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Salve a tutti,

vorrei chiedervi qualche notizia su questo armellino di Alfonso II che al rovescio riporta un trono con i lati curvi, simile a quello più frequentemente riportato sulle analoghe monete di Ferdinando II.

Sul CNI sono riportate due forme diverse della sedia, mentre il PR riporta una singola tipologia (n. 5, oltre alla variante con iscrizione "SERENA OMNIA" al n. 6). In rete ho trovato solo foto di monete con trono dai lati dritti e con la rosa al centro.

Come mai le due varianti non sono riportate come tipologie diverse? Esiste qualche articolo di riferimento in letteratura? Ci sono notizie sulla rarità delle due varianti di sedia?

Altra singolarità di questo esemplare è una interessante ribattitura al rovescio, dove l'iscrizione "..TER.." appare due volte.

   Un saluto,

     Luca

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2 ore fa, odjob dice:

Moneta collezionabile e con salto di conio

Più che salto, mi pare proprio battuta due volte, perché la scritta TER è visibilmente ruotata nelle due impressioni. I due testi sembrano avere caratteri identici, quindi direi battuta due volte con lo stesso conio, non ribattuta su un'altra tipologia di armellino.

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... visto che il trono somiglia a quello dell'armellino di Ferdinando II, sarebbe bello cercare indizi, come porterebbe a dire l'intuizione, che la tipologia è successiva a quella con il trono a lati dritti. Chi sa...!

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Salve a tutti. Provo ad aggiungere qualche nota.

L’ordine di coniazione dell’armellino, così come dell’alfonsino, del ducato e del coronato, venne trasmesso al Maestro di Zecca Gian Carlo Tramontano (in carica dal 1488 al 1514) con una lettera del re Alfonso II scritta da Giovanni Pontano (l’umanista già era al seguito di Alfonso tra il 1466 ed il 1486, quando questi era ancora duca di Calabria) e datata 23 ottobre 1494. La lettera è riportata integralmente da Salvatore Fusco in Dissertazione su di una moneta del Re Ruggeri detta ducato, Stamperia Reale, Napoli 1812, alle pp. 83 – 84, n° XII. In quest’ordine di coniazione per l’armellino si legge: «Item lo armellino daluna banda la sedia del foco & da laltra banda larminio con queste lettere dala banda de la sedia: In dextera tua salus mea Domine (…).»  Quindi non si fa alcun accenno di come doveva comparire stilisticamente il trono con le fiamme: la moneta viene descritta in modo efficace, ma sommario, senza alcun dettaglio che potesse distinguere la tipologia con il trono a lati dritti da quella a lati curvi. Evidentemente, ai fini della realizzazione pratica della moneta, questi particolari non differenziavano i due tipi: l’iconografia, in questi termini, è una preoccupazione che riguarda soprattutto noi moderni, perché all’epoca entrambe le tipologie erano recepite come lo stesso nominale e come tale venivano realizzate in Zecca, circolavano e venivano spese. Dalle fonti antiche che ci sono giunte, quindi, è un po’ difficile trovare qualche elemento che possa permettere una qualche distinzione cronologica tra i due tipi di trono e sul perché vene fossero, appunto, due: il significato, in termini di araldica, non cambia a seconda della forma dello stesso e per questo la questione non riguardava le autorità emittenti dell’epoca in quanto il messaggio che passava attraverso la moneta era sempre uguale. Anzi, in alcuni manoscritti quattrocenteschi aragonesi troviamo la raffigurazione del trono in fiamme anche più complessa (ed anche lontana stilisticamente parlando) di quella visibile sulle monete napoletane (esempio in fig. 1).

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Fig. 1.

Particolare di una miniatura tratta dal fol. 1r del manoscritto Epistolae ad familiares, ad Brutum, ad Quintum fratrem et ad Atticum di Cicerone (BnF Latin 8533 2). Il trono in fiamme è nel medaglione in alto. Al centro, lo stemma di Alfonso II come duca di Calabria.  

Il trono infuocato era una delle tante imprese aragonesi pervenute ad Alfonso II, ma creata in realtà da Alfonso I il Magnanimo come simbologia per legittimare la presa del Regno di Napoli agli Angioini, in quanto il suo significato è legato, a livello mitico, alla leggenda di Galahad e del Santo Graal. Nella saga arturiana, Galahad (che compare in letteratura piuttosto tardi, verso il XIII – XV secolo) era il figlio illegittimo di Lancillotto ed Elaine di Corbenic. Educato presso un convento, diviene il cavaliere perfetto, sia moralmente che spiritualmente, e, una volta adulto, viene chiamato da re Artù per unirsi alla sua schiera di cavalieri. Durante un’assemblea intorno alla celebre Tavola Rotonda, Galahad, tra lo stupore generale, si siede sul cosiddetto Seggio Pericoloso. Questo posto era riservato al più nobile dei cavalieri, secondo quanto profetizzato da Merlino: chiunque non ne fosse stato degno, sarebbe morto all’istante. Ciò non avvenne per Galahad che così dimostrò di essere il più degno del seguito di Artù. Dato che nella saga Galahad era guidato da una forza mistica superiore, la legittimità delle sue azioni era garantita dal volere divino. Così anche Alfonso I aveva legittimato la presa di Napoli in chiave religiosa, ispirandosi al famoso ciclo letterario arturiano, molto in voga anche all’epoca di cui stiamo parlando. Ritornando allo stile del trono, esso  è quindi legato ai gusti artistici del tempo. Entrambi i modelli, infatti, erano in uso nell’iconografia dell’arte italiana di fine Quattrocento – inizi Cinquecento, basta dare uno sguardo ad alcuni dipinti emblematici per rendersi conto della diffusione di questo stile iconografico (figg. 2 e 3).

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Fig. 2.

Madonna col Bambino in trono (a lati dritti) attorniata da vari Santi e sovrastata dall'Eterno. Affresco di Pinturicchio nella Cappella Basso della Rovere (Basilica di Santa Maria del Popolo, Roma) databile al 1484 - 1492.

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Fig. 3.

La cosiddetta "Pala dei decemviri". Olio su tavola eseguito da Pietro Perugino e databile attorno al 1495 - 1496. Da notate il trono a lati curvi.

Forse è per questo motivo, unitamente a quanto detto sopra all’inizio del mio intervento, che cataloghi come il Pannuti – Riccio non hanno ritenuto opportuno sottolineare la differenza stilistica tra i due troni. Altri, invece, come il CNI l’hanno fatto perché non si sono limitati a descrivere il singolo tipo, ma hanno differenziato le varianti a loro note. Sono scelte, queste, che riguardano i curatori dei singoli repertori. Personalmente, preferisco, quando è possibile, una descrizione più particolareggiata, che non può essere pretesa da cataloghi tipologici come il già menzionato Pannuti – Riccio. Sempre secondo il mio modesto parere, la scelta di questi ultimi è più consona con la mentalità dell’epoca in cui fu coniata la moneta, se pensiamo che nell’ordine di coniazione fatto scrivere al Tramontano da Alfonso II non si badava affatto al modello di trono, quanto più che altro al tipo di moneta e alle linee guida che gli incisori dovevano seguire per realizzarla. Quindi, possiamo legittimamente supporre che incisori come il Liparolo (che ha lavorato a questi conii, come detto nella succitata lettera: «(…) ad quisto effecto havemo scripto ad hieronimo le parolo che debia fare tucti li cugni & stampe necessarie de dicte monete de argiento & de oro con li mucti intorno & con li desegni notati (…)» ) avessero avuto un buon margine di libertà artistica in cui agire secondo i canoni estetici dell’epoca. Non possiamo dire con certezza se il trono a lati dritti sia antecedente, come modello, a livello cronologico, a quello con i lati curvi: possiamo però supporre che il tipo a lati dritti possa essere stato, almeno iconograficamente, tra i primi modelli adottati per l’impresa del trono in fiamme. Su di un bassorilievo dell’arco trionfale di Alfonso I al Maschio Angioino, infatti, si vede un cavaliere del seguito del re che indossa una cappa ricamata con l’impresa del trono fiammeggiante (fig. 4). In questo caso – teniamo presente che l’opera scultorea fu realizzata intorno al 1458 –, il trono non solo ha i lati dritti, ma ha anche delle sculture sui medesimi lati come ornamento aggiuntivo. In base ai gusti artistici, quindi, l’impresa era variamente personalizzabile, ma a prima vista si potrebbe pensare che il modello più fedele a quello stabilito per Alfonso I sia il caratteristico coi lati dritti. Tutto il discorso, però, è molto condizionato dall’epoca in cui vissero ed agirono le autorità che emisero queste monete e dagli artisti allora viventi che furono condizionati nelle loro scelte dai gusti di una committenza, che si preparava ad addentrarsi nel Rinascimento, sempre più raffinata.

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Fig. 4.

Bassorilievo dell'arco trionfale di Alfonso I d'Aragona al Maschio Angioino. Particolare di un cavaliere al seguito del sovrano che indossa l'impresa del trono in fiamme.

Modificato da Caio Ottavio
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...e ultima nota: la versione col trono dai lati dritti ha un fiore sulla sedia fiammeggiante, quella con la sedia dai lati curvi non lo ha, sia per Alfonso II che per Ferdinando II. C'è un motivo?

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