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Monete papali nel Medioevo


Federicus

Risposte migliori

Un saluto a tutti! In questi giorni di rivoluzione per il papato mi sono addentrato nella storia delle monete papali (da perfetto neofita dell'argomento). Mi chiedo il motivo della mancanza di coniazione di monete in epoca medievale da parte dei papi se si fa eccezione per i provvisini del senato romano. Questo potrebbe stupire vista l'importanza data da tutti i regnanti dell'epoca alle monete come segno indelebile da lasciare nella storia. Scusandomi se la domanda risultasse banale e stupida, spero che le vostre risposte siano chiarificanti. :) grazie

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Altro che domanda banale e stupida, è da scriverci un trattato ;)

Semplificando molto, possiamo dire che verso la fine del XII secolo il potere temporale dei papi era seriamente contestato, tanto che i pontefici trascorrevano lunghi periodi lontano da Roma, peregrinando tra le città dell'Italia centrale che di volta in volta erano disposte a giurare obbedienza e dare ospitalità. In questo contesto il potere del libero comune romano cresceva, tanto che il Senato Romano, che ne era la massima espressione, poco dopo il 1180 iniziò a coniare moneta a proprio nome senza alcun riferimento ai pontefici. Per tutto il XIII secolo e buona parte del XIV vi fu una situazione di equilibrio instabile tra i poteri, a volte con prevalenza dell'autorità papale, a volte di quella comunale, con il frequente intervento di attori esterni tra cui Carlo d'Angiò che fu per due volte Senatore, cioé suprema autorità laica di Roma. Il fatto era però che ormai la moneta senatoriale si era consolidata, non solo a Roma ma in buona parte dell'Italia centrale, e ragioni di convenienza economica e finanziaria ne sconsigliavano l'abbandono in favore di una ripresa delle coniazioni a nome del pontefice regnante. Questa situazione si prolungò in sostanza fino alla fine della cattività avignonese, quando come segno di ritrovata sovranità (e di capacità di imporre le proprie decisioni politiche ed economiche) i pontefici abbandonarono decisamente le coniazioni di tipo senatoriale per riprendere a emettere moneta esclusivamente a proprio nome.

Questo per grosse linee, l'argomento merita ovviamente ulteriori approfondimenti.

@@adolfos

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Bisogna aggiungere che una città di grandissima importanza come Roma non poteva permettersi di non battere moneta. Infatti le coniazioni senatoriali servirono proprio ad ovviare la mancanza di monete "romane" nell'Urbe.

Inoltre le coniazioni dei pontefici precedenti a quelle del Senato si basavano sul metro della riforma carolingia, che prevedeva un sistema monometallico basato sul denaro in argento, coniato molto spesso per quanto riguarda Roma a nomi congiunti; del papa e dell'imperatore. Questo forse indica un dualismo del potere nel Lazio, per cui una moneta per essere "valida" doveva essere approvata sia dal pontefice che dall'autorità temporale.

Per questo motivo appena il papa iniziò a girare nelle varie città della nostra penisola le monete romane iniziarono a portare solamente il nome dell'autorità temporale, cioè quello del senatore (o, a volte, senatori).

Concordo anch'io sul fatto che l'argomento sia tutt'altro che banale: le emissioni senatoriali rappresentano il tentativo (ennesimo) della nobiltà laica romana di sottomettere l'autorità papale, fenomeno (di grandssima importanza storico-culturale) che caratterizzò tutto il medioevo tanto da far comparire sui grossi di Urbano V per la zecca di Roma la legenda FACTA IN ROMA, proprio a simboleggiare come il potere del papato fosse ancora forte tanto da permettere coniazioni a suo nome nell'Urbe.

Saluti,

anto R

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E' possibile avere qualche riferimento bibliografico specifico sulla monetazione senatoriale romana dei secoli XII- XV ?

E' un perido storico e numismatico di grande interesse ma ancora difficile (soprattutto numismaticamente parlando) da delineare con precisione e ho la sensazione che in letteratura sia stato lasciato un po' in disparte rispetto alle altre monetazioni dell'Urbe.

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Grazie per le vostre eccellenti e tempestive risposte! In pratica 'ho messo il dito nella piaga' con la mia domanda. Comunque un argomento molto interessante, sarebbe utile qualche riferimento bibliografico.

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Le coniazioni "di tipo carolingio" (i denarii antiquiores della tradizione erudita moderna) terminano alla fine del X secolo e le coniazioni senatoriali iniziano due secoli dopo. Non mi sentirei di stabilire un qualsiasi legame tra le due serie, visto che le condizioni politiche ed economiche al contorno sono completamente diverse. Lo status istituzionale dei territori papali in epoca carolingia era sicuramente particolare e di difficile definizione. In rapporto a Roma l'imperatore rivestiva in primo luogo la carica di patricius, cioè una sorta di protettore della sede pontificia di costantiniana memoria, e non esisteva certamente alcun rapporto di dipendenza di tipo feudale tra il papa e l'imperatore. Due secoli dopo, alla fine del secolo XII, l'impero carolingio si era disgregato, le spinte centrifughe e localistiche abbondavano, e allo stesso tempo, con la fazione ghibellina decisamente rafforzata dalla discesa di Enrico VI, c'era chi pensava che il potere temporale dei papi avesse i giorni contati. Le prime coniazioni senatoriali romane sono sicuramente emissioni comunali a tutti gli effetti ma, a dimostrazione di quanto fosse fluida la situazione, già pochi anni dopo, nel 1188, con la firma della Concordia tra Innocenzo III e il Senato, il papa riacquistava il controllo della zecca al prezzo della cessione di un terzo degli utili al comune. Nel 1208 nella nota bolla di Sora ancora Innocenzo III parla di nostram ... monetam, quae vulgo dicitur de Senatu, a testimonianza del fatto che quanto meno nella percezione comune la moneta romana continuava a essere associata all'autorità comunale, non a quella papale. Insomma, una situazione tutt'altro che chiara e che si perpetuerà più o meno negli stessi termini almeno fino alla fine della cattività avignonese, periodo durante il quale, come giustamente notato, il vero potere è detenuto per lo più dalle grandi famiglie dell'aristocrazia, il cui rapporto con lìautprità papale era quanto meno controverso (ricordiamo che lo stesso pontefice era spesso espressione dell'una o dell'altra di queste famiglie rivali, e ricordiamo anche ad esempio il ruolo dei Colonna nel contrasto tra Filippo il Bello e Bonifacio VIII Caetani).

Venendo alla bibliografia, effettivamente di specifico esiste ben poco. Visto che cade bene in argomento, mi permetto un'autocitazione dall'articolo sui denari provisini del Senato Romano uscito sull'ultimo numero di Panorama Numismatico, a firma di Adolfo Sissia e mia:

Lo studio fondamentale riguardante le emissioni dei denari provisini romani è ancora oggi quello di Capobianchi (1), anche se ormai notevolmente datato. Il Volume XV del Corpus Nummorum Italicorum (2) e l’opera di Muntoni (3) tentano una classificazione dei provisini romani, elencando tipi e varianti senza entrare nel merito della questione, mentre l’opera di Serafini (4) descrive gli esemplari presenti nel Medagliere Vaticano. È importante segnalare gli Annali della zecca di Roma del Martinori (5), il cui primo fascicolo è dedicato alla serie del Senato Romano, anche se solo come introduzione bibliografica a quanto scritto fino a quell’epoca sull’argomento. Recentemente l’unico studioso che si è dedicato ad un’analisi particolareggiata del denaro provisino, anche con esami composizionali del metallo finalizzati a mettere in evidenza i gruppi che si sono susseguiti periodicamente, è stato Angelo Finetti, prematuramente scomparso prima di portare a termine i suoi studi (6).


(1) V. Capobianchi, Appunti per servire all’ordinamento delle monete del Senato Romano dal 1184 al 1439, e degli stemmi primitivi del Comune di Roma, Archivio della Società Romana di Storia Patria 18 (1895), pp. 417-445, 19 (1896), pp. 75-123.

(2) Corpus Nummorum Italicorum, Vol.XV: Roma Parte I, Roma 1934.

(3) F. Muntoni, Le monete dei Papi e degli Stati Pontifici, Roma 1972-1974.

(4) C. Serafini, Le monete e le bolle plumbee pontificie del Medagliere Vaticano, Milano 1910-1928.

(5) E. Martinori, Annali della zecca di Roma. Serie del Senato Romano. Annali dell’Istituto Italiano di Numismatica 6 (1930), pp. 222-260.

(6) In un manoscritto tuttora inedito, Angelo Finetti analizza la storia del denaro provisino romano dalle origini fino alle emissioni di Carlo d’Angiò.

Nella seconda parte dell'articolo, che dovrebbe uscire a marzo, ci sarà anche la bibliografia completa dove sono reperibili numerosi altri spunti.

A parte questo, si parla da diverso tempo di una monografia completa sulle emissioni del Senato Romano che dovrebbe uscire a firma di un noto professionista numismatico, ma al momento tutto tace.

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concordo anch'io sulla "cesura" tra le emissioni cosiddette 'antiquiores' e quelle del Senato romano.

Andrebbero piuttosto indagati piu' a fondo le motivazioni che portarono alla cessazione della seconda fase della prima monetazione papale (come prima fase considero le 'siliquae' papali bizantine che formano una classe a sé disgiunta dai denari che iniziarono con Adriano I), e al contempo quelle che portarono all'introduzione della monetazione senatoriale.

Grazie per la bibliografia Paleologo, credo che Capobianchi e Martinori forniscano gli spunti di maggiore approfondimento.

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Andrebbero piuttosto indagati piu' a fondo le motivazioni che portarono alla cessazione della seconda fase della prima monetazione papale (come prima fase considero le 'siliquae' papali bizantine che formano una classe a sé disgiunta dai denari che iniziarono con Adriano I), e al contempo quelle che portarono all'introduzione della monetazione senatoriale.

Credo che per la seconda parte della tua domanda si possa arrivare a una risposta abbastanza precisa in termini di mutati requisiti del contesto economico. Questo tra l'altro è un aspetto di cui abbiamo parlato abbastanza nell'articolo citato sopra, sia pure senza particolari pretese di originalità o scientificità.

Diverso è il discorso per la prima parte: qui purtroppo il silenzio delle fonti è totale. Immagino che ci possano essere andati di mezzo fattori politici (il tentativo degli Ottoni di riaffermare l'unità e l'autorità dell'impero) e anche economici (la ridotta disponibilità di metallo monetabile causata dall'esaurirsi delle fonti di argento dello Harz, che avevano permesso le abbondanti coniazioni di epoca ottoniana, i cosiddetti Otto-Adelheid Pfennige; ma forse anche l'effetto della sottrazione di grandi quantità di moneta circolante a seguito delle incursione vichinghe e ungare). Fatto è che allo stato attuale delle nostre conoscenze non siamo in grado di dare una risposta univoca a questa questione.

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Grazie Paelologo

ma non posso pensare che la monetazione papale "antiquiore" sia venuta meno per mancanza di metallo nobile..

e le altre zecche italiane che coniavano in quel medesimo arco di tempo , come mai hanno continuato a coniare (Pavia, Verona, Venezia, etc.)?

No, penso la ragione sia da ricercarsi piu' in motivazioni politiche e il quadro storico della storia monetaria della Roma dell'XI e XII secolo è ancora da dipanarsi in modo piu' soddisfacente.

Sulle grandie zecche si puo' pensare che le fonti abbondib^no e che la loro storia sia stata narrat a sufficienza, invece a volte, come in questo caso, le lacune sono pressoché vertiginose..

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ma non posso pensare che la monetazione papale "antiquiore" sia venuta meno per mancanza di metallo nobile..

e le altre zecche italiane che coniavano in quel medesimo arco di tempo , come mai hanno continuato a coniare (Pavia, Verona, Venezia, etc.)?

A meno che, in presenza di una disponibilità di metallo complessivamente ridotta, non vi siano stati fattori tali da favorire alcune zecche rispetto ad altre nell'accesso alla materia prima, fattori che potrebbero essere stati di tipo commerciale (Verona, Venezia) o propriamente politico (Pavia). Stiamo parlando di volumi di coniazione non enormi e di poche fonti ben individuate di materia prima, per cui poteva forse non essere così difficile riorientare il flusso di metallo monetabile secondo la convenienza del momento. E certamente Roma e il papato all'inizio dell'XI secolo non godevano di grande prestigio né economico né politico. Si tratta comunque di speculazioni, visto che sfortunatamente di tutti gli archivi capitolini del periodo medievale non è rimasto praticamente nulla...

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tranquillo Pale che il problema era politico non monetario..

I flussi di metallo andavano dove volevano coloro che erano disposti a pagarli.

Non a caso i papi spostarono ad un certo punto la coniazione in quel di Avignone

coniando nominali piu' pesanti senza molto sforzo.

C'è ancora molto da approfondire per questo particolare periodo della storia romana

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