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UN MOTIVO MICENEO SU TETRADRAMMI DI KATANA


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UN MOTIVO MICENEO SU TETRADRAMMI DI KATANA

Da tempo mi aveva colpito un particolare dettaglio presente su un gruppo dei primi tetradrammi di Katana, emessi intorno al 470-460 a.C., caratterizzati da un toro androprosopo (ossia con testa umana) al passo lento oppure di corsa concitata al diritto e da Nike vestita da peplo, per lo più in atto di incedere a sinistra o a destra.

Sopra il toro, in diversi conii, è possibile cogliere una particolare figura, che vagamente richiama la solita Nike alata in volo, ma che in questo caso è rappresentato dal satiro Sileno, che con una lunga coda equina accenna a un concitato movimento, con le braccia protese e le mani accennanti. Tra le zampe del toro si nota generalmente una pistrix.

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Mentre rovistavo tra le mie centinaia di fotocopie di studi sulla monetazione siceliota, ho trovato casualmente uno studio di Aldina Cutroni Tusa, “Sopravvivenza di un motivo miceneo su monete siceliote”, Atti e Memorie del I Congresso Internazionale di Micenologia (Roma, 27 settembre – 3 ottobre 1967), Roma 1968, p. 266-274 + 2 tavole, che esamina proprio tale dettaglio.

Per l’autrice il motivo del Sileno sopra il toro sembra rifarsi alla corrida incruente o tauromachia, nota istituzione di antica civiltà minoica, presente soprattutto a Creta.

(continua)

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Il prototipo più vicino al Sileno, chiaramente colto nella posizione e nell’atto in cui salta, forse nel tentativo di afferrarsi a un corno con il garetto sinistro ed all’altro con la mano sinistra, per dare inizio alle sue complicate esibizioni acrobatiche, è da ricercarsi col famoso cosiddetto saltatore di Cnosso, in avorio, risalente a circa 1500 a.C.

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(continua)

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Esistono anche gemme e sigilli che riprendono scene di tauromachia, con una resa vagamente simile ai più tardivi tetradrammi catanesi:

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Si tratta chiaramente di una manifestazione artistica e di una penetrazione culturale di origine micenea (minoica) ancora intensa nel corso del V secolo a.C.

Per usare le parole della nota studiosa, si ha “l’impressione di un residuo vivificato di un motivo caratteristico di una lontana tradizione culturale che ha lasciato un ricordo e una traccia che hanno lievitato e sono affiorati dopo un lungo periodo si silenzio”.

D’altra parte, la costa siciliana da Catania fino a Siracusa e Agrigento ha conosciuto il passaggio e la penetrazione dei Miceni, dei quali rimane traccia nella diffusione di ritrovamenti di vasi, di pugnali bronzei, di ceramica e anche glittica di evidente gusto miceneizzante, specie a S. Angelo Muxaro e a Polizzello.

Quindi la sopravvivenza in campo numismatico nel V secolo a.C. a Katana di un elemento miceneo (ispirante alla tauromachia) permette di formulare l’ipotesi che in Sicilia ci siano stati dei veri stanziamenti micenei, precursori delle successive fondazioni calcidesi e corinzie, che hanno permesso di trasmettere nel tempo delle proprie tradizioni culturali.

La stessa tradizione relativa a Dedalo, Cocalo e Minosse, con la sua corrispondenza in ambiente siciliano e cretese e la concreta esistenza di un centro siculo a nome Minoa (della stessa radice della parola “minoica”), non può essere ridotta a una semplice saga tramandatasi a livello di erudizione letteraria bensì deve provenire da una presenza viva e reale, da un’effettiva situazione storica di un incontro tra le antiche popolazioni sicane dell’isola e quelle micenee di una Creta già achea.

Per la sua posizione geografica e per la sua natura di isola mediterranea, Sicilia si offriva in tutta la sua “violabilità” ai commercianti e colonizzatori egei, lungo la rotta occidentale.

Quindi, secondo la Cutroni Tusa, è possibile che i colonizzatori calcidesi, che hanno fondato Katana, abbiano trovato in situ una precedente tradizione culturale legata a uno stanziamento miceneo già avvenuto nella stessa zona intorno al XIII secolo a.C., che era in qualche modo persistente al tempo della rinnovata colonizzazione siciliana ad opera nelle nuove migrazioni greche in Occidente.

(fine)

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Davvero interessante! Oltre a S. Angelo Muxaro è esistito un altro insediamento che rivela stretti rapporti con il mondo miceneo. Si tratta della cultura di Thapsos, fiorita tra il 1500/1400 e il 1200 a.C sulla penisola di Magnisi. Sono state ritrovate tombe a pianta circolare scavate (a tholos) nella roccia con corredi consistenti in ceramica e armi di origine micenea, nonchè un'imponente cinta muraria che rimanderebbe alle grandi fortifizazioni di Micene. Oltretutto, a un'originaria fase insediativa caratterizzata da capanne circolari, segue uno sviluppo proto-urbano, segno di una chiara influenza esterna.

Tenendo conto che Thapsos si trovava sulla costa orientale dell'isola ed è a stretto contatto con il mare, mi piace tantissimo questa interpretazione! :)

Modificato da Semooon
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Altra riflessione presonale: l'area di Thapsos non doveva essere poi tanto sconosciuta ai greci di VIII secolo. Quelle stesse località furono toccate dai primi coloni calcidesi e megaresi. Nella fattispecie da quest'ultimi, e di questo è testimone Tucidide (VI,4).

"Proprio in quel tempo Lamide approdò da Megara in Sicilia alla guida di una colonia e a settentrione del fiume Pantachio fondò una cittadina dandole nome Trotilo (Brucoli?). Più tardi passò di là a Leontini dove, per un breve periodo, divise con i Calcidesi la direzione politica di quella colonia; scacciato dai Calcidesi, fondò Tapso e venne a morte, mentre i suoi, espulsi da Tapso, eressero Megara denominata Iblea, poiché il re dei Siculi Iblone aveva loro concesso la terra, anzi ve li aveva condotti di persona. E per duecentoquarantacinque anni fu la loro sede, finché Gelone tiranno di Siracusa li espulse dalla città e dal suo contado"

Il fatto che la scelta ricadde su Thapsos è indicativo di come ancora quellla località continuò a mentenere una discreta importanza a livello strategico, nonostante le limitate riserve idriche. Da chi siano stati cacciati i megaresi non è dato sapere, forse da Leontini o da Sirausa, tuttavia è ancor più incisivo constatare come non si volesse la permanenza della comunità megarese in quella determinata area.

Anche se poi l'insediamento non ebbe fortuna è un dato di fatto che sia i megaresi sia chi si prese il disturbo di farli allontanare aveva avuto modo di conoscere e ripercorrere quegli stessi luoghi. Ora non so se i resti delle pregresse presenze risalenti all'età del bronzo fossero ancora visibili, ma è alquanto curiosa questa coincidenza.

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Caro Semoon, ti ringrazio per l'opportuno riferimento a Thapsos.

Anche la Cutroni Tusa nel suo articolo ha fatto cenno alla "facies culturale di Thapsos" quale espressione di una influenza micenea in Siiclia, anche se senza ulteriori cenni.

Chi vuole una maggiore infarinatura su tale influenza micenea in Sicilia può leggere anche questo sito:

http://digilander.libero.it/pantalica/Pantalic/Thapsos.htm

Quindi la zona interessata a nord confina vicino a Catania (ad es. località Barriera del Bosco), che quindi doveva avere avuto memoria di questa lontana influenza.

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Senza complicarci troppo la vita potremmo risolvere la questione più semplicemente a monte.

Tralasciamo per un momento le frequentazioni micenee in Sicilia e concentriamoci sull'Egeo. A Lefkandi (Eubea) è stato scavato un heroon in cui furono trovate due tombe principesche del X secolo, di un uomo e di una donna (moglie). Detto questo, quello che più interessa è che degli oggetti facenti parte del corredo alcuni erano in avorio e elettro, pertanto importati a seguito di contatti con il vicino oriente. Situazione similare la si riscontra a Creta, dove nel IX secolo si registra una discreta importazione di avori siriani. Più tardi, verso l'800 a.C., ad Al-mina(alla foce dell'Oronte) gli Eubei fondaro un proprio fondaco.

L'idea che mi sono fatto, onestamente, è che ben prima della fase coloniale in occidente, a partire già dal X/IX secolo, Eubea-Creta-Cipro/levante venivano a creare una fitta triangolazione commerciale.

A conferma del ruolo di Creta come crocevia di rotte che attraversavano l'Egeo viene in aiuto la tradizione omerica.

Ulisse che finge di essere un principe cretese: "là sette anni rimasi e molte ricchezze adunai tra gli egizi. Ma quando l'ottavo arrivò, capitò un uomo fenicio esperto di inganni. Costui mi portò via fintanto che arrivammo in Fenicia, dove erano le sue case...ma quando si compirono sei mesi per la libia mi fece imbarcare su nave marina, ma per vendermi come schiavo. Questa filava con vento di Borea in alto mare oltre Creta. Quando lasciammo Creta..il Cronide rizzò sulla nave una nube scura (odissea XIV, 285 ss.)

Sempre Ulisse: fuggo in esilio poichè uccisi il figlio di Idomeneo, il quale nell'ampia Creta vinceva glia uomini che mangiano pane..Dopo che uccisi costui,subito, cercata un nava, implorai degli illustri Fenici..gli dissi di prendermi a bordo e portarmi a Pilo o nell'Elide chiara (Odisseo XIII,261 ss).

A questo si aggiunga il ruolo attivo di Creta nel campo delle scultura che prese il nome di "dedalica", attorno al VII secolo.

Non a caso in Omero (iliade XVIII, 590 ss.) Dedalo è presentato come colui che che fece creazioni per Arianna..

Tralasciando il mito, da Dresos, Prinias e Gortina provengono pezzi da manuale. Nello specifico kouroi, korai e sphyrelata (statue ottenute martellando e piaganto una lamina di bronzo intorno a un nucleo di legno).

Cercando di trarre delle conclusione, ho la sensazione che gli Eubei ebbero modo di entrare in contatto con il mondo miceneo/minoico già a Creta, che pare impossibile essere stata saltata/ignorata dai flussi eubei. Tra l'altro, lo stesso tucidide (I, 10) ci parla di Micene come di una piccola città e questo deve far supporre che sia riuscito a vedere qualcosa. Quindi non pare improbabile che a Creta fosse ancora visibile qualcosa dei grandi palazzi del II millennio.

Modificato da Semooon
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Mi complimento vivamente per i tuoi studi e sicuramente ci furono contatti tra Creta e Sicilia, forse anche mediati dagli Euboi.

Lo stesso mito di Dedalo rivela che egli fuggì da Creta per recarsi proprio in Sicilia, trovando rifugio presso il mitico re sicano Cocalo. In Sicilia giunse anche il re cretese Minosse, il quale pretese la consegna di Dedalo, ma le figlie del re Cocalo aiutarono Dedalo ad ucciderlo.

Dedalo visse ancora molti anni in Sicilia fino a quando decise di andare con Iolao, nipote di Eracle, in Sardegna dove alla fine si stabilirono.

Quello che mi sono sempre chiesto è se gli stessi Greci Calcidesi, che fondarono Katana, potevano avere loro stessi subito diretti influssi cretesi. Nello studio di Cutroni Tusa viene in pratica rigettata tale ipotesi, privilegiando una "contaminazione" culturale minoica all'interno della Sicilia, quindi dopo la fondazione di Katana.

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Perfetto! :) Allora possiamo iniziare a parlare di 2 fasi ben distinte. Da una parte è fattibile ipotizzare una pregressa conoscenza da parte degli Eubei della civiltà micenea e minoica, per quanto approssimativa fosse. Altrimenti non riusciremmo a comprendere l'esistenza e la continuità di tradizioni legate a Teseo, Arianna, Minosse e Dedalo. Si aveva probabilmente una vaga consapevolezza dei fasti cretesi raggiunti in un'epoca remota.

Altro punto chiave è capire se già si avesse conoscenza dei viaggi/tragitti/scali intrapresi dai viaggiatori cretesi. A questo punto è ragionevole credere che furono proprio le testimonianze siceliote (Thapsos e S. Angelo Muxaro) a risvegliare un interesse al riguardo. E non è da escludere che anche singole comunità indigene, avendo una propria tradizione, abbiano mantenuto memoria di uomini venuti da lontano. Informazioni poi trasmesse ai nuovi abitanti greci o già ai primi esploratori che precedettero la fase coloniale.

Ultimo spunto è offerto dalla tradizione legata a Cocalo e Minosse. Se prendiamo per buona l'idendificazione di Camico con S.Angelo Muxaro, ne consegue che siamo in pieno entroterra agrigentino. Al che, è necessario fare una precisazione: la fascia meridionale dell'isola fu colonizzata tra VII e VI secolo da genti provanienti proprio dall'Egeo orientale; Gela da Rodii e Cretesi, Agrigento da Gelesi e Rodii. Ci troviamo davanti a un forte nesso tra l'ethnos Agringento/Gelese e quello espresso da Dedalo e Minosse. Corrispondenza che fa venire più di un sospetto: forse tradizione, avente sì un nucleo originario, tuttavia consolidatasi a partire dal VI secolo in ambiente rodio-cretese? Potrebbe essere. Anche perchè se sostituiamo i personaggi mitici con i coloni, salta fuori uno scenario estremamente reale, ossia il bisogno di motivare la presenza greca e soprattutto legittimare tentativi di espansionismo verso la chora. Ponendosi forse come vendicatori di Minosse/Dedalo? Non lo so, sono solo congetture. Tuttavia secondo me non è da sottovalutare la ripresa di temi così arcaici per contrapporsi o allearsi con genti autoctone.

Modificato da Semooon
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Ottimo scenario!

Per i Greci, specie se colonizzatori, era molto importante evidenziare propri miti e simboli culturali, ovviamente non solo a loro stessi (ne erano bene consapevoli), quanto di propagandarli verso genti autoctone, durante la politica di espansionismo verso l'interno dell'isola e le altre chora, particolarmente vivace nel corso del V secolo a.C.

Resta solo il piccolo dettaglio sul ruolo di Sileno in un atteggiamento ispirato dalla tauromachia. Ancora mi sfugge tale ruolo e l'insito simbolismo (tanto per provare ad entrare nella testa degli antichi katanesi)...

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