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IGNORED

Gli Ori delle Repubbliche Marinare


fra crasellame

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Ciao a tutti

ho un po cercato ma mi sembra che non si sia mai parlato degli ori delle quattro città che furono Repubbliche Marinare (anche se anche altre avrebbero tutti i diritti per essere riconosciute come tali, mi vengono in mente al volo, Ancona e Ragusa).

Invito (e ringrazio fin d'ora) i rispettivi specialisti/esperti a correggermi ove scrivo baggianate e soprattutto ad approfondire con testi e foto.

Cominciamo con la più antica e la prima a decadere, Amalfi. Sinceramente non ho mai incontrato foto di monete coniate ad Amalfi.

Purtroppo non ho testi di riferimento, quindi avendo a disposizione solo Internet ho trovato cose interessanti ma che vanno confermate ed integrate.

"Secondo la tradizione Ercole, il dio pagano della forza, amava una ninfa di nome Amalfi: ma il suo amore ebbe breve vita: ella si spense ed Ercole volle darle sepoltura nel posto più bello del mondo e per immortalarla ne diede il nome alla città da lui ivi costruita. Per la storia invece fu fondata dopo la morte di Costantino; essa trae le sue origini da famiglie romane che, imbarcate per Costantinopoli, furono travolte dalla tempesta nel golfo di Policastro, vi avrebbero fondato una «Melphes» l'attuale Melfi, poi trasferitisi più a nord, avrebbero preso dimora nel luogo dell'attuale Amalfi, fondandola col nome di «A-Melphes».

Le prime notizie risalgono al 533, al tempo della guerra greco-gotica, allorchè con la vittoria di Narsete su Teia, Amalfi passa sotto il dominio dell'impero Bizantino ed entra a far parte del ducato di Napoli. Nel VI secolo diviene sede vescovile. Il vescovo assolveva funzioni religiose e provvedeva alla difesa della città. In seguito si andò formando una aristocrazia di grandi proprietari terrieri, i quali privarono il vescovo del potere politico.

Nell'836 Sicardo, duca di Benevento, saccheggiò Amalfi, deportandone gli abitanti in Salerno. Nell'839 ucciso il duca Sicardo, gli amalfitani si ribellarono e conquistarono una potenza e un'autonomia che durarono fino alla fine dell'XI secolo. Amalfi iniziò un'astuta politica nei riguardi dei due imperi e degli altri Stati italiani per salvaguardare i propri interessi commerciali e sconfisse i saraceni che ne insidiavano il traffico. In un primo tempo fu retta a Repubblica, verso l'850 con due «prefetti» annuali, poi da «giudici », ed infine dal 958 da «duchi dogi». Sulla loro elezione avevano un formale diritto di conferma gli imperatori d'Oriente, ma in realtà la città si amministrava in piena libertà, con leggi magistrati e monete proprie. Le esigenze di difesa ed del commercio marittimo, spinsero spesso Amalfi ad allearsi con i saraceni e Ludovico II, contro i bizantini, che volevano ripristinare la sovranità dell'impero d'Oriente. L'alleanza con i saraceni fu comunque instabile e poco duratura. Questi infatti, nel 915, dopo una furiosa battaglia furono battuti e definitivamente cacciati dal territorio amalfitano.

Nel 920 sempre per mano degli amalfitani furono cacciati da Reggio Calabria. Per tutto il X secolo e l'inizio dell'XI, gli amalfitani ebbero un'espansione commerciale ed una solida prosperità economica occupando nel Mediterraneo quel posto che più tardi ebbero Pisa e Genova. La ricchezza di Amalfi fu tale in questo periodo che Guglielmo Appulo scrisse che nessuna città era più ricca d'oro, di argento e di stoffe di ogni sorta e che vi si incontravano arabi, siculi, africani e persino indiani. Si spiega così la ricchezza delle sue consuetudini marittime, che ebbero dagli amalfitani una delle loro più antiche codificazioni, nella famosa «Tabula Amalphitana» che era il codice marittimo più accreditato di tutte le nazioni marinare dell'epoca. Esso regolamentava i rapporti fra padrone di nave e marinai e fra marinai e mercanti. La stessa leggenda di Flavio Gioia, vissuto probabilmente agli inizi del XIV secolo, conferma ad Amalfi il vanto d'aver per prima perfezionato la bussola a vantaggio della navigazione e fornito materiale delle prime carte nautiche medievali. Dominatrice del mercato delle spezie, dei profumi, della seta e dei tappeti preziosi, nel X secolo coniò il soldo d'oro, il tarì d'oro e d'argento, che erano in circolazione nell'impero greco, in Africa e nei principati longobardi. Queste monete erano simili a quelle musulmane ciò a dimostrazione del fatto che i rapporti commerciali erano più sviluppati con gli arabi che con i bizantini. Il notevole sviluppo di Amalfi era dovuto in gran parte alla indipendenza di cui godeva; ma la limitatezza del territorio e la debolezza militare per la carenza dell'appoggio bizantino rendeva insicura questa indipendenza.

Nel 1039 Guaimario V, principe di Salerno, s'impadronì del ducato di Amalfi e sebbene ridette il potere al duca Mansone II il cieco che ne era stato privato dal fratello Giovanni II, stabilì in realtà il dominio salernitano sulla città. Pressati dai salernitani, gli amalfitani governati da Sergio IV si rivolsero a Roberto il Guiscardo nel 1073. Salerno capitolò ma gli amalfitani dovettero lasciar occupare la loro città dai Normanni, riavendo la pace a costo della libertà. Il «terror mundi» si mostrò magnanimo verso gli amalfitani, accordando loro una certa autonomia. Dopo la morte del principe normanno nel 1085, Amalfi cercò più volte di scuotersi dal giogo normanno.

Nel 1135 Amalfi subì un orribile saccheggio da parte dei Pisani «traditori» chiamati in soccorso contro la prepotenza normanna. E' da questo periodo che ha inizio la decadenza di Amalfi.

Ri-cito: "nel X secolo coniò il soldo d'oro, il tarì d'oro e d'argento, che erano in circolazione nell'impero greco, in Africa e nei principati longobardi."

Sul soldo non ho trovato assolutamente nulla, sul tarì invece:

"Il "Tarì"

Il Tareno o Tarì (dall'arabo coniato di fresco), fu la moneta Amalfitana dalla prima metà del secolo X al 1222, quando Federico II vietò il conia alla Zecca di Amalfi. I Tarì furono di oro e di argento con parti di rame che davano un particolare colore rossiccio.

La moneta qui sotto, rappresenta uno dei Tareni utilizzati dagli amalfitani; realizzata in oro riporta un'iscrizione cufica e croce ottagona simbolo civico di Amalfi. La moneta è attribuibile agli anni ’80 dell’XI secolo.

tari0ak.gif

Grazie ai commerci svolti da Amalfi, fu accreditata, quale ottimo mezzo di pagamento, grazie alla bontà della lega metallica.

Nei contratti venivano enunciati con la formula: "Tareno boni de Amalfie diricti et pesanti"

Altri tarì, sempre in oro riportavano:

- una “R” nel recto e la croce ottagona nel verso. La “R” e l’iscrizione cufica richiamano il re Ruggero II, metà del XII secolo;

- sul recto vi è un busto coronato con diadema; sul verso croce ottagona. Le caratteristiche della moneta la farebbero attribuire a Gisulfo II, duca di Amalfi tra il 1088 ed il 1089, ma potrebbe comunque esser stata coniata ai tempi di Enrico VI.

- un tempietto sorreggente croce e affiancato da fronde sul recto e con croce lobata nel verso (XI-XII secolo)"

Fonte: http://www.amalfiscoast.com/italiano/scopr...riosit/tari.htm

Una foto da catalogo Artemide

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Altre foto da coinarchives: http://www.coinarchives.com/w/results.php?...0&search=Amalfi

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Genova

Beh di Genova e del genovino d'oro credo si sia già detto... cmq riporto qualche stralcio dell'eccelllente articolo di Enrico Janin.

"Il fatto è che, dopo l'uscita dai "secoli bui" dell'alto Medioevo, per un notevole periodo di tempo le emergenti potenze economiche mediterranee (e in particolare Genova, Venezia e Firenze) avevano a loro disposizione una quantità sufficiente, per le loro transazioni commerciali, di monete d'oro e d'argento già battute da tempo da altre zecche, principalmente quelle bizantine e arabe.

Fra queste, la moneta base era il dinar arabo, che aveva un contenuto di oro fino (cioè a 1000 millesimi) e un peso di circa 3,5 grammi. Senza (per carità!) addentrarci nel ginepraio dei titoli in metallo pregiato e dei relativi pesi, ricordate questo dato, che ritroveremo più di una volta. Da tener presente anche che, come già detto, questi tipi di monete arabe negli scritti notarili del tempo erano denominati molto spesso "marabottini" o "massamutini". Ma ad un certo punto queste monete non bastarono più. Un fenomeno analogo era già avvenuto circa 1500 anni prima (IV sec. a.C.) allorché alle popolazioni liguri e padane non furono più sufficienti per le loro necessità le monete marsigliesi, dette "massaliote" dall'antico nome di Marsiglia ("Massalia") fino ad allora impiegate.

Nacquero così le prime monete battute nell'Italia Cisalpina. Monete locali, cioè, ivi comprese quelle, per noi liguri importantissime, ritrovate nei primi decenni di questo secolo presso Serra Riccò e poi anche a Sassello: le prime monete della nostra terra. Tornando in argomento, come fenomeno posteriore ma parallelo, possiamo dire che ebbe inizio da parte delle zecche di Genova, Firenze e Venezia (fine del XII -inizio del XIII secolo d.C.) la coniazione di monete d'oro di fabbricazione propria.

Molto è stato scritto sulla priorità di questo ritorno medioevale alla coniazione dell'oro, ma non è il caso di dilungarsi su questo argomento. Pare certo comunque che la coniazione del genovino abbia avuto inizio — seppure di poco — prima di quella del fiorino, mentre i primi zecchini veneti (chiamati allora ducati), sarebbero comparsi circa trent'anni dopo. Per inciso, il termine "oro zecchino" come sinonimo di oro puro deriverebbe proprio dal nome dello zecchino veneto che a quei tempi significava "moneta d'oro della zecca". Comunque, per tutti questi tipi di monete, si tratta di pezzi d'oro praticamente puro, del peso di gr. 3,5 - 3,55, del diametro di poco superiore ai 20 mm., e molto sottili, come del resto accade per la quasi totalità delle monete dell'epoca, di qualsiasi metallo esse siano.

Particolare curioso: poiché come è noto, l'oro puro è più tenero dell'oro legato con argento o rame, la sua bontà nelle monete veniva empiricamente provata piegando le monete stesse e poi raddrizzandole. Quante monete d'oro di quel tempo, amici lettori, presentano le tracce della piega lungo una linea corrispondente al diametro! Meno appetite, evidentemente, dai collezionisti, ma comunque sempre degne di figurare in una raccolta, specie se di una certa rarità."

Da wikipedia italia:

"Il genovino era una moneta d'oro di valore simile al fiorino che fu emessa a Genova per la prima volta nel 1252, quasi contemporaneamente alla prima emissione della moneta fiorentina.

La moneta fu emessa fino al 1415.

Col termine genovino si indica il pezzo da otto, in quanto sono emesse anche monete equivalenti al suo ottavo (ottavino) ed al suo quarto (quartarola).

Desimoni e Lopez ritengono che il peso di questa moneta sia stato modellato su quello di una moneta già in uso nel mediterraneo, il tarì.

Questa aveva, di fatto, peso piuttosto irregolare, ma il peso del tarì di conto corrisponde a quello della quartarola.

È lecito supporre che l'ottavino rappresentasse una sorta di mezzo tarì (notevolmente migliorato nella lega), la quartarola un tarì ed il genovino il soldo di tarì. Aveva lo stesso peso (3.5 g) e titolo (24 K); il diametro era di ca. 20 mm. e al dritto aveva la porta di un castello, tipica delle monete di Genova ed intorno + I A N U A, cioè porta in latino che assonava con il nome della città e che era stato usato anche nelle prime monete.

Al rovescio la croce araldica ed intorno CVNRADVS REX, cioè Corrado III che nel 1139 aveva concesso alla città il diritto di battere moneta. Dopo il 1339, con Simone Boccanegra, primo doge della Repubblica di Genova, si iniziò a mettere l'indicazione dogale con la scritta: X DVX IANVENSIVM PRIMVS."

Foto del genovino del primo tipo:

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Ma ne esistono varianti al dritto.

E se riesco a scannerizzare la pagina del catalogo della collezione Carige c'è anche il genovino del secondo tipo con CIVITAS IANVA al posto di IANVA al dritto.

Aggiunta: a quanto mi risulta (ma potrei sbagliarmi, correggetemi se il caso) Genova fu la sola a coniare anche frazioni in oro durante il medioevo.

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Pisa

Di Pisa non avevo mai visto le monete d'oro e devo dire che sono molto belle, anche i grossi con la madonna e l'aquila lo sono.

"La coniazione autonoma dalla Prima Repubblica (XII-XIV sec.)

Sotto Federico I di Hohenstaufen (o Svevia) ‘Barbarossa' (1152-90) la zecca di Pisa inizia quella produzione monetaria tipica e propria della città: “tipica” perché i concordati ed i diplomi ne fisseranno i caratteri distintivi prevalenti, “propria” in quanto avrà sempre impressa il nome PISA , e soprattutto PISE che sarà la eco latino-medievale del nome antico e originario. Già dal 1152 si coniavano i rozzi denari imperiali al nome di Federico da cui, dopo il divieto di coniare moneta lucchese, aveva ricevuto conferma dei privilegi già concessi da Corrado II.

Con Federico I aveva avuto inizio la coniazione autonoma ad esplicito nome di Pisa, da prima di Denari che si erano ridotti, per l'effetto di eccessiva domanda di moneta corrente, a dischetti grezzi, male impressi, di bassa lega e di peso ridottissimo. Si prenderà allora a battere Denari «grossi» con i precipui caratteri della Nazione pisana, di una tale bontà da riuscire a sostituire perfino in Firenze e altrove, moneta lucchese con quella pisana. La monetazione al nome di Federico I è databile fino al 1312 ed è costituita – nell'ordine della sistematica del ‘Corpus Nummorum Italicorum' – dai Denari ed Oboli del primo periodo, di mistura, dal Grosso con l' F di buon argento (900 millesimi e oltre), dal Grosso con l' F e la Beata Vergine, infine dal Grosso con la Beata Vergine e l'Aquila che diverrà famoso col nome di Aguglino ; ancora i vari tipi del Mezzo Grosso o Grosso Minore , e dopo il Piccolo Bianco d'argento.

La monetazione al nome di Enrico (Arrigo) VII di Lussemburgo (1312-13) fatta tutta di Grossi Minori , probabilmente all'epoca le uniche monete battute, non divaria da quella precedente federiciana se non per la leggenda HENRICUS IMPATOR .

I secoli XIV-XV

Nel XIV e XV sec. la Repubblica emette monete al nome di Federico II (1197-1250; messe a questo nome dal 1313 al 1494): il Fiorino d'oro o, come forse sarebbe meglio chiamarlo, l' Aguglino d'oro; inoltre i Grossi Maggiori , i Grossi Minori , i Grossoni , i Denari , i Quattrini ed i Piccoli . In tutte queste monete argentee non scompare mai l'insegna comunale della Beata Vergine, mentre l'Aquila imperiale viene sostituita con un ornato vario che racchiude il nome della città.

isa, dilaniata da lotte intestine, in preda a tiranni indigeni, passata per varie mani e da ultimo caduta sotto la dissanguatrice dominazione fiorentina, allorquando Carlo VIII ‘l'Affabile' (1483-98) scende in Italia ed arriva in Toscana, determina di riscattare la propria indipendenza.

La Seconda Repubblica

Nei due anni 1494 e1495 furono emesse dalle ricostituite magistrature comunali le monete al nome di Carlo. KAROLUS PISANORUM LIBERATOR e sono i Fiorini o Zecchini d'oro ( Ducati secondo le fonti documentarie) o Grandi Bianchi ( GrandBlanc ), cioè Piccoli di denari minuti.

Dopo la partenza di Carlo, con la ricostituzione della Seconda Repubblica (1494-1509) Pisa – stretta d'assedio da Firenze con i mercenari «Svizzeri e Franciosi», per lunghi anni che i ragazzi, a guerra finita si ritroveranno «homini facti» – realizza una fioritura notevole di monete emesse «per poter sopperire a tucto», in quella annosa, strenua lotta che la impose all'ammirazione dei tempi.

In questo periodo vengono emessi Zecchini (per il ‘CNI' ), Ducati e Ducati Larghi e Mezzi Ducati (che però non si conoscono) secondo le fonti documentarie, Testoni Doppi Grossi , Mezzi Grossi , Grossetti e Quattrini . Con i Grossetti , alla fine, Pisa ritorna alle origini della sua monetazione tipica e propria, ossia alla coniazione della duplice moneta «alba et nigra». La figurazione comunale è sempre quella della Beata Vergine, ma al rovescio campeggia la Croce Pisana.

Queste monete, le ultime, sono i resti che testimoniano con vivezza, il perso valore pisano."

Fonte (ma testo di Giovanni Armillotta in LE ANTICHE MONETE PISANE - Dalla dominazione longobarda (VIII sec.) alla Seconda Repubblica (1494-1509) ):

http://www.stilepisano.it/immagini/Pisa_An...nete_pisane.htm

Foto (sempre dallo stesso sito, purtroppo senza leggende... sic):

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Infine, per Venezia... dove attingere preziose info se non nell'ottimo sito di Roth ?

Ecco uno stralcio di un articolo dedicato allo Zecchino di Venezia:

" Il ducato d'oro veneziano o zecchino (dall'arabo Sikka, che era il diritto di essere nominati sulle monete e dalla radice araba Sakk, che significa scavare) fu, durante tutto l'autunno del medioevo e l'alba dell'eta' moderna, la principale misura delle ricchezze.

D'oro purissimo e di peso costante, era un punto di riferimento per ogni valutazione. La quantita' di oro fino (tre grammi e mezzo) di cui era costituito, era quella giusta per un pagamento di media importanza, quale un abito non di lusso, una ricca cena tra amici, le grazie di una cortigiana di media belta'.

E' assai curioso notare come, dopo la scoperta dell'America e l'afflusso di oro che ne consegui', questa quantita' ottimale di metallo prezioso si sia progressivamente assestata su pesi considerevolmente maggiori: nel sei-settecento, la pistola (o doblone) con circa sei grammi, poi il Luigi con lo stesso peso di oro puro e la sterlina con oltre un grammo di piu'. Prima di tanta inflazione pero' lo zecchino domino' incontrastato non solo in Europa ma anche in Africa ed in Asia, dove rimase poi a lungo nella tradizione e nella pratica.

A Ceylon era particolarmente gradito perche' gli indigeni vedevano nelle figure la rappresentazione di uno dei loro mestieri piu' popolari: la raccolta del nettare di cocco. Chiunque era infatti capace di riconoscere la figura di un santo nimbato, mentre non c'era spiegazione per l'uomo inginocchiato davanti a lui se non immaginarlo nell'atto di prepararsi a salire la palma (la lunga asta tra i due, con in cima il vessillo o la croce).

Il ducato veneziano fu coniato per la prima volta il 31 ottobre 1284 con lo stesso peso e lo stesso titolo del fiorino di Firenze, che circolava da oltre trent'anni. Ma per alcuni il ducato deriverebbe da un Duca di Ferrara, che l'avrebbe fatto battere nel VIº secolo, per altri da Ruggero IIº di Sicilia, Duca delle Puglie che l'avrebbe voluta nel 1110, con l'immagine del Cristo. In ogni caso i ducati presero questo nome in quanto vi era impressa la figura del Doge (Duca).

La moneta aurea veneziana mantenne sempre peso e titolo invariati (aveva al massimo 3 per mille d'impurita' cioe' 0,997). Nel 1455 il valore legale del ducato fu fissato in 124 soldi di piccoli d'argento; il ducato divenne percio' una moneta di conto, alla quale fu dato un corrispondente battendo ducati d'argento. E fu da questo momento che si chiamo' zecchino (da Zecca) e non piu' ducato. Fu infatti sotto il dogado di Francesco Dona' (1545-1553) che si trova sempre piu' spesso la parola "cechino", da cui zecchino, per indicare il ducato d'oro anche nei documenti pubblici.

Il primo ducato fu coniato sotto il dogado di Giovanni Dandolo. Titolo dell'oro = 1000; peso = gr 3,559. La moneta presenta le seguenti caratteristiche:

al diritto : San Marco aureolato e con sontuosa veste tiene il Vangelo nella mano sinistra e, volgendosi a destra, porge al Doge genuflesso un'orifiamma, su cui si trova la croce. Il Doge ha un manto ornato con pelliccia ed il capo con il berretto ducale; egli stringe l'asta con ambo le mani;

al rovescio : Gesu' Cristo e' in piedi, di fronte, con un nimbo crociato di forma greca, avvolto in una lunga veste. Con la mano sinistra tiene il Vangelo e con la destra benedice. Il Redentore e' in un'aureola ellittica cosparsa di stelle (4 a sinistra e 5 a destra). "

Fonte: http://www.roth37.it/COINS/Zec/index.html

Foto dello zecchino di Giovanni Dandolo (1280-1289):

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Picchio sono io che devo ringraziare Lei, perché sono le persone come Lei che mi sanno trasmettere (direttamente o indirettamente) la passione per le monete, ma soprattutto la storia che sta dietro, intorno e sopra ad esse.

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Grazie Fra Crasellame per aver messo in parte nel tuo interessante articolo anche un mio piccolo inserto su Venezia.

In aggiunta a quanto scrivi ho il piacere di mostrare una moneta (tarì) di Salerno attribuita a Gisulfo I°, Principe Longobardo (946-977) RR, 0.99 g, 18.2x19.55 mm, Biaggi 2250, pag399 che credo dica in legenda cufica:

D: Non vi è altro Dio che Dio, Maometto è il legato di Dio / nel centro una borchia;

R: L'Iman Moez invita al culto di un solo Dio eterno (legenda esterna)/El Moez ledin illah Principe dei credenti (legenda interna) / nel centro una borchia

Questo scritto è stato copiato dal Biaggi: se invece sulla moneta ci fosse scritto qualcosa di diverso e qualcuno fosse in grado di leggerlo, sarei estremamente grato me lo comunicasse.

roth37

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Signori, voglio condividere con voi questa speciale collezione da Sogno (nel senso che per ora me la posso solo sognare). Diciamo che è un mio modesto modo per ringraziarvi ancora (vale per tutti gli utenti e Staff che fanno di questo sito la meravoglia che è).

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Si vede che son zeneixe (genovese) ? Come dite ? Troppo di parte ? Mouaaaa ? :huh: :rolleyes:

Supplemento II (ed ultimo)

Monetazione del terzo tipo IANVA QVAM DEVS PROTEGAT (dal 1280).

Da notare alcune varianti MOLTO interessanti.

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Complimenti per il bel lavoro. Tenderei (forse sono troppo di parte :) , ma c'è del vero) ad aggiungere Savona, caduta nell'oblio piu' totale dopo la distruzione del 1528 ad opera di Genova, ma che a suo tempo fu addirittura fra i primi cinque porti del Mediterraneo per capacità.

DF

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E tendi pure! Ma posta qualche notizia in più dai!!! :D

E magari anche foto, se non sbaglio Savona coniò un "ducato" d'oro no ? Anzi mi correggo era il Fiorino Savonese ;) e ti rubo pure l'immagine :ph34r:

fiorinorov.jpgfiorinodri.jpg

Dritto: (Croce) . S . IOHA // NNES . B (scudetto comunale)

San Giovanni stante

Il tutto in cerchio perlinato

Rovescio: MONETA // SAONE .

Giglio di Firenze

Il tutto in cerchio perlinato

Oro; diametro moneta 20,3, diametro conio 21; grammi 3,46

Fonte: http://digilander.libero.it/adamaney/framesindex.htm

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Grazie Fra crasellame.....Un ottimo lavoro....per tutti....

posso postare una moneta

in omaggio al tuo lavoro?

Marco

merita di essere messo in una casella speciale....sulle medioevali

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Sono al lavoro per aggiungere ai cataloghi delle zecche italiane de lamonetapedia.it anche amalfi,salerno,gaeta...un pò di pazienza....

:D

Anzi rinnovo il mio appello alla comunità lamonetiana!

Siete interessati alle zecche italiane?????

Siete esperti per una particolare zecca????

Contattatemi e cerchiamo di organizzare un vostro spazio dove poter inserire una catalogazione completa della zecca che voi sceglierete.

Consultate gli altri esempi e capirete come.

Saluti

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Vista la gentile richiesta di Fra Crasellame mi permetto di aggiungere due monete.

Una di Genova (ce ne sono già tante, ma spero questa non sfigurerà) ed una di Venezia sulla quale si può fare un piccolo discorso.

La moneta di Genova è un Simon Boccanegra Doge IV° (1356-1363), moneta NC, con antica patina che mi è stato "quasi" regalata dall'amico DF (Adamaney). Ho scritto "quasi" perchè DF essendo savonese, si avvicina molto al centro ligure (hehe!)

Ben diverso è il discorso del "Tallero per il Levante" Veneziano.

La prima moneta simile al Tallero per il Levante, fu il "Leone per il Levante" - di primo tipo e di secondo tipo - dovuto a Francesco Morosini, 108° Doge (1688-1694). Con esso furono battuti anche il 1/2, il 1/4, l'1/8 di Leone.

Con Francesco Loredan, 116° Doge (1752-1762), uscì il primo vero "Tallero per il Levante" anch'esso di primo e di secondo tipo con relativi sottomultipli, circolante fino a circa il 1778. Infine sotto il dogado di Alvise IV° Mocenigo, Doge 118° (1763 -1778), uscì un "Tallero per il Levante" di nuovo tipo. Anche in questo sono presenti i sottomultipli (1/2, 1/4, 1/8). La moneta, che è quella che viene mostrata, fu coniata su deliberazione del Senato il 6 febbraio 1768 e fu battuta ad imitazione della moneta straniera a maggior diffusione in quel tempo: il Tallero di Maria Teresa.

Il nuovo Tallero presenta al D il Leone alato, nimbato, che tiene fra le zampe anteriori il Vangelo, che richiama forse un po' l'Aquila bicipite caricata delle varie armi. Al R un busto di donna, volto a destra, di profilo, che allegoricamente dovrebbe rappresentare la Repubblica, ma invece è piuttosto simile all'effigie dell'Imperatrice. L'incisione dei coni fu dovuta al tedesco Anton Schabel.

La moneta d'argento ha peso e dimensioni molto simili al Tallero austriaco, così come la si volle fare. Ha un titolo in Ag di 0.835, pesa 28.26 g, ed ha un diametro di 40 mm.

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Grazie roth :)

e non ho postato i genovini dei Dogi... perché ho preso in considerazione le prime monete in oro coniate delle repubbliche (ché sennò Pisa ne avrebbe altre visto che la sua zecca è ben antica).

Cmq, ulteriori notizie, curiosità e foto sono le benvenute :)

Gionata non temere che non rimarrai solo, ma intanto un bel tarì di Amalfi con qualche storia connessa potresti postarlo no ??? Ah quanto siete tirchi dalle tue parti! :lol: :lol: :lol: (ho fatto la battuta!)

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Al R un busto di donna, volto a destra, di profilo, che allegoricamente dovrebbe rappresentare la Repubblica, ma invece è piuttosto simile all'effigie dell'Imperatrice.

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Sbaglio o si tratta dello stesso profilo poi ripreso sul poco fortunato Tallero "Italicum" di Umberto I?

Ciao, P. :)

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Al R un busto di donna, volto a destra, di profilo, che allegoricamente dovrebbe rappresentare la Repubblica, ma invece è piuttosto simile all'effigie dell'Imperatrice.

118801[/snapback]

Sbaglio o si tratta dello stesso profilo poi ripreso sul poco fortunato Tallero "Italicum" di Umberto I?

Ciao, P. :)

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Il Tallero italico fu, se non sbaglio, coniato per la Colonia dell'Eritrea da VE III nel 1918. Il tentativo di oscurare il Tallero asburgico almeno in Africa fallì miseramente perchè gli indigeni per "saggiare l'argento" ed essere certi dell'autenticità cercavano al tatto il "bottone della veste nella moneta di Maria Teresa" e non trovandolo, rifiutavano la moneta italiana. Il non capire o conoscere questa usanza fu un errore colossale, non solo economico, ma anche psicologico. Ne furono coniati 510.000 pezzi.

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