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Ducale di Ruggero II di Sicilia e Ruggero III d’Apulia


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Il volto di Cristo Pantocratore.

Lo sguardo fisso, quasi a guardarti.

Scorrendo il catalogo di una recente asta, anche se ero alla ricerca di altro, mi sono bloccato: era quasi ipnotizzante, così mi sono soffermato a leggere le caratteristiche della moneta in questione... e poi, anche se la mia area di interesse abituale è tutt’altra, ho pensato: “con questa provo a fare un’offerta”.

È così che alla fine mi sono aggiudicato questo ducale di Ruggero II e Ruggero III.

 

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Peso: 2,64 g - Diametro: 26,2 mm
Diritto: + IC•XC•RC --- IN AETRN (Gesù Cristo regna --- in eterno)
Rovescio: a sinistra: R D AP (Ruggero Duca d’Apulia); in centro, in verticale: AN X R (anno decimo di regno); a destra: R R SLS (Ruggero Re di Sicilia)
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Una moneta forse di conservazione non eccezionale (il volto di Ruggero III è per metà cancellato, le iscrizioni in qualche punto appena leggibili, sul rovescio il “SLS” di “Rex Siciliae” accanto a Ruggero II si perde nell’usura del contorno perlinato...), ma di buon peso...

E comunque con quel volto di Cristo al dritto ad occhi spalancati, con qualche incrostazione di ossidazione azzurro-verdastra a colorare le iridi, che sembra quasi interrogarti.

Come sempre accade in numismatica (disciplina eminentemente visiva in cui - credo - si parte dapprima dall’interesse che uno stile, un particolare, una ben riuscita composizione suscitano all’occhio per poi giungere ad appassionarsi alla storia che la moneta può raccontare), dall’impatto iniziale ho poi cercato di approfondire il contesto storico di questo tondello... che mi ha affascinato forse ancora più dell’immagine!

Innanzitutto, mi sono chiesto cosa ci fosse di così interessante in quel volto del Pantocratore...

Non è stata certo la prima moneta a presentare questo soggetto: la prima moneta a recare l’immagine di Cristo - come ho potuto imparare da questo forum - risale a quasi mezzo millennio prima, per la precisione agli ultimi anni dell’imperatore bizantino Giustiniano II (685-695), quando per la prima volta sul diritto di un solido compare proprio un’immagine del Pantocratore...

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Da allora, nella monetazione bizantina l’immagine di Cristo, rappresentato a mezzo busto o assiso sul trono, diverrà quasi una costante, con l’unica eccezione dei periodi in cui si manifestò la furia iconoclasta. Un soggetto tipicamente bizantino, dunque, e con numerosi esempi di pregevole stile proprio nella monetazione bizantina, che però fino ad allora non avevo mai considerato con particolare interesse... continuavo dunque a chiedermi perché, se doveva attirarmi la rappresentazione del volto di Cristo, avesse proprio dovuto attirarmi QUESTA moneta, NON bizantina...

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...e poi ho pensato che il diritto di questa moneta, attribuita alla zecca di Palermo, mi rimandava direttamente a Monreale ed allo splendore della Sicilia arabo-normanna, un unicum storico che mi ha sempre affascinato e che l’acquisizione di questa moneta mi ha portato ad approfondire.

Con questo tondello ritorniamo indietro al 1140, l’anno della definitiva consacrazione di Ruggero II, finalmente venuto a capo dei conflitti contro il Papato ed alcuni suoi grandi feudatari, che gli avevano impedito di esercitare davvero il potere conferitogli nel 1130 con l’incoronazione a “Re di Sicilia,  del Ducato di Puglia e del Principato di Capua”. È il momento del suo trionfo, e finalmente Ruggero II può iniziare a (ri-) organizzare il suo Stato: provvede quindi ad indire le “Assise di Ariano”, grande riunione in cui alla presenza dei feudatari e dei notabili del Regno traccia le linee di indirizzo del suo governo e stabilisce un corpus legislativo, che includerà anche una riforma del sistema monetario. È proprio nel contesto di tale riforma che nasce il “ducale”.

Sul ducale abbiamo poche informazioni da documenti dell’epoca. Interessanti a questo proposito sono gli scritti di un fiero detrattore di Ruggero II, Falcone di Benevento, che nel suo Chronicon Beneventanum, parlando della riforma monetaria (e con speciale riferimento al ducale), riporta: “de quibus orribilibus monetis totus Italicus populus paupertati et miseriae positus est, et oppressus” (“da queste orribili monete tutto il popolo d’Italia è esposto alla povertà ed alla miseria, ed oppresso”) e giunge a riferire che il ducale “magis magisque erea quam argentea probata tenebatur“ (“conteneva di gran lunga più rame che argento”).

In realtà il “fino” del ducale, intorno ai 500-600 millesimi, non risulta così diverso da quello di altre monete argentee coeve, e forse l’avversione di Falcone alla sua introduzione si può far risalire alla posizione  del ducale nel nuovo sistema monetario, in quanto veniva equiparato a 8 “romesine”, moneta che veniva invece messa fuori corso; ora, se si identificano le “romesine” con i denari di Rouen al tempo circolanti nel Meridione italiano, il loro contenuto in argento faceva sì che 8 romesine dovessero in realtà equivalere a quasi 2 ducali, con evidente mossa speculativa da parte del sovrano normanno.

Il ducale appare come moneta per più ragioni di stile bizantino. Intanto, la sua forma concavo-convessa si rifà direttamente al “trachy”, forma introdotta nell‘Impero bizantino dalla metà dell’XI secolo, applicata sia alla monetazione aurea sia a quella in leghe d’argento ed inedita tra le monetazioni europee “occidentali”. Dei richiami iconografici bizantini nel diritto della moneta, su cui campeggia il Cristo Pantocratore, ho accennato sopra. Ma anche al rovescio della moneta lo stile della composizione si richiama a numerosi precedenti bizantini, con le due figure, di Re Ruggero e suo figlio Ruggero Duca, stanti in piedi, affiancate e reggenti insieme un vessillo sormontato da una croce patriarcale.

Nel complesso, ho rinvenuto una sbalorditiva somiglianza con una moneta bizantina in particolare, un histamenon nomisma svilito battuto da Alessio I Comneno nel 1081 nella città di Tessalonica...

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DOC IV, 4

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Al rovescio sono rappresentati il basileus e san Demetrio che gli porge un vessillo sormontato da una croce patriarcale. La somiglianza mi ha ancor più colpito dopo aver scoperto che questa moneta è stata prodotta proprio durante la guerra greco-normanna, mentre i Normanni sotto la guida di Roberto il Guiscardo invadevano Epiro e Tessaglia, avvicinandosi alla regione di Tessalonica stessa: forte è la tentazione di pensare che una certa quantità di queste monete abbia fatto parte dei bottini normanni, sia stata portata in Italia e qui sia poi stata vista dal giovane Ruggero II entrando a far parte del suo immaginario...

Appurata la natura tipicamente bizantina dell’iconografia del ducale, resta da approfondire cosa vedo di profondamente “normanno” in questa moneta.

Il ducale è una moneta chiaramente celebrativa. Innanzitutto riporta l’anno di emissione (il 1140, datandolo come “anno decimo di regno”), per inquadrare senza possibilità di confusione il suo riferimento cronologico. Il suo rovescio mostra i “trionfatori” di una lotta lunga ma vittoriosa: Re Ruggero, magnificamente agghindato e con il globo crucigero in mano, a rimandare all’assolutezza quasi “orientale” del suo potere, ed il suo figlio primogenito Ruggero, in armi. La moneta porta poi nel suo nome stesso il richiamo alla dignità di Ruggero figlio. Questi, investito dal padre del Ducato di Puglia nel 1334, si era distinto per valore militare fin dalla battaglia di Rignano (1137) e nel 1139, dopo la morte del principale contendente di Ruggero II, Rainulfo d’Alife, era riuscito addirittura a catturare Papa Innocenzo II, costringendolo a confermare al padre Ruggero II il titolo regio ed a lui ed al fratello minore Anfuso rispettivamente i titoli di Duca d’Apulia e Principe di Capua. Ruggero d’Apulia, che nonostante la giovane età (era nato intorno al 1118) si era dimostrato in grado, nelle parole di cronisti coevi, di gestire il potere con assennatezza e polso, era ormai destinato a succedere al padre Ruggero II nella dignità regale, quando venne a mancare prematuramente ed in circostanze non chiarite tra il 1148 ed il 1149.

Il ducale, come moneta, nonostante la ricchezza iconografica e la sua posizione “di snodo” nel nuovo sistema monetario introdotto da Ruggero II, non ebbe molta più fortuna del personaggio al cui titolo si riferiva. Scarsa pare la sua menzione come moneta “di conto” nelle fonti scritte e ancor più scarsi sono stati finora i suoi ritrovamenti, come se in realtà il ducale avesse avuto una circolazione limitata nell’economia “reale”. Addirittura, ancora è dibattuta l’estensione stessa della sua circolazione: per la natura simbolica di moneta che celebrava il potere ormai incontrastato di Ruggero II su tutto il Regno e per la sua nascita proprio in seguito alle Assise di Ariano (che miravano a sancire l’unità anche legislativa dei possedimenti normanni) si potrebbe pensare che dovesse aver corso in tutto il Regno; diversi Autori ritengono tuttavia che il ducale fosse destinato unicamente alle regioni continentali e, nonostante la sua coniazione a Palermo, non dovesse aver corso legale in Sicilia.

Di fatto, la sua coniazione sopravvisse di poco a Ruggero II, proseguendosi soltanto nel regno del suo successore, Guglielmo I, con obbligate variazioni iconografiche (per perdita del “contesto” a cui si riferiva, a riprova della sua natura “celebrativa”) e per giunta con una svalutazione del suo contenuto di fino. Dall’ascesa al trono del sovrano successivo, Guglielmo II, il ducale non fu più battuto.

L’epopea normanna era iniziata con un piccolo gruppo di avventurieri venuti dal Nord che infine, sotto il comando di Roberto il Guiscardo, erano giunti a conquistare l’intero Mezzogiorno italiano ed addirittura, sotto la guida di Ruggero I d’Altavilla, si erano posti come “precursori” delle Crociate liberando la Sicilia dalla dominazione araba. Attraverso una sapiente miscela tra valore militare e valorizzazione dell’eredità culturale e del capitale umano di arabi e bizantini, avevano saputo creare uno Stato fiorente e potente, in grado persino di recuperare terre ai musulmani in Nord Africa (il “Regno normanno d’Africa”, protettorato siciliano fino al 1160) e di insidiare il cuore dell’Impero bizantino con i tentativi di invasione della Grecia tra l’ultimo ventennio dell’XI e la prima metà del XII secolo. Lo Stato normanno nel Mezzogiorno d’Italia è stato così il crogiuolo da cui sarebbe poi scaturita l’esperienza dello “stupor mundi” medioevale.

Eppure, nel giro di meno di due secoli, l’intero edificio statale normanno ha raggiunto l’acme del proprio splendore per poi crollare davanti all’avanzata sveva, forse proprio per la prematura scomparsa di Tancredi d’Altavilla, che ne ha vanificato la strenua resistenza.

In questo senso, ho voluto scorgere nella breve coniazione del ducale quasi la “cifra” dell’esperienza normanna nel Mezzogiorno italiano: moneta “trionfale” ma senza futuro, come il principe da cui prendeva il nome, prematuramente mancato alle aspirazioni di successione del padre, e come lo splendido e fertile esperimento di Stato “moderno” e multiculturale fondato dagli Altavilla che, se temporaneamente sembrò rifiorire sotto Federico II (in fondo, un Altavilla anche lui, per parte di madre), fu poi definitivamente superato dall’invasione angioina.

Bibliografia:

Zecchino M. R., La riforma monetaria varata da Ruggero II nell’Assemblea di Ariano del 1140. Rivista di Storia del Diritto Italiano; 2013, vol. 86, pagg. 303-324.

Travaini L., La monetazione nell’Italia normanna. Roma, 1995.

Grierson P., Travaini L., Medieval European Coinage. With a catalogue of the coins in the Fitzwilliam Museum, Cambridge. 14. Italy (III) (South Italy, Sicily, Sardinia). Cambridge, 1998.

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Interessantissima disamina di una moneta importante per il nostro Meridione. Anche se datato ti consiglio di leggere (ma probabilmente lo hai già fatto) quanto scritto su di essa da Salvatore Fusco nel 1812 nella "Dissertazione su di una moneta de Re Ruggeri detta Ducato". Se non lo hai già fatto trovo quanto scritto più di 200 anni fa illuminante.

Ne ripropongo la descrizione fatta all'epoca dal Fusco:

"Tal moneta è d'argento, e la sua forma è concavo-convessa; osservasi nel concavo il Re Ruggieri col Duca Ruggieri suo figliuolo, che sostengono l'un colla destra l'altro colla sinistra una Croce; ha il Duca il cingolo militare, e al di lui lato veggonsi le lettere R. DX. AP. Rogerius Dvx Apuliae; il Re è vestito cogli abiti reali, ed ha la corona sul capo  e'l globo colla Croce nella sinistra mano, e dalla sua banda rilevansi le lettere R. R. SLE. Rogerius Rex Siciliae; e nel campo lungo la Croce son verticalmente disposte le lettere AN. R. X. Anno Regni X: Nel convesso poi vi è scolpito il busto del Salvatore che tiene i libri degli Evangelij colla sinistra, che solamente si scorge, ed intorno di esso vi è la leggenda: + IC.XC.RE.IN AETRN., cioè Jesus Christus regnat in aeternum."

Una descrizione che ti fa "vedere" la moneta anche senza immagine (vi è il disegno nelle tavole), in una visione romantica della Numismatica che forse oggi non c'è più. Complimenti per la moneta!

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Sì sì, grazie, letto ovviamente! È stata la prima descrizione della moneta, prima di allora ancora non chiaramente identificata... ho potuto leggere questa descrizione ormai “classica” riportata nel primo documento riportato in bibliografia, una vera “antologia” dei documenti più importanti sul ducale, e potessi ringrazierei direttamente l’autore perché reperire direttamente scritti così datati non è semplice, anche nell’era di internet!😅

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Piutttosto, mi ha colpito il risultato del “tocco alla pietra di paragone”, per cui veniva valutato un fino di “11 once”... nella mia ignoranza, ho subito pensato ad un titolo ragguardevole (intendeva forse “11 once di argento per libbra [cioè 12 once]” e quindi un titolo di 11/12=916/1000?). Mi è venuto in aiuto il testo del Magli (Zecche e monete durante la dominazione normanna nel Ducato di Puglia e nel Regno di Sicilia. Archivio storico pugliese 1959, vol. 12, pagg. 138-158), in cui (pag. 151) cita il passaggio del Fusco riportando un titolo di 960/1000. Secondo te, com’è possibile che una moneta con un titolo tanto inferiore (Travaini, nel suo studio sulla serie di esemplari della raccolta di Vittorio Emanuele III, lo dà di poco superiore a 500/1000) abbia dato un saggio così superiore?

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1 ora fa, Ulpianensis dice:

Piutttosto, mi ha colpito il risultato del “tocco alla pietra di paragone”, per cui veniva valutato un fino di “11 once”... nella mia ignoranza, ho subito pensato ad un titolo ragguardevole (intendeva forse “11 once di argento per libbra [cioè 12 once]” e quindi un titolo di 11/12=916/1000?). Mi è venuto in aiuto il testo del Magli (Zecche e monete durante la dominazione normanna nel Ducato di Puglia e nel Regno di Sicilia. Archivio storico pugliese 1959, vol. 12, pagg. 138-158), in cui (pag. 151) cita il passaggio del Fusco riportando un titolo di 960/1000. Secondo te, com’è possibile che una moneta con un titolo tanto inferiore (Travaini, nel suo studio sulla serie di esemplari della raccolta di Vittorio Emanuele III, lo dà di poco superiore a 500/1000) abbia dato un saggio così superiore?

 

Io credo che di base ci sia un errore del Fusco. Ignoro il reale funzionamento della pietra di paragone ma credo che tale metodo fornisca la bontà dell'argento del saggio prelevato sulla superficie e, in caso di monete integre che conservano appieno l'eventuale sbiancatura superficiale, possa fornire un contenuto di fino elevato. 

Il Fusco ritiene il contenuto di fino della lega molto alto:

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Ma citando uno studio precedente riporta:

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Il Magli poi da te citato, riporta il valore del Fusco ma poi aggiunge che però gli esemplari si attestano attorno al 50% di contenuto di fino:

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Valore quest'ultimo che rispetta i saggi effettuati sulla Collezione Reale riportati nel volume della Travaini "La monetazione dell'Italia Normanna" che indica un contenuto di fino del 50% con oscillazioni dal 30% al 60%. 

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Aggiungerei anche il Sambon che nel suo lavoro "Sulle monete delle provincie meridionali d'Italia dal XII al XV secolo" riporta per il ducale un titolo da 600/1000 a 500/1000.

Anche nel recente catalogo di D'Andrea, Contreras "The Normans's coins of the Kingdom of Sicily" il titolo è indicato 400-500/1000.

Sicuramente valori più realistici di quello indicato dal Fusco che a questo punto credo sia stato fuorviato proprio dal test della pietra di paragone.

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Certo, concordo con te! Dubito che, nel contesto economico del tempo, e con la presenza di pezzi aurei come i tarì nel sistema monetario, si sarebbe emessa una moneta argentea di tale fino e valore... più logica la produzione di un pezzo “intermedio”... la mia domanda era proprio sul tipo di saggio riportato dal Fusco, che proprio non conoscevo, e in parte mi hai risposto: probabilmente si trattava di un “errore di campionamento”!😅

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Supporter
9 ore fa, Ulpianensis dice:

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...e poi ho pensato che il diritto di questa moneta, attribuita alla zecca di Palermo, mi rimandava direttamente a Monreale ed allo splendore della Sicilia arabo-normanna, un unicum storico che mi ha sempre affascinato e che l’acquisizione di questa moneta mi ha portato ad approfondire.

Con questo tondello ritorniamo indietro al 1140, l’anno della definitiva consacrazione di Ruggero II, finalmente venuto a capo dei conflitti contro il Papato ed alcuni suoi grandi feudatari, che gli avevano impedito di esercitare davvero il potere conferitogli nel 1130 con l’incoronazione a “Re di Sicilia,  del Ducato di Puglia e del Principato di Capua”. È il momento del suo trionfo, e finalmente Ruggero II può iniziare a (ri-) organizzare il suo Stato: provvede quindi ad indire le “Assise di Ariano”, grande riunione in cui alla presenza dei feudatari e dei notabili del Regno traccia le linee di indirizzo del suo governo e stabilisce un corpus legislativo, che includerà anche una riforma del sistema monetario. È proprio nel contesto di tale riforma che nasce il “ducale”.

Sul ducale abbiamo poche informazioni da documenti dell’epoca. Interessanti a questo proposito sono gli scritti di un fiero detrattore di Ruggero II, Falcone di Benevento, che nel suo Chronicon Beneventanum, parlando della riforma monetaria (e con speciale riferimento al ducale), riporta: “de quibus orribilibus monetis totus Italicus populus paupertati et miseriae positus est, et oppressus” (“da queste orribili monete tutto il popolo d’Italia è esposto alla povertà ed alla miseria, ed oppresso”) e giunge a riferire che il ducale “magis magisque erea quam argentea probata tenebatur“ (“conteneva di gran lunga più rame che argento”).

In realtà il “fino” del ducale, intorno ai 500-600 millesimi, non risulta così diverso da quello di altre monete argentee coeve, e forse l’avversione di Falcone alla sua introduzione si può far risalire alla posizione  del ducale nel nuovo sistema monetario, in quanto veniva equiparato a 8 “romesine”, moneta che veniva invece messa fuori corso; ora, se si identificano le “romesine” con i denari di Rouen al tempo circolanti nel Meridione italiano, il loro contenuto in argento faceva sì che 8 romesine dovessero in realtà equivalere a quasi 2 ducali, con evidente mossa speculativa da parte del sovrano normanno.

Il ducale appare come moneta per più ragioni di stile bizantino. Intanto, la sua forma concavo-convessa si rifà direttamente al “trachy”, forma introdotta nell‘Impero bizantino dalla metà dell’XI secolo, applicata sia alla monetazione aurea sia a quella in leghe d’argento ed inedita tra le monetazioni europee “occidentali”. Dei richiami iconografici bizantini nel diritto della moneta, su cui campeggia il Cristo Pantocratore, ho accennato sopra. Ma anche al rovescio della moneta lo stile della composizione si richiama a numerosi precedenti bizantini, con le due figure, di Re Ruggero e suo figlio Ruggero Duca, stanti in piedi, affiancate e reggenti insieme un vessillo sormontato da una croce patriarcale.

Nel complesso, ho rinvenuto una sbalorditiva somiglianza con una moneta bizantina in particolare, un histamenon nomisma svilito battuto da Alessio I Comneno nel 1081 nella città di Tessalonica...

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Complimenti per l'acquisto e per l'appassionata discussione che hai aperto su questo forum. 

Riguardo la moneta di Alessio I, ricordo di aver letto, non ricordo più da quale fonte (forse il MEC), che questa fu il modello degli zecchieri normanni per la creazione del ducale. La moneta di Alessio se non erro dovrebbe essere stata coniata intorno al 1080-1090, quindi alcune decine di anni prima della coniazione normanna.  

 

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Ricordi molto bene! Era proprio il MEC, volume 14... in realtà, lì si parla, come modello del ducale, di una rara moneta bizantina del 1092 in cui Alessio I Comneno si sarebbe fatto ritrarre accanto al figlioletto, il futuro Giovanni II Comneno, proprio con la composizione figurativa che sarebbe stata adottata per il ducale... ma questa moneta proprio non sono riuscito a trovarla, su internet, e neanche il MEC era così assertivo, considerando possibile anche una rielaborazione indipendente di più elementi stilistici bizantini presi da monete diverse, per cui ho preferito postare l’immagine dell’histamenon trachy che si vede sopra, che peraltro qualcosa a che vedere con i Normanni l’aveva anche (emissione “periferica” proprio durante la guerra greco-normanna!)

Modificato da Ulpianensis
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Supporter

Io avevo sempre dato per scontato si trattasse di questa. Ed in effetti non ho mai visto quella cui fa riferimento Grierson. 

Allego l'immagine di una splendida moneta passata in asta da Artemide 54 lotto 408. 

Se riesco, nei prossimi giorni posterò anche il mio ducale. 

 

 

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Tutti discorsi interessanti, peccato che la moneta sia stata coniata a Napoli, con buona pace di Palermo e Monreale ...

 

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Inviato (modificato)

Sarà per formazione, ma poche sono le cose di cui sono sicuro... e credo che la ricostruzione storica sia troppe poche volte tra queste, salvo casi di documentazione inoppugnabile...😅

La questione della zecca di battitura del ducale (così come della sua estensione di circolazione, a cui ho accennato sopra) pare sia stata parecchio dibattuta, e con parecchie illustri opinioni, in gran parte discordanti...

Riporto qui - per amor di brevità - una sintesi riportata dal Magli nel suo saggio del 1959...

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...in cui si ricorda che:

• “il Promis, piemontese, la pone tra le monete della zecca di Brindisi senza fare alcun commento.”

• “Il Fusco, napoletano, [...] nulla dice in merito alla zecca in cui venne coniata. Si potrebbe pensare che ritenga implicitamente che il ducale di Ruggero II sia stato coniato nella zecca di Napoli; ma ciò è da escludersi perché la zecca di Napoli, che pur fu così feconda in ogni epoca, non risulta abbia coniato alcuna moneta durante il periodo normanno.”

• “Il Dell’Erba, pugliese [...], dice che è stato coniato a Palermo, senza accennare menomamente ai motivi della sua asserzione, quasi ignorando le divergenze esistenti in merito alla zecca in cui furono battuti i ducati di Ruggero II.”

• “Il Della Rovere, siciliano, [...] afferma che tale moneta è stata coniata a Messina...”

• “Giulio Sambon [...] pone un punto interrogativo accanto alla indicazione della zecca di Brindisi, come a significare il dubbio che questa zecca abbia coniato monete in tale periodo. Epperò attribuisce il ‘ducato’ alla zecca di Palermo, perché il dottore Arthuro Sambon crede che questa moneta sia stata coniata in Sicilia.”

• “Arthur Engel, francese, mentre giudica di nessun valore il parere del Della Rovere, è della opinione che il ‘ducato’ sia stato coniato a Brindisi“.

Al termine di questa nutrita schiera di ipotesi, quasi tutte difformi tra loro, il Magli aggiunge la propria, argomentando con diverse osservazioni la possibilità che il ducale sia stato battuto a Bari.

A tutte queste attribuzioni vorrei aggiungere ancora quella di Lucia Travaini, riportata nel volume 14 del MEC...

Modificato da Ulpianensis
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Questa mi sono sentito di riportare, en passant e senza rimarcarla (in un inciso in cui - vedi sopra - ho scritto “attribuita”, senza pur complete certezze e conscio del lungo dibattito sull’argomento), perché ultima per cronologia e per autorità di provenienza (mi pare di aver sentito descrivere il lavoro della Travaini, proprio su questo forum, come una pietra miliare nello studio della monetazione normanna). Ammetto che sarei curioso di sapere cosa riporta il D’Andrea-Contreras, del quale anche ho letto sul forum ottimi pareri,  ma che purtroppo non ho potuto consultare.

Per quanto riguarda Monreale, be’, sono d’accordo, con la coniazione della moneta non c’entra nulla... ma per quanto riguarda l’associazione di idee sulla base dell’iconografia, da torinese poco esperto delle meraviglie del Mezzogiorno d’Italia, quella del Pantocratore del duomo di Monreale era la prima immagine che poteva venirmi in mente, per splendore e popolarità!😅

 

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17 ore fa, mero mixtoque imperio dice:

Disamina molto interessante e ricca di riferimenti, che mi pare davvero innovativa soprattutto in relazione alla possibilità di una coniazione di lucenses da parte pisana prima dell’avvio delle coniazioni a Pisa stessa... se si riuscisse a definire un tipo di lucenses “napoletano” distinto nell’attuale classificazione si avrebbe la piena conferma anche archeologica di quanto presentato...

Sulla possibilità di coniazione del ducale in una zecca diversa da quella di Palermo, in effetti trovano spazio alcuni miei dubbi legati ad aspetti che non mi spiegavo... considerando una coniazione palermitana, non mi tornava l’adozione in pieno ambito arabo-normanno di un’iconografia del tutto bizantina... inoltre non riuscivo a comprendere perché coniare a Palermo una moneta che avrebbe dovuto circolare unicamente (stando a Travaini, ma non solo a lei) sui territori continentali...

Dopodiché, la presenza di diverse varianti (già segnalate nel volume 14 del MEC), se davvero il ducale fosse stato battuto solo per un breve periodo subito dopo l’unificazione (come sembra suggerire l’articolo sopraccitato) potrebbe effettivamente accordarsi con diverse sedi di zecca...

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Ciao a tutti,

Riguardo il D'Andrea Contreras gli autori attribuiscono il ducale alla zecca di Palermo anche se circolante prevalentemente in Puglia, dove aveva la funzione di moneta intermedia tra i tarì siciliani e la monetazione in rame. Saluti Eliodoro

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  • 6 mesi dopo...
Il 27/2/2023 alle 13:27, fedafa dice:

Interessantissima disamina di una moneta importante per il nostro Meridione. Anche se datato ti consiglio di leggere (ma probabilmente lo hai già fatto) quanto scritto su di essa da Salvatore Fusco nel 1812 nella "Dissertazione su di una moneta de Re Ruggeri detta Ducato". Se non lo hai già fatto trovo quanto scritto più di 200 anni fa illuminante.

Ne ripropongo la descrizione fatta all'epoca dal Fusco:

"Tal moneta è d'argento, e la sua forma è concavo-convessa; osservasi nel concavo il Re Ruggieri col Duca Ruggieri suo figliuolo, che sostengono l'un colla destra l'altro colla sinistra una Croce; ha il Duca il cingolo militare, e al di lui lato veggonsi le lettere R. DX. AP. Rogerius Dvx Apuliae; il Re è vestito cogli abiti reali, ed ha la corona sul capo  e'l globo colla Croce nella sinistra mano, e dalla sua banda rilevansi le lettere R. R. SLE. Rogerius Rex Siciliae; e nel campo lungo la Croce son verticalmente disposte le lettere AN. R. X. Anno Regni X: Nel convesso poi vi è scolpito il busto del Salvatore che tiene i libri degli Evangelij colla sinistra, che solamente si scorge, ed intorno di esso vi è la leggenda: + IC.XC.RE.IN AETRN., cioè Jesus Christus regnat in aeternum."

Una descrizione che ti fa "vedere" la moneta anche senza immagine (vi è il disegno nelle tavole), in una visione romantica della Numismatica che forse oggi non c'è più. Complimenti per la moneta!

 

L'opera in questione di Salvatore Fusco è un prezioso caposaldo della numismatica dell'Italia meridionale, si può dire che sia il primo tentativo di una storia numismatica di tale territorio in epoca medievale, in questo testo, non solo si tratta per la prima volta del ducale di epoca normanna, ma si individuano anche con certezza i tarì di epoca longobarda, normanna e sveva, prima di allora ancora in un confuso limbo che li voleva prevalentemente moneta di conto piuttosto che moneta effettiva, realmente esistita... Interessantissima poi la disquisizione storica sulla diffusione del ducato sia come moneta di conto che effettiva nel Regno di Napoli in epoca prima angioina e poi aragonese.

Negli ultimi giorni ho avuto la gran fortuna di trovare una copia di suddetta opera ad un prezzo molto conveniente, 100 euro... ed è una grande soddisfazione poter inserire uno dei primi riferimenti della numismatica medievale meridionale insieme ai successivi, Sambon, Dell'Erba, Spahr, Grierson e Travaini...

Salvatore Fusco-Ducato 1.jpg

Salvatore Fusco-Ducato 2.jpg

Salvatore Fusco-Ducato 3.jpg

Salvatore Fusco-Ducato 4.jpg

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2 ore fa, talpa dice:

L'opera in questione di Salvatore Fusco è un prezioso caposaldo della numismatica dell'Italia meridionale, si può dire che sia il primo tentativo di una storia numismatica di tale territorio in epoca medievale, in questo testo, non solo si tratta per la prima volta del ducale di epoca normanna, ma si individuano anche con certezza i tarì di epoca longobarda, normanna e sveva, prima di allora ancora in un confuso limbo che li voleva prevalentemente moneta di conto piuttosto che moneta effettiva, realmente esistita... Interessantissima poi la disquisizione storica sulla diffusione del ducato sia come moneta di conto che effettiva nel Regno di Napoli in epoca prima angioina e poi aragonese.

Negli ultimi giorni ho avuto la gran fortuna di trovare una copia di suddetta opera ad un prezzo molto conveniente, 100 euro... ed è una grande soddisfazione poter inserire uno dei primi riferimenti della numismatica medievale meridionale insieme ai successivi, Sambon, Dell'Erba, Spahr, Grierson e Travaini...

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Salvatore Fusco-Ducato 4.jpg

 

Complimenti per il prezioso acquisto. Affiancare alle monete libri rari completa appieno la collezione numismatica e lo studio della stessa. Ignoro il costo di questa pubblicazione ma credo che anche il prezzo pagato sia ottimo. 

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3 ore fa, fedafa dice:

Complimenti per il prezioso acquisto. Affiancare alle monete libri rari completa appieno la collezione numismatica e lo studio della stessa. Ignoro il costo di questa pubblicazione ma credo che anche il prezzo pagato sia ottimo. 

 

Nel mio caso la collezione risiede proprio nei libri, rari ma anche comuni, inerenti la numismatica, anche se più che collezione sarebbe più corretto parlare di biblioteca, ormai l'acquisto di monete è parte decisamente secondaria rispetto a quello dei libri che costituiscono la mia passione principale, anche se a qualche medaglia soprattutto, quando ne vale la pena, non so comunque resistere 😅

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Supporter
Il 2/3/2023 alle 00:08, mero mixtoque imperio dice:

Personalmente trovo questi interventi poco corretti da un punto di vista filologico. 

L'articolo che lei ha scritto non dimostra che la moneta è Napoletana. Dimostra la possibilità che sia stata coniata a Napoli, basandosi sulla rilettura del Chronicon Beneventanum. Dalla traduzione di D'angelo: "Dopo aver emanato questi mortali editti ed introdotte queste monete, il re con un contingente militare andò a Napoli".

La lettura che lei da di questo passo, associandolo ad un successivo conio della moneta a Napoli è ovviamente ragionevole, ma non sufficiente a concludere CON CERTEZZA il conio napoletano della moneta. Molto più semplicemente lo rende plausibile, che è una cosa ben diversa.

Nel momento in cui scrive: "Almeno la prima emissione è Napoletana" oppure "Tutti discorsi interessanti, peccato che la moneta sia stata coniata a Napoli, con buona pace di Palermo e Monreale ...", quindi, dà un'informazione sostanzialmente scorretta.

Avrebbe dovuto scrivere: "E' altamente possibile che almeno la prima emissione sia Napoletana." 

 

 

Modificato da azaad
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