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Riprende la campagna archeologica nel lago di Bolsena


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bolsena-copertina-1024x592.jpg Gli archeo-sub e archeo-restauratori impegnati nel lago di Bolsena nella nuova missione Gran Carro. Nuovi materiali archeologici recuperati dai fondali @ Foto CSR Restauro Beni Culturali bolsena-4.jpg @ Foto CSR Restauro Beni Culturali bolsena-3.jpg @ Foto CSR Restauro Beni Culturali

“È iniziata la campagna di scavo, recupero e restauro presso il sito del Gran Carro di Bolsena (VT). – annuncia il CSR Restauro Beni Culturali – I restauratori del CSR stesso sono a lavoro con il personale del Servizio di Archeologia Subacquea della Soprintendenza Archeologia Belle Arti Paesaggio Etruria Meridionale ed i subacquei esperti del Centro di Ricerche di Archeologia Subacquea. Condividiamo con voi le prime immagini dell’attività di ricerca e sperimentazione”.

Dalle immagini si può arguire che sarà una stagione archeologicamente ricchissima. Tra i cospicui materiali ceramici, possiamo osservare – nelle foto scattate in queste ore – quelli che parrebbero lucerne e vasi, con resti di materiali ossei e quella che sembra una moneta. Il sito venne frequentato fino all’epoca tardo romana. I materiali sono stati recuperati e ora sono oggetto di valutazione di studio.

bolsena-1-1024x896.jpg @ Foto CSR Restauro Beni Culturali bolsenna-ingrandimento-1024x745.jpg @ Foto CSR Restauro Beni Culturali

Gran Carro di Bolsena, Aiola (insediamento perilacustre)

 

BOLSENA, X a.C – IX a.C

Il sito archeologico si caratterizza per la presenza del monumentale complesso ellittico dell’Aiola. Indagata solo parzialmente, non è ancora chiara la sua funzione. Si presenta come un grosso cumulo di pietrame informe, privo di elementi strutturali utili alla sua interpretazione. Recentemente è stato proposto che si tratti di una struttura (non l’unica presente nel lago- almeno altre quattro sono conosciute anche se di minori dimensioni) strettamente collegata alla presenza di sorgenti di acqua termale calda. La forma si presenta troncoconica a base ellittica, in pietrame informe senza leganti, e da cui fuoriescono effettivamente sorgenti di gas e acque minerali e termali a 30 e 40 gradi.

Nel 1991 Alessandro Fioravanti effettuò alcune ricerche sulla superficie ed individuò pali lignei e frammenti ceramici attribuibili alla prima età del Ferro specie sul lato SO. Recentemente nel 2020 durante le ricerche e la pulizia di una fascia di sedimento a N dell’Aiola si è potuto constatare per la prima volta che l’Aiola è effettivamente costituita da pietrame informe, ma che ricopre un tumulo sottostante formato di terra. Sotto i massi dell’Aiola è presente abbondante materiale ceramico e ligneo integralmente attribuibile alla prima età del Ferro. In ogni caso, per la prima volta si è potuto osservare che l’Aiola era già presente nel periodo della palafitta e faceva parte integrante del villaggio della prima età del Ferro. La presenza di sorgenti è confermata e anzi si è potuto notare che tra le concrezioni prodotte dall’acqua termale sono presenti frammenti ceramici di impasto inglobati. Un frammento di base di colonna in tufo e il rinvenimento di monete di epoca costantiniana, attesta la frequentazione della struttura anche in epoca tardo romana.

https://www.stilearte.it/primo-tuffo-archeologico-dellanno-a-bolsena-trovati-subito-tesori-nel-santuario-termale-sprofondato/


  • 1 mese dopo...
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Nuotare come angeli su un centro abitato di 3000 anni fa nel Lazio. I tesori trovati ora sotto l’acqua blu. Il video delle scoperte

 

La vita, la distruzione e la rinascita di un abitato villanoviano, il Gran Carro di Bolsena. Una anteprima di quanto compiuto quest’anno durante la campagna archeologica estiva 2023 viene presentata in anteprima da questo filmato, che troverete in fondo all’articolo.

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“Lo scavo stratigrafico assieme ai restauratori su una grande estensione sta dando risultati sorprendenti per l’interpretazione dell’intero complesso. – commenta la Soprintendenza Archeologia Belle Arti Paesaggio Etruria Meridionale – Moltissimi gli oggetti in bronzo recuperati tra cui alcuni attrezzi da lavoro come scalpelli e raspe per la lavorazione del legno. Una parete a graticcio bruciata e poi crollata sapientemente recuperata.
Tantissimi i vasi di impasto rimasti sotto le macerie delle capanne bruciate, alcuni finemente decorati, che abbiamo avuto il privilegio di riscoprire come se il tempo non fosse mai passato. Siamo ad un passo dal comprendere finalmente la vita quotidiana di una comunità di 3000 anni fa”.

https://www.stilearte.it/nuotare-come-angeli-su-un-centro-abitato-di-3000-anni-fa-nel-lazio-i-tesori-trovati-ora-sotto-lacqua-blu/

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  • 1 anno dopo...
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Olla biansata con coperchio, X-IX secolo a.C., lago di Bolsena

Courtesy Ministero della Cultura

L’abitato sommerso del Gran Carro di Bolsena

Una mostra diffusa in due sedi ripercorre le fasi dell’insediamento palafitticolo indagato dalla Soprintendenza per l’Etruria Meridionale, nella parte settentrionale della provincia di Viterbo

Le indagini di archeologia subacquea condotte nelle acque del lago di Bolsena (Vt), a partire dal 1959, hanno portato alla scoperta dei resti di un insediamento che giace sommerso a una profondità variabile tra i quattro e cinque metri.

Le ricerche svolte negli ultimi anni dal Servizio di Archeologia Subacquea della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale, sotto la direzione di Barbara Barbaro, hanno modificato il quadro in maniera sensibile.

Ora è chiaro che l’insediamento aveva dimensioni maggiori rispetto a quello che si era ipotizzato inizialmente, arrivando a estendersi oltre l’ettaro e mezzo. Era sorto durante il XV secolo a.C. restando in funzione sino agli scorci iniziali dell’VIII secolo a.C.

Il buono stato di conservazione dei reperti recuperati rende inoltre l’abitato uno dei più idonei a ricostruire la vita quotidiana nella tarda protostoria italiana, come ha osservato l’archeologo Pietro Tamburini, dato che la permanenza millenaria in ambiente subacqueo, povero di ossigeno, ha garantito la conservazione non solo degli oggetti in ceramica o in metallo, ma anche di legni e semi, e di manufatti realizzati in osso, corno, legno e fibre. Tra questi ultimi si segnala un canestro in vimini che conserva probabilmente un prodotto caseario.

 

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Un’immagine di vasi ritrovati sul fondale del lago di Bolsena. Courtesy Ministero della Cultura

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Ciotola, X-IX secolo a.C., lago di Bolsena. Courtesy Ministero della Cultura

 
 

 

L’insediamento aveva una spiccata vocazione artigianale: i suoi abitanti lavoravano il bronzo, producevano vasi, filavano la lana e realizzavano tessuti. Non basta, come ci si può immaginare, praticavano la pesca e non trascuravano la caccia. Le ricerche hanno suggerito pure che l’agricoltura era fiorente grazie alla fertile pianura attorno all’insediamento: vi si coltivava il farro e la vite. Durante le ricerche sono stati raccolti centinaia di semi di vite: sono da riferire a una varietà che veniva coltivata e utilizzata per ottenere il vino.

Gli abitanti dell’insediamento dovettero fronteggiare un profondo cambiamento ambientale dovuto all’innalzamento delle acque del lago. Esso, infatti, era costruito originariamente sull’asciutto, sulle rive del lago, e in un secondo momento, tra i decenni finali del IX e gli inizi del secolo successivo, venne trasferito su palafitte per far fronte all’arretramento della linea di costa. Palafitte costruite ancora sull’asciutto, secondo scoperte recenti.

In seguito, continuando le acque a innalzarsi, il sito dovette essere abbandonato e gli abitanti si trasferirono probabilmente sul vicino colle della Civita d’Arlena. Va tenuto presente, inoltre, che gli archeologi subacquei, lavorando con metodologia stratigrafica, hanno osservato fasi diverse per l’abitato del Gran Carro, dove, come accadeva spesso nell’antichità, gli incendi accidentali erano frequenti. 

Le ricerche hanno portato anche alla scoperta di elementi che rinviano alla sfera del sacro e ai culti che la comunità praticava. Essi sembrano essere concentrati soprattutto nell’area detta dell’«Aiola», dove sono presenti sorgenti di acqua calda. I riti hanno creato, nel tempo, un grande tumulo di forma ellittica (60x80 metri, con un’altezza di 2,5 metri). Essi prevedevano la deposizione di pietre a copertura delle pratiche rituali eseguite, come l’accensione di fuochi, l’utilizzo di vasi anche miniaturistici, il consumo di cibo, la combustione di cereali, l’offerta di oggetti in metallo e in altro materiale. Sempre all’«Aiola», nella sua parte inferiore e inclinata, è attestato un rituale diverso, contraddistinto dalla deposizione esclusiva di vasi soprattutto biconici, riempiti di cibo e coperti da scodelle ad orlo rientrante. Va segnalato, infine, che l’area dell’abitato ha restituito una figurina fittile femminile, appena abbozzata, da mettere in relazione con un qualche culto di tipo domestico.

Le vicende della scoperta e le caratteristiche dell’abitato sono presentate ora nella mostra «La memoria dell’acqua. Nuove scoperte archeologiche dal Gran Carro di Bolsena» allestita in due sedi: a Bolsena negli spazi del Palazzo Monaldeschi della Cervara, sede del museo locale, e all’interno della Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo sull’isola Bisentina (fino al 2 novembre) con la presentazione di opere di tre artisti contemporanei: Alex Cecchetti, Lisa Dalfino e Namsal Siedlecki. L’esposizione è stata realizzata dal Ministero della Cultura, dalla Fondazione Luigi Rovati e dall’Isola Bisentina. Alla cerimonia d’inaugurazione ha partecipato anche il ministro della Cultura, Alessandro Giuli.

 

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Una veduta aerea del lago di Bolsena (Vt). Courtesy Ministero della Cultura

https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/Labitato-sommerso-del-Gran-Carro-di-Bolsena


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