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  1. Alan Sinclair

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  1. Anche Venezia ? Si. E Pavia, e Mantova ? Si si. Anche Lucca Pisa Siena Firenze ? Si si si. E Roma ? Anche Roma ... Tutte le coniamo, tutte ...
    8 punti
  2. Tanti anni fa un nonnimo mi insegnò le basi della filatelia. Io ero un ragazzetto e lui un vicino di casa con la passione filatelica. Mi regalò il mio primo catalogo e mi insegnò i concetti base di questo mondo. Aveva anche qualche spicciolo del regno che mi regalò e da lì nacque anche l'altra passione. Quando poi mancò (ormai sono cmq passati molti anni) lasciò la collezione di Repubblica nuova ai figli (all'epoca ci si poteva fare qualche milioncino di lire). Qualche mese prima di morire (era malato e lo sapeva), però, mi chiese di passare da lui e mi regalò tutti gli altri suoi francobolli (circa un migliaio suddivisi tra Germania e Jugoslavia) sapendo che in questo modo sarebbero rimasti nelle mani di una persona che li avrebbe apprezzati. Ancora oggi, quando sfogliando un album trovo un suo francobollo, mi ricordo di lui e del tempo che mi ha dedicato.
    8 punti
  3. Personalmente, da amante della storia, ho sempre apprezzato l'aspetto storico sia dei francobolli che delle monete. Sono sempre stati un modo per toccare con mano il passato vicino o lontano. L'aspetto economico è sempre stato secondario e tutto quello che ho raccolto nel tempo non l'ho acquistato per calcoli economici, ma per il piacere e le sensazioni che mi ha trasmesso. Il tempo che ho passato con questi oggetti è stato ampiamente ripagato dal loro costo. Se vado a vedere uno spettacolo pago il biglietto, analogamente la passione collezionistica ha un costo. E sinceramente la ricerca di pezzi di pregio elevatissimo con conservazioni fdc nelle numismatica o di primissima scelta nella filatelia non sono il mio obiettivo. Anche pezzi di qualità media infatti riescono a trasmettermi quelle sensazioni storiche, culturali e artistiche che sono alla base del mio colezionismo. Tra vent'anni varranno meno? E chi se ne frega. Io ho fatto il mio percorso e ne ho tratto piacere. Io valore non è la molla del vero collezionista; è la molla di un investitore! Buona collezione a tutti (e se i prezzi dei francobolli scendono, meglio perché così potrò permettermi pezzi che in passato avrei ritenuto inavvicinabili)
    8 punti
  4. Amici della filatelia, buon inizio settimana ! Oggi concludo con l'ultimo stato antico, il Regno di Sardegna. Note di storia postale : dopo il Lombardo-Veneto, la Sardegna fu il secondo antico stato italiano che emise francobolli. Il I° Gennaio 1851 furono emessi tre valori, da 5 - 20 e 40 centesimi, corrispondenti alle tariffe più in uso. Il soggetto era il medesimo e si ispirava al Penny Black britannico, con Vittorio Emanuele II° invece della regina Victoria : le scritte necessarie, il valore in cifre ed in lettere e, al centro, il profilo del re, ricavato dalle monete d'oro da 10 e 20 lire allora in corso. I colori scelti furono il nero, l'azzurro ed il rosa. Tra il 1851 ed il 1855 le emissioni di francobolli furono ben 4, di cui 3 in rilievo e tra le più belle, originali ed intriganti, non solo in Italia, ma nel mondo. Un vero record, specie considerando che il francobollo era agli esordi e serviva solo per affrancare. Il francobollo oggi presentato è una prima emissione del 1851, un 20 centesimi azzurro con annullo a rombi rossi, su stampa litografica in colore su carta a macchina bianca, fogli da 50 esemplari. Sul retro le firme dei periti filatelici G. Colla, S. Sorani e G. Bolaffi, ( più un'altra non identificabile ), Sassone 2. Grazie per l'attenzione.
    7 punti
  5. No ... fermati. Approfitta di questa discussione per illustrarci compiutamente il tuo pensiero e le conclusioni che hai tratto dai tuoi studi. Io ho cercato, a seguito di un'altra discussione, di informarmi, di studiare, di ragionare, ... non sono riuscito a capire le tue argomentazioni; probabilmente per la mia ignoranza dell'argomento in discussione ( la zecca di Napoli è ben lontana dai miei interessi e dalle mie conoscenze) o forse per una mia ignoranza più generica. Ma vedo che alri ammettono una simile ignoranza, ed è inevitabile concludere che forse gli errori sono tuoi di conclusione e non nostri di comprensione. Ma siamo tutti appassionati di numismatica e desiderosi di apprendere. Sappiamo che c'è sempre qualcosa in numismatica che attende chi ha la fortuna di trovare, o chi ha la capacità di comprendere, e chi ha la bravura di divulgare. Ripeto, io ammetto la mia ignoranza, vedo che è condivisa da altri ... per cui aiutaci, spiegaci, chiariscici quello che hai scoperto. E' questo il fine di ogni studioso. Quando citi articoli che hai scritto, che non portano però ad una documentazione precisa e consultabile, finiscono per sembrare citazioni autoreferenziali. Mi sembra così e mi scuso con te se non è così. Attualmente chiunque può scrivere un libro o un articolo, autopubblicati o anche in collane che non hanno serie modalità di controllo. Non è lo scrivere che che fa lo studioso, è lo scrivere cose corrette e vere e documentate, ed anche scrivere ciò che può essere compreso e verificato da altri. Può darsi che studiosi della zecca di Napoli, e studiosi delle "monete forestire" battute a Napoli abbiano compreso ed approvato quello che io ed altri per ignoranza non abbiamo capito, ma siamo in un importante Forum di divulgazione numismatica, e siamo interessati a capire; fermati e spiega meglio. Grazie.
    7 punti
  6. Perchè? Nessuno ha il monopolio, non sul forum. Arka # slow numismatics
    7 punti
  7. Questo lo appoggio qui. È redatto dal perito che ha certificato gran parte degli artefatti al momento in commercio. Direi che la discussione può considerarsi conclusa. Una grande vittoria per il collezionismo, quello vero. Complimenti a tutti noi.
    7 punti
  8. Beh io sono un neofita in campo filatelico, ho iniziato solamente da quasi 2 mesi ad appassionarmi ai francobolli con l'aiuto ed i consigli in questo Forum di @PostOffice, @fapetri2001 che reputo essere i due maggiori esperti. Inoltre devo dire che con piacere seguo miza, dareios, art, marco1972 e qualcun altro con il quale mi scuso se non lo cito. Tutti questi a mio avviso sono entusiasti collezionisti. Sono interessato solo ad affrancature antiche/antiquarie, prime emissioni ma anche qualche esemplare con particolari varianti. Questi francobolli hanno per me un fascino del tutto particolare, alla pari delle mie monete. Concludo : questi vecchi francobolli non costano poco, in alta qualità ti possono chiedere dei bei soldini. Tuttavia, se un giorno dovessero deprezzarsi, amen, non ho mai pensato ad una collezione che aumenti di valore, io sarò ugualmente contento di averli cercati e di poterli avere, perché questi storici "pezzetti di carta" nella vita mi danno molta soddisfazione.
    7 punti
  9. Io non sarei molto favorevole alla situazione cinese, considerato il tipo di governo, ci mettono zero tempo a isolarti socialmente ed economicamente… resto uno strenuo sostenitore dei pagamenti in contanti e continuo a osteggiare l’uso dei pagamenti elettronici… troppo rischioso: basta un black out o un pulsante spinto da chi decide cosa e come devi pensare per tagliarti fuori dal resto del mondo
    7 punti
  10. Buongiorno a Tutti, tempo fa ho acquistato questo Asse di Marco Aurelio per il quale volevo chiedere a Voi Esperti di questa monetazione, un parere. Il venditore si è enunciato per zecca di Roma, emissione 162-163 d.c. Leggero paludamento sulla spalla sinistra. La moneta pesa grammi 10,60 e misura al D 25,62 millimetri, conservazione splendida. Vi chiedo per cortesia cosa ne pensate ed anche se secondo voi la conservazione potrebbe corrispondere. Grazie.
    6 punti
  11. La moneta è certamente diversa, senza dubbio alcuno. I particolari che non tornano sono molti, alcuni ben evidenziati da Fabrizio (@ilnumismatico). Vorrei però considerare una prospettiva diversa. L'esergo di rovescio (con l'anno 1690 in numeri romani) presenta una trama di fondo che nella grande maggioranza degli esemplari appare come una specie di irregolare rigatura orizzontale, mentre in pochi altri testoni, ma soprattutto nelle quadruple dello stesso soggetto, è puntinata (vedi foto con 1-2-3 rigatura e 5-6 puntinatura, 4 quadrupla puntinata). La foto che allego mostra particolari presi da monete provenienti da varie aste (indicate) e quello dell'attuale discussione: l'esemplare NAC 81 (1) è rigato, quello di niko (6) è puntinato, dunque ben differenziabile. Queste monete, come molte altre dell'epoca, sono state coniate con conii rotanti (o basculanti) e non so se con un'unica impronta o più di una per cilindro rotante. Data l'identità delle impronte delle monete che, salvo per il particolare in questione, non sembrano differenziabili, sarei propenso a considerare unica l'impronta sul cilindro, e la varietà rigata vs. puntinata in rapporto ad una pulizia del conio stesso (conio puntinato: nuovo; conio rigato: pulito in fase tardiva - è verosimile che le quadruple siano state coniate con conii nuovi, perciò puntinate). Con un rettangolo tratteggiato in rosso nelle foto 1-2-3 evidenzio quella che pare una piccola frattura di conio, che manca negli esemplari 4-5-6 che pertanto sembrerebbero coniati prima (conio nuovo, appunto). Incidentalmente: le quadruple "rigate" sono verosimilmente false in quanto prodotte con un conio ricavato per transfer-die da testoni "rigati".
    6 punti
  12. A richiesta degi appassionati, pubblico l'indice del Gazzettino:: La pre-copia in fase di rilettura e correzione:
    6 punti
  13. Buongiorno a tutti. @Asclepia, @Litra68... In questi tre anni la famigliola dei 9 Cavalli è aumentata . Eccoli in una foto di gruppo, gettati letteralmente sul pavimento 😁 Voi avete aggiunto qualche pezzo alla vostra raccolta?
    6 punti
  14. Nella gloriosa e glorificata città di Falsopolis, che tutti conoscono per la sua lunga tradizione di imbrogli, tarocchi e salsicce finte, sorgeva un edificio maestoso e bislacco: "la Zecca Nazionale della Fregnaccia e del Paradosso". Il direttore della Zecca era un tale Commendator Lupigno, mezzo lupo e mezzo ragioniere, col monocolo su un occhio e un francobollo falso sull’altro. Dicevano fosse stato assunto per concorso, ma nessuno aveva mai visto il bando, né il concorso, né tantomeno la laurea (che lui custodiva gelosamente dentro una bottiglia di birra vuota). Alla Zecca si stampava di tutto: banconote false da 3,14 Pi-dollari, aurei di cartapesta dorata col ritratto di Cesare che fa l’occhiolino, e persino francobolli che profumavano di truffa e mandorle amare. Ogni martedì e giovedì, comparivano all’ingresso della Zecca due visitatori fissi: il Gatto e la Volpe, in doppiopetto elegante ma con le tasche bucate. - Direttore Lupigno, oggi ci serve un lotto di monete commemorative da vendere ai turisti del paese dei Balocchi, - miagolava il Gatto, lisciandosi i baffi tinti. - Ma stavolta fatele un po’ più durevoli, che l’ultima volta si sono sciolte con la pioggia, - guaiva la Volpe, mentre cercava di rivendere una moneta-biscotto a un piccione. Il Commendator Lupigno annuiva, rideva col naso, e ordinava ai suoi operai (tutti ex-magi di professione, ora specializzati in calligrafia contraffatta) di preparare un bel conio con su scritto: “Repubblica di Falsopolis – Valida fino a prova contraria”. E così Falsopolis prosperava, tra illusioni fiscali, fabbriche di specchi per le allodole e banche in cui si depositavano sogni a interesse variabile. Un giorno però arrivò un bambino - o almeno pareva tale - chiamato Veritino, con gli occhi grandi e lucenti come due talleri di Maria Teresa e un’aria da non farsi fregare nemmeno da due scimmie ammaestrate. Bussò alla Zecca e chiese: - Posso vedere come si fanno le monete? Il Commendator Lupigno sbiancò come una banconota finita in lavatrice. Il Gatto si nascose sotto una zeppa di bolle di sapone, la Volpe cominciò a cantare l’inno nazionale al contrario per confondere l’uditorio. Ma Veritino li guardò e disse: - Lo sapevo! Questa città è una truffa col campanello! Detto questo, estrasse una lente d’ingrandimento grossa come un piatto e li smascherò tutti con un solo sguardo. Ma Falsopolis, si sa, è resiliente. E mentre il Gatto e la Volpe scappavano su una gigantesca moneta di sughero usandola come una zattera e il Commendator Lupigno si rifugiava sotto la scrivania a falsificare le sue dimissioni, la città già preparava un nuovo piano: vendere souvenir di Veritino eroe nazionale, fatti rigorosamente in plastica contraffatta e ricoperti d’oro alimentare. E la morale? Se ti regalano una moneta di Falsopolis... non morderla: potrebbe morderti lei. njk
    5 punti
  15. Secession Quick Step Secessione a passo veloce. Il Sud, tutto il Sud e nient'altro che il Sud E' un canto patriottico, scritto da tale Herman L. Schreiner, un cantautore di Macon, Georgia, per celebrare la decisione del suo Stato di unire le forze con il Sud nella battaglia contro l'Unione. Da notare il serpente a sonagli, la cui simbologia abbiamo illustrato qui Lo Stato della Georgia, infatti, aderisce alla secessione il 19 gennaio 1861. La cosa, inizialmente, come già per Charlotte, non ebbe alcun effetto sull'attività della Zecca di Dahlonega. C'era un nuovo Sovrintendente, George Kellogg, insediatosi nell'ottobre precedente, che mantenne la normale corrispondenza con il Direttore Snowden, mentre i depositi di oro e la produzione di monete continuavano al ritmo abituale. Sebbene Kellogg fosse un georgiano, inizialmente non sembrava disposto ad abbracciare la causa del Sud. Come confermò il Direttore Snowden al Segretario al Tesoro, Salmon P. Chase: "Nonostante i fermenti rivoluzionari nello Stato della Georgia, la Zecca di Dahlonega continua a considerare se stessa come una filiale della Zecca degli Stati Uniti." Probabilmente, Snowden e Chase non erano al corrente del fatto che la Convenzione Secessionista della Georgia aveva reclamato la propria giurisdizione su tutte le proprietà del governo degli Stati Uniti nello Stato Al contrario Kellogg, fiutando il vento del cambiamento politico, informò i nuovi governanti Confederati della sua disponibilità a "dimettersi in qualsiasi momento e ricevere un nuovo incarico sotto la Confederazione del Sud." Si appellò anche al Segretario al Tesoro della Confederazione, Christopher Memminger, per mantenere la sua posizione. Dopodiché, si dimise formalmente dall'incarico sotto il governo degli Stati Uniti il 25 aprile 1861. Nel fare questo, era chiaro che Kellogg si aspettasse di essere rinominato nello stesso incarico, e che le operazioni della Zecca sarebbero continuate. Continua (anche noi )
    5 punti
  16. Non so quanti abbiano tutti i Gazzettini più gli speciali in versione cartacea, però posso dire che in loro si racchiude tanta passione e impegno per la divulgazione. Oggi alcuni possono dare per scontato un evento come Milano numismatica, con Gazzettino cartaceo gratuito per tutti, la moneta per i giovani, il convegno con professionisti NIP e il workshop per tutti, ma non è affatto così. L’organizzazione di un evento così richiede sicuramente uno sforzo non indifferente, quindi possiamo solo ringraziare per queste giornate che rendono la passione numismatica ancora più viva in tutti noi. Non dimenticate che questi eventi non sono comuni e poterli vivere in prima persona è solo un gran piacere. Grazie soprattutto a Mario, promotore, e Marco, primo supporter.
    5 punti
  17. ERRATA CORRIGE. Nell'indice (ecco perché dobbiamo sempre verificare più volte!) è riportato il titolo dell'articolo di Ballauri-Maio "Le Piastre di Francesco I di Borbone (Studio dei conii)" pubblicato nel Gazzettino #11, mentre qui nel #12 si tratta del nuovo "LA PIASTRA 1838 DI FERDINANDO II". Ringraziamo gli autori per la segnalazione e ci scusiamo per il disguido.
    5 punti
  18. Mi ero ripromesso di postare qualcosa, ma il 29/06 non avevo avuto modo... per fortuna il topic non si è spento... anzi, quante belle monete sono state proposte, alcune davvero rare ! Approfitto per postare un paio di rappresentazione dei due santi più "particolari" tra quelle che ricordo, ad iniziare da questa piastra di Urbano VIII (vero amante dei due santi, proposti pressochè su qualsiasi taglio emesso durante il pontificato), che presenta i due busti "affacciati al balcone": Per dimensioni, probabilmente sono stati utilizzati punzoni dei santi creati per monete di taglio inferiore (grossi o mezzi grossi degli anni a seguire avranno rappresentazioni simili), e il tanto spazio libero sul tondello è stato in qualche modo occupato da una serie, apparentemente improvvisata, di elementi. Altra "coppia" di santi particolare, su questo quattrino di Benedetto XIV per Gubbio; al contrario della piastra sopra, la scelta dei busti "accollati" è risolutiva per i problemi di spazio, per quanto abbastanza inusuale, e inusuale è anche lo stile dei visi, quasi stilizzato e senz'altro opera di mano meno fine di quella che ha realizzato il conio del diritto: anche questo quattrino merita di stare assieme alle tante monete assai rare postate, trattandosi di un inedito, che accoppia il diritto del Muntoni 521 (stella a 8 punte sulla cimasa dello stemma) al classico rovescio Muntoni 544 😉. Ciao, RCAMIL.
    5 punti
  19. Grazie a tutti! In effetti ho avuto molta fortuna! Eccone altre due: - a sinistra Thailandia: 1 Att / ⅛ Fuang di Rama V del 1883; - a destra Perù: 5 Centavos del 1880
    5 punti
  20. Buongiorno, Aggiungo alla discussione due mie piastre. 1854 con correzione in legenda, presenta una E sotto la T di VTR. Piastra 1858, 8 su 7 e correzione nelle aquile, sono punzonate su aquile capovolte. Un saluto a tutti. Raffaele.
    4 punti
  21. A mio avviso zecca di Falsopolis
    4 punti
  22. Questa è la sezione numismatica della mia biblioteca. Focus: monete romane dell’età repubblicana (specialmente anonime). L’ho organizzata così: 1. Testi generali sulla storia antica e repertori di fonti per la storia romana 2. Testi generali sulla numismatica antica e romana in particolare (dizionari di numismatica; manuali principali degli ultimi 100 anni; manuali sulla catalogazione scientifica delle monete romane) 3. Cataloghi per le monete romane repubblicane: a) repertori di riferimento in ordine cronologico; b) cataloghi delle collezioni pubbliche, italiane e europee c) cataloghi delle più significative collezioni private 4. Monografie generali e monografie particolari sulle monete romane di età repubblicana 5. Articoli notevoli o abstract vari Formato delle immagini permettendo, magari più avanti allego le foto dei singoli scaffali.
    4 punti
  23. Concordo! Per esempio a me questa discussione ha suscitato molto interesse. Mi piacerebbe conoscere cosa riporta la ASP, Regia Cancelleria, vol. 72, Conto di coniazione di ducati veneti contraffatti, (Palermo, 28 giugno 1438); ff. 81v-82r], circa l'occasionale emissione di ducati veneti contraffatti. @mero mixtoque imperio riesce a condividere il testo? È molto interessante questo riferimento per quanto occasionale ed interessa chiaramente anche chi è più vicino alla monetazione veneziana come me. Mi eviretebbe la trafila per chiedere una copia a Palermo... Per quanto riguarda la nota ASNA, RCS, Museo, 99 A 27, 23 giugno 1442, f. 9v-10v "pro Giliforte De Ursa" credo, è la mia opinione, che non sia da sola sufficiente per trarre conclusioni considerato che quanto riportato non è di univoca interpretazione se non forzando in un modo o nell'altro. Io ritengo personalmente nell'altro. Sempre in questa discussione veniva riferito sempre da @mero mixtoque imperio di una fonte che evidenziava che la coniazione dei ducati aragonesi aveva la funzione di sostituire quelli veneziani. Di quale fonte si tratta? Questo per capire anche in base alle ipotesi e alle fonti: -Imitazione/contraffazione di ducati veneziani nella zecca di Palermo - mi interessa verificare cosa riporta esattamente la fonte sul conto di coniazione dei ducati veneti contraffatti. Il fenomeno dell'imitazione dei ducati veneziani è ben documentato per altre zecche in particolare orientali. Interessante se sia stato fatto a Palermo presso una zecca ufficiale. -Utilizzo di ducati veneziani coniati a Venezia in ambito aragonese per compensare la mancata esistenza concreta del taglio del ducato aragonese fino alla sua effettiva prima coniazione? Quali sono le fonti che testimoniano tale uso? Nelle note aragonesi noto che si fa spesso riferimento al termine ducatis venetis ma non trovo dirimente perché anche altre valute foreste avrebbero potuto essere usate come ducati. Esiste una fonte che chiarisce il privilegio alla valuta veneziana? -Produzione diretta presso la zecca ufficiale di Napoli di imitazioni di ducati veneziani uguali in tutto e per tutto a quelli coniati a Venezia, senza autorizzazione del governo veneziano? Esiste una fonte che riporta tale prassi? La fonte del privilegio per Giliforte de Ursa non mi convince per i motivi già accennati. Esiste un'altra o altre fonti al riguardo? Mio pensiero, da serenissimo, trovo strano che non sussista o non sia documetata una formale protesta dell'autorità veneziana. Non mi risulta che autorevoli studiosi di numismatica riportino tale evento in effetti eclatante da un punto di vista sia storico che socio-politico. -Produzione diretta presso la zecca ufficiale di Napoli di ducati veneziani uguali in tutto e per tutto a quelli coniati a Venezia, con autorizzazione o placet di Venezia? Questa ipotesi la troverei personalmente assurda e fantascientifica. Il contrario mi sconvolgerebbe. Un fatto del genere sarebbe sicuramente ben documentato e non mi risulta che esista, altresi nelle fonti veneziane di quel periodo. Ora non è tanto per essere conservatori ma solo per capire, almeno per quanto mi riguarda...
    4 punti
  24. Ricorderemo in questo numero non solo il carissimo Nonno Cesare ma anche il grande Roberto Diegi, due splendidi divulgatori della nostra numismatica ed entrambi sostenitori del Gazzettino e dell’azione di Quelli del Cordusio !
    4 punti
  25. come promesso allego alcuni esmpi di 4^ di SARDEGNA per tonalità di colore
    4 punti
  26. Repubblica di Panama, un cuarto di Balboa, anno 1966, zecca di San Francisco, tiratura 7.440.000. Cupronichel. Pagata 30 centesimini😅
    4 punti
  27. Half e Quarter Eagles A Dahlonega le quarter eagles furono coniate dal 1839 al 1859 (con l'eccezione del 1858). Per il primo anno, il modello fu quello Classic Head di William Kneass, del quale vennero prodotti 13.674 esemplari. Il marchio di zecca, come già per le half eagles, compare al dritto, sotto la troncatura del collo della Lady. (foto da Ira & Larry GoldBerg Auctions) A partire dal 1840, subentrò il modello Liberty Head di Christian Gobrecht. In questo modello il marchio di zecca viene spostato al rovescio, tra il valore e gli artigli dell'aquila. La quantità di quarter eagles coniate fu generalmente piccola, soprattutto se paragonata a quella di Philadelphia, che in alcuni anni superò il milione di esemplari. Per Dahlonega, invece, il record di produzione venne toccato, nel 1843, con 36.209 monete. Ma fu un'eccezione, negli altri anni non si raggiunsero mai i 20.000 pezzi, spesso nemmeno i 10.000, fino a toccare il fondo nel 1856 con appena 874 esemplari, una quantità talmente bassa che ancora oggi ci si chiede quale fosse il senso di una simile emissione. (foto da Heritage Auctions) Non andò meglio alle half eagles. Ne furono coniate di più, perché maggiore era la richiesta, ma sempre pochissime in rapporto alla produzione di Philadelphia: i numeri pù significativi li abbiamo visti nel post precedente. E anche per le half eagles, a partire dal 1839, il disegno adottato fu quello di Gobrecht. In questo caso, però, il marchio di zecca comparve al rovescio solo a partire dal 1840, nel 1839 venne mantenuto al dritto. Il record negativo di produzione, 1.597 esemplari, fu toccato proprio nell'ultimo anno, il 1861, dal quale arriva questa moneta (foto da Ira & Larry GoldBerg Auctions) In aggiunta a quarter e half eagles (e all'unica moneta da 3 dollari vista in precedenza), la Zecca di Dahlonega coniò anche monete d'oro da 1 dollaro, a partire dal 1849 e fino al 1861: ce ne occuperemo in uno dei prossimi post petronius
    4 punti
  28. La prima iconografia di Sede Vacante che vede i due Santi raffigurati è il Giulio del Camerlengo Armellini S.V. 1521 Quella a me più cara è questa rappresentazione dei busti dei due Santi in questo Rarissimo testone della S.V. 1605
    4 punti
  29. Ciao, dal peso e diametro da te indicati si tratta di un sesterzio. Molto probabilmente dell'imperatore Adriano ( mi sembra si intraveda la sua caratteristica sagoma sulla moneta, vedi foto) con la personificazione di Nettuno sul rovescio ( le due lettere che hai evidenziato e la sagoma tratteggiata dovrebbe confermarlo). Posto foto di sesterzio stessa tipologia per catalogazione 🙂. ANTONIO
    4 punti
  30. L'EPOCA DEI GRACCHI Con l’annessione dell’ex impero cartaginese e della Macedonia Roma subì le conseguenze del cambiamento sociale: le guerre continue, cui erano chiamati a partecipare tutti i cittadini (eccetto i nullatenenti), portarono all’impoverimento del ceto contadino, costretto a lasciare i terreni incolti per anni; peraltro, i piccoli agricoltori non potevano competere con i bassi prezzi delle derrate provenienti dalle province (Sicilia, Sardegna, Africa). Nuovi “proletarî” si riversarono quindi per le strade di Roma, alla ricerca di mezzi di sostentamento. Una testimonianza delle difficoltà di questa nuova classe sociale sono due monete (RRC 242/1 e 243/1) emesse nel 135 e nel 134 a.C. da monetieri della gens Minucia[1]. Esse rappresentano entrambe, al rovescio, la colonna Minucia (monumento antichissimo, eretto da quella gens) e due figure in piedi di cui la prima distribuisce pagnotte, l’altra regge il lituo (bastone rituale degli àuguri). Sappiamo che la colonna Minucia era il luogo presso cui avvenivano le frumentationes (distribuzioni di pane o grano ai poveri), alcune delle quali erano state attuate nel 492 e nel 491 a.C., a opera di due consoli appartenenti alla gens Minucia[2]; le monete, quindi, commemorano quell’evento, con l’evidente intento di sollecitare la ripresa delle frumentationes. È, questo, un perfetto esempio di come fu usata l’iconografia monetale durante la Repubblica: formalmente, venivano commemorati eventi del passato; nella sostanza, tuttavia, si celebrava il retaggio della propria gens e, nel frattempo, si veicolava spesso un messaggio politico di stretta attualità. _______________________ La più giovane delle figlie di Scipione l’Africano, Cornelia[3], donna colta e determinata, sposò Tiberio Sempronio Gracco (il propretore che nel 179 aveva inflitto una prima sconfitta ai Celtiberi), avendone due figli, Tiberio (che, come d’uso, ebbe lo stesso nome del padre) e Gaio. Rimasta vedova e chiesta in sposa dal re d’Egitto, Tolomeo VIII Evergete Trifone, rifiutò per dedicarsi all’educazione dei figli. Tiberio, determinato a porre un rimedio all’impoverimento dei piccoli agricoltori, si fece eleggere tribuno della plebe nel 133 a.C. e, in questa veste, propose una legge che fissava a 500 iugeri (estensibili sino a 1.000 in caso di figli a carico) il limite dell’ager publicus che ogni singolo poteva possedere, per contrastare l’accaparramento che ne avevano fatto i grandi latifondisti; i terreni così recuperati sarebbero stati distribuiti ai cittadini più poveri in lotti di 30 iugeri. I suoi oppositori politici convinsero un altro tribuno, Marco Ottavio, a opporgli il veto, ma allora egli lo fece destituire dagli stessi elettori; la legge agraria fu approvata e della commissione di triumviri incaricati di curarne l’attuazione fu chiamato a far parte anche suo fratello, Gaio. _______________________ Quello stesso anno morì, nel lontano regno di Pergamo (che, come visto, da 80 anni era un fidato alleato di Roma), il re Attalo III. Il sovrano non aveva avuto figli e, temendo che il suo fiorente regno potesse essere conquistato dal ben più potente regno di Siria, decise così di fare un regalo ai suoi sudditi lasciandolo in eredità al popolo romano; si ripeteva, a distanza di due secoli, un’iniziativa simile alla deditio di Capua. Trattandosi però di un’eredità, doveva essere accettata dal Senato, alcuni membri del quale espressero perplessità sull’opportunità di annettere una terra così lontana; ne seguì un temporaneo vuoto di potere, di cui approfittò un fratellastro di Attalo, tale Aristonico, che si autoproclamò re con il nome di Eumene III. Attalo III tuttavia non aveva lasciato solo il trono al popolo romano, ma anche le sue immense ricchezze; quando si seppe Tiberio Sempronio Gracco propose di distribuirle ai nuovi piccoli proprietari terrieri, per consentire loro di acquistare l’attrezzatura necessaria per coltivare. Fu troppo per la nobiltà (che evidentemente aspirava a far proprie quelle stesse ricchezze), la quale lo accusò di aspirare alla tirannide; Tiberio fu allora ucciso durante un tumulto di piazza, appositamente scatenato. Si trattò di un momento cruciale nella storia di Roma: per la prima volta divenne plateale che i politici ritenevano ammissibile far uccidere i proprî avversari, quando non riuscivano a fermarli in modo legale. Le guerre civili del secolo successivo e l’instabilità del trono imperiale in quelli ancora seguenti iniziarono così. Malgrado questa violenza, comunque, i Romani rimasero ossequiosi della legge e la riforma agraria voluta da Tiberio fu portata avanti. _______________________ Nel frattempo,. la rivolta di Aristonico fu domata e nel 129 a.C. Roma decise di annettere il territorio del disciolto regno di Pergamo come provincia d’Asia, la cui capitale fu spostata a Efeso (città non più esistente). Una testimonianza monetale del processo di progressiva romanizzazione del regno di Pergamo è rappresentata dai cosiddetti “cistofori”: tetradracme (monete d’argento da quattro dracme, del perso di oltre 12 g) recanti al dritto una cesta (da cui il nome) con serpenti, simbolo di riti dionisiaci, e al rovescio due serpenti attorcigliati attorno a una faretra. Furono emessi a Pergamo a partire dal 200 a.C. e si diffusero rapidamente in tutta l'Asia Minore, diventando così la moneta con cui si effettuavano i commerci in Asia. Molti di essi riportano la data (espressa secondo un conteggio locale) ed è stato così possibile verificare che continuarono a essere ininterrottamente emessi, anche dopo la costituzione della provincia d’Asia. Inoltre, dopo alcuni anni comparve su tali monete il nome del magistrato romano che ne aveva disposto l’emissione. I cistofori si pongono così come uno dei più begli esempî di monetazione provinciale repubblicana. _______________________ Gaio Sempronio Gracco fece ritorno a Roma nel 124 a.C., dopo essere stato pretore in Sardegna, e ottenne per due anni di seguito (123 e 122) l’elezione a tribuno della plebe. Decise di proseguire l’opera del fratello e ne allargò la portata, proponendo una lunga serie di leggi che miravano a contenere la prepotenza dei nobili e a migliorare la vita delle classi meno agiate. Fra le altre, fece approvare una lex frumentaria che disponeva (come auspicato nei denarî della gens Minucia) la ripresa delle frumentationes presso la colonna Minucia. Nel 122 commise però un passo falso: propose di estendere la cittadinanza romana ai Latini e quella latina agli Italici, per consentire anche a loro di accedere ai benefici che tale status giuridico permetteva; questa iniziativa gli fece perdere il favore della plebe, gelosa dei proprî privilegi (fra cui le frumentationes). La nobiltà ne approfittò: nel 121 scoppiarono una serie di disordini, probabilmente fomentati dai senatori stessi, e di conseguenza il Senato adottò, per la prima volta nella storia, un senatus consultum de re publica defenda, ossia un provvedimento che, pur avendo in teoria efficacia solo consultiva (essendo appunto un consultum), di fatto autorizzava i magistrati a uccidere cittadini romani per difendere l’integrità della Repubblica. Avendo capito di non avere speranza di sopravvivere alla violenta repressione che ne seguì, Gaio incaricò un suo stesso servo di togliergli la vita. _______________________ Nel 125 a.C. i Salluvi, tribù dei Liguri (antico e bellicoso popolo pre-indoeuropeo), aveva attaccato Massilia (attuale Marsiglia), colonia greca che godeva di un’amicizia storica con Roma (aveva cercato anche di fermare l’avanzata di Annibale verso l’Italia). Roma intervenne allora a difesa della città e sconfissero prima i Salluvi, poi gli Allobrogi, fiera popolazione celtica che ne aveva preso le difese. Per celebrare la vittoria nel 119 a.C. fu emesso un denario, RRC 281/1, da parte di tale Marcus Furius Philus "figlio di Lucio" (la firma sulla moneta è infatti M. FOVRI. L. F. al dritto, PHILI al rovescio); probabilmente suo padre era il console 136 a.C., veterano di Numantia. La moneta reca al dritto una bella rappresentazione di Giano; al rovescio è invece raffigurata una dea, esplicitamente identificata in Roma da una didascalia (posta alla sua destra), che pone una corona d’alloro sopra un trofeo d’armi. Le armi, a loro volta, sono chiaramente galliche, come dimostra la foggia degli scudi rettangolari e, ancor di più, la presenza di due carnices: il carnyx era infatti una tromba da guerra, a forma di testa di serpente o dragone, ed era usata dagli eserciti celtici. Il territorio sottratto ai Salluvi e agli Allobrogi (corrispondente alla porzione meridionale dell’attuale Francia) fu annesso alla Repubblica, per realizzare un collegamento terrestre tra l’Italia e le province in Hispania, e nel 121 a.C. divenne la nuova provincia della Gallia Transalpina (talché ancora oggi si chiama “Provenza”, da “provincia”). Nel 118 a.C. vi fu fondata una nuova capitale, la città di Narbo Martius (attuale Narbona), che per la sua importanza ottenne il prestigioso status giuridico di colonia di diritto romano (la prima, di questo tipo, dedotta oltralpe): era cioè, formalmente, un “quartiere” distaccato di Roma stessa. Di conseguenza, la provincia fu ridenominata Gallia Narbonensis. In occasione della deduzione della colonia e, probabilmente, proprio per pagare le spese connesse con essa fu emessa, probabilmente proprio nel 118 e presso una zecca sita a Narbo, una serie monetale ad hoc, la RRC 282. Si tratta di cinque denarî serrati[4] accomunati dalla medesima iconografia (la testa di Roma al dritto e un guerriero gallico su biga, munito di lancia, scudo e carnyx, al rovescio) e dalla firma, al rovescio, L. LIC. CN. DOM, ossia Lucius Licinius Crassus e Gnaeus Domitius Ahenobarbus. Sappiamo che il primo aveva caldeggiato la deduzione della colonia contro l’opposizione del Senato, l’altro aveva fatto costruire la prima strada romana della Gallia, la via Domitia, per collegare la nuova colonia all’Italia; è probabile che firmassero le monete in quanto duoviri coloniae deducendae. Al dritto, invece, le cinque monete si distinguono perché recano cinque firme diverse (una per moneta)[5]: sono sicuramente i nomi dei magistrati monetarî (che forse nell’occasione avevano l’incarico di curatores denariorum flandorum). _______________________ Terminava così l’epoca dei Gracchi e diveniva evidente che il potere dell’oligarchia nobiliare si fondava ormai solo più sulla violenza, non sul consenso. È forse per questa ragione che poco dopo fu emesso l’ultimo denario anonimo (privo, cioè, della firma del monetiere), RRC 287/1, datato 115- 114 a.C.: si tratta di una moneta bellissima, quasi malinconica, che rievoca Roma così com’era alle origini. Al dritto è raffigurata la testa di Roma; al rovescio compare la medesima dea, seduta su un mucchio di scudi con una lancia in mano, che ammira gli eventi connessi con la sua stessa nascita: la lupa che allatta i gemelli e, in volo, i due avvoltoî che diedero a Romolo il presagio ritenuto propedeutico alla fondazione. NOTE [1] La prima è firmata C.AVG, Gaius Augurinus, la seconda TI. MINVCI. C. F AVGVRINI, Titus Minucius Gai filius Augurinus. Forse erano fratelli. [2] Nell’iconografia, quindi, il soggetto che distribuisce il pane è uno di tali consoli; quello col lituo è probabilmente un altro appertenente alla gens, Marco Minucio Feso, che era stato, nel 300 a.C., un dei primi àuguri plebei. [3] Dei tre nomi previsti per gli uomini romani (praenomen, nomen ed eventuale cognomen o cognomina) le donne ne ereditavano dal padre uno solo, il nomen, declinato al femminile (Cornelia, Giulia, etc.). [4] Si definiscono “serrate” alcune monete con il bordo dentellato che Roma emise in alcuni momenti della sua storia. È discussa la ragione di tale espediente; forse, per ridurre i rischi che il metallo si rompesse quando riceveva il colpo del conio di martello. [5] M. Aurelius Scaurus su RRC 282/1, L. Cosconius su RRC 282/2, C. Poblicius Malleolus su RRC 282/3, L. Pomponius su RRC 282/4, L. Porcius Licinus su RRC 282/5. ILLUSTRAZIONI Denari RRC 242/1 e 243/1 del 135 e 134 a.C. Cistoforo catalogato Stumpf 38 e datato 57-55 a.C. La legenda al rovescio comprende, in alto, il nome del proconsole, in caratteri latini (C. SEPTVMI T. F. PRO COS.); in basso, quello del monetiere, in caratteri greci (ΜΗΝΟΓΕΝΗC); a sinistra, la sigla ΠΕΡ in monogramma (Pergamo, luogo di emissione). Si noti l’uso dei due alfabeti diversi, chiara testimonianza della doppia natura della monetazione provinciale, che è sì “romana”, ma anche “locale”. Denario RRC 281/1 Denari RRC 282/2 e 282/5. Si noti che il primo porta il simbolo di valore X, il secondo Ж; evidentemente erano ormai ritenuti equivalenti Denario RRC 287/1
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  32. È anche l'unica moneta "facile" di Vittorio Amedeo I... Comunque il retro è in bella conservazione, il diritto meno, ma la data è chiara quindi perfettamente classificabile, al prezzo di un caffè con brioches perché non portarla a casa?
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  33. Salute è in distribuzione ai socii italici di Cassino il II° fascicolo del 2025 della rivista Monete Antiche. Vi anticipo i contenuti: MONETE ANTICHE Anno XXIV – 2025 fascicolo II Associazione Culturale Italia Numismatica. Pagine 120, f.to 21x28cm, illustrazioni a colori. € 20,00 (gratuito Soci ACIN, anno 2025) ISSN 2532-0327 Dall’Indice: Giovanni Santelli e Alberto Campana, Il linguaggio delle immagini: Apollo – Pitone – Dafne – Marsia – Elio (Sole). [pp. 121-132] Alberto Campana, Pierluigi Debernardi, Roberto Lippi, Produttività dei conii del Triumvirato Censor – Crepusius – Limetanus. [pp. 133-158] Luis Amela Valverde, L’emissione RRC 409, M. PLAETORIVS M. F. CESTIANVS AED. CVR. [pp. 159-172] Antonio Morello, Africanus Fabius Maximus: il suo ritratto su alcune monete della provincia d’Africa. [pp. 173-190] Mario Ladich, Un solido di Atalarico con una variante inedita della legenda del dritto. [p. 191] Mario Ladich, Un quarto di siliqua inedito di Baduila. [p. 192] Alberto Trivero Rivera, I follis epigrafici: da Teofilo a Niceforo II (829-969). [pp. 193-232] Alberto D’Andrea e Antonella Saiani, La monetazione aurea per Costantinopoli di Michele VIII, nuove varianti. [pp. 233-240] Nel NOTIZIARIO : oltre alle note del Direttivo, La presunta epilessia di Giulio Cesare ADRIANO. Le memorie al femminile Due Medaglioni inediti di Antonino Pio Un enigmatico AE 3 di Giuliano II Cesare Il volto frontale di Massenzio Un enigma archeologico risolto dalla Numismatica Testimonianza numismatica di un terremoto nella Siria bizantina odjob
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  34. Concordo appieno: si tratta di un carattere R ribattuto perchè troppo alto o perchè male-impresso. Forse all'inizio è stato solo parzialmente improntato (mancando la parte superiore della lettera R) oppure vi è stata un'elisione da parte dell'incisore. Ovviamente in questi casi quando si parla di 'ribattitura' si fa riferimento al conio e non alla moneta! I punzoni che improntavano i conii erano in genere senza gli ultimi 2 caratteri della data e, se la coniazione era prevista in zecche diverse, anche senza segno di zecca, il ché era utile per garantire l'assoluta uguaglianza delle monete e nel contempo consentire millesimo e identificativo di zecca differenziati. I caratteri mancanti venivano impressi con un punzoncino sul conio finale (da cui le cosiddette varietà, in particolare se era reimpresso un conio finito ma non utilizzato). Ho sempre ritenuto curiosità questi aspetti, che risultano comunque utili per capire le procedure di zecca. Per quanto riguarda la 'rarità' del riscontro, ho ritrovato in un database 24 esemplari di 20 Lire 1878, tutti senza ribattitura, + i 2 ribattuti di questa discussione = 26. Tenendo presente che un conio poteva coniare 10-15.000 esemplari e che la tiratura di questo marengo è stata di oltre 300.000, è plausibile l'utilizzo di 20-30 conii in totale per l'anno considerato, un numero che spiega la rarità di questa variante minore.
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  35. Buongiorno a tutti voi del forum. Condivido con voi il mio denario di Plautilla poiché qualche settimana fa mi si chiedeva di pubblicarlo. @Litra68 Plautilla, Denario 202-205, Roma, RIC 369 D/ PLAVTILLA AVGVSTA; busto drappeggiato. R/ VENVS VICTRIX; Venere, con mela e ramo di palma, poggiata su di uno scudo; ai suoi piedi, Cupido. Per chi non conoscesse la sua storia rimando a quanto brevemente scritto da @Illyricum65
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  36. MEA CULPA …. Quando ci vuole, ci vuole! Qualche informazione per contestualizzare la discussione. Le sette monete provengono dal Lotto multiplo n. 1677 esitato all’Asta n. 162 organizzata da Jean ELSEN & ses Fils s.a. dal 13 al 14 giugno scorso; lotto che sono riuscito ad aggiudicarmi. Come avevo avuto modo già di sottolineare in altro post, questa asta - a mio avviso - è stata molto interessante per avere una sezione dedicata alle “Monete da relitto” con riferimento principalmente alla “San Giovanni”. Per chi volesse avere informazioni sulla S.Giovanni, invito a leggere quanto riporta Wikipedia: https://it.m.wikipedia.org/wiki/San_Giovanni_(1798), “Il San Giovanni era un vascello di seconda classe a due ponti da 64 cannoni della Marina dell'Ordine dei Cavalieri di Malta, costruito negli anni novanta del XVIII secolo. Catturata dai francesi nel 1798, ancora sullo scalo, fu ribattezzata L'Athénien e varata nell'ottobre dello stesso anno. La nave fu quindi catturata dagli inglesi il 4 settembre 1800, al termine dell'assedio di Malta, ed incorporata nella Royal Navy con il nome di HMS Athenienne.” ”La sera del 20 ottobre [1806] il vascello si incagliò su una scogliera sommersa, il banco di Skerki, nello stretto di Sicilia. L'equipaggio tagliò gli alberi della nave per impedirle di posarsi su un fianco, ma ciononostante la nave si allagò dai boccaporti del ponte inferiore entro mezz'ora, e quindi si capovolse. Il capitano Raynsford aveva fatto costruire una zattera improvvisata, ma sfortunatamente due delle scialuppe della nave furono sommerse al momento della messa in acqua e altre due si allontanarono dal relitto; dopo molti problemi la lancia della nave fu sganciata e messa in acqua, riuscendo a raccogliere circa 100 sopravvissuti, che vennero salvati il giorno seguente da un brigantino danese. Nel naufragio complessivamente persero la vita 347 persone, tra cui il capitano Raynsford, mentre vennero tratti in salvo 141 uomini e due donne.” Sempre da Wikipedia (https://it.m.wikipedia.org/wiki/Banco_di_Skerki) leggiamo che il “banco di Skerki o banco di Scherchi è una formazione rocciosa sottomarina che si trova nel Canale di Sicilia in acque internazionali, alle coordinate approssimative di latitudine 37,79N, longitudine 10,83E a nord dell'Isola di Zembra e a ovest della costa siciliana; dista approssimativamente 60 miglia da Marettimo ed è articolato in quattro distinte risalite di roccia. Questo banco si trova su quella che nella seconda guerra mondiale venne denominata rotta della morte per le navi dell'Asse che rifornivano le truppe in Africa Settentrionale, in particolare dopo la ritirata dell'Armata Corazzata Italo-Tedesca da El Alamein verso il ridotto tunisino. Lo scontro più celebre prende il nome proprio dal banco, noto come Battaglia del banco di Skerki. Il banco risale da 200 m di profondità fino a 30 cm, segnato sulle carte come Scoglio Keith”. Per Napoli, la sezione “Monete da relitto” presentava anche un altro lotto (Lotto 1675), una piastra DE SOCIO PRINCEPS, sempre proveniente dall’affondamento/recupero della Athenienne del 1806 e che sono riuscito a portarla in raccolta. Le condizioni delle sette monete (che inevitabilmente restano e resteranno nel loro insieme un unicum per le vicissitudini che le accomunano e che, pertanto, non potranno liberarsi l’una dalle altre) sono quelle che sono, inevitabilmente. Il peso ufficiale di queste sette monete è pari a 27,53 grammi con riferimento all’esemplare-tipo. Ho provveduto a pesare i singoli esemplari e l’esito per ciascuna moneta lo riporto di seguito: 1) 1787 = 27,086 gr ca. 2) 1790 = 26,503 gr ca. 3) 1791 = 22,654 gr ca. 4) 1796 = 27,294 gr ca. 5) 1798 = 27,126 gr ca. 6) 1799 = 26,640 gr ca. 7) 1802 = 25,311 gr ca. Tutte le monete presentano al contorno la c.d. “treccia in rilievo” ancora su certi punti ben visibile. I Lotti giudicati sono stati accompagnati da un Certificato di Autenticità a firma della sig.ra Marie-Eve Sténuit, co-director of the GRASP (Groupe de Recherche Archéologique Sous-Marine Post-Médiévale), che ha praticamente certificato che le monete vendute alla vendita Jean Elsen & Fils n. 162 del 14 giugno 2025, con i numeri di lotto da 1645 a 1677, sono state rinvenute sul sito del relitto dell'Athénienne da Robert Sténuit, durante i suoi scavi del 1970. Il Certificato riporta che il vascello andò perduto nel 1806 sulla barriera corallina di Esquerquiz, una trappola micidiale che si trova appena sotto la superficie nel mezzo del Mediterraneo, tra la Tunisia e la Sicilia. Era in viaggio da Gibilterra a Malta, con un carico di circa quarantamila monete (d'oro e d'argento, soprattutto pezzi da otto, spagnoli e coloniali spagnoli) di cui solo quattromila sono state recuperate, la maggior parte delle quali molto erose e corrose, alcune addirittura ridotte in polvere a causa delle dure condizioni del sito.
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  37. Ciao, bellissimo denario della tipologia con Venere Vincitrice personificata sul rovescio. Se non ricordo male nel post di un'altra discussione lasciavi palesare l'idea di una tua soddisfazione comunque non proprio piena per questo esemplare. A mio modesto parere moneta centrata, con discreto metallo, che ha circolato anche se non tantissimo svolgendo la funzione percui è stata creata e che è rimasta pienamente leggibile. Cosa aggiungere, sempre a mio modesto parere, non proprio facile trovare un esemplare con circa 2000 anni sulle spalle in condizioni nettamente migliori. Ovviamente de gustibus, a ciascuno il suo ci mancherebbe altro ! Posto mio esemplare della stessa tipologia ma che ha svolto ancora meglio la sua funzione di moneta, motivo per il quale è entrata con mia somma soddisfazione in collezione. 🙂 ANTONIO 18,50 mm 3,08 gr RIC 369
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  38. Ciao Giovanni, interessantissima la tua analisi sul particolare dell'esergo di questo iconico testone. Complimenti! A corollario della tua osservazione, se guardiamo solo l'armetta, si può vedere che in entrambe le due quadruple autentiche che hai postato (Varesi 69 e NAC 107), le bande 1-3-5 dello stemma Patrizi non sono "liscie" come la 2-4, ma presentano una specie di "zigrinatura" verticale piuttosto evidente, utilizzata evidentemente come chiave iconografica dall'incisore per evidenziare che quelle bande nell'originale stemma Patrizi sono nere, a differenza di quelle lisce che sono bianche. Nel conio del testone questo particolare viene a mancare, a conferma che evidentemente le quadruple sono state coniate per prime, e che l'assenza nel testone di questo particolare potrebbe dipendere da una pulizia dei coni che lo ha fatto perdere. Michele
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  39. L’ASCESA DI GAIO MARIO Nel 118 a.C. il re di Numidia (attuale Algeria), morendo, lasciò tre successori, Aderbale, Iempsale e Giugurta. Forse pensava che Roma, sua alleata storica, avrebbe vigilato sulla spartizione tra i tre eredi, ma Giugurta - che conosceva bene i Romani, per aver partecipato all’assedio di Numanzia - era convinto di poter approfittare della loro avidità per impedirne l’intervento. Uccise Iempsale, e corruppe i Senatori per non essere accusato. Roma inviò una commissione per sovrintendere sulla spartizione, ed egli ne corruppe i membri. Uccise Aderbale e massacrò gli abitanti di Cirta (odierna Costantina), compresi i Romani che vi dimoravano, ma quando Roma inviò un esercito, ne corruppe il comandante. Il Senato gli ordinò di presentarsi personalmente a Roma; si presentò, ma corruppe un tribuno della plebe affinché opponesse il veto al suo interrogatorio consentendogli, così, di tornare in patria. _______________________ L'indignazione e le proteste popolari, contro una classe nobiliare rivelatasi corrotta e incapace, dilagarono. Fu in questo contesto che nel 112-111 a.C., proprio mentre Giugurta compiva la strage di Cirta, tale Gnaeus Cornelius Blasio[1] (non altrimenti noto) emise il denario RRC 296/1, che reca al dritto una testa maschile e al rovescio la triade capitolina[2]. Il ritratto al dritto non è idealizzato, come quello degli dei, ma disegna una persona reale ed è somigliante in tutti i conî, come se gli incisori avessero copiato una statua o una maschera funebre: è opinione comune[3] che vi sia raffigurato Scipione l'Africano, sia perché è naturale che un appartenente alla gens dei Cornelii celebrasse il più illustre fra i suoi antenati, sia perché assomiglia al ritratto presente sulle monete di Nova Carthago. Il messaggio è chiaro: nel momento in cui, in Africa, un re straniero si prende gioco di Roma, massacrandone i commercianti e corrompendone i governanti, il monetiere auspica il ritorno di un condottiero della caratura dell’Africano, che proprio in quella stessa terra era stato capace di piegare il più temuto fra i nemici e, così, di “debellare superbos” (come scriverà Virgilio nell’Eneide). _______________________ Era veramente troppo: nel 109 Roma inviò un nuovo esercito in Africa, agli ordini del console Quinto Cecilio Metello cui fu assegnato - come vicecomandante[4] - un vecchio guerriero, un cinquantenne che aveva partecipato anche all’assedio di Numantia (e quindi conosceva Giugurta), Gaio Mario. Proveniente da una famiglia di commercianti, per questo disprezzabili (dal punto di vista dei nobili) ancorché ricchissimi, era stato accettato dall’alta società romana solo perché, nel 110, aveva sposato Giulia, appartenente a una stirpe di nobilissime origini che discendeva, addirittura, da Venere, sebbene ormai relativamente povera: il pater familias, tale Gaio Giulio Cesare, era infatti costretto a vivere in un palazzo popolare, nel quartiere della Suburra. Metello sconfisse più volte l’esercito numidico, ma Giugurta si nascose presso suo suocero Bocco (re di Mauritania) e da là continuò a dirigere una feroce guerriglia. Mario presentò allora la sua candidatura a console, affermando di poter fare meglio di Metello; il popolo, conoscendo le sue capacità militari, lo elesse console per il 107 a.C. e gli affidò la conduzione della guerra. Uno dei questori di Mario era un soggetto a dir poco equivoco: suo cognato (aveva infatti sposato, anch’egli nel 110 a.C., un’altra Giulia, sorella della moglie di Mario[5]), un trentenne molto povero che aveva vissuto in totale dissolutezza fra prostitute e malfattori, sebbene appartenesse a una gens nobilissima, addirittura la stessa dell’Africano. Si chiamava, infatti, Lucius Cornelius Sulla (o Sula, o Silla). Contro ogni aspettativa, Silla si rivelò un abilissimo guerriero; non solo aiutò Mario a conquistare tutti i territorî rimasti in mano agli insorti, ma infine riuscì - lui personalmente, da solo - a convincere Bocco a tradire il genero e, così, fece prigioniero l’infido Giugurta. Solo Roma poteva ordinare a un re di consegnare un altro re, suo parente, ed essere ubbidita. Nel 105 a.C. la guerra era quindi finita; il merito andò a Mario, proconsole e comandante in capo, ma Silla si vantò per il resto della vita di essere lui l’autore della cattura di Giugurta. _______________________ Nel frattempo, però, un pericolo maggiore incombeva sull’Urbe: se Giugurta aveva offeso l’orgoglio di Roma, un nemico ben più temibile ne minacciava l’esistenza stessa. Nel 113 a.C. le popolazioni del Norico (area collocata sul confine tra le attuali Baviera e Austria) chiesero l’aiuto dei Romani per fermare una popolazione germanica, i Cimbri, che voleva invaderne i territorî. Il Senato inviò prima ambasciatorî poi, fallita la trattativa (perché i Cimbri volevano stanziarsi sui territorî di Roma, ma senza sottomettersi a essa) un esercito di ben 30.000 uomini agli ordini del console, Gneo Papirio Carbone. I nemici tuttavia erano molti di più e si rivelarono guerrieri feroci e tenaci: nella battaglia di Noreia (forse, la moderna Magdalensberg) sconfissero duramente i legionarî. A quel punto i Cimbri ripresero la loro marcia diretti in Gallia e a loro si unirono altre due popolazioni germaniche, Teutoni e Ambroni. Nel 109 ci fu un altro scontro con l’esercito romano e, di nuovo, vinsero. All’improvviso, fu evidente anche ai Celti che Roma non era affatto invincibile: nel 107 una loro feroce tribù, i Tigurini, sonfisse un altro esercito consolare presso Agen uccidendo lo stesso console, Lucio Cassio Longino, e si unì ai Germani. Alla notizia della battaglia molte altre tribù celtiche si ribellarono a Roma. Roma decise di fermare, una volta per tutte, la migrazione germanica. Furono inviati in Gallia ben due eserciti, uno al comando del proconsole Quinto Servilio Cepione, l’altro del console Gneo Mallio Massimo. Nel 105 a.C. i due eserciti si ricongiunsero ad Arausio (attuale Orange): era uno schieramento impressionante, 80.000 combattenti e 40.000 assistenti, ma i due comandanti si trovarono in disaccordo perché Cepione, esponente dell’aristocrazia, rifiutò di prendere ordini da Mallio, homo novus. Quando infine i nemici giunsero alla vista, erano in numero sterminato: l’orda barbarica, ormai formata da tre popolazioni germaniche e una celtica, aveva raggiunto l’incredibile dimensione di 500.000 persone[6]. Approfittando anche della divisione tra i due comandanti romani, essi travolsero e distrussero entrambi gli eserciti, chiusi in trappola con il Rodano alle spalle; pochissimi riuscirono a salvarsi, a nuoto. Il più grande esercito mai schierato dalla Repubblica fu completamente annientato: in termini di perdite umane, Arausio fu la più grave sconfitta romana, ben più sanguinosa di quelle inferte dai Cartaginesi. _______________________ Dopo la battaglia Arausio, forse ben più che dopo quella di Canne, la civiltà romana rischiò di essere spazzata via dalla storia. I nemici erano in numero impressionante e, non essendo mercenarî (come i soldati di Annibale) ma interi popoli in migrazione (le donne dei Germani, narrano le fonti, assistevano alle battaglie dai carri minacciando di uccidere se stesse e i proprî figli, in caso di sconfitta) non avevano nulla da perdere. Roma, dal canto suo, aveva subito quattro gravissime sconfitte in soli otto anni, perdendo forse 200.000 uomini: difficilmente avrebbe saputo come opporsi a un’invasione dell’Italia. Agli uomini idonei a combattere fu vietato di lasciare l’Italia, ma erano ormai veramente pochi. L’Urbe sopravvisse solo perché i barbari decisero di razziare l’Hispania, prima dell’Italia. Conscio del pericolo, il popolo prese l’unica decisione sensata: elesse di nuovo console il soldato per eccellenza, Gaio Mario, e gli affidò pieni poteri per sconfiggere il nemico. Mario, che conosceva bene l’esercito e i suoi difetti, lo riformò in modo radicale. Arruolò, per la prima volta nella storia di Roma, anche i nullatenenti, armandoli a spese dell’erario. Modificò la struttura tattica delle legioni, sostituendo i manipoli con le coorti (strutturate per operare con maggior autonomia). Fidelizzò i soldati a un simbolo che dovesse essere difeso sino alla morte, affidando a ogni legione l’insegna aurea di un’aquila (a sua volta, personificazione del potere di Giove). Ridusse al minimo il personale addetto al trasporto delle salmerie, obbligando i suoi soldati (che, per questo, furono soprannominati “i muli di Mario”) a portarsi sulle spalle non solo le armi, ma anche i viveri e gli strumenti per costruire il campo fortificato. Condusse le legioni nella Gallia Narbonese e le obbligò a estenuanti marce e addestramenti quotidiani, affinché non solo si fortificassero nel corpo, ma imparassero anche a conoscere valli e montagne. _______________________ Nel 102 a.C. i barbari tornarono dall’Hispania e decisero di attuare una manovra a tenaglia per invadere l’Italia: Teutoni e Ambroni sarebbero passati dalla Liguria, i Cimbri dalla valle dell’Adige, i Tigurini dal Carso. Ritenevano che Roma non sarebbe stata in grado di fronteggiare tre diversi direttrici d’invasione ma, questa volta, si sbagliavano. Mario attese pazientemente i nemici trincerato nei campi fortificati di Aquae Sextiae (attuale Aix en Provence). Quando arrivarono sul posto, Teutoni e Ambroni li attaccarono ma - privi di macchine d’assedio - non riuscirono a espugnarli; sfilarono allora davanti alle mura del castrum sbeffeggiando i soldati che, forgiati dalla ferrea disciplina imposta loro da Mario, attendevano impassibili all’interno. Quando l’ultimo Germano si fu allontanato, i legionarî uscirono dalle loro fortificazioni. Divenuti padroni del territorio dopo tre anni di marce forzate, attraversano percorsi montani sconosciuti ai barbari e nascosti alla vista. Arrivarono addosso ai nemici mentre preparavano il loro accampamento, e arrivarono calando da una posizione sopraelevata; fu una vittoria schiacciante. In una sola battaglia, Teutoni e Ambroni avevano smesso di essere una minaccia. In Gallia Cisalpina, nel frattempo, il console Quinto Lutazio Catulo[7] (con cui collaborava il validissimo Silla) attendeva la calata dei Cimbri. Quando tuttavia essi si presentarono al valico del Brennero, erano in numero esorbitante; capì che da solo non sarebbe riuscito a fermarli e ritirò progressivamente l’esercito, lasciandoli dilagare nella pianura padana. Mentre loro saccheggiavano, Catulo attendeva l’arrivo di Mario. Nell’estate del 101 ai Campi Raudii (presso Vercelli) gli eserciti ricongiunti di Mario e Catulo affrontarono i Cimbri, sconfiggendoli duramente. I pochi sopravvissuti furono fatti schiavi. I Tigurini, appresa la notizia, tornarono spontaneamente nella loro terra d’origine, l’attuale Svizzera. Roma era salva; la cultura occidentale era salva. Mario e Catulo celebrarono il trionfo alla fine del 101, ma per il popolo il merito di aver salvato l’Urbe era solo di lui, il soldato di umili origini. _______________________ Le grandi e insperate vittorie contro Teutoni, Ambroni e Cimbri suscitarono ondate di gioia e ispirarono l’iconografia delle emissioni monetali per anni. Fra le tante, meritano di esserne citate tre. La prima è il denario RRC 326/1, emesso nel 101 da Gaius Fundanius che, come egli stesso scrive, era questore (reca infatti la legenda Q e C. FVNDAN). Raffigura al dritto la testa di Roma, al rovrscio un uomo su una quadriga che regge in mano un ramo d’alloro; siccome l’alloro è simbolo di vittoria, se ne deduce che sia un generale che celebra il trionfo. Il particolare meritevole d’attenzione è tuttavia una piccola figura aggiuntiva, un altro essere umano (di dimensioni ridotte) che monta uno dei cavalli della quadriga. Come detto, era ritenuto assolutamente vietato, all’epoca, raffigurare persone in vita sulle monete; quindi possiamo immaginare che Fundanio abbia assicurato tutti che la sua era una generica rappresentazione della cerimonia del trionfo. Tuttavia, grazie all’espediente della figura che monta un cavallo tutti potevano capire che, in realtà, il questore avesse voluto raffigurare proprio Gaio Mario: egli, infatti, aveva portato con sé, sul carro trionfale, il figlioletto di 8 anni. Questa quindi (se si esclude il misterioso statere di Flaminino) può essere considerata la prima moneta ufficiale in cui, seppur in modo sottinteso, compare l’immagine di un uomo in vita. Interessante è anche il denario RRC 324/1, emesso quello stesso anno 101. Al dritto è rappresentata Roma, contornata da corona d'alloro; al rovescio, con chiaro riferimento alla sconfitta dei Germani, la Vittoria in biga e la firma del monetiere, RVF. M. LVCILI (Marcus Lucilius Rufus). La particolarità è la legenda al dritto: PV. Due denarî pressoché contemporanei recano sigle simili, sempre al dritto: EX. A. PV. su RRC 322/1b del 102 e ARG. PVB. su RRC 325/1 del 101. Si ritiene che tutte esse significhino ex argento publico, ma questa interpretazione suscita dubbî interpretativi, considerato che tutto l’argento monetato dovesse essere pubblico. Secondo Barlow e Crawford la sigla attesta che la moneta fu prodotta con metallo tratto da qualche riserva speciale (addirittura l'Aerarium Sanctius, ossia la riserva da usare in casi di estrema emergenza, secondo il primo studioso) in un momento di grave difficoltà: benché ormai la guerra volgesse al termine, la moneta è quindi una muta testimone del baratro cui si era avvicinata Roma sotto la pressione delle invasioni germaniche. La terza emissione d’interesse è quella di una serie quinarî che rappresentano tutti, al retro, la Vittoria che incorona un trofeo d’armi: RRC 326/2 del 101 a.C., RRC 331/1 del 99, RRC 332/1 del 98 e RRC 333/1 del 97. La prima considerazione è constatare che la vittoria di Mario su Teutoni, Ambroni e Cimbri fosse ancora oggetto di celebrazione a distanza di 4 anni dagli scontri; si ritiene infatti che i disegni al rovescio riproducano i trofei eretti per commemorarla. La seconda è l’anomalia della scelta di emettere quinarî: non solo la coniazione di tali monete veniva ripresa dopo quasi 70 anni, ma negli anni 99-97 non fu accompagnata da quella di denarî o assi: furono emessi solo quinarî. Perché? Alcuni autori (Belloni e Amisano fra tutti) hanno proposto che fossero, in realtà, vittoriati (i quali fra l’altro avevano un’iconografia simile, al rovescio), anche se pesano circa 2 scrupoli anziché 3, emessi forse per esigenze di pagamenti nelle aree della Pianura Padana, devastate dai saccheggi dei Cimbri e dalla guerra. _______________________ Le guerre contro Giugurta prima, i germani poi causarono una grave carenza di grano, a Roma. Nel 104 a.C. era stato eletto questore un giovane plebeo, Lucio Apuleio Saturino, che aveva approfittato per emettere denarî che alludessero alla sua persona, raffigurando Saturno, simbolo parlante del suo cognomen. Il Senato dapprima lo incaricò allora di curare l’importazione di grano e pane tramite il porto di Ostia, poi - accusandolo di non eseguire l’incarico con il dovuto impegno - lo sostituì con un patrizio di nobilissima origine, Marco Emilio Scauro. Saturnino ritenne offeso il suo onore e divenne allora un fervente sostenitore dei populares (la fazione politica contraria alla nobiltà), il cui massimo rappresentante era - ovviamente - il grande eroe di guerra di umili origini, Gaio Mario. Nel 101 Mario e Saturnino si accordarono per farsi eleggere, per l’anno successivo, uno al consolato (per la sesta volta[8]), l’altro al tribunato della plebe (per la seconda volta); un loro amico, Gaio Servilio Glaucia, avrebbe cercato invece di ottenere la pretura. La manovra riuscì, ma Saturnino ricorse alla violenza per farsi eleggere. Appena entrato in carica, Saturnino propose una legge per ricompensare i soldati di Mario con una assegnazione di terre sottratte ai Galli[9] imponendo ai Senatori di giurare che l’avrebbero fatta applicare. Metello (l’ex comandante di Mario in Numidia) si rifiutò di prestare il giuramento e, in piena coerenza, accettò di essere espulso dal Senato e di allontanarsi da Roma in esilio, senza sollevare obiezioni o causare disordini. L'arroganza di Saturnino, tuttavia, lo portò infine alla rovina e alla morte: fece infatti uccidere anche un candidato al consolato a lui sgradito e il popolo, inferocito, gli si ribellò contro. Mario, su mandato del Senato (che aveva emesso un senatus consultum ultimum), lo arrestò ma non fu abbastanza: la folla, che ormai lo odiava, lo uccise. NOTE [1] La firma sulla moneta è CN. BLASIO CN. F.; siccome nel 194 a.C. era stato pretore (come sappiamo dai fasti consulares) uno Gnaeus Cornelius Blasio, se ne deduce che dovessero essere parenti e che, quindi, anche il monetiere fosse un Cornelius. [2] Ossia i tre dei che erano presenti nel tempio di Giove Ottimo Massimo e che erano ritenuti i più importanti protettori di Roma: da sinistra a destra per come sono rappresentati sul denario, Giunone, Giove e Minerva. [3] Condivisa, fra gli altri, da Seaby e Belloni; Crawford ritiene invece che sia Marte, ma è una tesi inconsistente, sia perché la gens Cornelia era devota alla triade capitolina (raffigurata al rovescio), non a Marte, sia perché il ritratto (come detto) non è idealizzato. [4] Tecnicamente, era un “legato”: termine che indicava un tecnico di cose militari, affiancato al magistrato (eletto invece dal popolo) nella conduzione delle operazioni belliche. In origine i legati erano solo rappresentanti del Senato ma, col tempo, divennero comandanti militari; alla fine della Repubblica, il termine “legato” individuava i comandanti di una singola legione. [5] Giova precisare che questa parentela non è del tutto sicura, nelle fonti. [6] Quand’anche, come ritengono gli storici moderni, questa cifra comprenda tutti i migranti, i combattenti erano almeno 200.000. [7] Una curiosità: era cugino delle due Giulia, mogli di Mario e Silla. Era nato infatti col nome di Sesto Giulio Cesare ed era diventato un Lutazio a seguito di adozione. [8] Mario, unico nella storia della Repubblica, fu console per sei volte (nel 107 a.C. e ininterrottamente dal 104 al 100); iniziò inoltre un settimo consolato nell’86 a.C. ma, vecchio e malato, morì dopo pochissimi giorni. [9] Si noti: i soldati di Mario, come detto, erano nullatenenti; dopo aver combattuto, attendevano una ricompensa che permettesse loro di vivere. Come noto, nacque qui lo speciale legame di fedeltà fra soldati e generale che contribuirà alle guerre civili. ILLUSTRAZIONI Denario RRC 296/1 Mario sconfigge i Cimbri, in un dipinto di Francesco Saverio Altamura (1530) conservato al museo nazionale di Capodimonte Denario RRC 326/1 Denario RRC 324/1 Quinario (o vittoriato?) RRC 331/1 Denario RRC 317/3; al retro, è raffigurato Saturno in quadriga
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  40. @mero mixtoque imperio credo che l'unico errore sia aver tratto questa conclusione. nel momento in cui si apportano tesi innovative, in particolare in ambiti "conservativi", come mi sembra di notare sia la numismatica, è necessario essere aperti al dialogo e motivare quanto si sostiene, chiarendo e circostanziando al meglio il contesto di studio. ho imparato che la chiarezza e la disponibilità al dialogo sono le due armi più efficaci nella comunicazione. saluti
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  41. Allora vogliamo anche l'indice delle "briciole"... 🤣 Complimenti a tutti!!!!
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  42. ...quoto me stesso.. per questo nuovo arrivo bibliografico. Arrivato il secondo volume trovato anche scontato..
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  43. Io ho i calzini con stampata la faccia del mio gatto, ce n'è un paio solo in tutto il mondo... ma non è che questo dia loro un qualsiasi plusvalore. Questi sono solo oggetti commerciali prodotti per speculazione, se vuoi monete vere che abbiano anche un plusvalore numismatico vai a cercare i marenghi dell'Ottocento con i loro multipli e sottomultipli, e lascia stare le patacche di Niue.
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  44. Bellissimo vedere il lavoro di Nonno Cesare ❤️
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  45. Vedete a me piacciono con questi dettagli le monete, osservate per esempio i magnifici dettagli dei drappi o dello scudo, per questo mi gustano, mi garbano molto queste minuzie. Un lavoro realizzato con un incredibile zelo, davvero stupenda.
    3 punti
  46. La cartolina è indirizzata alla signorina Maria Saccardo presso l'orto botanico di Padova, forse la figlia del professore Pier Andrea Saccardo, botanico e micologo prefetto dell'orto botanico di Padova tra l' otto e novecento.
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  47. Esatto, ogni perito che lo valuta appone la propria firma ___________ E anche per questo Stato aggiungo qualche esemplare. Prima emissione Seconda emissione Terza emissione Quarta emissione Francobolli per stampati
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  48. Grazie mille, il dubbio era nato anche dal prezzo ridicolo che avevo pagato, 20 euro mi sembravano pochini, evidentemente ho fatto l'affare...
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  49. Anche per questo Stato aggiungo qualche esemplare Prima emissione Seconda emissione Segnatasse
    3 punti
  50. Buonasera a tutti, mi sento in dovere di dire la mia in questa discussione perché sono un giovane collezionista di monete. Credo che la carenza di giovani appassionati, specialmente tra i minorenni e i neo-maggiorenni, sia ormai un problema evidente. Secondo me – e parlo per esperienza personale – uno dei motivi principali è che oggi la società spinge i ragazzi a investire soldi ed energie nell’apparenza piuttosto che nella cultura o in passioni meno “alla moda”. Spendere per una moneta antica, invece che per un paio di scarpe firmate, un taglio costoso o per il biglietto di un concerto di un rapper, viene spesso visto come qualcosa da “sfigati”. Il ragazzo medio non si pone neanche il dubbio se iniziare una collezione: punta direttamente a ciò che gli garantisce approvazione sociale. Io ho 16 anni e condivido questa passione con mio fratello gemello. La nostra fortuna è stata incontrare un amico che già collezionava e che ci ha aperto la porta su questo mondo. Da lì ci siamo appassionati, abbiamo studiato, investito tempo, fatto sacrifici, e oggi possiamo dire di avere una collezione che non è comune per la nostra età, vi dirò di più non penso ci siano mai stati così tanti giovani in tutta Italia a possedere collezioni di questo calibro in tutta la storia. Ritornando a prima, non tutti hanno questa possibilità: iniziare da soli, senza punti di riferimento, è estremamente difficile. In rete ci sono tante informazioni, ma spesso sono confuse o frammentarie, e senza una guida si rischia di scoraggiarsi o di fare errori costosi. In più, c’è un altro ostacolo importante: il giudizio degli altri. Molti ragazzi non iniziano nemmeno perché temono di essere derisi o esclusi. Se racconti in giro che collezioni monete, potresti facilmente essere preso in giro, etichettato come strano o noioso. E così anche chi ha una curiosità iniziale si blocca, smette, oppure tiene tutto nascosto. Questo, secondo me, è uno dei motivi principali per cui la passione per la numismatica resta spesso invisibile tra i giovani. Nonostante tutto, io continuo a crederci. Penso che se siamo riusciti ad arrivare dove siamo oggi – io, mio fratello ed il nostro "gruppetto" di collezionisti – è anche grazie all’incontro con persone più esperte che ci hanno saputo dare consigli, orientamenti e anche qualche dritta preziosa per evitare fregature. Questo mi ha fatto capire quanto sarebbe utile, per noi giovani, avere una sorta di “saggio” che ci guidi e che ci insegni questa materia. Non servono grandi cose: anche solo un adulto appassionato che si prende mezz’ora per spiegare, per ascoltare, per dare un consiglio, può fare la differenza. So benissimo che questo sito da la possibilità di fare ciò che ho appena scritto, io soprattutto ultimamente che sono a casa a riposo, per via che sono da poco stato operato, grazie a questo sito ho imparato e sto imparando molte cose nuove, ma capite bene che non è affatto come andare nella numismatica del proprio paese e osservare il perito eseguire delle perizie o catalogare dei lotti... Se solo ci fossero più circoli numismatici sono convinto che ci sarebbero anche più giovani, perchè il circolo numismatico più vicino a me dista 40 minuti di auto, forse sono uscito dall'argomento principale perchè mi sto riferendo alla formazione dei giovani e non più alla nascità di giovani collezionisti, ma entrambi gli argomenti sono di fondamentale importanza. È vero, collezionare monete richiede impegno, studio, e sacrifici. Ma è anche una passione che apre la mente, insegna la storia, e dà soddisfazioni immense. Per questo continuo a pensare che il collezionismo non morirà, finché ci saranno persone, giovani e meno giovani, disposte a sostenerlo e tramandarlo. Ma serve un cambio di mentalità, e serve anche che chi ha più esperienza cominci a coinvolgere attivamente chi si affaccia per la prima volta a questo mondo. Spero che sia gradito il mio messaggio. Giraud R.
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