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Bronzi provinciali romani e mitologia greca


apollonia

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Salve.

Tra le varie tipologie ho trovato interessanti due bronzi emessi dalla zecca di Antiochia sull’Oronte, in Siria, a distanza di una quarantina d’anni uno dall'altro, che raffigurano sul diritto uno Artemide e l’altro Apollo, i due gemelli molti cari al popolo greco. Sul rovescio, molto simile, è raffigurata una lira costruita dal carapace di una tartaruga, come vuole la tradizione.

Bronzo del 59-60 d. C. circa (Triskeles 28).

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Roman Provincial Coins. Syria, Seleucis and Pieria. Antiochia ad Orontem. Pseudo-autonomous issue. 1st century A.D. Æ (19 mm, 3.86 g). Ca. A.D. 59/60. Diademed head of Artemis right / Lyre. SNG Copenhagen 108. Dark brown patina with sandy highlights. Very fine.

 

Bronzo del 96-98 d. C. (Agora 99).

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Roman Provincial. Syria, Seleucis and Pieria. Antiochia ad Orontem. Civic Issue. Time of Nerva A.D. 96-98. AE dichalkon (16.1 mm, 3.98 g, 1 h). Dated year 145 of the Caesarean era = A.D. 96/7. Draped bust of Apollo right, hair bound with taenia / ANTIOXEΩN ET EMP, lyre. RPC III, 3502; McAlee 119; Butcher 196. VF. Rare.

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Apollo e Artemide, forse le divinità più care al popolo greco, erano figli di Zeus e della titanide Leto. Secondo la Teogonia di Esiodo, al momento dell’unione il re degli dei trasformò Leto e sè stesso in quaglie. Era, regina degli dei e moglie di Zeus, decisa a punire l'adulterio, ordinò al serpente Pitone di perseguitare la donna, impedendole di partorire su nessuna terra dove avesse brillato il sole. Leto riuscì a partorire a Delo, l'unica isola galleggiante (che dopo il parto rimase ancorata alla terra) e quindi non soggetta alla maledizione di Era; isola che, secondo una versione del mito, non era altro che sua sorella Asteria, tramutata in isola in quanto aveva rifiutato l'amore di Zeus. Leto partorì ai piedi del Monte Cinto: la prima a nascere fu Artemide, che subito dopo aiutò la madre a partorire Apollo.

Altri miti riportano che la vendicativa Era, pur di impedire a Leto di partorire, giunse a rapire Ilizia, dea del parto. Solo l'intervento degli altri dei, che offrirono alla regina dell'Olimpo una collana di ambra lunga nove metri, riuscì a convincere Era a desistere dal suo intento

Apollo, detto anche Febo, "lo splendente", è il dio greco per eccellenza: bello, forte, sempre giovane, cultore delle arti e, specialmente, della musica, conoscitore del futuro, terribile quando lancia le sue frecce vendicatrici, dall'intelligenza lucida e dal cuore generoso. Concedeva talvolta il dono profetico ad alcuni mortali prediletti, come la principessa troiana Cassandra.

Racconta il mito che la sua prima impresa fu l'uccisione del serpente Pitone, un mostro che, per ordine di Era, aveva perseguitato sua madre, e che custodiva, in Delfo un tempio sacro a Temi. Dopo averlo ucciso, il dio si impadronì del tempio e vi stabilì una profetessa, la Pizia, la quale, ispirata da lui, prediceva il futuro. L'oracolo di Delfo fu poi celebre in tutta la Grecia.

Fu Apollo a saper sfruttare la lira inventata da Ermes, donandola poi al migliore fra i poeti, Orfeo. Gli era sacro l'alloro, di cui erano composte le corone dei vincitori nelle gare sportive e negli agoni poetici, a ricordo del sacrificio della ninfa Dafne, amata dal dio. In suo onore si intonavano i peana e si componevano carmi lirici. Talvolta Apollo è descritto come un dio spietato e crudele: nell'Iliade di Omero, ad esempio, lancia frecce infuocate portatrici di peste sull'esercito greco. Secondo la tradizione, inoltre, scorticò il satiro Marsia sconfitto in una sfida musicale; uccise per gelosia Coronide, che gli aveva dato il figlio Asclepio, e rapì e violentò la giovane principessa ateniese Creusa, abbandonandola assieme al figlio con lei concepito.

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Altra emissione pseudo-autonoma di Antiochia sull’Oronte, 128-129 d. C. (Triskeles 23).

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Roman Provincial Coins
Syria, Seleucis and Pieria. Antiochia ad Orontem. Pseudo-autonomous issue. 2nd century A.D. Æ dichalkon (15 mm, 2.68 g, 1 h). Caesarean era 177 (A.D. 128/9). ANTIOXЄωN THC MHTPOΠOΛЄ, laureate and draped bust of Apollo left / Laurel branch; around, date (ЄTOYC ZOP); no control letter. McAlee 130d (rare). An exceptional example, much nicer than the specimen illustrated in McAlee. Dark green patina. Nearly extremely fine.

Lot 352. Estimate: 100 USD. Price realized: 235 USD

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Apollo e l’alloro: il mito di Dafne e Apollo

Racconta la leggenda che un giorno Apollo, fiero di avere ucciso a colpi di freccia il gigantesco serpente Pitone alla tenera età di quattro giorni, incontrò Eros che era intendo a forgiare un nuovo arco e si burlò di lui, del fatto che non avesse mai compiuto azioni degne di gloria. Eros, risentito del comportamento di Apollo, decise di fargli vedere quanto fosse potente e meditò vendetta preparando due frecce, una dorata e appuntita capace di far innamorare alla follia la prima persona divina o mortale che l’occhio avesse visto, e l’altra di piombo e spuntata, che serviva a non far innamorare. Eros colpì Apollo con la freccia d’oro, e quando lo vide porre il suo primo sguardo su una ninfa, Dafne, sacerdotessa di Gea e figlia del dio fluviale Ladone, la colpì con la freccia di piombo, quella che faceva scappare dall’amore. Della ninfa Dafne era innamorato anche un giovane mortale, Leucippo, che per avvicinare la sua amata si era travestito da donna. Apollo, venuto a conoscenza della vicenda, per liberarsi del rivale suggerì alle ninfe di fare uno dei loro bagni rituali (un tipo di bagno in cui le ninfe partecipavano completamente nude). Leucippo venne in questo modo smascherato e ucciso dalle ninfe stesse. Avendo il campo libero Apollo dichiarò il proprio amore a Dafne, ma lei non ne volle sapere di lui e lo respinse fuggendo in preda al terrore. Apollo la inseguì e quando la stava per raggiungerla nei pressi del fiume Peneo, Dafne, disperata, invocò l’aiuto di Gea e del padre Ladone. I due la trasformarono in un albero di alloro sotto gli occhi di Apollo che, disperato, abbracciava il tronco nella speranza di riuscire a ritrovare la dolce Dafne.

Scrive Ovidio nelle Metamorfosi (I, 555-559): «Apollo l'ama, e abbraccia la pianta come se fosse il corpo della ninfa; ne bacia i rami, ma l'albero sembra ribellarsi a quei baci. Allora il dio deluso così le dice: “Poichè tu non puoi essere mia sposa, sarai almeno l'albero mio: di te sempre, o lauro, saranno ornati i miei capelli, la mia cetra, la mia faretra”».

Il dio quindi proclamò a gran voce che la pianta dell'alloro sarebbe stata sacra al suo culto e segno di gloria da porsi sul capo dei vincitori. Così ancor oggi, in ricordo di Dafne, è usanza cingere con una corona di alloro il capo di coloro che compiono imprese memorabili.

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L’origine dell’alloro su un bronzo di Apamea.

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BITHYNIA, Apamaea. Geta. AD 209-211. Æ 21mm (4.98 g, 12h). Laureate head right / Daphne kneeling right, head left, with hand raised; to left, laurel tree. Unpublished. VF, dark green and brown patina, slight porosity. Extremely rare.

Ex Peus 366 (29 October 2000), lot 548; Münzen und Medaillen FPL 422 (May 1980), lot 146.

Sale: CNG 75, 23 May 2007, Lot: 810. Estimate $300. Sold For $600. 

 

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Foglie d'alloro

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Bronzo di Damasco correlato al mito di Dafne (CNG 291).

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The Metamorphoses of Ambrosia?

SYRIA, Coele-Syria. Damascus. Philip I. AD 244-249. Æ (31mm, 18.56 g, 12h). Laureate, draped, and cuirassed bust right / Female figure (Ambrosia?) facing, head right, metamorphosing into grape vine. De Saulcy –; Rosenberger 49 corr. (Philip II). Near VF, dark green patina, earthen deposits.

The figure on the reverse has traditionally been described as Dionysus holding vines, as in Rosenberger, but as the type clearly represents a female this identification can be discounted. For more recent interpretations of this very interesting type, see G. Bijowski, “The myth of Daphne on a coin minted at Damascus,” AJN 15 (2003), pp. 53-9 and K. Butcher, “Ambrosia in Damascus?,” NC 170 (2010), pp. 85-91.

CNG 291, Lot: 252. Estimate $300. Sold for $800. 

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Questo tetradramma seleucide di Antioco IV Epifane (175-164 a. C.) è stato associato da Newell e Mørkholm alla grande festa panellenica celebrata nel 166 a. C. a Dafne, un antico villaggio che sorgeva sul fiume Oronte, a Sud della città di Antiochia, della quale era un sobborgo. Trasse il nome da un boschetto di allori situato nelle sue vicinanze, dove annualmente si celebravano le feste in onore di Apollo Dafnio. Era uno dei soggiorni favoriti dei seleucidi e si guadagnò la fama di luogo di dissolutezza.

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Panhellenic Festival at Daphne in 166 BC

SELEUKID EMPIRE. Antiochos IV Epiphanes. 175-164 BC. AR Tetradrachm (33mm, 16.21 g, 12h). Antioch on the Orontes mint. Series 3, struck circa 166 BC. Laureate head of Apollo right / BAΣIΛEΩΣ ANTIOXOY ΘEOY EΠIΦANOYΣ NIKHΦOPOY, Apollo, wearing chiton, standing right, holding phiale with his right hand and kithara with his left arm. SC 1401; Le Rider, Antioche 554–7 (A57/P390); Mørkholm Series III, 24, dies A54/P205; SMA 64; HGC 9, 622; CSE 110 (same dies); SNG Hart 5631 (same dies). Good VF, toned. Struck on a remarkably broad flan. Very rare.

Newell and Mørkholm associated this extraordinary type with the great panhellenic festival celebrated at Daphne. The authors of Seleucid Coins state that “only ten specimens of this exceptional coinage survive, and four or five of them show traces of overstriking.”

Triton XIX, Lot: 290. Estimate $15000. Sold for $17000.

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Bronzo di Filippo I coniato a Pella, in Macedonia, nel 244-249 d. C., che raffigura sul rovescio Pan seduto a sinistra su delle rocce stilizzate con il lagobolon nella mano sinistra e la destra sopra la testa in gesto di ubriachezza; flauto di Pan (siringa) nel campo a sinistra (Gorny & Mosch 286).

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Lot 4367. MAKEDONIEN. PELLA.  
Philippus I., 244 - 249 n. Chr. AE ø 24mm (8,08g). Vs.: IMP CAE M IV FILIPPVS, drapierte Panzerbüste mit Lorbeerkranz n. r. Rs.: COL IVL AVS PELLA, nackter Satyr (oder Pan) sitzt n. l. auf einem Felsen, hält in der Linken ein Lagobolon und hält die rechte in einem Trunken­heitsgestus über den Kopf. Links im Feld Panflöte. Varbanov 3762; RPC online unassigned ID 58785.
Dunkelgrüne Patina, Vs. Stempelfehler, ss-vz

Starting price: 80 EUR. Estimate: 100 EUR.

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Il lagobolon che il dio Pan tiene nella mano sinistra è il suo caratteristico attributo. Il termine è composto da due parole greche, lagos (lepre) e ballo (io getto) per denominare un corto bastone ricurvo ad una estremità utilizzato per la caccia alla lepre. Sembra che questo bastone originariamente con funzione di strumento di caccia abbia acquistato nel corso dei tempi un significato simbolico di strumento cerimoniale o di potere.

Il dio Pan sempre con il lagobolon nella mano sinistra è raffigurato sul sarcofago che rappresenta il mito d’Arianna e Dioniso al Museo del Louvre (foto a sinistra).

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Ancora Pan con in mano il lagobolon che cavalca una tigre seguito da un piccolo personaggio anch’esso col lagobolon è raffigurato sul sarcofago che rappresenta Arianna e Dioniso tirati dai centauri sempre al Museo del Louvre (foto a destra).

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Il flauto di Pan (o siringa), raffigurato nel campo a sinistra del rovescio del bronzo, è uno strumento musicale aerofono, cioè con il corpo vibrante, costituito da una colonna d’aria (come la tromba) e realizzato da una serie di canne tagliate in diverse lunghezze e unite fra loro come a formare una zattera. Per ottenere il suono si soffia trasversalmente sulle aperture superiori delle canne.

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Il flauto di Pan

L’altro nome dello strumento, siringa, è preso da Siringa, una ninfa dell’Arcadia figlia della divinità fluviale Ladone, della quale Pan si era perdutamente innamorato. La fanciulla però non solo non condivideva il suo amore, ma quando lo vide fuggì inorridita, terrorizzata dal suo aspetto caprino. Era infatti Pan più simile a un animale che ad un uomo in quanto il corpo era coperto da ispido pelo; dalla bocca spuntavano delle zanne ingiallite; il mento era ricoperto da una folta barba; in fronte aveva due corna e al posto dei piedi aveva due zoccoli caprini.

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Il dio Pan

Inseguita da Pan, Siringa correva a perdifiato, ma quando si rese conto che non poteva sfuggirgli, pregò suo padre perchè le mutasse l'aspetto in modo che il dio non potesse riconoscerla. Ladone, straziato dalle preghiere della figlia, la trasformò in una canna nei pressi di una grande palude. Pan cercò di afferrarla, ma la trasformazione avvenne sotto i suoi occhi. Afflitto, abbracciò le canne ma più nulla poteva fare per Siringa. A quel punto recise una canna, la tagliò in tanti pezzetti di lunghezza diversa e li legò assieme. Fabbricò così uno strumento musicale al quale diede il nome della sventurata fanciulla che, pur di non sottostare al suo amore, fu condannata a vivere per sempre come una canna.

Da allora Pan tornò a vagare nei boschi correndo e danzando con le ninfe e a spaventare i viandanti che attraversavano le selve: al dio si attribuivano infatti i sordi rumori che si udivano la notte (da qui il detto "timor panico" o semplicemente "panico").

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Mito di Marsia

Bronzo di Germe (Misia) che raffigura sul rovescio Apollo, a sinistra, in piedi di fronte, testa a sinistra, con plettro nella mano destra e lira nella sinistra, di fronte al satiro Marsia appeso a un pino.

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Roman Provincial
MYSIA. Germe. Pseudo-autonomous issue. Oktassarion (Bronze, 40 mm, 26.13 g, 7 h), Ael. Aristoneikos, strategos, time of Gordian III, 238-244. •ΙЄΡΑ•CYNΚΛΗΤΟC• Draped bust of the Senate to right. Rev. ЄΠΙ ΑΙΛ ΑΡΙCTONЄIKOY•ΓЄΡΜΗ/ΝΩΝ Apollo, on the left, standing front, head to left, holding plectrum in his right hand and lyre in his left, facing the satyr Marsyas, on the right, hanging facing from a pine tree. BMC 8. Ehling 327 (V2/R4). RPC VII.1, 160 (three examples recorded). Very rare and with an interesting reverse. Light roughness, otherwise, good very fine.

Starting price: 600 CHF. Estimate: 750 CHF. Result: 2.800 CHF

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Marsia, satiro al seguito di Cibele, era un famoso suonatore di flauto. Pare che il suo doppio flauto fosse quello che Atena aveva gettato via perché, suonandolo, le si gonfiavano le guance e diventava brutta.

Marsia, sicuro della sua abilità, osò sfidare Apollo, maestro nel suonare la lira. Giudici di tale gara furono le nove Muse, e come regola si stabilì che il vincitore avrebbe potuto punire il perdente come avesse voluto. Marsia perse e Apollo, legatolo a un albero, lo scorticò vivo.

Anche il rovescio di questo bronzo raffigura Apollo con la lira e Marsia appeso a un albero. La figura tra i due seduta su una roccia, con la mano al viso in atteggiamento di ascolto, e l’animale seduto ai piedi a destra non sono identificabili.

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CILICIA, Tarsus. Maximinus I. 235-238 AD. Æ 35mm (24.36 gm, 1h). Radiate, draped, and cuirassed bust right / Apollo seated right on rock, holding lyre; satyr Marsyas hanging facing from pine tree; uncertain figure seated left on rock between, hand to face in attitude of listening; animal seated at feet right; AM-K in upper field; G/B in outer right field. Unpublished. VF, green patina, porous. ($200)

Sale: CNG 69, 8 June 2005, Lot: 1163. Estimate $200. Sold For $1370. 

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Su questo bronzo di Apamea, in Frigia, vediamo Marsia che avanza a destra suonando l’aulos, il flauto a doppia canna inventato da Atena. Poi però la dea gettò via lo strumento, infastidita del fatto che le deformasse le gote quando lo suonava.

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Image: Nomos, Obolos Web Auction 17.

Roman Provincial
PHRYGIA. Apameia. Hadrian, 117-138. Hemiassarion (Bronze, 18 mm, 4.63 g, 7 h). ΑΥ ΚΑΙ ΤΡ ΑΔΡΙΑΝΟC Laureate, draped and cuirassed bust of Hadrian to right. Rev. ΑΠΑΜΕ/ΩΝ ΜΑΡCΥ/ΑC Marsyas advancing to right, playing a double flute. BMC 152-4. RPC 2585. Green patina. Nice portrait and good strike. Very fine.
Starting price: 50 CHF. Result: 170 CHF.

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Mida

Re di Bordio, in Macedonia, soleva dedicarsi alla coltura delle rose, che avevano la caratteristica di possedere ciascuna sessanta petali e di emanare un profumo intensissimo.

Dioniso con il suo corteo passò un giorno da quelle parti e perse il suo vecchio precettore, Sileno, che, stanco e vinto dall’ebbrezza, si addormentò nel giardino del re. Fu ritrovato da alcuni servi che lo condussero davanti al sovrano. Mida lo riconobbe, gli diede ospitalità e infine lo ricondusse da Dioniso che, per ricompensarlo, gli concesse di esprimere un desiderio. Mida chiese al dio di poter trasformare in oro tutto ciò che avrebbe toccato e tornò al suo palazzo. Strada facendo toccava pietre ed ogni altra cosa: tutto si convertiva in oro. All’ora di pranzo si rese conto della sciocchezza che aveva fatto. Profondamente pentito della sua richiesta, invocò Dioniso perché lo liberasse dal sortilegio. Il dio lo volle ancora accontentare e gli consigliò di fare il bagno nel fiume Pattolo che lavò via la maledizione e trasformò la sabbia del fiume in grani d'oro. L'oro del Pattolo sarebbe stato la fonte di gran parte dell'elettro naturale usato nelle prime monete arcaiche dell'Asia Minore. Così Mida divenne un eroe locale della Frigia e della Lidia, nonostante la sua mancanza di lungimiranza.

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PHRYGIA, Prymnessus. Autonomous Issue. Time of Gallienus, 253-268 AD. Æ 24mm (7.30 gm, 7h). BACILEVC MIDAC, draped bust of King Midas right, wearing Phrygian cap / PPV MHCCIE WN, Dikaiosyne standing left, holding scales in right hand, sceptre in left. Von Aulock, Phrygiens II, 962 (same dies); BMC Phrygia pg. 363, 16; SNG Copenhagen 663 (same dies); SNG von Aulock 3938 var. (reverse legend). Good VF, dark green patina, small flan crack. Rare mythological type. ($2000).From the Garth R. Drewry Collection.
 

Mida è citato qui perché, tornato ad essere un uomo normale dopo il bagno nel Pattolo, più tardi fu adottato da Gordio, re della Frigia, e ben presto lo sostituì sul trono fondando la città di Ancira, l’odierna Ankara. In tale periodo Mida assistette a una sfida musicale tra Apollo con la lira e Pan con la siringa, nella quale fungeva da arbitro il dio montano Tmolo.

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segue

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Il giudizio di Tmolo è in favore di Apollo, mentre Mida, presente alla sfida, contesta questa decisione scatenando l’ira di Apollo che gli fece crescere un paio di orecchie d’asino. Il povero re cercò in tutti i modi di nascondere quelle ridicole appendici sotto un ampio cappello, ma il barbiere di corte scoprì il suo segreto e fu costretto da Mida a giurare che mai lo avrebbe rivelato a qualcuno. Ma il barbiere non riusciva a stare con tale segreto nel cuore, e così scavò una buca nella terra alla quale confidò ogni cosa. Come d’incanto da quella buca crebbe un cespuglio di canne che ad ogni soffio di vento mormoravano: “Il re Mida ha le orecchie d’asino”. E così la cosa fu risaputa in tutto il regno.

 

Di volta in volta nella mitologia greca, vediamo semplici mortali osare follemente competere con gli dei. Chiamiamo questa arroganza di tratto umano. Non importa quanto un mortale pieno di orgoglio possa essere bravo nella sua arte: non può vincere contro un dio e non dovrebbe nemmeno provarci. Se il mortale riuscisse a guadagnare il premio per il concorso stesso, ci sarebbe poco tempo per la gloria della vittoria prima che la divinità arrabbiata metta in atto la sua vendetta. Pertanto, non dovrebbe sorprendere che nella storia di Apollo e Marsia il dio faccia pagare duramente lo sconfitto.

Questa dinamica di arroganza / vendetta si ripete spesso nella mitologia greca. L'origine del ragno nel mito greco, per esempio, deriva dalla contesa tra Atena e Aracne.

Aracne, figlia del tintore Idmone e sorella di Falance, viveva a Colofone, nella Lidia ed era abilissima nel tessere, tanto che girava voce che avesse imparato l'arte direttamente da Atena. Lei affermava invece che fosse la dea ad aver imparato da lei, e ne era tanto sicura che la sfidò a duello.

Di lì a poco un'anziana signora (Atena) si presentò ad Aracne consigliandole di ritirare la sfida per non causare l'ira della dea. Quando lei replicò con sgarbo, la vecchia uscì dalle proprie spoglie rivelandosi come la dea Atena, e la gara ebbe inizio.

Aracne scelse come tema della sua tessitura gli amori degli dei e le loro colpe; il suo lavoro era così perfetto ed ironico verso le astuzie usate dagli dei per raggiungere i propri fini che Atena si adirò, distrusse la tela e colpì Aracne con la sua spola.

Aracne, disperata, cercò di impiccarsi, ma la dea la trasformò in un ragno costringendola a filare e tessere per tutta la vita dalla bocca: punita per l'arroganza dimostrata (hybris) nell'aver osato sfidare la dea.

Apollo aveva il potere di mandare i mali a coloro che voleva punire, come le morti improvvise. Per esempio lanciò frecce col suo arco d'argento per l'ingiusto oltraggio fatto al sacerdote Crise e così diffuse la peste nel campo greco, come è detto nel I libro dell’Iliade. La sua vittima più infelice fu Niobe. Nella Frigia c'era un ricco re, Tantalo, che era protetto dagli dèi celesti, tanto da essere invitato sull'Olimpo. Tuttavia Tantalo fraintese la benevolenza divina e divulgò alcuni segreti che Zeus gli aveva confidato. Per questo fu cacciato nel Tartaro e condannato a un eterno supplizio. Tantalo, in vita, aveva avuto parecchi figli, tra cui Pelope e Niobe, che aveva sposato Anfione dal quale aveva avuto sette robusti figli maschi e sette bellissime figlie femmine. Niobe si vantava di essere più feconda di Leto, madre di Apollo e Artemide, e pretendeva che a lei spettassero gli onori divini. Questa superbia arrivò alle orecchie di Leto che incaricò i suoi figli di punire Niobe. Infatti Apollo uccise con il suo arco di argento i suoi sette figli e successivamente anche Artemide sterminò le sette figlie (o, secondo una variante del mito, ne lasciarono in vita solo due, rispettivamente un maschio, Amicla, e una femmina, Cloride, o due femmine). La sventurata Niobe pianse amaramente, riconoscendo ormai troppo tardi la propria colpa e, ammettendo di essere stata punita giustamente, pregò Zeus di trasformarla in pietra. Il suo corpo venne tramutato in roccia conservando la sua forma. Anche in pietra Niobe continua a piangere e piangerà in eterno. Secondo l'Iliade di Omero i giovani uccisi rimasero insepolti per dieci giorni, finché gli dèi stessi non si occuparono della tumulazione. Secondo quanto narra Ovidio, oppure anche Anacreonte, Niobe, in lacrime, si tramutò in blocco di marmo dal quale scaturì una fonte. In una roccia che si trova sul monte Sipilo in Lidia, presso Magnesia, si è voluta scorgere la Niobe divenuta pietra.

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Curiosità e dettagli sul mito di Marsia e Apollo

Una curiosità riguarda il motivo dell’invenzione dello strumento musicale usato da Marsia. Ci narra il poeta greco Pindaro che tra i tanti meriti che vennero riconosciuti ad Atena ci fu anche quello di aver inventato il flauto a doppia canna. Pochi sanno infatti della genesi davvero singolare di questo strumento. Atena, sconvolta dall’urlo di dolore di Stenno ed Euriale per l’uccisione della sorella Medusa per mano di Perseo, si intestardì nel voler creare uno strumento che riproducesse, almeno in parte, il lamento delle due Gorgoni. Dopo tanto penare, alla fine, la dea diede vita all’aulos, un flauto a doppia canna che, se suonato, ricreava un suono simile a quel disperato strepito.

L’occasione propizia per testare davanti a una platea quel nuovo strumento musicale fu durante uno degli immancabili banchetti divini sul monte Olimpo. Atena suonò il flauto al cospetto delle sue celestiali colleghe, ma il risultato non fu quello sperato. Non appena l’aulos emise le prime note, Era e Afrodite scoppiarono in grasse risate. Atena, sdegnata, smise di suonare e, fuggita dall’Olimpo, si fermò sulle rive di un lago. Dopo essersi ripresa da quell’insopportabile affronto, decise di suonare il suo strumento, ma proprio in quel momento comprese la causa della precedente ilarità delle sue “colleghe”. Specchiandosi, infatti, nelle argentine acque lacustri la dea vide che non appena cominciava a soffiare nel flauto, le sue guance si gonfiavano in modo ridicolo, trasformandola in una sorta di caricatura. Risentita da quell’inaccettabile immagine, Atena si sbarazzò del flauto maledicendo chiunque lo avesse trovato.

segue

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Il seguito è noto.

Qualche tempo dopo un giovane satiro di nome Marsia, originario della Frigia, trovò, camminando, quel flauto. Incuriosito lo raccolse e, dopo aver iniziato a suonarlo, si innamorò di quello strumento. Nei giorni successivi continuò a suonarlo, perfezionandosi sempre più. Divenne talmente abile che riusciva a incantare chiunque lo ascoltasse. Ma l’ambizione, è notorio, è una belva famelica che divorò anche Marsia.

Questi, stanco di esibirsi davanti a dei comuni mortali, decise di puntare in alto sfidando il più grande: il divino Apollo.

Il dio del Sole e di tutte le arti, figlio illegittimo di una delle tante scappatelle di Zeus, accettò la sfida lanciata da quel giovane frigio, lasciando alle Muse l’arduo compito di giudicare il vincitore di quell’epica contesa.

Da una parte Marsia con il suo flauto, dall’altra Apollo con la sua celebre lira. La gara sulle prime sembrò arridere al frigio. Marsia, infatti, si impegnò con tutto sé stesso incantando le Muse. Apollo, rendendosi conto che avrebbe potuto perdere, giocò scorrettamente. Non si limitò solo a suonare, ma decise anche contemporaneamente di cantare (cosa impossibile per Marsia dato il tipo di strumento).

La melodiosa voce di Apollo unita al suono della lira furono le armi vincenti. Le Muse incoronarono Apollo: Marsia fu sconfitto, ma il peggio per lui doveva ancora arrivare.

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Apollo, infatti, non si accontentò del solo trionfo ma volle vendicarsi punendo l’arroganza di quel borioso umano. La ritorsione messa in atto dal dio fu atroce. Il povero Marsia venne legato a un albero e letteralmente scuoiato.

Così Ovidio nel sesto libro delle Metamorfosi racconta minuziosamente quell’atroce punizione:

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La morte giunse dopo una lunga, penosa agonia che commosse non solo i Satiri, fratelli di Marsia, ma a anche le divinità dei boschi, Olimpo e perfino le Ninfe. Le loro lacrime furono talmente copiose da trasformarsi in un vero e proprio fiume, il più limpido di tutta la Frigia, come raccontò ancora Ovidio, e che prese il nome di Marsia.

 

Un mito senza dubbio tragico che, tuttavia, ha affascinato nel corso dei secoli pittori, scultori, filosofi e naturalmente poeti. Tra questi il grande Dante Alighieri che eternò quel racconto in alcuni celebri versi del I Canto del Paradiso, edulcorando l’orrore di quella punizione con la sublimazione unica della sua poesia:

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Il rovescio di questa moneta (Roma Numismatics E-Sale 88) raffigura una scena della Gigantomachia, la grande battaglia combattuta tra i Giganti e gli dei dell'Olimpo per la supremazia del cosmo. La più importante lotta divina nella mitologia greca, la Gigantomachia fu il secondo grande conflitto del regno di Zeus. In questa scena vediamo Atena che infilza un gigante dalle gambe di serpente, forse Enkelados.

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Roman Provincial
Gordian III Æ 30mm of Seleucia ad Calycadnum, Cilicia. AD 238-244. ΜΑΡ ΑΝΤΩ ΓΟΡΔΙΑΝΟϹ, radiate, draped and cuirassed bust to right; c/m: small circle within Δ, within incuse / ϹƐΛƐΥΚƐΩΝ ΤΩ ΠΡΟϹ ΚΑΛΥ, Athena advancing to right, brandishing spear and holding shield, attacking serpent-footed giant hurling a stone. RPC VII.2 Unassigned ID 2170 (this coin cited); SNG Levante 763-4 var. (obv. legend); SNG BnF 1011 var. (same). 13.82g, 30mm, 6h.
Good Very Fine. Very Rare.
This coin published at Roman Provincial Coinage Online (rpc.ashmus.ox.ac.uk).

Starting price: 45 GBP. Estimate: 75 GBP. Result: 550 GBP.

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La Gigantomachia è la lotta che i Giganti ingaggiarono contro gli dei dell'Olimpo, aizzati dalla loro madre Gea e dai Titani.

Il mito

Per raggiungere la vetta dell'Olimpo i Giganti dovettero mettere tre monti uno sopra l'altro, ma furono sconfitti e cacciati sotto l’Etna. I dodici dei dell'Olimpo non vinsero grazie alle proprie forze, ma dovettero ricorrere all'aiuto di un semidio: figlio di Zeus e di una mortale.

I Giganti che parteciparono alla contesa furono ventiquattro, altissimi e terribili, con lunghi capelli inanellati e lunghe barbe e code di serpenti a coprire i piedi. Alcioneo fu il loro capo, e anche il primo abbattuto da Eracle. Poi fu la volta di Porfirione, che riuscì quasi a strangolare Era ma, ferito al fegato da una freccia di Eros, la sua brama omicida si trasformò in lussuria e tentò di violentare la dea. Zeus divenne pazzo di gelosia e abbatté il gigante con una folgore, mentre Eracle lo finì a colpi di clava.

Efialte ebbe uno scontro con Ares che, sempre con l'aiuto di Eracle, riuscì a trarsi in salvo. E la storia si ripete con Eurito contro Dioniso, Clizio contro Ecate, Mimante contro Efesto, Pallante contro Atena: sarà sempre Eracle a essere risolutivo. Demetra ed Estia, donne pacifiche, stanno in disparte, mentre le tre dispettose Moire scagliano pestelli di rame da lontano.

Scoraggiati, i Giganti superstiti scappano. Atena, assunte dimensioni gigantesche superiori a quelle dei giganti, riesce a scagliare un grosso masso contro Encelado che crolla in mare e diventa l'isola di Sicilia. Poseidone strappa un masso a Coo e lo scaglia nel mare, dove diventa l'isola di Nisiro, nel Dodecaneso. Ermes abbatte Ippolito e Artemide Grazione, mentre i proiettili infuocati lanciati dalle Moire bruciano le teste di Agrio e Toante. Sileno, il satiro nato dalla Terra, si vantò di avere fatto fuggire i Giganti col raglio del suo asino, ma Sileno era sempre ubriaco e veniva accolto all'Olimpo solo per ridere di lui.

Alcuni Giganti erano detti centimani poiché avevano cento mani. Nell'esegesi del mito si potrebbe considerare che tale storia racconti una battaglia di popolazioni non elleniche (o greche) che combattevano in "centurie" (gruppi di cento) e che veneravano la Madre Terra come Dea Creatrice. I Greci Achei e i Dori avevano infatti ridotto la "madre terra" a una sorella di Zeus, Demetra. Tale conflitto vide vittoriosi gli Elleni e il loro Pantheon.

Da Wikipedia

apollonia

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Bronzo di Gallieno con la scena della Gigantomachia simile a quella del bronzo precedente (Roma Numismatics Limited, E-Sale 78).

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Roman Provincial
Gallienus Æ 24mm of Seleucia ad Calycadnum, Cilicia. AD 253-268. ΑΥ Κ Π ΛΚ ΓΑΛΛΙΗΝΟϹ, laureate, draped and cuirassed bust to right / [ϹЄΛЄΥ]ΚЄΩ[Ν] ΚΑΛΥΚ, Athena standing right, holding shield and striking with spear at serpent-legged giant, who hurls stone. SNG France 1064-6; SNG Levante 789; SNG Leypold 2615. Very Fine.
From the collection of Z.P., Austria.

The reverse of this coin depicts a scene from the Gigantomachy, the great battle fought between the Giants and the Olympian gods for supremacy of the cosmos. The most important divine struggle in Greek mythology, the Gigantomachy was the second major conflict of Zeus' reign. In this scene we see Athena spearing a serpent-legged Giant, perhaps Enkelados.

Starting price: 30 GBP. Estimate: 50 GBP. Result: 50 GBP

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Bronzo di Adriano (Alessandria d’Egitto) che raffigura Iside Pharia che regge la vela e il sistro, in piedi a destra, davanti al Faro di Alessandria sormontato da una statua e due tritoni (Leu Numismatik, Web Auction 14).

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Lot 1172. EGYPT. Alexandria. Hadrian, 117-138. Drachm (Bronze, 33 mm, 23.06 g, 1 h), RY 17 = 132/3. ΑΥΤ ΚΑIC ΤΡΑΙΑΝ ΑΔΡΙΑΝΟC CЄΒ Laureate, draped and cuirassed bust of Hadrian to right, seen from behind. Rev. L IZ Isis Pharia, holding billowing sail and sistrum, standing to right before the Pharos of Alexandria, which is surmounted by a statue and two tritons. Dattari (Savio) 1765. Emmett 1002.17. K&G 32.547. RPC III 5838. An attractive coin with a beautiful rendering of the Pharos. Somewhat smoothed, otherwise, very fine.
From a European collection, formed before 2005.

Starting price: 100 CHF. Result: 1.300 CHF.

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Iside (o Isis, anche Isi) è la maggiore divinità femminile dell’antico Egitto. Era la sposa di Osiride. Quando quest’ultimo fu ucciso da Set, dio dell’ombra, ella andò alla ricerca del corpo del suo amato, e quando lo trovò, lo resuscitò con il soffio vitale e generò con lui Oro.

Centri della religione di Iside divennero l’isola di File, accanto alla quale si ritenne sepolto Osiride, e la città eponima di Delta Iseum, Odierna Behbayt el-Ḥagar, villaggio agricolo situato nel Delta del Nilo c.a 10 km a Ν di Sebennito.

In età ellenistica Iside venne assimilata a varie divinità greche (Io, Cibele, Demetra, Ecate, Persefone e molte altre ancora) e considerata dea madre, protettrice dell’agricoltura, della fecondità e dell’amore.

Il suo culto si spinse fino a Roma, dove fu rappresentata con due corna di bue sul capo. Templi di Iside (detti “Isei”) furono eretti in tutto l’impero, e ne esistevano in varie città d’Italia (Pompei, Benevento, Verona, ecc.) e a Roma stessa (l’Iseo campense, presso il Pantheon).

Nell’arte egizia Iside aveva sul capo il segno geroglifico del proprio nome o due corna bovine serranti il disco solare; in Alessandria il tipo egizio assume probabilmente forme greche assimilandosi a quelle di Demetra e di Core. L’Iside-Fortuna ha sul capo le piume e il disco solare e tiene la cornucopia e il timone; l’Iside-Afrodite è nuda e ha un’acconciatura a lunghe piume, corona, disco solare e crescente lunare; l’Iside-Faria, protettrice dei naviganti, appoggia il piede sinistro sulla prua di una nave.

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Bronzo di Macrino molto raro che raffigura un momento chiave della mitologia della fondazione romana: l'eroe troiano Enea, progenitore di quello che sarebbe poi diventato il popolo romano, fugge dalla città di Troia in fiamme, salvando suo padre e suo figlio nel farlo, anche se tragicamente sua moglie Creusa fu uccisa nella fuga e appare come un'ombra ad Enea, informandolo che era il suo destino di rimanere a Troia.

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Roman Provincial
Macrinus Æ 36mm of Apamea, Bithynia. AD 217-218. IMP CAES M OPELL SEVER MACRINVS PI AVG, laureate, draped and cuirassed bust to right / COL IVL CONC APAM AVG D D, Aeneas advancing to right, head to left, carrying Anchises and leading Ascanius by the hand. von Aulock 6921 (same dies); RG 89; Sear 2917. 21.40g, 36mm, 6h.
Near Extremely Fine; patina stripped, struck on a medallic planchet. Extremely Rare; no other examples on CoinArchives.
From a private UK collection.
Roma Numismatics, E-Sale 90: Starting price:150 EUR. Result:1.000 EUR.

apollonia

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Artemide scaccia Callisto dal suo seguito (Savoca Numismatik, 108th Silver Auction).

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Roman Provincial
Arkadia. Orchomenos. Septimius Severus AD 193-211. Diassarion (2 Assaria) Æ 23 mm, 5,50 g [...]CEOVHP[...], laureate, draped and cuirassed bust right / [ΟΡΧΟ]ΜΕΝ[ΙΩΝ], Artemis expels Callisto: Artemis standing facing left, her head to right, holding bow (?) with her right hand and extending her left to Callisto right, who holds a bow. Nearly very fine.
Not in the standard references (BCD Peloponnesos -; BCD Peloponnesos II -; BMC -; Imhoof-Blumer NCP -).
Starting price: 75 EUR. Price realized: 240 EUR.

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