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Imperator e Silla - RRC 359 - 367 - 368


acraf

Risposte migliori

Titolo di imperator e l’appellatio imperatoria sotto la Repubblica

(l’esempio di Silla e relativi problemi cronologici)

 

E’ generalmente ammesso dagli storici, seguendo il concetto espresso dal Mommsen nel 1887, che il titolo di imperator sotto la repubblica romana, benché sia stato usato comunemente dagli antichi autori nel senso di “capo d’armata”, in realtà era riservato solo ai comandanti vittoriosi che avevano ricevuto tale appellativo (appellatio imperatoria) per acclamazione dai propri soldati o dal Senato.

Successivamente lo studioso che più ha approfondito tale aspetto fu R. Combès, Imperator. Recherches sur l’emploi et la signification du titre d’imperator dans la Rome républicaine, Paris, 1966. La sua opera divenne il riferimento obbligatorio per qualsiasi studio sul titolo di imperator durante la repubblica romana.

E’ opinione comune che l’acclamazione imperatoriale era pratica corrente durante il II e I secolo a.C. e che tale uso fu iniziato dalle truppe di Scipione nel 208 a.C. (Polibio X, 40, 4-5).

Tuttavia segnalo un importante articolo francese di Pierre Assenmaker, Nouvelle perspectives sur le titre d’imperator et l’appellatio imperatoria sous la République, Revue Belge de Philologie er d’Histoire, 2012, p. 111-142. Per chi voglia approfondire le sue argomentazioni, è possibile scaricare il suo lavoro in pdf.

https://www.academia.edu/2092501/Nouvelles_perspectives_sur_le_titre_dimperator_et_lappellatio_imperatoria_sous_la_R%C3%A9publique

 

Egli ha sviluppato una intuizione già indicata in un voluminoso studio spagnolo (circa 500 pagine) sull’argomento, immeritatamente poco noto, anche perché disponibile unicamente solo come un libro elettronico, che può essere scaricato dal seguente sito:

http://ifc.dpz.es/recursos/publicaciones/26/30/_ebook.pdf

 

In breve, egli effettua una accurata analisi dell’evoluzione storica del significato di imperator, evidenziando l’esistenza di una polisemia (ossia di un termine cha ha più significati) del nome di imperator nei documenti ufficiali repubblicani. In pratica: ogni magistrato (o promagistrato) detentore dell’imperium (ossia del comando militare) poteva designarsi come imperator e la presenza del titolo nelle iscrizioni e sulle monete non deve necessariamente essere interpretata a priori come facente riferimento a un’appellatio imperatoria.

L’appellatio imperatoria si sviluppò nel particolare contesto della guerra sociale e dei conflitti civili che avvennero a partire dagli anni ’80 a.C. per diventare un caso frequente solo a partire dagli anni ’60 a.C.

La prospettiva offerta da questo studio permette di affrontare anche un serio problema numismatico legato alle emissioni di Silla con i titoli di imperator e di imperator iterum.

 

(continua)

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Lo stesso studioso Assenmaker, nell’anno successivo, ha pubblicato un interessante e lungo studio, intitolato L. Sulla imperator et imperator iterum: pour une réévaluation de la cronologie des émissions monétaires de Sylla (RRC 367-368 et 359), Revue Numismatique, 2013, p. 247-277.

Anche qui, per chi voglia approfondire l’argomento, è disponibile il suo studio:

https://www.academia.edu/5505807/L._Sulla_imperator_et_imperator_iterum_pour_une_r%C3%A9%C3%A9valuation_de_la_chronologie_des_%C3%A9missions_mon%C3%A9taires_de_Sylla_RRC_367-368_et_359_

 

Le emissioni in esame sono gli aurei e denari con L. SVLLA IM(P)(E) (RRC 367/1-5), sugli assi di bronzo con L. SVLLA IMPE (RRC 368/1), e ancora gli aurei e i denari con L. SVLLA IMPER ITERVM (RRC 359/1-2).

Per chiarezza riporto qui sotto le relative emissioni:

 

RRC 367/1     post-7204-0-16309800-1427557212_thumb.jp

 

RRC 367/2     post-7204-0-43262800-1427557224_thumb.jp

 

RRC 367/3     post-7204-0-25108300-1427557239_thumb.jp

 

RRC 367/4     post-7204-0-97026400-1427557262_thumb.jp

 

RRC 367/5     post-7204-0-06171900-1427557276_thumb.jp

 

RRC 368/1     post-7204-0-84401100-1427557289_thumb.jp

 

RRC 359/1     post-7204-0-13715100-1427557303_thumb.jp

 

RRC 359/2     post-7204-0-06218600-1427557319_thumb.jp

 

Il Crawford sistema prima le emissioni con IMPER ITERVM (RRC 359), che sono datate all’84-83 a.C. e tale appellativo troverebbe la sua giustificazione con la doppia acclamazione imperatoriale dopo le vittorie in Cilicia e a Cheronea nell’86 a.C. e quindi nell’ambito del secondo proconsolato di Silla, in Asia (dall’87 all’82 a.C.)

Le emissioni RRC 367 e 368 sono state messe in un momento successivo e datate all’82 a.C.

Queste emissioni rivestono una grande importanza nella numismatica repubblicana in quanto attestano per la prima volta sulle monete il titolo di imperator.

La logica suggerisce che le emissioni con IMPER ITERVM dovrebbero seguire e non precedere le emissioni con il solo titolo IMP, dove non esiste alcun accenno a una seconda acclamazione imperatoriale.

Il Crawford ha giustificato tale ordine cronologico sulla sola base dei ritrovamenti. A pagina 80 del suo studio, il Crawford ha scritto: “No. 359 appears in the hoards later than no. 367, but when it does appear it is markedly more worn; its absence from earlier hoards should be explained by its relative rarity”.

In realtà bisogna rilevare che il fatto della diversa freschezza delle due emissioni era basato unicamente sui tre esemplari (uno di RRC 359 e due di RRC 367) presenti nel solo ripostiglio di Ferentino (RRCH 261 e Backendorf 1998, p. 67).

La prima grande critica alla sistemazione del Crawford fu mossa dallo studioso Thomas R. Martin, Sulla Imperator Iterum, the Samnites and Roman Republican Coin Propaganda, SNR, 68, 1989, p. 19-45, che può essere scaricato (pagina per pagina) da:

http://retro.seals.ch/digbib/view?pid=snr-003:1989:68::24

Egli ha analizzato il grande ripostiglio di Mesagne, con 11 denari di RRC 359, 1 di RRC 367/1, 9 di RRC 367/3 e 60 denari di RRC 367/5 (mancano gli assi di RRC 368, che sono molto rari), come pure altri ripostigli (a pagine 33-34 del suo studio). Egli ha visto che non c’era poi questa differenza di conservazione e quindi questo criterio non appare decisivo per posporre l’emissione RRC 359 rispetto all’emissione RRC 367.

Martin ha avuto il merito di avere distinto il titolo imperator da quello di imperator iterum, concludendo che l’emissione RRC 359 si riferisce alla doppia acclamazione di Cheronea (86 a.C.) e della Porta Collina (1 novembre 82 a.C.) e quindi deve essere stata coniata dopo questa seconda vittoria, che praticamente concluse la Guerra Sociale, e quindi in Italia. Di contro l’altra emissione RRC 367 deve riguardare un diverso contesto, fuori della campagna in Italia.

Il ragionamento di Assenmaker è invece un poco diverso e molto più articolato e arriva alla conclusione che l’emissione RRC 359 fu coniata nell’ambito del finanziamento dell’invasione in Italia, a partire dalla fine dell’84 a.C. e i due trofei sicuramente si riferiscono alle due decisive vittorie di Cheronea e di Orchomene. Un interessante elemento è offerto dall’orientamento dei conii. In questa emissione l’orientamento è costantemente rivolto alle ore 12, quando le emissioni coniate a Roma non prevedono alcun aggiustamento nell’orientamento dei conii. L’emissione RRC 359 fu sicuramente coniata fuori di Roma e quindi cade l’ipotesi di Martin che sia stata emessa a Roma dopo la vittoria di Porta Collina. Resta il dubbio che sia stata coniata in Grecia negli ultimi mesi del soggiorno asiatico di Silla oppure subito dopo il suo sbarco in Italia, utilizzando metallo e maestranze di origine asiatica. In ogni caso tutti i ripostigli contenenti RRC 359 appaiono confinati all’Italia, soprattutto meridionale e non sono noti rinvenimenti in Grecia. Quindi fu una moneta romana destinata alla campagna d’Italia, coniata tra la fine 84 a.C. e inizio 83 a.C.. Il titolo di imperator iterum trova la sua spiegazione nelle due acclamazioni imperatoriali in Asia (come aveva sostenuto il Crawford, ma anticipando un poco rispetto alla sua cronologia).

Diverso sarebbe il contesto delle emissioni 367 e 368. Si tratterebbero di emissioni della Guerra Sociale, negli anni 90 e 89 a.C. Il titolo imperator in questo caso sarebbe legato NON a un’acclamazione imperatoriale, ma ancora al tradizionale ruolo di Silla quale “comandante militare”. Infatti Silla fu investito di imperium durante il secondo anno del conflitto, a seguito della morte del console L. Porcio Catone. Sicuramente queste emissioni, in particolare RRC 367, rivestono un carattere eccezionale, con l’emissione, finora inconsueta, anche di aurei, che può essere spiegato con il clima d’urgenza della Guerra Sociale contro i ribelli italici.

La presenza di aurei già durante la Guerra Sociale rende anche più comprensibile la comparsa di un aureo emesso dagli Italici in Asia, a nome di Minius Ieius e noto in unico esemplare nel medagliere di Parigi. Nel mio Corpus del 1987 dedicato alla monetazione dei ribelli italici durante la Guerra Sociale avevo nutrito seri dubbi sulla sua autenticità. Tuttavia in tempi molto più recenti ho riconsiderato questo problema ed ero giunto alla conclusione che era invece autentico. Con l’occasione allego il mio studio sull’aureo degli Italici:

MA 75 - Statere aureo di Minio Iegius.pdf

 

Per capire meglio la possibile appartenenza delle emissioni RRC 367 e 368 all’ambito della Guerra Sociale c’è il problema di identificare il L. Manlius che figura nei denari e aurei di RRC 367. Tradizionalmente questo personaggio fu identificato con il L. Manlius Torquatus, che fu console nel 65 a.C. e quindi nato al più tardi intorno al 108 a.C. (in base al suo cursus honorum). Ma nel 90-98 a.C. doveva avere meno di venti anni e quindi non poteva diventare il proquestore responsabile dell’emissione. Tuttavia fonti letterarie attestano l’esistenza di un altro L. Manlius, che fu governatore della Gallia Narbonese, col titolo di proconsole nel 78 a.C. e che ebbe un ruolo nella guerra contro Sertorio in Spagna. Quindi questo personaggio avrebbe i requisiti per essere stato giovane proquestore nel 90-89 a.C.

C’è poi da considerare che la rara emissione RRC 368 è formata da assi di piede unciale, con peso di 24 scrupoli e quindi vicino ai 27 grammi.  Si sa bene che proprio durante la Guerra Sociale fu promulgata la lex Papiria de aeris con la famosa riduzione ponderale, da unciale a semunciale, con peso dell’asse di 12 scrupoli e quindi sui 13 grammi.

Secondo la datazione del Crawford, sarebbe più logica una emissione di piede semunciale, già ormai attestata. Restano tuttavia numerosi problemi legati a questa riduzione, a partire dalla stessa identificazione del Papirio autore della legge. Si conoscono almeno tre membri di questa famiglia: Cn. Papirius Cn. F. Carbo (tribuno nel 92 a.C.), C. Papirius C.f. Arvina (tribuno nel 90 a.C.) e C. Papirius Cn. f. Carbo (tribuno nell’89 a.C.). In ogni caso la lex Papiria va datata entro la forbice temporale del 92 – 89 a.C., ma più verosimilmente, grazie a vari contributi scientifici, del 91-89 a.C.

Quindi nulla vieta che Silla abbia avuto modo di emettere assi ancora di piede unciale, la cui coniazione fu verosimilmente presto interrotta, forse proprio per l’entrata in vigore della svalutazione papiriana.

Assenmaker ha dedicato anche alcune pagine alla riconsiderazione dei dati forniti dai vari ripostigli contenenti monete fino almeno all’82 a.C., contestando alcune conclusioni del Crawford dimostrando la possibilità di una datazione più alta per RRC 367.

L’ovvia conclusione è che Silla fu il primo a fregiarsi sulle monete del titolo di imperator (quale detentore dell’imperium), anticipando C. Flavius Fimbria, che secondo la tradizione era stato il primo a usare questo titolo, sui rari cistofori (3 esemplari noti) emessi nell’85 a.C.. Fimbria era diventato il comandante mariano, a seguito di un ammutinamento, dell’armata romana inviata in Asia Minore a combattere contro Mitridate e Silla.

Per concludere c’è da considerare che l’appellativo di imperator nel contesto della Guerra Sociale, per designare un comandante militare, non appare inconsueto se si tiene conto che C. Papius ebbe il titolo di embratur, che è l’esatta traduzione in osco di imperator, su alcuni denari emessi dai ribelli italici negli stessi anni della Guerra Sociale. Ecco un denario a suo nome con embratur scritto al diritto:

post-7204-0-93261500-1427557398_thumb.jp

 

Questo è un ennesimo esempio dell’opportunità di un ripensamento sulla sistemazione di alcune emissioni romane repubblicane rispetto alla classificazione del Crawford.

Consiglio vivamente di leggere il lavoro originale di Assenmaker per una visione più dettagliata della problematica sulle monete di Silla.

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Se volete fornire ulteriori contributi si potrebbe sviluppare questa discussione in un articolo da fornire al Portale, come raccomandato da Reficul.

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Staff

Che dire @@acraf, questo tuo intervento è davvero di grande rilevanza ed unendoci ai propositi di Assenmaker possiamo tranquillamente dire che la cronologia di queste emissioni sillane non è affatto un "caso chiuso".

Monete castrensi, destinate ad un utilizzo militare, questo è probabilmente l'unico punto certo. Interessantissima è la rilevazione riguardante l'orientamento dei conii per i tipi della serie RRC 359 ma le evidenze che hanno permesso di inquadrare tali emissioni tra le produzioni di zecche militari sono più d'una. L'interpretazione della legenda Pro Q nelle serie RRC 367 lascia pochi dubbi e per dovere di cronaca è bene ricordare che tra i compiti di questori e proquestori vi era proprio quello di curare le finanze per conto dei generali nel corso delle campagne militari. Vi è poi la presenza in entrambe le serie di oro monetato ed anche questo è altamente significativo. Le successive azioni legislative sillane altro non fanno infatti che confermare la straordinarietà di queste emissioni auree in quanto le più attuali interpretazioni parrebbero suggerire che la lex Cornelia testamentaria nummaria dell'81 prendesse in considerazione le sole monete d'argento, non quindi quelle in oro e, per diverse ragioni, neppure quelle in bronzo. Se ne deduce che l'oro monetato non fosse quindi contemplabile tra il circolante ordinario mentre per il bronzo, visto il ben più basso valore, la falsificazione non avesse ragion d'essere.

 

Acraf, come si suol dire, ha messo molta carne al fuoco, ed a mio parere potremmo concentrarci sia su una puntale analisi dei rinvenimenti di queste tipologie monetali (riportando magari dati già elaborati) e sia sulla figura del pro quaestor L. Manlius.

Per quanto concerne quest'ultimo possiamo aggiungere qualche altro elemento... utile a complicarci un po' la vita...

L'età minima per l'accesso alle magistrature è argomento da tempo dibattuto ed a tal proposito non possiamo far a meno di tenere in considerazione la lex Villia annalis del 180 a.C.

Consiglio quindi di leggere questo contributo del Vallocchia:

http://dirittoestoria.it/10/Tradizione-Romana/Vallocchia-Lex-Villia-annalis.htm#_ftn22

 

Proviamo a fare qualche esempio concreto ed ipotizziamo come età minima per accedere alla questura i 25 anni mentre i 36 per accedere al consolato.

Qui mi sorge qualche dubbio sulla ricostruzione e conseguente esclusione di un "indiziato" proposta da Assenmaker. Non capisco perché il console del 65 L. Manlius Torquatus debba per forza di cose esser nato al più tardi intorno al 108.

Forse fu eletto console al compimento dei 36 anni e seguendo questa linea sarebbe nato nel 101 ed avrebbe potuto ricoprire la carica di proquestore solo nel 76, ma se invece avesse ricoperto il consolato all'età di 49 anni sarebbe nato nel 114 ed avrebbe potuto ricoprire la proquestura negli anni 90-89. 

Il problema è che questi limiti minimi di età non sono ancora stati ben individuati ed il caso di Scipione Emiliano ad esempio parrebbe suggerire che nel 148 i suoi 37 anni non furono considerati sufficienti per ricoprire il consolato. Stiamo comunque parlando di limiti minimi e partendo dalla data di un consolato penso sia arduo ricostruire l'intero corsus honorum di un personaggio.

Terrei anche in considerazione la così detta restaurazione sillana e le conseguenti leggi che, in molti casi, altro non fecero che ufficializzare tendenze affermate già da tempo. In tale ottica la lex Cornelia de magistratibus (sempre dell'81) portò ad un innalzamento delle età minime per l'accesso alle magistrature. Mi parrebbe quindi più logico pensare ad un Manlio Torquato console "over 40". I consoli del 65 furono per altro dei "sostituti" in quanto i due consoli già eletti nel 66 per l'anno successivo furono esclusi a seguito di un'accusa di corruzione. Anche in questo caso, visto il delicato momento, vedo meglio dei sostituti con una maggior esperienza alle spalle. Si tratta comunque di semplici congetture ma ciò non toglie che gli spunti di approfondimento certo non mancano.

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Awards

Caro Rapax, hai toccato, fra gli altri, un tasto molto delicato, che è quello della ricostruzione anagrafica di un personaggio politico sulla base del cursus honorum. E' vero che ogni incarico richiedeva una età minima per l'elezione e anche un intervallo minimo per una successiva elezione. Il problema è che queste regole iniziarono ad essere alterate e poi ignorate già nel corso dell'ultimo secolo a.C.

Mario ad esempio fu console per 5 volte in anni consecutivi, tra il 104 e il 100 a.C.

Silla fissò un intervallo di almeno 10 anni per poter concorrere un'altra volta allo stesso incarico (soprattutto quello consolare).

Il vero problema è non tanto stabilire una età minima, che più o meno si conosce, quanto la possibilità di una età maggiore (con conseguente retridatazione della data di nascita).

Per rinfrescare la memoria mia e di altri eventuali interessati, provo a stabilire quali erano i gradi del cursus honorum.

Innanzi tutto bisognava iniziare il servizio militare, in genere al compimento del 17° anno di età.

Solo dopo 10 anni di servizio militare iniziava il cursus honorum.

Quindi verso i 27 anni si entrava nel primo grado, quello di eques, ossia diventava cavaliere. Però in pratica, già durante i primi dieci anni di servizio militare, spesso dopo due o tre anni, e quindi all'età intorno ai 20 anni, qualcuno riusciva a diventare tribunus laticlavius (tribuno militare).

Solo verso i 30 anni si poteva entrare nella carriera politica, col secondo grado di questor (questore). Ma un patrizio poteva diventare questore due o tre anni prima, quindi già verso i 27 anni (anche 26 anni, come nel caso di Tiberio Gracco). Solo al tempo di Augusto l'età per diventare questore fu abbassata a 25 anni.

Un ex questore poteva poi aspirare alla successiva carica di aedilis (edile) verso i 36 anni. A rigore però questa carica (che poi decadde già verso la fine della repubblica romana) non faceva parte del cursus honorum e quindi tale passaggio non era obbligatorio per passare a incarichi più elevati.

Grosso modo alla stessa età si poteva diventare tribunus plebis (tribuno della plebe), che era un importante incarco politico per un plebeo, anche se pure questo non faceva parte del cursus honorum.

Verso i 39 anni (almeno 30 anni con la riforma di Augusto) si diventava praetor (pretore), che era una carica importante, con responsabilità giudiziarie. Inoltre solo come pretore si iniziava a poter tenere un comando militare (imperium), specie in assenza del console o come governatore di una provincia romana. Dopo essere stato pretore (anche se non obbligatoriamente), era possibile diventare propretore, con incarichi equivalenti, solo dopo un senatus consultum. Tale incarico di promagistratura nacque per poter assicurare incarichi decisionali nelle crescenti province romane.

L'incarico successivo era quello di consul (console). Per la verità ricordavo che l'età minima per diventare console era di 42 anni (abbassata al solito da Augusto a 33 anni). A Roma ogni anno venivano nominati due consoli, al vertice della carriera repubblicana, e automaticamente ottenevano dal Senato l'imperium. Si poteva diventare di nuovo console (consul iterum) solo dopo dieci anni (quindi intorno a 52 anni). All'estero il console aveva il potere assoluto sull'esercito e su ogni provincia romana.

Al ternine del consolato si poteva diventare proconsole, il successivo grado della promagistratura, in genere per diventare (o continuare) come governatore delle principali province romane (es. Gallia e Hispania).

Il più alto incarico della magistratura ordinaria era costituito dal censor (censore), preposto al censimento ogni cinque anni (e venivano nominati due censori per una durata di diciotto mesi). Normalmente solo gli ex-consoli potevano aspirare a tale incarico, considerato molto prestigioso. Quindi normalmente un censore era già intorno alla mezza età (almeno intorno a 45 anni).

 

Quindi bisogna fare una distinzione sugli incarichi in piena età repubblicana e non usare i criteri della riforma augustea, che ha nettamente abbassato i limiti di età per un cittadino romano. Al tempo di Silla quindi dovevano ancora valere i limiti di età che erano più alti.

Avvisatemi se ho commesso errori nella succinta stesura del cursus honorum (invero più complicato e che prevede anche altre magistrature straordinarie, come la dittatura....).

 

Tornando alla questione di Manlio Torquato, devo ancora ragionarci sopra e magari chiederò io a Pierre (Assenmaker) maggiori dettagli: è una persona di estrema gentilezza e corrisponde anche in italiano, che capisce bene. So che verrà al convegno di Taormina, dove presenterà una relazione incentrata proprio sul titolo di imperator in età repubblicana.

Il problema è che mi sto occupando di altre emissioni repubblicane e non ho molto tempo a disposizione.

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Silla nacque nel 138 a.C. e fu nominato questore da Mario nel 107 a.C.: quindi aveva quasi 30 anni, in linea con il cursus honorum. Divenne pretore intorno al 100 a.C. e quindi a 38 anni, in leggero anticipo (e non mancarono accuse di corruzione degli elettori).

Divenne propretore e governatore della Cilicia nel periodo 96 - 93/92 a.C.: solo allora ebbe per la prima volta l'imperium, essendo appunto diventato responsabile dell'esercito romano di stanza in quella zona. Un termine equivalente è legatus (legato).

Durante la guerra sociale era legato dei consoli L. Iulius Caesar (nel 90 a.C.) e L. Porcius Cato (nell'89 a.C.). Quando il console Cato rimase ucciso nella battaglia del lago Fucino contro i ribelli italici. Quasi sicuramente, anche se le fonti storiche non sono esplicite, l'imperium passò nelle mani del legato Silla, che così potè subentrare al console ucciso al comando delle sue legioni. 

Riuscì a riportare importanti vittorie contro gli Italici ed ebbe buoni titoli per diventare finalmente console, nell'88 a.C., con automatico rinnovo dell'imperium. Aveva compiuto 50 anni (e quindi di età già superiore alla soglia minima per diventare console). Poi dall'87 all'82 a.C. rimase proconsole, rinnovando ancora l'imperium, fino al trionfo dell'81 a.C.

Assenmaker sottolinea che comunque Silla aveva i requisiti per avere il titolo di imperator, anche durante i vari periodi di comando militare cum imperio.

 

Passando a L. Manlio, chi poteva essere costui?

Se consideriamo la tradizionale attribuzione a L. Manlius Torquatus, che divenne console nel 65 a.C. proviamo a dargli l'età minima che doveva essere almeno di 42 anni (ma anche di più, come nel caso di Silla stesso). Come proquestore, quindi subito dopo essere stato questore, doveva avere almeno circa 31-32 anni quando curò le emissioni RRC 367, un incarico perfettamente adatto a un proquestore, che appunto fra i suoi compiti aveva quello di occuparsi dell'amministrazione finanziaria della campagna militare. Come proquestore (e anche questore) non veniva scortato dai littori e non poteva avere lui l'imperium.

Salta fuori che se nel 90 a.C. L. Manlius aveva circa 31 anni, nel 65, come console, doveva avere già 56 anni, una età piuttosto alta per un console (anche se non inverosimile). Ecco perchè Assenmaker storce il naso di fronte all'identificazione con L. Manlius Torquatus (eppure nell'aureo RRC 367/2 si nota una lettera dopo L. MANLI, che sembra essere una T coricata, quindi compatibile per Torquatus, e ricordo che Bahrfeldt nel 1923 aveva interpretato questa lettera coricata addirittura come una L per indicare il cinquantesimo anno di età di Silla nell'88 a.C. !).

L'alternativa proposta era del L. Manlius che fu proconsole nel 78 in Gallia Nerbonensis. E' un personaggio poco noto alla storia e poco dopo conobbe una grave sconfitta uscendo dalla scena politica. Non risulta che fu console, ma probabilmente pretore nell'anno precedente, 79 a.C. La sua età diventa compatibile con quella del proquestore nel 90-89 a.C.

 

Restano però sinceri dubbi sulla retrodatazione da parte di Assenmaker dell'emissione RRC 367 agli anni della Guerra Sociale.

Non so quanto potere aveva realmente Silla in quegli anni, che era solo legato, seppure con l'imperium, per potere curare una emissione così straordinaria. Va bene che erano tempi straordinari, ma ce ne corre per creare pure una moneta d'oro, mai più coniata dopo l'oro marziale della seconda guerra punica (con l'eccezione della particolare emissione di Flaminino in Asia).

 

Resta, come ha giustamente rilevato Rapax, la necessità di una rilettura di tutti i ripostigli che arrivano fino all'82 a.C. Serve molto il Backendorf 1998, che consulto solo alla biblioteca dell'Istituto Italiano di Numismatica e non ho sottomano.

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Confesso che neppure io ho ancora trovato il tempo di soffermarmi con la giusta attenzione e con la dovuta calma sulle parti salienti dell'articolo di Assenmaker e ti ringrazio per aver ripercorso a vantaggio di tutti le principali tappe del cursus honorum. Sinceramente nel mio precedente intervento ero andato molto a naso, ma direi che la giusta strada per un'eventuale mirato approfondimento l'abbiamo individuata. Ancor prima di iniziare sono quasi certo che non avremo modo di identificare senza margini d'errore il Manlius responsabile dell'emissione, ma la possibilità di accreditare maggiormente il console del 65 piuttosto che il proconsole del 78 direi che c'è.

 

Per quanto riguarda la rilettura dei ripostigli tra qualche giorno potrei iniziare a lavorarci, ma il tuo aiuto sarà poi fondamentale. 

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Ringrazio per la collaborazione: onestamente si tratta di un argomento abbastanza complesso, che va studiato a fondo e con calma.

Il decennio che va dal 91 all'82 a.C. fu decisivo per le sorti della repubblica romana e contiene sia il periodo della guerra sociale (91-87 a.C.) sia della successiva guerra civile tra mariani e sillani, che vide anche gli ultimi sussulti dei ribelli italici, ormai legati ai superstiti mariani (86-82 a.C.), senza considerare anche le guerre all'esterno del territorio italiano, come contro Mitridate e i Greci.

Quindi da una parte appare evidente come la quasi totalità delle emissioni romane di quel decennio avesse finalità militari e molte coniate al seguito delle truppe romane (da una parte o dall'altra).

L'analisi dei ripostigli che risalgono a quel decennio sarebbe molto importante e se Crawford ne ha analizzati non pochi, altri non sono presenti nella sua valutazione.

Ho notato che lo stesso Crawford aveva proposto un diverso ordine delle emissioni sillane, in uno dei suoi primi articoli pubblicati, nel 1964 (The Coinage of the Age of Sulla, The Numismatic Chronicle, 7/4, 1964, p. 141-158). Ancora non ho capito bene cosa esattamente l'ha spinto a modificare nel suo famoso catalogo di dieci anni dopo (Roman Republican Coinage, Cambridge 1974).

Questo articolo non credo sia reperibile su internet, ma potrei scansionarlo.

In ogni caso è una prova della complessità di quella monetazione....

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evidenziando l’esistenza di una polisemia (ossia di un termine cha ha più significati) del nome di imperator nei documenti ufficiali repubblicani. In pratica: ogni magistrato (o promagistrato) detentore dell’imperium (ossia del comando militare) poteva designarsi come imperator e la presenza del titolo nelle iscrizioni e sulle monete non deve necessariamente essere interpretata a priori come facente riferimento a un’appellatio imperatoria.

 

 

Bellissima sintesi, acraf.

 

Però Ti chiedo: è attestata, epigraficamente, questa polisemia? Siamo sicuri - da fonti diverse da quelle numismatiche - che il titolo di imperatori fosse attribuito a magistrati dotati di imperium, anche se NON avevano goduto di appellatio imperatoria?

Io non ne sono tanto convinto ... 

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Domanda molto pertinente.

Ci sarebbe intanto la testimonianza di Dione Cassio (43, 44, 2), a proposito di Cesare. Purtroppo è in greco e la traduzione del suo brano suona:

"Inoltre, gli fu ora applicato, il primo e per la prima volta, come una sorta di nome proprio, il titolo di imperator, non più soltanto secondo l'antico uso, per cui Cesare e gli altri erano stati spesso così chiamati come risultato delle loro guerre, e neppure come erano stai chiamati quelli che avevano ricevuto un comando indipendente o altra magistratura, ma accordandogli una volta per tutte questo titolo che ancora ora viene concesso a coloro che detengono successivamente il potere".

Questa testimonianza fa capire che c'erano due casi o significati da dare al titolo di imperator in età repubblicana: il primo, considerato tradizionale, che veniva riservato al generale chiamato così a seguito di una vittoria; un secondo, meno restrittivo, per cui veniva asseganto a ogni magistrato provvisto di un "comando indipendente" o di qualche "altro potere" o di una "magistratura".

Ovviamente quando si parla di una vittoria può implicare che c'era una appellatio imperatoria.

Ancora su Dione Cassio, a proposito di Bruto (47, 25, 2) accenna che:

"....ed egli ha anche invaso il paese del Bessi, nella speranza che potesse al contempo punirli per il male che stavano facendo e di investire se stesso con il titolo e la dignità di imperator, pensando che dovrebbe quindi continuare più facilmente la sua guerra contro Ottaviano e Antonio. Egli ha agito soprattutto con l'aiuto di un certo principe di nome Rhascyporis....."

Putroppo le fonti storiche che parlano del titolo di imperator risalgono generalmente già all'epoca imperiale e quindi risentono dell'ormai mutata evoluzione di tale titolo, che divenne poi sinonimo dello stesso capo dell'impero romano....

 

Storicamente si tende a far nascere l'appellatio imperatoria al tempo di Scipione Africano, che avrebbe appunto ottenuto il titolo di imperator grazie a un'acclamazione da parte delle sue truppe durante le sue campagne militari nel 209-208 a.C., grazie a due testimonianze, con versioni molto comparabili: Tito Livio 27, 19, 4-5 e Polibio 10, 40, 4-5.

Dopo Scipione, le più antiche testimonianze epigrafiche del titolo di imperator risalgono al II secolo a.C.. Per rimanere a quel secolo abbiamo le seguenti testimonianze:

 

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Se per Scipione, a fine III secolo a.C., sembra attestata una acclamazione imperatoriale (quasi fosse una sorta di re...), per questi personaggi storici, specialmente i primi, mancano situazioni che facciano pensare a una acclamazione imperatoriale, e ci sono storici che pensano che nelle più antiche epigrafi il titolo era stato messo solo per indicare un personaggio provvisto di un completo imperium.

Alcune di queste epigrafi, come ad esempio l'elogium per Metellus Caprarius, sembrano redatte per un contesto provinciale, dove l'imperium militiae era in mano al magistrato o promagistrato incaricato come governatore della provincia.

Abbastanza indicativa poi l'epigrafe bilingue, latina e greca, a nome di Minucius Rufus: è chiamato imperator nel testo latino, mentre nella versione greca è indicato con le ultime tre parole, che significato letteralmente "console dei Romani". Quindi per i Greci imperator indicava un magistrato provvisto di imperium come appunto un console.

Interessante anche la lunga epigrafe dedicatoria a Mummius, consul e imperator. Tutta l'epigrafe, che si sviluppa in 10 righe:

 

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dice testualmente che: "Lucio Mummio, figlio di Lucio, console, sotto la condotta, gli auspici e il comando del quale fu conquistata l'Achaia e distrutto Corinto, ritornò a Roma da trionfatore; in ragione delle sue imprese, in quanto aveva fatto il voto alla guerra, egli dedicò questo tempio e questa statua a Ercole Vittorioso in quanto comandante".

Quindi in questo caso il titolo di imperator sembra riferisirsi piuttosto al suo "ruolo istituzionale". In teoria, avendo ottenuto dal Senato l'autorizzazione a trionfare, non avrebbe potuto superare il pomerium conservando l'imperium durante la cerimonia. L'epigrafe, eretta a Roma, menziona semplicemente che Mummio ha messo l'accento sul particolare suo stato di generale trionfante, contribuendo a fare del trionfo un momento di eccezione nella vita politica e religiosa romana. In simile contesto appare più logico che Mummius ci teneva ad esaltare la sua eccellenza come comandante militare. Le tre parole ductu auspicio imperiose. poste dopo la titolatura, enunciano i fondamenti religiosi e militari del potere dell'imperatore, indipendentemente da una acclamazione da parte delle truppe (di cui non c'è cenno).

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Staff

In merito ai ripostigli, ho iniziato a raccogliere un po' di informazioni, soprattutto in termini di riferimenti bibliografici ed il compito, come prevedibile, è tutt'altro che semplice. Fregagnano, Amaseno, Cupi di Montiano, Santa Domenica di Ricardi sono solo alcuni... e tra questi c'è anche il ripostiglio di "Cascina Beldì" di Oleggio (NO).   

Purtroppo si tratta di un ripostiglio non integro, ove un imprecisato numero di denari è stato impastato insieme all'argilla utilizzata per la preparazione di mattoni ed è finito in fornace. Delle 528 monete recuperate 222 sono finite al Medagliere di Torino e 6 nelle Civiche Raccolte di Novara (ovvero sono ad oggi "disperse" nei meandri dei magazzini di Biandrate...). 

 

Ecco la scheda del ripostiglio ed i riferimenti bibliografici:

http://numismatics.org/chrr/id/OLE

AIIN 5-6, 1958-1959, pp. 250-251; RRCH, n. 241; Backendorf 1998, p. 91.

 

Il tipo RRC 367/5 è etichettato come "estraneo" ed è il denario tipo RRC 350A/2 dell'86 a "fissare" la data di chiusura.

 

Ecco una foto (anche se in bassissima qualità) del denario 367/5 rinvenuto nel ripostiglio di Cascina Beldì:

 

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Monete dal tesoretto di Oleggio. Cascina Beldì

 

Purtroppo è doveroso sottolineare che, in qualsiasi caso, siamo di fronte ad un semplice indizio. @@acraf tu cosa ne pensi? 

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Awards

Acraf,

 

le Tue argomentazioni sono esaustive, ma io resto un po' scettico.

 

Che imperator significhi "magistrato munito di imperium" è "lectio facilior", per cui potrebbe ben essere nata da una tradizione errata ...

 

Che invece fosse chiamato imperator colui che era stato acclamato dalle truppe come bravo combattente stupisce; si può comprenderlo solo richiamando e mettendo a sistema due peculiari categorie del pensiero giuridico romano:

  • quella per cui l'imperium deriva, in epoca pre-storica, dal potere militare del rex (semplificando: il potere militare è potere di uccidere lecitamente, quindi implica il potere di imporre coattivamente la volontà della res publica; tale potere di imposizione della volontà pubblica è appunto l'imperium storico, che è assieme potere esecutivo, giudiziario e - nei limiti del ius honorarium, su cui non mi dilungo salvo che interessi a qualcuno - di produzione normativa);
  • quella per cui una situazione di fatto, dopo che si è stabilmente radicata nella realtà, assurge a situazione di diritto, come nei casi dell'usucapione, del possesso (tutelato anche contro il proprietario) e del matrimonio fondato sulla convivenza more uxorio (distinto da quello instaurato con la confarreatio).

Combinando queste due idee, molto peculiari e risalenti, si ottiene che chi sa condurre le truppe in battaglia (= situazione di fatto) ... è imperator (= situazione di diritto, cossustanziale all'esercizio dell'imperium).

 

I testi che Tu riporti non mi sembrano decisivi per affermare che, prima di Cesare, imperator potesse significare anche "colui chi esercita l'imperium".

Per quanto attiene a Minucius Rufus, noto che "strategòs" in sè significa proprio "comandante dell'esercito" ed è, quindi, la naturale traduzione tecnica di "imperator", non di "consul". Certo, so bene che veniva utilizzato per indicare i consoli, ma questo solo perché le tradizioni giuridiche greche non avevano una parola ad hoc per indicare questa (splendida) invenzione giuridica del "mezzo re elettivo" (perché questo era il console), peculiare di Roma.

Per quanto riguarda Mummius, noto che l'esercizio dell'imperium è legato, semanticamente, alla frase in cui egli è appellato consul, non a quella (successiva) in cui è detto imperator, per cui sembrerebbe una prova a favore del fatto che imperator non significhi (a dispetto della radice etimologica) "colui che esercita l'imperium", piuttosto del contrario.

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Il mio interesse verso il recondito significato del termine "imperator" è nato durante lo studio per la stesura di un Corpus dedicato all'emissione di Cneo Domizio Calvino a Osca, nel 39 a.C. (RRC 532/1).

 

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Si vede chiaramente che egli portava il titolo di Consul Iterum Imperator.

Bisogna sapere che Calvino divenne console per la seconda volta nel 40 a.C., garzie al sostegno di Ottaviano (era stato console per la prima volta nel 53 a.C., un anno molto travagliato, con l'incarico iniziato solo a luglio e con disordini fomentati dai due capipopolo P. Clodio Pulcro e T. Annio Milone).

Nell'anno successivo, nel 39 a.C., non era più console, ma fu inviato come governatore, con grado proconsolare, in Hispania, ove rimase fino al 36 a.C.

Già nel primo anno del suo governo provinciale, verosimilmente in estate, aveva scatenato una guerra contro i Cerretani, gli ultimi hispani che ancora non si erano totalmente sottomessi ai Romani e che occupavano monti e valli al centro di Pirenei (vicino all'attuale Andorra). 

Evidentemente Calvino aveva intenzione di assicurarsi il completo controllo dei passaggi anche attraverso la zona centrale dei Pirenei verso la Gallia, anche se da tempo ormai esistevano tranquille vie di comunicazione sui due lati costieri (atlantico e mediterraneo). Per la verità tali passaggi non avevano costituito un serio problema per le truppe romane e già al tempo di Sertorio i Romani vi passavano, dietro qualche tributo alle locali tribù.

Fu una guerra relativamente facile e di breve durata, grosso modo un anno.

L'ipotesi prevalente era che solo dopo le prime vittorie e uccisioni di ribelli cerretani (c'è anche una letteratura per cui in certi casi l'acclamazione imperatoriale veniva concessa solo dopo l'uccisione di un certo numero di nemici, da 5.000 a 10.000) Calvino era stato acclamato imperator dalle sue truppe (mancano comunque testimonianze scritte in tale senso). In tale caso la produzione di tali denari, per la verità non molto abbondante e di breve durata (ho riconosciuto solo 18 conii sia del D sia del R sicuramente autentici, con frequenti incroci di conio), sarebbe servita per pagare solo uno dei tre stipendia annuali (ed erano in attività due legioni), forse quello di settembre, essendo forse sufficiente il numerario circolante e conquistato con la guerra per i resto della paga delle truppe.

Si nota come Calvino abbia fatto riferimento al suo secondo consolato, che però a rigore era dell'anno precedente. Come proconsole e generale di due legioni romane aveva sicuramente l'imperium e mi chiedevo se lui avesse apposto il titolo di IMPerator già all'inizio della campagna militare, con una produzione soprattutto propagandistica e magari destinata già alla prima o meglio seconda rata dello stipendium (non dimentichiamo che normalmente lo stipendio annuale di un legionario, che allora ammontava a 225 denari, veniva pagato in tre rate: a Gennaio, Maggio e Settembre). Appare in questo caso ovvio che il buon esito della breve campagna militare ha reso poi superfluo continuare la produzione del denario a proprio nome, essendo più economico urilizzare il denaro reso disponibile da conquiste e sequestri.

Calvino riuscì a raccogliere sufficiente oro per poi tornare a Roma e celebrarvi il trionfo nel 17 maggio 36 a.C., rinunciando anche alla coronarium aurum (corona d'oro, messa a disposizione da Roma stessa) e poi procedere al costoso restauro, in marmo bianco, della Regia, che era danneggiata da un precedente incendio, confermando il suo stretto legame con la casta sacerdotale dei Pontefices.

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Si vede chiaramente che egli portava il titolo di Consul Iterum Imperator.

 

 

Secondo me anche questa emissione dimostra che il titolo di imperator non è attribuito per il fatto di esercitare l'imperium. Infatti, se così fosse, non avrebbe alcun senso giustapporlo a quello di consul (o proconsul che sia).

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Si nota come Calvino abbia fatto riferimento al suo secondo consolato, che però a rigore era dell'anno precedente. 

 

Questo non mi stupisce, perchè, a rigore giuridico, il proconsolato non era una situazione di diritto ma (ancora una volta!) una situazione di fatto, connessa con la conservazione dell' imperium ("prorogatio imperii") legittimamente esercitato da console (o da pretore). Il prefisso pro-, nei sostantivi proconsul e propraetor, vale "colui che fa le veci del". 

 

Quindi, in punto di diritto, Calvino non "era proconsole", ma "continuava a esercitare il potere già posseduto nel corso del suo (secondo) consolato".

 

Certo, si tratta di un'affettazione ...

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Ti ringrazio per il ragionamento giuridico dell'antica Roma.

Calvino era un tipico esponente della sua generazione, che aveva dovuto cercare di sopravvivere ai difficili tempi. Anzi fu l'unico console coetaneo di Cesare che riuscì a sopravvivere a tutte le guerre civili. Dopo un passato nelle file conservatrici, passò al partito filocesariano e fu grande amico di Cesare ed ebbe la gloria per avere comandato la parte centrale (con 5 legioni) dell'esercito di Cesare nella vittoriosa battaglia di Farsalo, in Tessaglia, nel 9 agosto 48 a.C., ma conobbe anche sconfitte come nella battaglia di Nicopoli (dicembre 48) e fu salvato da Cesare. Dopo la morte di Cesare, passò dalla parte di Ottaviano, anche se con qualche equidistanza, e fu responsabile della perdita della flotta che trasportava una legione da Brindisi alla Grecia, in aiuto dell'esercito di M. Antonio e Ottaviano, ad opera della flotta dei cesaricidi, comandata da Cn. Domizio Ahenobarbo e L. Staio Murco (pure loro autori di proprie emissioni monetarie econ titolo di IMP), nello stesso giorno dell'inizio della prima battaglia di Filippi (3 ottobre 42). Calvino si salvò a stento e riuscì a tornare a Brindisi.

Eppure Calvino ebbe l'abilità di rimanere a galla nella politica e grazie alla sua fedeltà a Ottaviano ebbe, solo due anni dopo, il secondo consolato.

Sicuramente non gli difettava una forte opinione di sè stesso e non mancò di rimarcare il suo titolo di "continuatore del potere conferito dal suo secondo consolato". Concordo che l'aggiunta del titolo di IMPerator, sul piano strettamente giuridico, era a rigore superflua per la presenza dell'altro titolo comunque legittimo e con implicito imperium. Dato l'esito vittorioso della campagna militare contro i ribelli Cerretani appare molto logico che abbia avuto una appellatio imperatoria dalle sue truppe.

A proposito della sua campagna militare in Spagna, le uniche fonti letterarie sono costituite da Cassio Dione e da Velleio Patercolo, che menzionano un medesimo episodio di ferrea disciplina militare imposta dal governatore, che non esitò a condannare a morte il capo dei suoi centurioni (centurio primipilus) per punire disertori che erano fuggiti dopo una imboscata che aveva causato la morte di un suo luogotenente....

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Secondo Cassio Dione anzi Calvino mise a morte anche un soldato ogni 10 uomini in due centurie, mentre Velleio Patercolo accenna alla condanna a morte solo del capo dei centurioni.

L'esecuzione fu terribile e prende il nome di fustuarium. In pratica, il condannato a morte veniva ucciso dai propri soldati mediante collettive percosse con bastoni (fustis). Nel caso di esecuzione di un milite ogni dieci normalmente si ricorreva alla spada, al posto delle mazze....

I nazisti forse si ricordavano di questa regola (uno ogno dieci uomini) quando particavano le rappresaglie contro i partigiani....

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