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Un uovo” colmo di monetine d’oro di 2000 anni fa ?


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Inviato

Sorprendente. Un “uovo” colmo di monetine d’oro di 2000 anni fa. Indagini sui preziosi nascosti durante l’impresa di Giulio Cesare. 35 fantastiche “coppette degli gnomi”. Perché qualcuno le occultò in quel modo? Perchè monete tutte uguali e della stessa emissione? Gli esperti ci spiegano le piste

Gli studiosi tornano sul mistero ripostiglio di Lenham: trentacinque stateri privi di iscrizioni alfabetiche, celati in un nodulo di focaia e sepolti nel terreno, raccontano una Britannia politicamente inquieta di quasi 2000 anni fa, abitata da élite celtiche in bilico tra alleanza e resistenza mentre l’esercito romano avanzava. Cesare era lì, a poche decine di miglia? Le monete sono state portate alla luce da un appassionato di metal detector.

Tony Asquith, pensionato con oltre quarantacinque anni di esperienza nel metal detecting, partecipa a un rally nella zona. Sono manifestazioni pubbliche alle quali gli appassionati si iscrivono volentieri, perchè non ci sono problemi burocratici. L’organizzazione si occupa di ottenere l’autorizzazione dal proprietario del terreno – che è quasi sempre un’area arata. – e che tutta la ricerca si svolga regolarmente e ordinatamente.

 

I detectoristi sono sparsi in un ampio campo agricolo,. La mattina,, per Tony, inizia come tante altre: segnali confusi, frammenti metallici senza valore, una cartuccia da fucile. Poi un segnale più netto. Una moneta, in superfici, tra lacerti vegetali e rimasugli di stoppie. E’ uno statere d’oro. Un ritrovamento già notevole, che però diventa straordinario quando lo sguardo si allarga, lì vicino. Sembra un mucchio di gusci metallici di “soldini di cioccolato di Natale” sparsi tra le zolle e, poco sotto, l'”uovo” che conteneva le monete e che era stato colpito dall’aratro.

Trentacinque stateri, ancora insieme dopo più di duemila anni. Il deposito monetario viene recuperato secondo l’iter stabilito dal Treasure Act., la legge che si occupa del ritrovamento di tesori o di beni archeologicxi da parte dei cittadini. Nessun ente pubblico si fa inzialmente avanti per acquistare gli stateri. Così i cercatori possono mettere i reperti all’asta. La stima iniziale è prudente, ma l’interesse è altissimo: il lotto viene aggiudicato per oltre centomila sterline, più di cinque volte la valutazione di partenza.

Ma il dato economico è quasi secondario. Il Lenham Hoard, oggetto di approfondimenti da parte di numerosi studiosi, racconta una storia più profonda: quella di una comunità celtica del Kent, probabilmente i Cantiaci, legata al mondo franco-belga, posta di fronte all’irruzione della potenza romana.

I ricercatori, in questi mesi, hanno cercato di ricostruire il contesto politico, territoriale e simbolico in cui quel deposito fu concepito. Ed è proprio da qui che emerge la novità più significativa: il tesoro sembra inserirsi in una zona di campagna non distante dai movimenti di truppe di Giulio Cesare,

Ci sono più dati interessanti, in questa vicenda. Le monete provengono tutte dallo stessa zecca e presentano unifornità realizzative che fanno pensare che siano frutto di una produzione avvenuta in un breve periodo. Le monete peraltro recano scarsi segni di usura o di circolazione. Quando si trovano questi gruppi di monete, omogenee per datazione e valore, senza segni di circolazione significa, normalmente, che sono state nascoste poco dopo essere uscite da una zecca. E che il deposito potrebbe essere stato costituito in seguito ad un pagamento ricevuto da un ufficio statale o da un comandante militare o provento di un furto in una cassa pubblica. Ma c’è un altro dato particolarissimo: il contenitore di pietra., quella sorta di uovo nel quale le monete, prima messe in un sacchetto di tessuno, furono poi collocate. Il blocco era forse originariamente chiuso con un pezzo d’argilla. L’uso di questo uovo come nascondiglio potrebbe far pensare che chi avrebbe nascosto il tesoro lo avesse portato inizialmente con sé, in più di uno spostamento. E’ probabile che nessun ladro o nessun posto di blocco avrebbe contestato la presenza di una pietra focaia, normalmente utilizzate per accendere il fuoco. Poi, forse qualcosa cambiò-

Il cosiddetto blocco di focaia utilizzato come contenitore è un nodulo di selce, una concrezione naturale di silice formata milioni di anni fa nei fondali marini e già durissima in epoca preistorica. Non era quindi un materiale morbido come la creta, né poteva essere modellato: la sua cavità interna nasce da fratture naturali o viene aperta per percussione, colpendola con precisione. Nel caso del tesoro di Lenham, la selce non è un contenitore costruito, ma riutilizzato, sfruttando la sua compattezza e la sua impermeabilità. Normalmente la focaia serviva per accendere il fuoco e per produrre utensili, ma aveva anche un valore simbolico, legato alla trasformazione e alla durata nel tempo. Usarla per nascondere l’oro significava mimetizzare il deposito nel paesaggio e proteggerlo fisicamente. Non si esclude però che la scelta avesse anche un significato rituale: affidare le monete a una pietra antichissima, stabile e “eterna”, in un momento di forte instabilità storica.

Le analisi convergono su un punto: le monete sono omogenee per stile, peso e cronologia, e indicano un atto di deposizione unico, non una raccolta casuale o progressiva. Questo dato orienta l’interpretazione verso un gesto deliberato, compiuto in un arco di tempo ristretto, probabilmente in risposta a una situazione percepita come instabile.

E ora osserviamo il luogo di ritrovamento, anche alla luce si percordi di Giulio Cesare, in Britannia, in quel periodo. Lenham è un villaggio del Kent orientale, sulle North Downs, in una zona centrale e strategica del sud-est britannico già attiva nell’età del Ferro. Dista circa 40 km dal probabile punto di sbarco di Giulio Cesare a Pegwell Bay (Thanet) e circa 60–65 km dall’area del Tamigi, dove si svolsero gli scontri principali contro la coalizione guidata da Cassivellauno. Non fu quindi un luogo direttamente conquistato dai romani – durante le prime, episodice campagne di Cesare, poi perfezionate dagli imperatori, con la conquista della Britannia – ma si trovava a breve distanza dalle rotte militari e politiche romane, in un’area coinvolta nelle tensioni generate dalle spedizioni cesariane. Questa posizione intermedia aiuta a interpretare il tesoro come una occultamento in un momento di instabilità. Un soldato celitico? Un soldato romano che aveva razziato gli stateri e li aveva portati con sé nella sacca con pietra focaia?

Gli stateri riportati alla luce – che qualcuno, popolarmente, chiama coppette degli gnomi o dell’arcobaleno perchè, spesso rilucevano sui terreni agricoli arati, in seguito a violenti temporali che dilavavano il terreno- appartengono all’orizzonte gallo-belgico, una tradizione monetale nata nella Gallia settentrionale e diffusasi rapidamente nella Britannia sud-orientale. Non si tratta di una semplice influenza commerciale: le fonti antiche ricordano esplicitamente che molti gruppi della Britannia provenivano dall’area oggi compresa tra Francia settentrionale e Belgio, o ne erano discendenti diretti. Migrazioni avvenute nei secoli precedenti avevano portato oltre la Manica popolazioni che conservarono legami culturali, politici e forse familiari con il continente.

Ed è proprio seguendo i Galli (tra amici e nemici di Roma) che giungiamo a Giulio Cesare il quale approda in Britannia nel 55 a.C., al termine della conquista della Gallia, con un’operazione che ha un obiettivo insieme militare, politico e simbolico: colpire le reti di sostegno che le élite britanniche fornivano ai Galli ribelli del continente e dimostrare che Roma poteva spingersi oltre l’oceano allora conosciuto. La prima spedizione è breve e difficile; Cesare rimane sull’isola poche settimane, ostacolato dal mare, dalla logistica e dalla resistenza locale. Torna l’anno successivo, nel 54 a.C., con forze più consistenti, restando complessivamente circa due mesi, senza avviare una conquista stabile. In questa seconda campagna stringe alleanze con alcune comunità del sud-est, in particolare con i Trinovanti, che cercano l’appoggio romano contro rivali interni. Combatte invece contro una coalizione guidata da Cassivellauno, esponente dei Catuvellauni, attivi nell’entroterra e ostili all’ingerenza romana. L’esito non è un’occupazione, ma l’imposizione di ostaggi e tributi, e l’inserimento della Britannia nella sfera di influenza politica ed economica di Roma. E’ un periodo di disordini quindi; di tradimenti; di capitali che si muovono; forse Cesare e i suoi generali versano tangenti e fornisconocoperture ai capi locali affinchè aiutino la romanizzazione. Quindi circolano tanti soldi, in quel periodo. E molti ne bloccano il percorso, “insabbiandoli”. E’ certo che l’uomo non potrà più fare ritorno, in quel punto, per ritirare i propri soldi. Fu ucciso? Fu imprigionato?

Nel Kent – area del ritrovamento dell’uovo di selce contenente stateri, la tribù storicamente attestata è quella dei Cantiaci. Cesare li cita come una popolazione strutturata, agricola e guerriera, inserita in reti di potere e scambio. La loro posizione geografica – affacciata sul continente e insieme proiettata verso l’interno dell’isola – li poneva in una condizione delicata. Non erano una tribù marginale, ma un vero e proprio cuscinetto politico tra il mondo gallico, già sconvolto dalla conquista romana, e la Britannia ancora formalmente indipendente.

La posizione politica dei Cantiaci appare, alla luce delle fonti e dei dati archeologici, pragmatica e oscillante. Non emergono come nemici irriducibili di Roma, ma neppure come alleati entusiasti. Piuttosto, sembrano aver adottato una strategia di adattamento: mantenere i propri assetti di potere, proteggere le risorse, evitare lo scontro diretto quando possibile. In questo senso, l’oro assume un ruolo cruciale. Non solo ricchezza, ma strumento di negoziazione, simbolo di status, riserva strategica in un momento in cui gli equilibri tradizionali erano messi in discussione dall’arrivo di un attore esterno potentissimo.

Le monete di Lenham rafforzano questa lettura. Sono prive di epigrafi, non riportano nomi di re né dichiarazioni di autorità. Parlano un linguaggio simbolico, non testuale. Il cavallo stilizzato al galoppo, accompagnato dal segno del carro, allude a un’aristocrazia guerriera, mobile, dinamica. La forma a coppella, con dritto convesso e rovescio concavo, non è un dettaglio tecnico, ma una scelta culturale che distingue questi stateri dalla monetazione romana contemporanea. Proprio questa ambiguità formale alimenta il dibattito: monete a pieno titolo o oggetti di prestigio e devozione che potevano anche circolare come moneta? La risposta resta volutamente sfumata, come se l’oggetto fosse stato pensato per muoversi su più piani.

Il luogo del ritrovamento rafforza ulteriormente il quadro. Lenham si trova nell’entroterra del Kent, a circa 50–60 chilometri dalle aree costiere tradizionalmente associate allo sbarco e ai movimenti iniziali di Cesare, e a una distanza comparabile dalle zone interne attraversate durante le campagne del 55 e 54 a.C. Non è un sito di battaglia, ma neppure un’area remota. È una zona agricola attraversata da percorsi che collegavano la costa ai territori interni, un luogo ideale per nascondere senza allontanarsi dal cuore del territorio controllato dalla tribù. In altre parole: abbastanza lontano dal fronte, ma non fuori dal mondo.

 

Per le comunità dell’età del Ferro, la focaia era un materiale quotidiano: da essa si ricavavano lame, punte, strumenti. Era parte integrante del paesaggio e della vita. Utilizzarla come contenitore per l’oro significava affidare il metallo prezioso a qualcosa che non attirava l’attenzione, soprattutto durante il traporto.. Le analisi suggeriscono che, oltre alla pietra, fosse presente anche un involucro organico deperibile – forse cuoio, tessuto o fibra vegetale – oggi completamente scomparso. Un doppio sistema di protezione, pratico e simbolico insieme.

https://www.stilearte.it/tesoro-lenham-monete-selce-cesare-britannia/

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Inviato

Il ritrovamento è del 2022 e credo che l'articolo sia riferito allo studio fatto successivamente alla scoperta. 

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