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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 12/10/25 in tutte le aree

  1. Buongiorno a tutti, Riprovo di nuovo a proporvi questa moneta, per capirne un pò di piú nel generale, senza cadere in errore con asserzioni errate e non fondate. Posterò le altre in discussioni diverse per non creare confusione. Capisco che sicuramente le foto possono risultare fuorvianti, soprattutto se fatte con luce artificiale. Queste sono scattate con luce artificiale calda, e rendono la moneta un pò troppo scura rispetto alla realtà. Questa invece é scattata con luce fredda (non ne ho del rovescio, ma le due facce presentano patine simili). Pensavo fosse lavata perché ho letto moltissime volte che l'argento si scurisce molto nel tempo. Se non fosse mai lavata, ho pensato, sarebbe completamente nera, ma evidentemente non é sempre cosí. Qualche ondulatura al bordo é causata dagli incusi che sforano oltre lo spessore del C/. Potreste gentilmente aiutarmi a individuare il grado di conservazione? Sempre disponibile per nuove foto e per fornire informazioni utili alla valutazione. Grazie Saluti... Ronak
    3 punti
  2. Nessuna imprecisione, e' una C con i caratteri dell' epoca. Si in teoria si potrebbe, ma non e' sempre certo che l' emissione del Francobollo coincida con l' emissione della cartolina postale, nel nostro caso il Francobollo fu emesso per la prima volta nel 1883,... .....la cartolina fu emessa nel 1901 per L'inaugurazione del Commonwealth d'Australia che avvenne il 1° gennaio 1901 a Sydney, segnando la nascita della nazione australiana come Dominion federale sotto l'Impero Britannico. L' illustrazione include i ritratti a medaglione della Regina Vittoria (in alto), del Duca di Cornovaglia e York (futuro Re Giorgio V, a sinistra) e di Lord Hopetoun (primo Governatore Generale dell'Australia, a destra). Al centro negli scudi i simboli dei sei stati australiani. La cartolina è conosciuta con l'identificativo filatelico HG:23 e fu prodotta in diversi colori...
    3 punti
  3. Buon pomeriggio, ciao @Releo, provo a rispondere ai tuoi quesiti... 1. le due piastre in oggetto presentano indubbiamente lo stesso identico conio al dritto e due diversi conii al rovescio. Come hai già fatto notare, basterebbe contare le perle sui montanti della corona della tua piastra, per rendersi conto che su alcuni montanti ve ne sono in sovrannumero... e già questa è una rara curiosità. 2 e 3. E' plausibile che le due monete siano state coniate in tempo ravvicinato - probabilmente nell'anno 1836 - poi, che le due piastre siano state coniate entrambe a Gennaio oppure, una a Gennaio e l'altra a Settembre... credo che questo dato sia irrilevante per stabilire la presenza o meno di un esubero di metallo sul medesimo conio del dritto. Mi spiego: Se sul conio del dritto è presente un buco millimetrico, una lesione, una rottura - che sul tondello, di conseguenza, si manifesterà come un esubero di metallo - questo difetto si presenterà ogni qual volta venga utilizzato quel conio, cioè su tutte quelle monete che presentano lo stesso conio al dritto, indipendentemente dal numero di conii del rovescio con cui questo conio sia stato abbinato. Solo per fare un esempio, allego un'immagine con quattro piastre 1836 che presentano lo stesso difetto con esubero e "microlesioni in evoluzione" - frutto dello stesso conio. Più in generale, questi microscopici difetti di conio, possono presentarsi in modo più o meno evidente - spesso a seconda dello stato di conservazione - così come in alcuni casi, si può riscontrare anche una sorta di "evoluzione" del medesimo difetto di conio sulle diverse monete. Questo perché, sotto i colpi del bilanciere, delle impercettibili lesioni di conio, sottili come dei capillari - che si trovano molto spesso in prossimità delle lettere della legenda - continuano inesorabilmente a creparsi e quindi, durante la coniazione, si riempiono inevitabilmente di metallo e continuano a manifestarsi come esuberi da rottura su tutte le monete coniate. Ora, se mi consenti, esprimo anche il mio personalissimo parere sulla presunta variante "doppio punto" 1836. Nonostante il fatto che questa nuova variante sia stata già promossa e catalogata come R4 da Magliocca (nostro esperto di riferimento), purtroppo, io nutro dei fortissimi dubbi riguardanti forma e dimensione del presunto "punto supplementare". Per questo, credo che si tratti ancora una volta di un errore di interpretazione e di catalogazione della moneta in oggetto. Per un confronto, posto l'immagine di un'altra piastra 1836 che presenta lo stesso identico conio al dritto - abbinato con un terzo rovescio differente - Hier senza punto. (Da InAsta 97 lotto 1219) Come si può notare, in un solo millimetro di area, c'è stata un'evoluzione del difetto con l'aggiunta di un piccolo ricciolo composto da un sottilissimo filamento di metallo. Allego anche una GIF con il dettaglio del difetto / presunto doppio punto. Nell'era della variante a tutti i costi, io ho già scritto la letterina a Babbo Natale con un simbolico augurio per il nuovo anno: meno improbabili varianti e più spirito critico per tutti! Un saluto, Lorenzo
    2 punti
  4. Il Gazzettino viene distribuito in alcune occasioni di ritrovo (Milano Numismatica, Veronafil ed altre manifestazioni simili): essendo una rivista senza fini di lucro non può essere né venduta né comprata, ma può essere recuperata gratuitamente su Academia.edu fino al penultimo numero pubblicato. L'ultimo in ordine di pubblicazione viene reso pubblico, sempre su Academia.edu, dopo sei mesi dalla presentazione del cartaceo. Nel frattempo, il futuro Gazzettino #13 riporta già cinque articoli ed una Briciola:
    2 punti
  5. Precisazione storica. In origine la Blue Starry era la bandiera del Consiglio d'Europa (organizzazione internazionale che non ha nulla a che fare con l'UE) ed era stata pensata per rappresentare i 15 componenti originari di quella. Una delle stelle però rappresentava il Saarland, territorio tedesco con governo autonomo momentaneamente amministrato dalla Francia, quindi i tedeschi erano contrari perchè quella configurazione suggeriva la presenza di un'entità politicamente indipendente. Il compromesso fra chi riteneva che si dovesse scendere a 14, cosa non ben vista dal Saarland stesso, o il 13, che notoriamente in molti Stati porta sfiga, fu trovato a 12 che formalmente rappresentano l'unità.
    2 punti
  6. Altri pubblicitari.Questi dovrebbero essere più comuni.
    1 punto
  7. Vista adesso, siamo nell'ordine dell'MB/MB+ Le foto sono un pò sfocate ma un'idea la rendono. ps: a mio parere con foto più nitide, ed osservandola bene, si potrebbe arrivare anche a quasiBB.
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  8. Ça va sans dire...
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  9. Che poi io ho corretto.
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  10. Le mie nuove acquisizioni 2 lire Quadriglia Briosa del calandra.
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  11. Molto belle complimenti , la terza mi sembra la migliore , ha tantissimo lustro
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  12. I segni da circolato sono tanti ed evidenti...non va oltre SPL e ci sta anche il quasi. Comunque cambia nulla per una comunissima 72M
    1 punto
  13. Caro Luca, credo anch'io che Manfredini sia stato incisore capo: tuttavia la documentazione d'archivio non è stata reperita e negli anni successivi al 1808 non viene mai definito "capo incisore" ma sempre e solo "incisore" (notizia e data della sua nomina si devono a: A. Bertarelli, Iconografia napoleonica, Milano 1903, p. 39). D'altra parte di archivi ne so abbastanza per capire le difficoltà relative e quando anni fa ho scritto su Manfredini, l'ho fatto ricercando varie fonti e talora affidandomi ad esse. Ho a casa il bel volume del 2002 di Arnaldo Turricchia (un compianto amico) su 'Manfredini e le sue medaglie' in cui l'autore ha fatto ricerche approfondite su M. (te lo consiglio): non è che la voce del Dizionario Biografico degli Italiani (un'opera che meritoriamente la Treccani ha reso fruibile a tutti) costituisca un riferimento, solo un riassunto biografico di quanto scritto da Turicchia (di cui riprende i risultati e, correttamente, cita l'autore). Sicuramente Manfredini fu demansionato, e se questo abbia a che fare con la lira NATOLEONE rimane tuttora un mistero.
    1 punto
  14. salve a tutti, vorrei sapere il valore più o meno di questi due biglietti di stato, grazie!
    1 punto
  15. Buongiorno, nell'ambito del catasto (appunto) onciario voluto da re Carlo di Borbone, si fa riferimento all'oncia da 6 ducati. Nelle Prammatiche, ovvero i decreti attuativi emanati dall'autorità, si dice: "Per li territori seminatorii, arbusti, vigne, oliveti, boschi, erbaggi, montagne, censi, esazioni e simili rendite... si tirano l'once alla ragione di carlini tre di rendita per ciascuna oncia di ducati 6 di capitale, che corrisponde al 5%".... "Per la rendita di animali d'ogni genere si tireranno le oncie... alla ragione di carlini sei per oncia (quindi) al 10% del capitale". L'oncia quale unità di conto fiscale era divisa in 30 grani. Quindi nel caso della coppia di buoi, le 13:10 oncie (ovvero 13 oncie e 1/3 o ancora 13,3333...) di tassa corrispondono ad una rendita stimata di 4 ducati. Essendo la rendita il 10% del capitale, il valore della coppia di animali era di 40 ducati, 20 ducati a capo. Allo stesso modo il valore quota di proprietà ("rata") della vacca era di 6 carlini, 2 grana e 1 tornese, ovvero 62,5 grana.
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  16. Confermo, non hanno alcun valore. Chi le volesse potrebbe facilmente comprarle in condizioni migliori a 1 o 2€. In condizioni perfette, mai circolate, angoli appuntiti, nessuna piega ecc. le trovi a 5€ il 5 lire e 8€ il 10 lire quindi conservale come ti è stato consigliato. Guardandole noterai che, a differenza di tutti gli altri biglietti di Stato in cui c'è scritto "Regno d'Italia" o "Repubblica Italiana", su questi in alto al centro c'è la sola scritta "Italia". Questo perché al tempo della loro creazione (novembre 1944) non si sapeva ancora se l'Italia sarebbe stata una Repubblica o una Monarchia... 😉
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  17. Non c'è chi se le compra, sono solo dei balordi che mettono prezzi assurdi ed a casaccio, purtroppo si può fare. Solo 500 euro? pochini... Così vale pure per il 10 lire. Una vendita seria per quelle condizioni? questa: Qualora fosse stata in eccellente stato poteva raggiungere i 5/8 euro, che comunque reputo pure tanti. Conservale Per i francobolli vai in questa sezione e poni tranquillamente le tue domande Filatelia e Storia Postale - Lamoneta.it - Numismatica, monete, collezionismo ps: ho trovato una vendita molto conveniente, solo 16.000 euro per 4 esemplari!! meglio di una sola per 10.000 euro non ti pare? E con la consegna gratuita! un affarone!
    1 punto
  18. Hello Lelouch I checked the Caltabiano text: she speaks for these issues of a feminine ‘auriga’ . At least at a superficial check I could not see any mention of a nymph ( also a bit incongruous if I may, for a nymph to be represented with auriga functions ).
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  19. A me @Ronakla tua moneta piace molto, a mio parere è senz'altro in alta conservazione direi Spl+, ma forse anche qualcosina in piu avendola in mano, mi sembra di percepire anche del lustro di conio. Comunque complimenti per la bella moneta.
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  20. Buongiorno, nel realizzare uno studio sull’evoluzione delle monete a partire dall’Aes Rude, fino al denario, mi sono imbattuto nel controverso ‘Aureo del giuramento’ da XXX: (Da Numismatica Ars Classica 83) Nel cercare maggiori informazioni, sono riuscito sì a trovare il suo peso (4.48g), ma da nessuna parte era riportato il diametro, se non qui: https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-RC/28 Il diametro qui riportato è di 11mm, ma la cosa non mi convinceva troppo, dato il peso ed il livello di dettagli. Essendo noti solo 4 esemplari (Il NAC, uno al British Museum, uno alla Biblioteca Apostolica Vaticana, ed uno al Museo Nazionale Romano), le informazioni erano alquanto scarse, e nessuna delle fonti online riportava il diametro. Dato che la moneta pare abbia la stessa composizione di RRC 44/2, RRC 44/3 ed RRC 44/4, (che vi mostro) ho deciso di fare un’analisi di regressione. Andando sul CRRO (Coins of the Roman Republic Online qualora qualcuno ancora non lo conoscesse), nelle pagine di queste tre monete, a fondo pagina vi è la possibilità di avere una media di peso e diametro di quel tipo specifico, basato su tutti gli esemplari in database. Una volta ottenuti, immaginando che il peso fosse linearmente proporzionale alla superficie, ho dimezzato il diametro, l’ho elevato al quadrato, e trascurando il pi greco (che apporterebbe una semplice traslazione), ho ottenuto i miei 3 punti: (49.14, 3.86) (43.56, 2.24) (31.47, 1.23) Da lì, la retta di best fit è la seguente: y = 0.13834x - 3.28261 Applicando il peso di 4.48g otteniamo un valore di 56.1. Calcolando la radice quadrata e raddoppiando il raggio, otteniamo un valore del diametro pari a 14,9799mm o semplicemente 14,98mm. Ad arrivare in mio aiuto, inaspettatamente, è stato un utente di un forum in lingua inglese, che casualmente possedeva un catalogo della Haeberlin Collection venduta da Cahn-Hess nel 1933, nel quale è presente uno dei 4 esemplari. Anche lì il diametro non era riportato, ma erano presenti le tavole a grandezza naturale, e misurando la moneta ha detto che era “marginally less than 15mm”, ossia ‘giusto un filo meno di 15mm, corroborando l’ipotesi. Infine, come ultima conferma, su questo sito sono riportati 3 esemplari su 4, e l’unico mancante è quello del Museo Nazionale Romano. L’utente aveva una foto proprio di quell’esemplare, accanto a quello che forse è uno statere da 20mm (RRC 28/1), o un mezzo statere da 15mm (RRC 28/2): Questo sembra definitivamente confermare l’ipotesi, quindi chiederei cortesemente a @legionario di correggere il dato presente qui: https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-RC/28 Grazie a tutti per l’attenzione!
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  21. Sol erti M: essi M unici pali = solerti messi municipali. Buona giornata!
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  22. Mentre gli USA sono dei competitor naturali dell'UE a livello economico, la Russia non lo è perché è essenzialmente un Paese che esporta materie prime (con qualche eccellenza industriale relativa allo stadio ed armamenti). Inoltre la popolazione russa è di soli 150/130 milioni con un territorio immenso e ricchissimo di ogni materia prima (gas, petrolio, oro, diamanti, platino, titanio, terre rare...), e la densità è di appena 9 abitanti per km2, quindi hanno realmente necessità di espandersi e di invadere l'Europa ? Ma poi l'economia europea e quella russa erano interdipendenti e sincronizzate: loro ci fornivano materie prime a bassissimo costo ed in cambio noi gli vendevamo prodotti finiti e servizi. Forse questo poteva disturbare qualcuno ? Ma fortunatamente adesso gli Europei pagano le materie prime 3/4 volte in più, inquinando 3/4 volte di più, e assoggettandosi di nuovo a qualcuno, che ci chiama apertamente parassiti/scrocconi (non che i precedenti non lo avessero mai detto, v. quel sant'uomo vincitore del Nobel per la pace di Obama) e vorrebbe magari pure eliminarci perché concorrenti... Il tutto condito con una costante e martellante propaganda che dice ora siamo finalmente liberi e più indipendenti... Osserviamo qualche dato preoccupante che non viene molto sbandierato: Sempre più europei spengono i riscaldamenti: nel 2023 un problema per altri 7 milioni Eurostat: casa insufficientemente calda per 47,5 milioni di europei (+1,3% rispetto al 2022). Il caro bollette un problema anche per 5,6 milioni di italiani, e un dilemma nuovo per mezzo milione rispetto a un anno prima Bruxelles – Il freddo punge, la guerra russo-ucraina con le sue implicazioni energetiche e il caro bollette fanno il resto. Risultato: gli europei vivono sempre di più senza riscaldamenti. Nel 2023, rileva Eurostat nei dati freschi di pubblicazione, il 10,6 per cento della popolazione dell’Unione europea non è stata in grado di mantenere la propria casa adeguatamente calda. Rispetto al 2022 questa quota è aumentata di 1,3 punti percentuali. In numeri assoluti tutto questo si traduce in circa sei milioni in più di persone – da 41,4 milioni a 47,5 milioni – costrette a mettere un maglione in più indosso per il non poter accendere i termosifoni. In questo quadro non fa eccezione l’Italia. Nel 2023 sono stati oltre 5,6 milioni gli italiani incapaci di mantenere la propria casa adeguatamente calda. Si tratta di circa mezzo milione di uomini e donne in più a combattere con il freddo rispetto al 2022. Il tasso di quanti fanno fatica a riscaldare la propria abitazione è aumentato dall’8,8 per cento al 9,5 per cento. Salta agli occhi il dato della Spagna, economia dell’eurozona a cui il governo italiano guarda con preoccupazione in termini di performance. Il Paese che insidia l’Italia nella classifica delle principale economie europee vede un quinto della propria popolazione alle prese con problemi di riscaldamento e l’impossibilità di potersene permettere uno adeguato. Oltre dieci milioni di spagnoli, pari al 20,8 per cento della popolazione nazionale, nel 2023 ha vissuto in case fredde o non calde a sufficienza. https://www.eunews.it/2025/01/23/riscaldamenti-2023-problema-7-milioni/
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  23. Tanto per metterla in battuta, nessuno si offenda, tutto questo mi ha piacevolmente riportato agli anni della fanciullezza, nei quali ci si metteva ogni tanto ad osservare le nuvole, cercando di dare ad ognuna una forma conosciuta.
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  24. A completamento di quanto scritto oggi, inserisco immagine da cui si osserva inequivocabilmente essere del '36 la mia moneta. Saluti
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  25. Cavallo di Carlo VIII battuto a Chieti.
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  26. Ciao Carlo, prima di tutto grazie per la tua umiltà e onestà intellettuale. Ma capisci bene che se a tutti “ci capitasse” il forum, che lo fanno coloro che scrivono, diventa un crogiolo di Può certamente capitare di sbagliare, e io per primo ne so qualcosa. Ma se si scrive con cognizione di causa, questo potrebbe capitare più raramente. Tra i nuovi siete in diversi. In pochissimi anni, avete accumulato più messaggi di me che con questo nick ci scrivo da più di 10 anni Mettici che diverse sezioni (come questa) sono abbandonate a se stesse. A buon intenditor… Ovviamente non mi riferisco a te solo. È sempre più presente una “superficialità” nello scrivere, quasi a voler solo far avanzare il contatore dei messaggi per “salire di grado”. Questa è l’impressione che ho. Mi scuso per la schiettezza, ma ormai mi si conosce. Nel leggere certe cose passa davvero la voglia di intervenire, e così, si ritorna al classico “cane che si morde la coda”: nessuno corregge, rimangono informazioni fuorvianti perché Il forum lo “facciamo” noi. Occorrerebbe più scrupolo nell’osservanza del regolamento (ad esempio, sai quante discussioni “calderone” si sarebbero evitate? sono solo dispersive e rendono molto difficoltosa l’indicizzazione delle informazioni) e buon senso nello scrivere: le cose le so? Le so spiegare bene (e non in modo sillabico con “bella” “ottimo esemplare” e via dicendo…)? Allora scrivo. Le cose non le so? Allora non scrivo. Ho dubbi? Allora, con buon senso, valuto se scrivere qualcosa, precisando per lo meno, che sono congetture personali. Così, chi leggerà avrà modo di rendersi conto che quelle informazioni necessitano di una conferma da chi conosce meglio la questione Sempre con stima Fabrizio
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  27. Non dirlo a me, io non l'avrei fatta scoppiare e sicuramente non avrei ostacolato i vari sforzi per la pace dal 2014. Ma sappiamo perché la Crimea è stata annessa alla Russia ? Si certamente perché vive una comunità russa del 90% circa, ma perché c'è il più grande porto militare di età sovietica (Sebastopoli) anche per i sommergibili nucleari. Dopo la dissoluzione dell'URSS, la Russia e l'Ucraina hanno firmato degli accordi per concedere ai Russi l'uso del porto e basi annesse. Poi ci sarebbe stato un rinnovo del contratto. Gli Americani hanno corteggiato (corrotto) la dirigenza ucraina affinché non rinnovasse il contratto per l'uso del porto e poi hanno addirittura fatto un colpo di stato arancione facendo fuggire il presidente ucraino Januchovic (spero di averlo scritto bene). Quindi i Russi si sono presi la Crimea! Quando qualcuno vuole fare il furbo, queste sono le conseguenze, ma purtroppo nessuno di quelli che hanno orchestrato il tutto hanno i loro figli nei sacchi neri...a differenza della povera gente!
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  28. Metterei sul podio a parimerito la lira 1863 e il centesimo Milano
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  30. Secondo me le foto non sono ancora adeguate. Si intravede una bella moneta, secondo me superiore al BB, potenzialmente in zona SPL, ma servono foto migliori. La perlinatura della corona e le rosette del collare sembrano (con beneficio del dubbio fotografico) molto ben conservate e il dritto ha ottimi fondi e rilievi privi di segni evidenti. Servirebbero foto che permettano di percepire lo stato del metallo. Saluti
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  31. Torniamo ora indietro di una decina d'anni rispetto alle prime emissioni delle monete d'oro di cui abbiamo parlato, per dedicare un certo numero di post (al momento non meglio quantificabili ) a un evento cruciale nella storia degli Stati Uniti e nella vita di Theodore Roosevelt. Un evento con il quale ebbe inizio quello che diversi autori latinoamericani definiscono, non senza ragione El siglo del Imperio Norteamericano L'isola di Cuba, posta tra il mar dei Caraibi, il golfo del Messico e l'oceano Atlantico, fu raggiunta da Cristoforo Colombo il 28 ottobre 1492. Colombo rivendicò l'intera isola per il Regno di Spagna e la chiamò Isla Juana, in onore dell'allora erede al trono di Spagna Giovanni, Principe delle Asturie. Nel 1511 venne fondato da Diego Velázquez de Cuéllar il primo insediamento spagnolo. Da allora, ebbe inizio il dominio pressoché ininterrotto della Spagna. Nel corso del XIX secolo, a poco a poco, cominciò a crearsi nella borghesia cubana l'insofferenza verso il governo spagnolo e il desiderio di una maggiore autonomia. Si ebbero così le cosiddette due guerre d'indipendenza: la guerra dei dieci anni (1868-1878), e la piccola guerra (1879-1880), insurrezioni popolari armate represse nel sangue. Un ennesimo tentativo di liberarsi dal dominio spagnolo, prese forma nel 1895, e ad esso servì involontariamente da catalizzatore il Wilson-Gorman Tariff Act del 1894 (dazi sulle importazioni negli Stati Uniti), che privò lo zucchero cubano del suo principale sbocco di mercato, gettando l'isola in un totale stato di miseria. L'opinione pubblica americana fu, fin dall'inizio, decisamente dalla parte dei ribelli, e si sentì particolarmente oltraggiata dai metodi represssivi degli spagnoli. Nel 1896, il governo spagnolo istituì una serie di campi di concentramento con lo scopo di privare la guerriglia cubana dell'appoggio della popolazione civile. E in quei campi, a causa di un'amministrazione incompetente, e di un inadeguato regime sanitario, morirono moltissime persone Gli orrori dei campi erano autentici, ma il modo in cui la rivolta cubana venne riportata dalla stampa, scatenò fino all'eccesso l'indignazione americana. Due quotidiani di New York, in particolare, il New York World e il New York Journal, si lanciarono in una gara a chi pubblicava le notizie più sensazionali sulla rivolta... In questa serie di post, si parlerà non solo di Storia con la S maiuscola, ma anche, a tempo debito, di monete, e ci sarà anche occasione di mostrare altro di interesse collezionistico. Come questa cartolina dell'epoca, un combattimento di galli in uno spiazzo de L'Avana, che potrebbe anche essere interpretato come una metafora della guerra. (da Collezione privata) petronius
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  32. Mi permetto di entrare nella discussione in quanto, catalogando recentemente un esemplare NATOLEONE, non ho riportato la notizia circa la menzione nei Memoriali in quanto nemmeno io sono riuscito a verificarla. Crippa con la sua annotazione riprende quanto detto nel CNI; il Corpus Nummorum Italicorum a sua volta riprende quanto detto nell'opera "Le monete di Milano" dei fratelli Gnecchi del 1884. La nota degli Gnecchi è tutto tranne che accurata, riportando l'ipotesi di un ordine diretto di Pietro Verri (deceduto nel 1797!!!!!) al Manfredini. Ecco la foto della annotazione così come presente nell'opera originale degli Gnecchi:
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  33. Buongiorno a tutti presento oggi questa moneta da 5 kronen (corone) del Liechtenstein, anno 1900, coniata in 5.000 esemplari, millesimo più raro (il Bobba la indicava R2) dopo le 64 monete di prova coniate nel 1898. Il Principato del Liechtenstein adottò gli standard della monetazione Austro-Ungarica fino al 1918, quando adottò come riferimento la monetazione svizzera a causa dell'instabilità monetaria e della svalutazione della corona. La moneta in oggetto risponde quindi ai ponderali austriaci di 36 mm per 24 grammi (questa è di 24,04 grammi). Il successivo 5 franchi del 1924, invece, sarà emesso secondo gli standard UML (25 g per 37mm). Al dritto riporta l'effige di Johann II Furst von Liechtenstein, principe sovrano del tempo, e al rovescio lo stemma del Principato di Liechtenstein, che corrisponde a quello della famiglia dei Principi von und zu Liechtenstein della linea di Gundacker, oltre al valore nominale 5 KR e al millesimo 1900. nel taglio si trova in incuso la scritta * KLAR * UND * FEST * * *. la moneta conserva tutti i rilievi e un discreto lustro, nonostante siano presenti alcuni segnetti da contatto al dritto e dei piccoli colpetti al bordo. inserisco prima le due foto fatte dal venditore e successivamente due foto fatte da me. saluti, Carlo
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  35. Nuntio Vobis: ed il giorno prima, il 12 si terrà la 25a asta MONTENEGRO di Numismatica
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  36. @Silver70 Caro , buonasera! Su questo argomento hai trovato una persona che ho definito "un collezionista seriale"! Ovvero: IO! Circa un mese fa ho terminato di scrivere un libro che ho intitolato "Confesso: sono un collezionista seriale!! Ciliegie di cultura e di passioni." che molto probabilmente darò alle stampe. Nella mia vita ho sistematicamente cambiato tipi di collezioni, perchè, purtroppo per me, mi è sempre piaciuto il bello, l'interessante, il raro. Sono partito con i francobolli, per poi passare alle stampe antiche, agli orologi, ai soldatini, agli argenti antichi, alle porcellane (complice mia moglie), ai micro mosaici, alle gemme e la numismatica è stato l'ultima. @il numismatico diverso tempo fa mi ha denominato "il nonno tuttologo" (fra 18 giorni sono 78 primavere!). Effettivamente tutti questi cambiamenti sono state una occasione di nuovi studi, di nuove ricerche, entrare in mondi che non conoscevo e che, man mano che li esploravo, mi affascinavo e conquistavano, anzi mi conquistano ancora! Il mio sistema è stato quello di approfondire il più possibile la materia, per poi abbandonarla completamente ed iniziare a studiarne un'altra e così via, e tutto ciò è iniziato che avevo 12 anni! Ti posso assicurare che quando nel 2004, la mia azienda mi ha "scivolato", dopo una settimana ero già impegnato in una delle materie che più mi ha appassionato, la Gemmologia, che mi ha permesso di diventare Perito Gemmologo ed entrare in un mondo di un fascino impressionante. La Numismatica è tata un corollario, stupendo ed affascinate che mi ha permesso di entrare in un mondo che non avevo mai immaginato, e che si è affiancato professionalmente alla Gemmologia, diventando Perito Numismatico (ovviamente nel mio piccolo!). Quasi tutte le raccolte che ho costituito nel tempo, sono state esitate per avviarne altre e oramai sono rimasto senza ad eccezione dell'ultima intrapresa qualche anno fa, quella delle medaglie delle Sedi Vacanti Pontificie, ma che sto meditando di esitare anche lei. Alla fine rimane la CONOSCENZA, il resto è di passaggio, si passa ad altri per fare le stesse esperienze! Complimenti! Hai scelto una materia che ti poterà nel mondo della micro meccanica, del complicato, della moda, del lusso esagerato (dovrai studiare molto!). Personalmente sono arrivato al punto di cimentarmi nello smontaggio e rimontaggio di movimenti semplici, e così mi sono reso conto dell'incredibile manualità dei GRANDI OROLOGIAI! Buon proseguimento!!
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  37. Salve a tutti. Quest’oggi volevo proporvi una nuova discussione “trasversale”, dato che l’argomento di cui andremo a trattare ci permetterà di spaziare in situazioni storiche e numismatiche dal Mezzogiorno al Settentrione della nostra penisola. Anche questa volta, al centro del nostro dibattito troviamo un sovrano napoletano della dinastia francese degli Angioini, Roberto d’Angiò (1309-1343), autore di una coniazione molto particolare ed estremamente rara che merita di sicuro un approfondimento. Ecco la descrizione del pezzo in esame: Gigliato. D/ + ROBERTUS • DEI GRA IERLM • ET SICIL • REX Robertus Dei gratia Ierusalem et Siciliae Rex. Roberto, per la grazia di Dio, Re di Sicilia e Gerusalemme. Il Re coronato, seduto frontalmente su di un trono con protomi leonine ai lati, tiene nella mano destra lo scettro gigliato e nella sinistra il globo crucigero. R/ + IPPETUU CU SUCCESSOIB DNS TRE PRATI In perpetuum cum successoribus dominus Terrae Prati. Signore in perpetuo della Terra di Prato con i suoi eredi. Croce piana ornata, con le estremità fogliate, accantonata da quattro gigli. CNI XI, p. 345, n° 1 (tav. XXII, n° 4). AR 3,90 g. e 27 mm. (esemplare della Collezione Reale, già ex Collezione Gnecchi, n° 3515). Un altro esempio trovato in rete, dal peso dichiarato di 3,78 g.: Si sa benissimo oramai che il gigliato fu una moneta ampiamente accettata in molti luoghi diversi tra loro, non solo d’Italia, ma anche d’Europa e addirittura fu imitata e scambiata nelle zecche e negli Stati dell’Oriente Latino. Tale fama scaturisce dalla bontà della lega utilizzata per la coniazione di queste monete, molto più ricca di fino rispetto ad altri nominali, non solo italiani, che si potevano trovare in circolazione all’epoca. Era, se vogliamo, una specie di “dollaro” d’argento del Basso Medioevo, utilizzato per i commerci locali nel Regno di Napoli, ma anche per quelli di più vasta portata, tant’è che si sviluppò un vero e proprio giro d’affari intorno all’imitazione del gigliato napoletano o robertino, come veniva chiamato per via del sovrano che lo fece diventare così celebre e ben accetto. Non ci si sorprende, quindi, di trovare una moltitudine di gigliati che si differenziano anche molto da quelli coniati a Napoli durante il regno di Roberto d’Angiò, ma il gigliato “pratese” ha avuto sempre un ruolo molto particolare nella numismatica non solo napoletana, ma italiana in generale, per via della sua esimia rarità, ma soprattutto per i risvolti storici che tale moneta potrebbe rivelare. E allora è il caso di vedere meglio le circostanze storiche che portarono alla realizzazione di questo strano pezzo. Innanzi tutto occorre spiegare perché la definizione di “pratese”. La caratteristica peculiare risiede proprio nella legenda di rovescio, ampiamente sciolta e tradotta in fase di descrizione. In pratica, Roberto d’Angiò, oltre che Re di Napoli, veniva riconosciuto anche come signore della Terra di Prato, la città toscana in provincia di Firenze. Il privilegio signorile si estendeva anche ai suoi eredi, quindi, dopo la morte del sovrano angioino, i suoi successori avrebbero beneficiato della signoria di Prato. Come si configura storicamente un tale potere? Come arrivò Roberto d’Angiò a detenere i diritti su città così lontane da Napoli e dal suo Regno, coinvolte in ben altre realtà politiche? E, soprattutto, come si giunse alla coniazione di una moneta, il gigliato, appunto, che per stile e standard ponderale rientra perfettamente nei meccanismi economici napoletani, ma che è di più difficile inserimento in quelli toscani? Dobbiamo pensare ad un’Italia divisa tra due principali fazioni: i Guelfi, sostenitori del partito filo-papale, e i Ghibellini, favorevoli invece nel riconoscere all’Imperatore di Germania un potere temporale superiore a quello della Chiesa di Roma. L’autorità imperiale, inoltre, voleva anche consolidare la propria influenza in Italia, ormai solo un ricordo rispetto a ciò che era stata nel corso del XIII secolo o anche prima. Gli scontri tra le diverse fazioni nelle città dell’Italia settentrionale portarono i liberi comuni ad indebolirsi per i dissidi e le divisioni interne: sia Firenze che le città limitrofe della Toscana, infatti, erano molto deboli militarmente e non riuscivano a fare fronte alle esigenze belliche che il tempo imponeva. Tra il 1305 ed il 1310, quindi, Roberto d’Angiò, uno dei sovrani più potenti d’Italia, era stato coinvolto nelle lotte politiche toscane e si schierò dalla parte dei Guelfi: il Re di Napoli, infatti, già nel 1305, quando era solamente Duca di Calabria, fu insignito della signoria di Firenze, che mantenne pressappoco fino al 1321, e messo a capo di una lega di città toscane che si opponevano al potere ghibellino ed imperiale in Italia. Prato, la cui situazione militare non era molto diversa da quella della vicina Firenze, aveva vissuto anni migliori dopo che, alla metà del XIII secolo, si era fissato lo Statuto cittadino e il centro aveva riconosciuto la propria qualifica di libero comune. La floridezza economica di quei tempi, dovuta al grande sviluppo dell’industria della lana, era solo un lontano ricordo. Dal 1312 la situazione peggiorò ulteriormente a seguito delle guerre intestine che affliggevano le città toscane: Prato, insieme alla lega di città che facevano capo a Firenze, composta da Siena, Pistoia, Arezzo, Volterra, Colle Val d’Elsa, San Gimignano e San Miniato, si trovò contrapposta alla Pisa di Uguccione della Faggiola, condottiero ghibellino e vicario imperiale in Italia. Uguccione si rivelò una minaccia concreta per i Fiorentini i loro alleati nel 1315, quando le armate ghibelline collezionavano sempre più successi sui nemici di parte guelfa. Fu proprio in quell’anno (tra l’altro, passato alla storia come il più fulgido per il partito ghibellino in Italia) che Firenze si decise a chiedere aiuto militare a Re Roberto. Quest’ultimo acconsentì, radunando in breve tempo un congruo numero di truppe che, inizialmente, dovevano essere guidate da suo figlio, nonché erede al trono, Carlo d’Angiò (1298-1328), Duca di Calabria dal 1309 e Vicario Generale del Regno. Il comando, però, passò poi all’ultimo momento nelle mani del fratello del Re, Filippo I di Taranto (1294-1332). La colonna partì dunque per Firenze per unirsi al resto dell’esercito guelfo che la lega toscana aveva raccolto per far fronte alla minaccia ghibellina. Lo scontro sembrava giocare a favore dei Fiorentini e dei loro alleati napoletani, vista la loro superiorità numerica. Uguccione, oltre ai Pisani, poteva fare solo scarso affidamento su Lucca, perché questa città era stata presa dai Ghibellini con la forza. Il confronto armato non si fece attendere: la battaglia di Montecatini (29 agosto 1315) sancì la gloriosa vittoria dei Pisani di Uguccione che, contro ogni pronostico, misero in fuga i Fiorentini con i loro alleati. Il comandante napoletano Filippo di Taranto neanche prese parte allo scontro perché, colto da febbre, fu costretto a ritirarsi dal campo di battaglia e a rientrare precipitosamente a Firenze, la cui situazione peggiorava giorno dopo giorno. Roberto d’Angiò, da parte sua, non si mostrò molto preoccupato della sconfitta subita dalle sue truppe in Toscana: Firenze, che dal 1305 si era costituita sotto la sua protezione, rimaneva, con il suo circondario, ancora salda e sicura. Qualche anno dopo, però, tale sicurezza crollò: nel 1325 il baricentro ghibellino da Pisa si era spostato a Lucca che, sotto il suo signore Castruccio Castracani, aveva riscoperto un nuovo periodo di riscossa militare, culminato con la vittoriosa (per i Ghibellini) battaglia di Altopascio il 23 settembre di quello stesso anno. Questa volta, Roberto non aveva inviato alcun aiuto contro il Castracani per favorire i Fiorentini, così, quando questi arrivò addirittura a minacciare la città stessa, essi si rivolsero al Duca di Calabria, Carlo, figlio di Re Roberto, il quale fu eletto dai Guelfi nuovo signore di Firenze a garanzia della protezione angioina sulla città. Carlo accettò e l’anno successivo, nel 1326, il 13 gennaio, si recò a Firenze per prendere possesso del nuovo incarico che gli era stato offerto. Ma la permanenza di Carlo e del suo seguito di Angioini nel capoluogo toscano fu breve: nel 1327, il Duca fu richiamato a Napoli, poiché le truppe tedesche di Ludovico IV il Bavaro (1328-1347), allora Rex Romanorum (1314-1328), minacciavano il Regno nella loro discesa in Italia verso Roma. Si ritiene che il gigliato “pratese” fosse stato battuto intorno al 1326, quindi durante la signoria fiorentina di Carlo d’Angiò, per l’infeudamento di Prato alla casata angioina. Le legende sulla moneta, che vanno lette in modo continuo tra diritto e rovescio, comunicherebbero che Roberto d’Angiò, già Re di Napoli, era anche signore (dominus) di Prato e che il privilegio si estendeva anche ai suoi successori, cioè a Carlo Duca di Calabria. Quest’ultimo, nato dal matrimonio celebrato il 23 marzo 1297 tra Roberto e Jolanda d’Aragona (1273-1302), era l’unico figlio maschio della coppia reale e, nel 1316, contrasse una prima unione, infruttuosa, con Caterina d’Asburgo (1295-1323). Nel 1324, poi, prima di essere chiamato dai Guelfi a Firenze, Carlo sposò in seconde nozze la giovanissima Maria di Valois (1309-1332), dalla quale ebbe la figlia, futura Regina di Napoli, Giovanna I d’Angiò (1343-1381). Appena Carlo si allontanò da Firenze nel 1327, Castruccio ne approfittò per occupare molte città che prima erano cadute sotto la giurisdizione feudale angioina: in nome dell’Imperatore tedesco, il condottiero ghibellino, divenuto intanto Duca di Lucca, arrivò ad attaccare anche Pistoia e Prato. Gli abitanti di questi due centri, soprattutto i contadini che erano quelli più esposti alle scorribande ghibelline nelle campagne intorno alle città, per non subire gli attacchi nemici, scesero a patti con il Castracani: in cambio di un tributo semestrale da pagarsi in denari, i Pistoiesi ed i Pratesi evitarono attacchi e saccheggi da parte dei Ghibellini del condottiero lucchese. In realtà, fino a quando gli Angioini si ersero a garanti della sicurezza dei Guelfi toscani, Firenze e gli altri centri toscani limitrofi non subirono mai il sopravvento della parte ghibellina avversa. Il gigliato “pratese”, dunque, costituisce una moneta commemorativa (e non una medaglia, come credeva Arthur Sambon e com’è riportato anche nel CNI XI) che aveva lo scopo di manifestare la sovranità signorile degli Angioini, di Roberto e di suo figlio Carlo, sui centri guelfi toscani minacciati dall’inarrestabile potenza militare ghibellina. Si potrebbe anche pensare che la moneta circolasse nel ristretto entourage del Duca di Calabria e che difficilmente abbia interagito con la moneta e l’economia locale fiorentina, poiché, come faceva già notare il Sambon, il gigliato era sì una moneta ben accetta all’epoca (quindi magari sarà anche stata accettata in alcune transazioni tra Angioini e Fiorentini), ma era profondamente diversa per caratteristiche fisiche rispetto al sistema monetario ed economico fiorentino. Dobbiamo poi pensare che Prato patteggiò un accordo per non essere occupata dai Ghibellini di Castruccio solo nel 1327, ovvero dopo la partenza di Carlo d’Angiò da Firenze. Dato che Prato non ebbe mai una propria zecca, sembrerebbe più logico ipotizzare che il gigliato in questione fu coniato nel 1326 a Firenze, durante il breve soggiorno del Duca di Calabria in città. Forse la sua breve permanenza e il circoscritto utilizzo del gigliato “pratese”, in unione con lo scopo commemorativo dell’emissione, non consentirono la coniazione di un gran numero di pezzi, anzi, ne frenarono la produzione allo stretto indispensabile per le esigenze degli Angioini, padroni della scena politica cittadina. Dobbiamo poi notare che questa teoria non sembra priva di fondamento, se pensiamo che, a Napoli, la locale zecca incrementò la produzione di gigliati, per volere regio, proprio nel 1326! In questo anno, infatti, furono assunti nuovi manovali in zecca per la lavorazione delle monete d’argento, in vista del successo e delle attenzioni che il gigliato napoletano stava ricevendo in molte parti d’Europa e del Mediterraneo. Ma non furono solo gli Angioini ad aiutare militarmente i Guelfi toscani e ad importare a Firenze il gigliato “pratese” di stampo e peso napoletani: sotto Roberto d’Angiò, le finanze del Regno di Napoli erano quasi monopolizzate da potenti banchieri fiorentini. Pensiamo che molte Compagnie bancarie avevano filiali a Napoli che costituivano il fulcro di importanti guadagni. Proprio con il governo di Roberto assistiamo spessissimo all’affidamento dell’incarico di Maestro di Zecca, ufficio fondamentale per la gestione della stessa, ad esponenti di queste potenti Compagnie. Tra questi ricordiamo: 1. Lapo di Giovanni di Benincasa, un mercante fiorentino, fattore della Compagnia degli Acciaiuoli, fu Maestro di Zecca nel 1317. Fu proprio tra il 1317 ed il 1319 che si decise di inserire sui gigliati dei simboli per poter distinguere l’operato delle diverse maestranze, poiché in molti casi si erano verificati dei cali nel peso effettivo delle monete rispetto a quello teorico stabilito (pari quasi a 4 grammi). 2. Donato degli Acciaiuoli, Maestro di Zecca nel 1324 (al 12 febbraio si data l’appalto per il suo incarico), proseguì la battitura dei gigliati di peso accurato, com’era già stato fatto sotto l’amministrazione dei suoi predecessori, Rainaldo Gattola, di Napoli, e Silvestro Manicella, di Isernia. 3. Petruccio di Siena, Maestro di Zecca nel 1325, anch’egli esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 4. Domenico di Firenze, Maestro di Zecca sempre nel 1325, esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 5. Dopo l’intermezzo del napoletano Rogerio Macedonio, nel 1327, a dirigere la Zecca partenopea troviamo nuovamente un fiorentino, un certo Filippo Rogerio, della Compagnia dei Bardi. 6. Pieruccio di Giovanni, ugualmente fiorentino, fu Maestro di Zecca dopo il 1327 ed esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 7. Sempre in una data posteriore al 1327 a capo della Zecca viene annoverato il fiorentino Matteo Villani, della Compagnia dei Bonaccorsi. Tutte queste Compagnie bancarie fiorentine avevano, attraverso il controllo dell’ufficio di Maestro di Zecca, oltre a rapporti commerciali di favore tra Firenze ed il Regno, anche il sopravvento sulla gestione della moneta regnicola e sulla sua circolazione. I Bardi, presso la cui filiale di Napoli lavorò anche il padre di Boccaccio, gli Acciaiuoli e i Bonaccorsi, insieme ad altre Compagnie fiorentine, fallirono a seguito del mancato saldo del debito che i Re si Francia ed Inghilterra avevano contratto con i Fiorentini a seguito dell’allestimento degli eserciti per la Guerra dei Cent’anni. Anche Roberto d’Angiò aveva un grande debito con gli Acciaiuoli, che di fatto erano i banchieri della Casa d’Angiò e tenevano in mano le finanze di mezza Napoli, in quanto questi ricevette un primo prestito di ben 50.000 fiorini d’oro e suo figlio Carlo, Duca di Calabria, beneficiò di un secondo prestito pari a 18.500 fiorini. Dopo la mancata restituzione delle somme dovute dai sovrani francese ed inglese, Roberto non saldò il suo di debito usando come precedenti le insolvenze degli altri due Re, Filippo VI ed Edoardo III. Ma gli Acciaiuoli beneficiarono grandemente della benevolenza regia: sotto Roberto, Niccolò Acciaiuoli fu nominato prima cavaliere e con l’avvento di sua nipote, Giovanna I, fu invece creato, nel 1348, Gran Siniscalco del Regno. Fu proprio Niccolò a farsi promotore del (secondo per la sovrana) matrimonio tra Giovanna I e Luigi di Taranto (1352-1362). Quando questi morì, il 26 maggio del 1362, l’Acciaiuoli fu il principale protettore dei diritti della Regina angioina (a cui, tra l’altro, doveva tutte le sue fortune) quando altri nobili ne minavano il potere. Ma, ritornando in Toscana, Prato rimase ancora per poco tempo in mano angioina: morto Roberto a Napoli, il 16 gennaio 1343, (Carlo era già morto il 9 novembre 1328) Firenze tentò, a partire dal 1350, di conquistare con la forza la città vicina, vedendo la morsa angioina allentarsi dai comuni toscani come un’occasione di rinascita politica. Nel 1351, con un atto cancelleresco approvato da Giovanna I, la Corona di Napoli cedeva i diritti feudali di Prato a Firenze dietro pagamento di una somma ammontante a circa 17.500 fiorini. Anche dietro questo atto si nasconde un disegno politico di Niccolò Acciaiuoli che, in virtù della propria influenza sulla Regina napoletana, spinse la sovrana a concludere un accordo remunerativo con Firenze. Da allora, la città di Prato non è mai uscita più dall’orbita fiorentina.
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