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Inviato (modificato)

L'argomento credo che si presti a più di una riflessione e meriti comunque attenzione.

Con Galeazzo Maria Sforza, Milano nel 1469 entra in una crisi monetaria di grandi proporzioni ; le cause di questa difficoltà finanziaria che investono tutta la produzione monetaria del Ducato possono essere state più di una, sicuramente il grande circolante di monete straniere, monete da controllare per la loro bontà, e per le quali si propose il bando per quelle con caratteristiche non confacenti, ma anche determinante fu il prezzo decisamente salito dei metalli preziosi, tra l'altro in un momento di forte richiesta sia di oro che di argento.

Galeazzo Maria Sforza venne avvertito della grave situazione nel 1469 dal Consiglio Segreto Ducale che però continuò anche negli anni successivi provocando uno stato di allarme sempre più difficile e alto.

Ma nel 1474 esattamente il 28 maggio Galeazzo Maria firma un decreto che mi pare nel suo genere fortemente innovativo e direi quasi rivoluzionario in materia.

L'aspetto più importante fu il fatto che Galeazzo Maria rinunciava con questo decreto a ogni diritto di conio, il fatto è una grande novità che rompeva la tradizione di fatta instauratasi in tutto il Medioevo.

Il decreto poi stabiliva anche quali monete d'oro e d'argento potevano circolare e il loro valore e anche altre disposizioni.

Il provvedimento ebbe gli effetti sperati, la produzione ritornò importante e copiosa , tanto da far affermare ai Maestri delle Entrate Ducali e ai Deputati che la loro moneta era la migliore che appariva in Italia.

Galeazzo Maria stabilì anche il 4 giugno 1474 l'introduzione del grosso da 20 soldi detto anche grossone o testone.

Il testone doveva avere un valore di 240 denari imperiali milanesi, in pratica si tentò di riferirsi all'unità di conto di Carlo Magno, la lira, ma tutto questo non andò alla lunga a buon fine, con Carlo V il testone varrà già 30 soldi, ma anche la rinuncia al diritto di conio poi in realtà verrà abbondonata dai successori di Galeazzo Maria.

Ma Galeazzo si distinse anche per altro, per il trasferimento della zecca e per una monetazione con una ritrattistica di grande impatto e differenziata anche cronologicamente ; inoltre anche l'epigrafia cambia, dalla gotica si passa a quella romana nel testone.

Molto carne al fuoco....., tanta..., indubbiamente molte innovazioni e novità che ebbero conseguenze rilevanti ma sicuramente gli Sforza ebbero contatti ravvicinati anche coi loro vicini, con vicissitudini varie, quindi forse qui c'è " trippa " ( per rimanere sul milanese ) :blum: anche per altri...., se vorranno ovviamente,

Mario

P.S. Per l'argomento indubbiamente oltre al Crippa sicuramente è importante leggere il contributo di E. Motta, " Documenti visconteo - sforzeschi " in RIN 1894, ma anche F. Argelati, vol. III, e il C.M. Cipolla con il suo " Le avventure della lira ".

Modificato da dabbene
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Inviato

Bentornato, Mario.

Interessante quanto hai scritto. Francamente non saprei cosa aggiungere.

Attendiamo commenti dagli utenti appassionati della zecca di Milano e non solo.

Vi leggeremo con attenzione e curiosità.

Grazie e a presto


Inviato

Proseguo con un ulteriore spunto, me lo offre, Reinhold C. Mueller in " Guerra monetaria tra Venezia e Milano nel quattrocento " su RIN 1984.

Le " guerre monetarie " tra stati vicini capitavano e nel quattrocento capita tra Milano e Venezia ; torniamo al periodo sopra citato, il 1468, Venezia e Milano soffrono una profonda crisi con diminuzione di produzione monetaria, Milano sembra quasi poco operativa.

Se oltre a una quasi inattività di zecca, ci mettiamo anche un rialzo del prezzo dell'argento e dell'oro, i rapporti tra i due metalli che oscillano e una mancanza di decisioni in materia, ecco tutto questo porta a incentivare i falsari, ma anche i tosatori di monete.

Una situazione che si creò, che pare offrirsi a Galeazzo Maria, che fu accusato dai veneziani di emettere monete false in quel frangente ; difficile sembra accertarlo con sicurezza, di certo il mercato monetario fu inquinato e indebolito.

Ma come abbiamo detto anche il Ducato milanese soffrì il fenomeno, circolante straniero e da controllare per la sua bontà.

Galeazzo Maria dovette vista l'estensione del fenomeno anche concedere una amnistia agli accusati di questo crimine ; le decisioni dei veneziani arrivarono e furono difensive, si passò dal bando delle monete false, al ribasso del valore delle monete autentiche e poi all'accettazione solo a peso.

Ma anche il Duca milanese rispose a questi provvedimenti con il bando di tutte le monete veneziane d'argento vere o false.

Quindi grandi interessi finanziari contrapposti, il termine forte " guerre monetarie " rende bene l'idea, succedeva un po' di tutto a quanto pare, però arrivò poi anche un breve periodo di pace monetaria tra Milano e Venezia, ma per Venezia fu breve perché si aprì presto un altro fronte, quello con i d'Este a Ferrara, ma questa è un'altra storia.....

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Supporter
Inviato

Buona serata

Siamo in un periodo "travagliato" per la Serenissima; l'acquisizione delle città lombarde di Brescia e Bergamo ad opera delle infinite e dispendiose guerre iniziate dal doge Foscari, portano anche grossi problemi finanziari.

Venezia aveva ora un confine a ridosso dello Stato di Milano e vicinissimo alla sua capitale. Milano non aveva possibilità di resistere militarmente; poteva però creare grossi problemi con altre armi; la politica monetaria era una di queste.

Con le finanze venete in "sconquasso" e con l'esigenza di sostituire le monete "imperiali" circolanti nei nuovi territori conquistati, con quelle veneziane, la Serenissima doveva anche preoccuparsi dell'invasione di monete milanesi false o legittime, ma di rame argentato "bianchizade" che nuocevano grandemente all'economia.

Non fu un problema del quale poteva farsi carico il vecchio doge Foscari, ormai passato a miglior vita, ma l'iniziativa, pare, venne assunta dal doge Nicolò Tron. (1471 - 1473) "Grosso, brutto de fazza che parlando el spiumava per i lavri" dicono i cronisti.

Questo doge brutto e - pare - con trascorsi da strozzino, evidentemente con la finanza ci sapeva fare. Vennero varate delle draconiane iniziative, quali una imposta patrimoniale durissima, la riduzione di tutti gli stipendi, la svalutazione della lira ed altre iniziative di carattere economiche; fatto stà che venne risanato l'enorme crac finanziario.

Memento del suo merito, il suo epitaffio: "fraudatam pecuniam viva illius effige resignavit"; taluni affermano anche che la sua immagine su talune monete coniate sotto il suo dogato, in primis la "Lira Tron", fu una sorta di "ricompensa" ad opera del Governo per il suo indiscutibile merito; ma su quest'ultima possibilità non ci sono certezze.....

saluti

luciano

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Inviato

Grazie Luciano di avere accolto l'invito di partecipare alla discussione, d'altronde l'esca era effettivamente abbastanza invitante :blum: , certamente l'inglobamento di Brescia e Bergamo nel dominio veneto fu un fatto che poi contò, troppo vicine a Milano, troppo facile provare e riuscire a far passare il circolante.

Certo Milano e Venezia hanno anche diversi punti di contatto in questo periodo, mercati importanti per l'argento in Italia, i rifornimenti per altre zecche venivano da qui.

Il Cipolla con il suo " Le avventure della lira " ci spiega delle ricche miniere sassoni - boeme e del Tirolo e degli scambi con merci tra questi e l'Italia.

Milano e Venezia erano vicine a queste zone e furono quelle in maggior contatto, ma Venezia e Milano hanno un altro punto di contatto importante nel campo monetario con la comparsa dei primi " testoni " con una cronologia abbastanza indicativa direi.

La lira Tron di Venezia è del 1472, la coniazione di Galeazzo Maria Sforza a Milano è del 1474, in concomitanza si triplica, dice il Cipolla, la produzione di argento nelle miniere del Tirolo tra il 1470 e il 1490, poi come finì la storia ne abbiamo parlato anche prima...., ma certo gli avvenimenti furono per entrambe le città travagliati, ma nel contempo rilevanti anche in campo monetario,

Mario


Supporter
Inviato

@@417sonia @@dabbene

:clapping: :hi:

Cari saluti

Ciao e grazie Adolfo.

E' sempre un piacere "incontrarti" :good:

Anche da parte mia, cari saluti

luciano


Inviato

Il primo tentativo di riforma monetaria che nessuno ne parla (perchè non è scritto da nessuna parte) è quella di Giovanni Maria Visconti ( con Facino Cane), che avviene 70 anni prima... Il fratello (Filippo Maria) poi la eliminerà.

Per ciò che riguarda le città lombarde che si erano vendute alla Serenissima non dovete dimenticare Crema che, dove attualmente è presente il ponte di Spino d'Adda, separava Milano da Venezia. Il solo problema è che questa zona era sotto la bandiera di San Marco ma ragionava (in senso monetario) come se fosse parte della città di Sant'Ambrogio...

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Inviato

Il primo tentativo di riforma monetaria che nessuno ne parla (perchè non è scritto da nessuna parte) è quella di Giovanni Maria Visconti ( con Facino Cane), che avviene 70 anni prima... Il fratello (Filippo Maria) poi la eliminerà.

Per ciò che riguarda le città lombarde che si erano vendute alla Serenissima non dovete dimenticare Crema che, dove attualmente è presente il ponte di Spino d'Adda, separava Milano da Venezia. Il solo problema è che questa zona era sotto la bandiera di San Marco ma ragionava (in senso monetario) come se fosse parte della città di Sant'Ambrogio...

Ciao,

diciamo che Crema aveva il piede in due scarpe, se ho ben capito...., di Giovanni Maria Visconti, se vorrai ne potremo parlare, credo che interessi molti,

un caro saluto,

Mario


Inviato

Ma tornando al nostro Galeazzo Maria, sembra essere stato comunque uomo di fatti e di provvedimenti, che prendeva dopo aver consultato esperti, mercanti, banchieri che sapeva scegliere con accortezza e intelligenza.

Anche negli aspetti organizzativi, il cambio della zecca che avviene con lui è un atto di cambiamento importante, innovativo, la zecca si traferisce in Via della Zecca Vecchia e lì rimase fino a Maria Teresa, altra innovatrice per la monetazione milanese.

L'aspetto che fa forse riflettere di Galeazzo Maria è la decisione di fare una amnistia per i falsificatori e i tosatori, evidentemente i bandi ripetuti, le leggi contro di essi non produssero effetti.

Sembrerebbe quasi un atto di impotenza di fronte a un fenomeno dilagante e probabilmente di grandi proporzioni, difficilmente arginabile.

Ma certamente anche sulla sua monetazione ci sarebbe da dire molto...., ritengo che il testoni e i ducati di Galeazzo Maria Sforza siano un must della monetazione milanese e uno dei riferimenti principali del collezionismo di questa zecca.....


Inviato (modificato)

Grazie, interessante, mi piacerebbe leggere ancora sull'argomento.

Di mio posso riportarvi una annotazione di Desimoni che sembra un'enigma, da lui trovata nell'Archivio di Stato di Genova in un documento dell'epoca:

"1469: Corrado Fogliano Luogotenente del Duca di Milano. Istruzioni per Gio Griffo mandato colà dagli Anziani a parlar col Duca per la riforma della moneta. Si espone che già il ducato d'oro vale 50 soldi e il grossone 50 denari dopo che il ducato crebbe a 55 soldi scomparirono questi grossoni perché valevano di più. Perciò pare che il ducato debba ridursi a 54 soldi e il grossone a soldi 6 e denari 4, sicché dodici facciano un ducato (?)."

Se quel Gio Griffo ha spiegato solo così la riforma della moneta agli Anziani mi immagino che quelli abbiano capito come chi oggi legge le istruzioni del modello Unico ... ... ...

Modificato da dizzeta
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Inviato

Ciao,

si un po' contorto effettivamente, io ho i dati dell'Argelati, vol.III, per il ducato dal 1460 al 1471 ha un corso di lire 4 e soldi 2 pari a 82 soldi ; per il grossone che è poi il testone o grosso da 20 soldi avrebbe dovuto avere un valore pari a 240 denari imperiali, anche se col tempo, trascurando la bontà del metallo, il rapporto cambierà e con Carlo V è gia a 30 soldi.

C'è poi anche il mezzo testone o grosso da 10 soldi che è una moneta molto interessante e anche lei fu emessa nell'ambito della riforma del 1474.


Inviato

Ciao,

si un po' contorto effettivamente, io ho i dati dell'Argelati, vol.III, per il ducato dal 1460 al 1471 ha un corso di lire 4 e soldi 2 pari a 82 soldi ; per il grossone che è poi il testone o grosso da 20 soldi avrebbe dovuto avere un valore pari a 240 denari imperiali, anche se col tempo, trascurando la bontà del metallo, il rapporto cambierà e con Carlo V è gia a 30 soldi.

C'è poi anche il mezzo testone o grosso da 10 soldi che è una moneta molto interessante e anche lei fu emessa nell'ambito della riforma del 1474.

Attenti a non confondere i grossoni, è un nome che si trova spesso e volentieri a Milano negli '60 del Quattrocento, anche per indicare monete non-milanesi. Prima ancora che andare a indicare il pezzo da 20 soldi (impropriamente denominato testone, termine che invece in quegli anni spetterebbe al solo ducato d'oro) indicava la moneta da 4 soldi, per distinguerlo dal grosso che di soldi ne valeva solo due.

Il passo che cita dizzeta appare effettivamente contorto, ma è un bell'esempio dei problemi di convivenza tra valute che le autorità governative dovevano affrontare all'epoca, specie in presenza di un bimetallismo e con entità di rivalutazione dell'oro e dell'argento diverse tra loro.

Detto (o letto) altrimenti, le autorità dicono di matenere tra ducato e grossone il rapporto di 12:1 iniziale, quando le due monete valevano rispettivamente 50 soldi e 50 denari. La rivalutazione del ducato a 55 soldi (occorsa per fattori ambientali, cioè di mercato?) avrebbe comportato (qui il dato manca) una rivalutazione non-proporzionale del grossone, determinando uno sbilanciamento tra i valori intrinsechi e quelli nominali delle due monete tale da rendere più conveniente NON spendere il grossone, ma tesaurizzarlo. Quindi la riduzione del ducato a 54 soldi doveva portarsi dietro una riduzione (da che valore?) del grossone tale da mantenere il rapporto di 12:1 originale.

Questo, ignorando mille altri problemi di equilibrio delle valute in oro e argento sul medio periodo, che saranno drammaticamente amplificati soprattutto nella seconda metà del Cinquecento.

Comunqe tenderei a dubitare che queste monete siano milanesi, perché non mi risulta che a Milano nel 1469 ci fosse una moneta milanese che valesse 6.10 soldi, i.e. tale da avere un rapporto 12:1 col ducato, che come ricorda giustamente Mario valeva 4.2 lire imperiali.

E.

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Inviato (modificato)

Carissimi, scusate se intervengo ma ultimamente mi capita di dover dar troppo spesso ragione ad Eligio, in altre questioni, e allora ne approfitto qui per vendicarmi. Secondo me c'è solo di mezzo un errore di lettura o di trascrizione moderna (da parte del Desimoni sembra abbastanza improbabile, lo ammetto.... ehm, lui sbagliava solo nelle cronologie - scherzo dai, è solo una piccola provocazione a Genova da parte delle terre venete :blum: ) oppure di interpretazione da parte del copista, sia stato quello del tempo oppure quello moderno che ha composto la stampa. Basta invertire nell'ultima riga i 6 soldi e 4 denari con 4 soldi e 6 denari e tutto torna perfettamente a posto. In pratica l'aumento di valore del ducato a 55 soldi, mentre evidentemente il grossone non era cresciuto in termini perfettamente proporzionali, aveva fatto saltare quel rapporto di 1:12 fra le due monete che forse rispettava il reciproco corso di mercato o, in ogni caso, il valore nominale dei crediti e dei debiti pregressi). Di conseguenza il grossone veniva tesaurizzato perché sottovalutato rispetto al suo reale valore (cioè era divenuta la 'moneta cattiva' del mercato). Portando il valore del ducato a 54 soldi e quello del grossoni a 54 denari (esattamente 4 soldi e 6 denari), la cosa si poteva risolvere. Perché allora non 55 soldi e 55 denari rispettivamante, a questo punto? Perché...beh, se ne può discutere, no? Aggiungo ora questa parte perché non avevo fatto caso all'ultima frase di Eligio. Certamente i grossoni non erano milanesi, altrimenti sarebbero stati fin da subito rivalutati in termini corretti con il ducato. Direi che potrebbero essere genovesi, no?. Il ducato d'oro ovviamente era qualunque moneta d'oro avesse la corretta metrologia, e certamente in quell'epoca i genovini erano parecchio diffusi.

Un abbraccio,

Andreas

Modificato da Andreas
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Inviato

Caspita, Andrea(s), non pensavo di mettere a repentaglio la tua cattiva fama!

Comunque il tuo ragionamento mi coinvince, l'opzione di un errore di lettura da 6.4 soldi a 4.6 è più che ragionevole, perché a quel punto è tutto molto più coerente col valore di 50 denari (i.e., 4.2 soldi) che costituiva il corso originale del grossone. Di errori di trascrizione/interpretazione e similari, ahimé, le fonti - a stampa e non - sono piene, diventa sempre complicato farci affidamento.

Resto sempre dell'idea che nel documento riportato da dizzeta non si tratti di un grossone milanese, perché non mi risultano monete coniate dalla zecca di Milano che avessero quel rapporto di cambio di 1:12 di cui si parla. Né saprei indicare di quale moneta "forastiera" si tratti: per quelle di Mantova e Venezia - di cui Milano abbondava all'epoca - siamo lontani da questa proporzione.

E.


Inviato (modificato)

Continuo parlando anche delle monete di Galeazzo Maria Sforza : il Bernareggi la definisce " una monetazione entusiasmante ", non ha sicuramente torto nell'affermarlo.

Certamente continua il Bernareggi in " La monetazione milanese dal 1450 al 1600 " in RIN 1984, " quale che sia il giudizio che gli storici vogliano dare all'azione di governo di Galeazzo Maria, il giudizio degli economisti e dei numismatici non potrà che essere positivo "

L'introduzione della lira d'argento, la rinuncia al diritto di conio e poi la ritrattistica monetaria, verista e che tende a interpretare anche il personaggio raffigurato.

Sapienti gli incisori dei conii che si richiamano anche alla scuola pittorica lombarda dell'epoca, il doppio ducato è sicuramente una moneta di prestigio e stile.

Ma la monetazione di Galeazzo Maria si distingue non solo per la ritrattistica, ma anche per il cambiamento epigrafico, nei primi tipi ancora a caratteri gotici, coi secondi romani.

Quindi ancora un cambiamento importante, ma l'evoluzione del ritratto del Duca negli anni è quello che colpisce di più tutti.

Il Crippa individua nei ducati quattri tipi, in ognuno c'è un cambiamento della raffigurazione del Duca e quindi si individua anche una cronologia.

Dal busto giovanile a testa nuda, si passa a un Galeazzo più maturo, con una diversa capigliatura, fino ad arrivare quarto tipo con un Galeazzo con una fitta frangia di capelli sulla fronte e un aspetto adulto nel viso e nelle sembianze.

Una volta feci una discussione " sul look nei ritratti delle monete ", ecco io penso che Galeazzo l'avesse inventato col testone e il ducato di quarto tipo, proprio con queste monete, un innovatore anche in questo.

Io passerei ora a vedere due monete tipiche e che spiegano quando detto, un ducato di tipo I e poi un ducato di tipo IV.

Il ducato di tipo I si ritiene inziato nel 1467, di certo anche l'esame dell'importante " tesoretto di Vigevano " con diverse di queste monete, aiuta nel darci indicazioni importanti su queste monete e il circolante.

Modificato da dabbene

Inviato

Da asta Cronos 3, primavera 2009, lotto 278, ducato di primo tipo di Galeazzo Maria Sforza, con un ritratto giovanile e ancora leggende in caratteri gotici.

post-18626-0-35415000-1370010277_thumb.j


Inviato

La differenza è ben evidente con questo secondo ducato del quarto tipo, ritratto adulto e caratteri ora romani.

Da asta Cronos 1, primavera 2008, lotto 206.

post-18626-0-04949900-1370010547_thumb.j


Inviato

Il Crippa fa una interessante osservazioni, non suffragata però da documentazioni, e sarebbe orientato a dividere la monetazione di Galeazzo Maria tra prima della riforma del 1474 e successivamente.

Nella parte prima entrerebbero le monete con caratteri gotici e un ducato giovane, mentre quelle dopo sarebbero quelle con caratteri romani e un Duca maturo coi capelli sulla fronte.

La riporto perché interessante e sicuramente tra le due caratteristiche monetarie ci fu un segno di cambiamento epigrafico e ed iconografico.


Inviato

Uno dei passaggi rilevanti e importanti direi comunque, come abbiamo visto con l'introduzione del testone del 1474 di Galeazzo Maria, fu anche il precedente ricorso alla lira Tron nel 1472 a Venezia.

Le due città che hanno diversi punti di contatto comunque nel periodo, non credo casualmente, si buttano nella coniazione di una moneta simile che doveva valere 240 denari.

Le caratteristiche tra le due monete si differenziano ma certamente il tempismo è indicativo.

Credo che la lira Tron di Venezia rappresenti, per tanti aspetti, un altro simbolo della monetazione e certamente una grande novità anche per il ritratto del Doge che compare sulla moneta.

Credo che ci siano ampi margini di approfondimento del tutto, e che l'argomento sia tra quelli che contano...., vediamo :blum: ,

Mario


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