco bellissima, almeno per i miei gusti. Da un grigio chiaro è passata ad uno più scuro che ha esaltato tutti i dettagli. Vorrei avere il vostro parere sulla conservazione ed eventualmente una valutazione. Grazie mille Atexano6 punti
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Buongiorno, Le suggerisco, prima di dare dei "fenomeni" a coloro i quali hanno commentato le foto da Lei stesso postate, di pubblicare delle foto che non siano artefatte/modificate/elaborate con qualsivoglia programma informatico. Solo per completezza informativa, aspettiamo la foto anche degli slab e i dettagli ai quali Lei ha fatto cenno: il prezzo non c'interessa (è affar suo) ma "dettagli, foto e info sul commerciante" possono arricchire la discussione e possono consentire di giungere a un responso diverso rispetto a quello che Le è stato fornito. Un saluto e a presto.6 punti
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Buongiorno Monetiani, in questa giornata uggiosa cosa fare di meglio se non visitare un convegno. Sono stato al BergamoFil a Chiuduno in provincia di Bergamo. È sicuramente più incentrato sui francobolli , ma qualche banchetto numismatico c'è. Convegno da quello che ho visto organizzato bene e con bei spazi espositivi. Purtroppo come mi hanno fatto notare i commercianti stessi , l' affluenza di pubblico, è stata abbastanza scarsa. Volevo condividere cmq il mio acquisto un 10 centesimi Birmingham in rame del 1894 per fare l' accoppiata con quello del 93 preso qualche tempo fa. Spero vi piaccia. Buon sabato a tutte e tutti.6 punti
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Carissimi, con grande soddisfazione vi segnalo l'uscita del volume n. 4 della rivista Kalkas, da questo numero anche in modalità open access (https://www.kalkas.it/). Il volume in questione è dedicato al collezionismo storico e contiene due saggi di Numismatica. Buona lettura e buon weekend a tutti!6 punti
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La cifra che ne ricaveresti non ti cambierebbe la vita ma conservare il ricordo del nonno non ha valore...6 punti
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Ciao @Marco casali trovata.. è un Grosso di Frinco in provincia di Asti che imita un douzain di Avignone di Papa Clemente VIII 😊 https://www.acsearch.info/search.html?id=64934876 punti
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Complimenti Raffaele per gli ottimi acquisti fatti a Calabria Colleziona. Approfitto per condividere anch'io qualche acquisto fatto settimana scorsa a Rende, grazie all'aiuto degli Amici @Rocco68@Raff82 : due 34 con varianti che cercavo da tempo e la 37 migliorata, ma ancora migliorabile...6 punti
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Il bronzo è una lega di rame e stagno; l’aggiunta di quest’ultimo elemento abbassa il punto di fusione del composto. Per un tenore di stagno fino all’8%, la lega presenta buone caratteristiche meccaniche e grande resistenza alla corrosione: essa è ancora lavorabile plasticamente e si può laminare, estrudere, forgiare, stampare e trafilare. Aumentando ulteriormente il tenore di stagno, la durezza raggiunge livelli tali da consentire solo pezzi ottenuti per fusione, chiamati anche getti. Per le monete e le medaglie si usa un contenuto di stagno variabile tra il 3 e l'8%: entro questo intervallo la resistenza all'usura e alla corrosione si accompagnano ad una discreta coniabilità. Nello specifico la lega per la monetazione del Regno d’Italia presentò un contenuto di stagno del 4%. Fu solo con l'avvento del Regno d'Italia che si parlò di bronzo. La monetazione degli Stati Preunitari era in rame, nonostante le impurità che potevano risultare disperse nel metallo. Questo il tenore di una lettera che il Direttore della Zecca di Bologna scrisse al Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, che in quel periodo sopraintendeva alla zecca, e da cui si desume la "novità" della lega in questione (notare la data che è quella del giorno successivo alla proclamazione del Regno d'Italia): ASB, DZ, b. 254, tit. IV, f. G, prot. 56 - Bologna, 18 marzo 1861 - lettera del Direttore della Zecca di Bologna al Ministero AIC: “Facendo seguito al N. 40 del giorno 10 corrente mese, il sottoscritto si pregia di partecipare come in questa Zecca hanno avuto luogo i primi esperimenti di fusione e formazione del bronzo per la nuova monetazione alla lega di 960 rame e 40 stagno, e che detti esperimenti hanno sortito il miglior risultato per la omogeneità e malleabilità della risultante lega. Tali fusioni, che si proseguono giornalmente in piccole proporzioni, per quanto lo comportano i mezzi attuali che la Zecca possiede, saranno ben presto estese a proporzioni più concludenti non appena si saranno pratricate le modificazioni riconosciute indispensabili per avere un forno più economico atto alla fusione della lega. Frattanto siccome si è cominciata la laminazione delle lastre ottenute dalle fusioni compiute fino ad ora, onde procedere con sicurezza al successivo taglio dei tondini, tornerebbe molto opportuno di provvedere almeno un pajo di conii che dovranno servire alla monetazione, sia per prendere norma del diametro preciso che debbono avere i tondini stessi, sia per eseguire qualche esperimento di coniazione che valga a prevenire qualsiasi difficoltà potesse mai presentarsi nella estesa coniazione che fra non molto dovrà intraprendersi. ..." (vedi Panorama Numismatico, novembre 2024, pp. 13-48)6 punti
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Grazie. Finalmente dopo sessant'anni Giuseppe Mannara, padre di Raffaele, trova la sua corretta collocazione in zecca. L'ultimo a citarlo fu Michele Pannuti; ma chissà perché questo maestro delle prove cadde nell'oblio.6 punti
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LA GUERRA CONTRO I CESARICIDI La morte di Cesare gettò Roma nel caos: i Senatori abbandonarono la Curia, impauriti. Gli stessi cospiratori, che avevano progettato di gettare il cadavere del dittatore nel Tevere, furono presi dal panico e fuggirono; si presentarono al popolo nel Comizio (la piazza del Foro antistante ai rostra), confidando di ottenere dal popolo manifestazioni di giubilo e riconoscenza, ma non fu così e preferirono rifugiarsi sul Campidoglio. Marco Antonio fece portare il cadavere del dittatore a casa; vedendolo passare, la folla ammutolì. La serie RRC 480 comprende ben 22 tipi diversi di monete (oltre a numerosi sottotipi); in molte di esse, tuttavia, il ritratto del dittatore è rappresentato non a testa nuda, bensì con un velo che gli copre il capo. Si ritiene che queste siano state emesse dopo la morte di Cesare: in altri termini, quando si seppe dell’assassinio la produzione continuò, ma gli incisori cambiarono i disegni dei conî aggiungendo il velo che, probabilmente, era un segno di lutto: a conferma di questa interpretazione, c’è un esemplare della stessa serie - RRC 480/22 - che riporta invece il ritratto di Marco Antonio ed ha la barba lunga, chiara manifestazione di lutto secondo la mentalità romana, oltre appunto alla testa velata. _____________________ Scomparsa la guida di Cesare, sulla scena istituzionale si affrontavano tre forze politiche differenti, che cercavano di prevalere l’una sull’altra: i cesariani (oltre a Marco Antonio, Marco Emilio Lepido, figlio dell’omonimo console ribelle), che potevano contare sulla fedeltà dei soldati di Cesare; i cesaricidi, che si proponevano come paladini della libertà repubblicana; l’aristocrazia, guidata da Cicerone, che sperava di ripristinare il governo oligarchico. In questo contesto, il Senato cercò di mantenere le fazioni divise per scongiurare sia l’insorgere di un’ulteriore guerra civile, sia l’ascesa di un nuovo “uomo forte”; questa politica spiega le decisioni, apparentemente contraddittorie, che prese e il caos che ne conseguì. I senatori confermarono quindi la legittimità dei provvedimenti assunti da Cesare (annullarli avrebbe suscitato l’ira dei tanti cui egli aveva assegnato cariche pubbliche: non solo Marco Antonio, ma anche Bruto, Decimo Bruto e Cassio), ma decretarono anche un’amnistia per evitare che i cesaricidi fossero processati per omicidio. Essendo stato deciso che Cesare aveva agito legittimamente (e non, quindi, da tiranno), fu possibile assegnargli l’onore di un funerale pubblico, che venne celebrato il 20 marzo nel Foro; la sua salma fu bruciata presso un piccolo altare eretto dal popolo stesso, che è ancora visibile oggi. A quel punto ne venne letto il testamento; si scoprì che Cesare aveva lasciato 75 denarî a ogni cittadino romano e, a questa notizia, la rabbia popolare contro i cesaricidi esplose incontenibile. Ma c’era anche una sorpresa: il suo erede non era Marco Antonio, come tutti (lui compreso) si aspettavano, bensì Gaio Ottavio Turino; addirittura, Cesare lo aveva anche adottato, talché da quel giorno si sarebbe chiamato Gaio Giulio Cesare Ottaviano. I cesaricidi abbandonarono Roma e quelli cui era stato assegnato (da Cesare stesso) il governatorato di una provincia la raggiunsero: Decimo Bruto in Gallia Cisalpina, Gaio Trebonio in Asia, Gaio Cassio Longino in Siria. Anche Bruto era stato nominato governatore (di Creta), ma preferì fermarsi ad Atene a studiare filosofia. Ottaviano, che si trovava nei Balcani per i preparativi della guerra contro i Parti, capì l’importanza degli eventi: pretese da subito di essere chiamato “Gaio Giulio Cesare” (il cognomen Ottaviano sarà usato solo da Cicerone, nelle sue lettere); sbarcò a Brundisium e, presentatosi ai legionarî là acquartierati come figlio di Cesare, ne ottenne non solo un giuramento di fedeltà, ma anche la consegna del tesoro di guerra (175 milioni di denarî); raggiunse quindi Roma e, siccome Marco Antonio temporeggiava a consegnargli il patrimonio del padre adottivo, provvide con proprie risorse a pagare i 75 denarî che Cesare aveva lasciato ai cives, guadagnandosi grandi consensi. Infine, arruolò un esercito privato (del tutto illegittimo) di 3.000 veterani, assicurando loro uno stipendio annuo di 500 denarî. Il Senato passò allora a contrastate Marco Antonio, che appariva come l’esponente politico più pericoloso. Dapprima Cicerone cercò di farlo allontanare da Roma, pronunciando contro di lui le vementi orazioni denominate “Filippiche” e cercando l’appoggio di Ottaviano. Poi però i senatori, intimoriti da Decimo Bruto, inviarono proprio Marco Antonio a cacciarlo della Gallia Cisalpina; siccome Decimo Bruto non obbedì, Marco Antonio lo cinse d’assedio a Mutina (odierna Modena). Allora il Senato cambiò di nuovo orientamento e, nel 43 a.C., inviò i due nuovi consoli e Ottaviano a muovere guerra contro Marco Antonio. La battaglia di Mutina, nel 43 a.C., fu l’apogeo del caos (Ottaviano, cesariano, combatté contro Marco Antonio, cesariano, per liberare Decimo Bruto, cesaricida) e si concluse in aprile con la sconfitta e la fuga di Marco Antonio, ma anche con la morte dei due i consoli. Nel frattempo, in Oriente, Trebonio fu ucciso da Dolabella che, in qualità di ex console (aveva infatti sostituito Cesare nell’incarico, l’anno prima) pretendeva sottrargli il governatorato della provincia d’Asia; fu il primo dei cesaricidi a morire. Allora il Senato incaricò Cassio (che già si trovava nella penisola anatolica) di combattere Dolabella; al suo arrivo Dolabella fuggì in Siria, per cui Cassio poté insediarsi a Smyrna (attuale Smirne), capitale della provincia d’Asia. In seguito, Dolabella si suicidò. A questo punto Ottaviano riuscì a spostare definitivamente la politica romana a favore della fazione cesariana: tornato a Roma, pretese e ottenne di essere nominato consul suffectus (“console sostituto”, che veniva nominato alla morte di uno dei titolari) unitamente al cugino Quinto Pedio; fece quindi approvare la lex Pedia, che revocava l’amnistia ai cesaricidi, e poi la lex Titia, che nominava lui stesso, Marco Antonio e Lepido triumviri rei publicae constituendae consulari potestate (“triumviri con potere consolare per la ricostituzione dello Stato”) per la durata di 5 anni. I cesaricidi persero ogni speranza di poter vivere pacificamente; Decimo Bruto cercò di fuggire in Gallia, ma fu riconosciuto e ucciso da un alleato di Marco Antonio; Bruto, che ancora si attardava in Grecia, si recò a Smyrna, per preparare una difesa congiunta insieme a Cassio[1]. I processi avviati grazie alla lex Pedia si conclusero con la condanna in contumacia dei cesaricidi e i triumviri si prepararono a muovere guerra contro di loro. _____________________ Bruto e Cassio saccheggiarono le province asiatiche, per costituire un forte esercito da opporre a quello dei triumviri, e fecero emettere moltissimi aurei e denarî con il metallo razziato, fra cui la moneta più famosa di tutto il periodo repubblicano: RRC 508/3, il denario con cui Bruto si vantò di aver ucciso Cesare. Narra Cassio Dione (XLVII, 25) che Bruto “coniò monete su cui era raffigurato un pileo tra due pugnali, per dichiarare, con le figure e anche con la scritta, che egli, d’accordo con Cassio, aveva dato la libertà alla Patria”. RRC 508/3 reca, infatti, il ritratto di Bruto al dritto, un pileus (berretto che veniva posto sul capo degli schiavi affrancati e, quindi, simbolo di libertà) e due pugiones (pugnali da guerra) al rovescio, mentre la legenda recita BRVT. IMP e L. PLAET. CEST (Lucius Plaetorius Cestianus, un monetiere non altrimenti noto) al dritto, EID MAR (idibus martiis, “alle idi di marzo”) al rovescio. Questa iconografia rivela la pochezza e l’ipocrisia di Bruto: è infatti l’apologia di un tradimento, l’unico caso (come ha osservato Belloni) in cui un antagonista politico viene infamato su una moneta; inoltre, Bruto non disdegna di far apporre il proprio ritratto, sebbene avesse ucciso Cesare anche per aver fatto altrettanto. Dopo la sconfitta dei cesaricidi questo denario sarà fatto ritirare dalla circolazione e, quindi, ne sono sopravvissuti pochi esemplari: Campana ha contato 88 esemplari noti ritenuti autentici; in aggiunta a essi, tuttavia, esistono molti falsi, prodotti negli anni perché è un esemplare molto ambito dai collezionisti (nel 2019, un esemplare è stato acquistato a un’asta per 200.000 €, più 50.000 € di spese). ________________________ Marco Antonio, volendosi vendicare delle “Filippiche”, pretese che Cicerone fosse proscritto e, quindi, condannato a morte; Ottaviano, per non far fallire la loro alleanza, non si oppose. Il grande oratore, saputolo, fuggì nella sua villa di Astura (odierna Torre Astura); non sentendosi ancora al sicuro, dopo alcuni giorni si imbarcò per Formia. Fu tuttavia raggiunto e ucciso dai sicarî di Marco Antonio; era il 7 dicembre del 43 a.C. _____________________ Il conflitto tra triumviri e cesaricidi si concluse nell’ottobre del 42 a.C., a Philippi (odierna Kavala, in Grecia settentrionale). Fu uno scontro titanico: combatterono 19 legioni (a ranghi completi) comandate da Ottaviano e Marco Antonio contro 17 legioni (a ranghi ridotti, ma rinforzate da truppe alleate) comandante da Bruto e Cassio; in tutto, compresa la cavalleria, circa 200.000 soldati. Fra quelle le legioni che combattevano per i triumviri erano presenti la X Equestresis (la “favorita di Cesare”) e la VI Ferrata. Il 3 ottobre le truppe di Marco Antonio riuscirono ad aprirsi una strada nelle paludi e attaccarono alle spalle quelle di Cassio, infliggendo loro una grave sconfitta; nel frattempo, tuttavia, le legioni di Bruto assaltarono di sorpresa quelle di Ottaviano, sopraffacendole. A fine giornata la situazione era di nuovo in stallo ma Cassio, credendo che la sconfitta fosse irrecuperabile, si suicidò, lasciando Bruto solo al comando. I due eserciti continuarono a fronteggiarsi sino al 23 ottobre, subendo la fame e le difficoltà che derivavano dalla difficoltà di approvvigionamento; alla fine i soldati di Bruto, esausti per le privazioni, pretesero di scendere a battaglia. Il genio tattico di Marco Antonio fu decisivo: una sua brillante manovra permise di vincere la battaglia; a fine giornata anche Bruto, definitivamente sconfitto, si suicidò. A due anni e mezzo dall’assassinio di Cesare, il disegno dei cesaricidi era definitivamente tramontato, grazie alle abili manovre politiche di Ottaviano (che aveva saputo, fra l’altro, domare e sfruttare la furia bellica di Marco Antonio); di 21 cospiratori ne restava in vita uni solo, tale Gaio Cassio Parmense, un oscuro poeta. Sarà infine rintracciato e messo a morte da Ottaviano nel 31 a.C. _____________________ Dopo la battaglia i due eserciti furono fusi, sotto il comando dei triumviri e i veterani più anziani poterono quindi essere congedati; molti rimasero proprio a Philippi, ove fondarono una colonia. Occorre qui precisare che alcuni legionarî, scelti fra i più fidati e valorosi, avevano il compito di proteggere il comandante in battaglia; alla fine della Repubblica, invalse l’uso di denominare “pretorie” le coorti in cui essi erano inquadrati[2] (perché destinate a proteggere il “pretorio”, ossia l’alloggiamento del comandante[3]). Dopo il 27 a.C. proprio alcuni reduci di coorti pretorie (probabilmente, quelle stesse che erano state incaricate di proteggere Ottaviano), rimasti a vivere a Philippi, emisero un bronzo provinciale che commemorava la battaglia, RPC I 1651; essa reca al dritto l’immagine di una statua della Vittoria (statua che, forse, era stata là innalzata) e la legenda VIC AVG (victoria Augusti), al rovescio tre insegne militari decorate di cornicula e phalerae e la legenda COHOR PRAE PHIL (cohortes praetoriae - Philippi). È interessante notare che manca, nell’iconografia, l’aquila legionaria, perché appunto l’emissione era intitolata ad alcune coorti, non a una intera legione. Alcuni numismatici moderni ritengono che la moneta sia stata emessa durante il principato dello stesso Augusto; altri, sulla base del metallo utilizzato (la cui composizione sembra analoga a quella di metallo presente in miniere macedoni scoperte solo successivamente) ne spostano la datazione all’epoca di Claudio o Nerone NOTE [1] L’incontro fra i due, che poco si sopportavano pur essendo cognati (Tertulla, moglie di Cassio, era figlia di Servilia), non fu sereno; racconta infatti Plutarco che “c'era stata qualche differenza di vedute ed erano state scambiate accuse reciproche … cominciarono a darsi la colpa l'un l'altro; poi passarono a recriminazioni ed accuse. Questo ben presto portò a rimproveri indignati e lacrime e i loro amici, stupiti dalla veemenza e dall'amarezza della loro rabbia, temevano che la lite degenerasse in violenza”. [2] Prendendo spunto da questi reparti, Augusto istituirà nove “coorti pretorie” stanziate in Italia (a Roma, per precisione, all’interno del Castro Pretorio, una fortificazione ancora esistente) e incaricate di proteggere la persona dell’imperatore: si tratta dei celeberrimi “pretoriani”, che avranno un ruolo importante nella storia dell’impero e saranno sciolti da Costantino. [3] È interessante sottolineare come la tenda del comandante di una legione si chiamasse “praetorium”. I Romani erano convinti, che sin dalla sua fondazione, la Repubblica fosse stata governata da due consoli; in realtà, molti storici moderni, studiando le fonti, sono giunti alla conclusione che nei primissimi anni il rex fosse stato sostituito da un unico praetor cui, solo in seguito, furono sovraordinati due consoli (perché la duplicità dell’incarico dava maggiori garanzie contro eventuali derive autoritarie). Il fatto che il luogo da cui veniva comandata una legione (funzione tipica dei consoli, nella storia romana più antica) si chiamasse “[tenda] del pretore” costituisce una reminiscenza di quel tempo remoto, in cui tale comando era invece esercitato da un pretore. ILLUSTRAZIONI 44 a.C., denario RRC 448/13. L’iconografia è analoga a quella di altre monete della serie, ma la testa di Cesare è coperta con un velo. 44 a.C., denario RRC 480/22. Al dritto, Marco Antonio con velo e barba lunga. Al rovescio, un desultor (un tipo di acrobata che si esibiva con due cavalli). 43 a.C., denario RRC 508/3. 27 a.C. - 68 d.C., bronzo RPC I 16516 punti
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E per concludere, un paio di foto della sala nella quale c’è stato l’evento commerciale. In particolare, una di queste foto è stata scattata intorno alle 19:00, la sala era ancora piena di curiosi. Ricordiamo che questa edizione nella giornata del sabato è durata ininterrottamente dalle 9:00 alle 20:00.6 punti
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Il convegno è stato strutturato anche per avere una forte spinta culturale. Ecco alcune immagini della sala delle relazioni con alta affluenza, cosa non scontata considerando l’ora delle relazioni e ovviamente il convegno al piano di sotto in pieno svolgimento! Oltre che ovviamente anche le mostre ed esposizioni, anche esse parte dell’evento culturale affiancato al convegno vero e proprio! A domani per l’atto conclusivo… in grande stile !6 punti
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Non so se lo avevo già postato. Se lo fosse, pazienza! Ferdinando II di Borbone (1830-1859) Tornese “UNO E MEZZO” 1838.5 punti
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Mi chiedo come si faccia anche solo a pensare che un "coso" del genere possa avere un valore... Ma in base a cosa poi?mah... Per me non vale neanche più il facciale,primo perché nessuno la prenderebbe, secondo perché non ha neppure più potere d'acquisto...5 punti
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Buongiorno a tutti, da più di due anni non aggiorno questo thread che avevo aperto per condividere l'evoluzione della mia collezione ( o raccolta) di monete imperiali (ho anche un paio di repubblicane, qualche provinciale e due solidi bizantini). In attesa di riuscire a mettere a posto nei raccoglitori ciò che ho "accumulato" in questo periodo e di mostrarvelo in queste pagine, vi anticipo l'arrivo della prima Augusta arrivata in collezione, e riguarda una figura centrale nella dinastia dei Severi: Julia Domna, moglie di Settimo Severo e madre di Caracalla e di Geta. Julia Domna Denario RIC IV (Sept. Sev. 559)5 punti
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Condivido volentieri questo esemplare del Manin “ribattuto” da poco in raccolta. Salvo errori, non è presente in questa discussione. Saluti.5 punti
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Ripubblico il testo pdf con qualche errore corretto: Storia di Roma e delle sue monete.pdf5 punti
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Buon Pomeriggio! Modena Aggiungo un 5 Centesimi nero su verde, sigla catalogo Sc# 1 Il francobollo è usato e in discrete condizioni. In questo esemplare l'annullo si nota appena Come sempre i vostri commenti sono graditi Saluti5 punti
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