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LA ZECCA DI AQUILEIA: LE STRUTTURE ARCHITETTONICHE NELLA MONETAZIONE DEL PATRIARCA BERTOLDO


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A Udine, al di sotto del palazzo del Luogotenente veneto tuttora definito «castello», rimangono diversi resti archeologici riemersi nei decenni scorsi come le fondamenta di una torre a base triangolare.(BERGAMINI - BUORA 1990, p. 36 sintesi dei risultati degli scavi del 1970 e del 1989/90). Presso la Biblioteca civica “Vincenzo Joppi” di Udine è conservato un disegno acquerellato, generalmente datato al XVII sec. raffigurante “a volo d’uccello” la porzione urbana un tempo racchiusa entro la cosiddetta “seconda cerchia” – corrispondente grossomodo all’odierno centro storico – vista da ovest) : il castello è rappresentato da un’alta torre a tre lati fiancheggiata da un edificio cupolato (considerando la posizione, dovrebbe trattarsi della chiesa castrense) entro la più interna di due cinte di mura, ognuna dotata di almeno due “torrette”. (fig 1)

Il beato patriarca Bertrando in preghiera nella sua camera all’interno del palazzo di Udine, opera custodita presso il Museo del Duomo di Udine (DE MARCHI 2004 e BAGNAROL 2010) (fig.2)

Da la Vergine con il Bambino (codice della Confraternita di Santa Maria di Castello) custodito presso la Biblioteca Capitolare udinese, il vecchio palazzo/castello patriarcale . (RIZZI 1983) (fig.3)

La miniatura policroma raffigurante a tre dimensioni il palazzo turrito, fra la chiesa di Santa Maria e il torrione dell’orologio con i “mori”, contenuta in un codice del De magno schismate di Antonio Baldana, redatto entro il 1419 e oggi conservato alla Palatina di Parma. (GUERRINI 1992) (fig.4)

Nel caso del denaro di Bertoldo IV 1218-1251 BERTOLDVS P., CIVITAS AQVLEGIA Bernardi 14, lo stile di un simile disegno araldico si può definire senza dubbio «realistico» e si caratterizza per la raffigurazione prospettica probabilmente di uno dei principali castelli patriarcali. Il patriarca Bertoldo fu il primo a valorizzare Udine (all’epoca l’immagine dell’odierno capoluogo friulano in sostanza coincideva con il castrum di Udene concesso ai patriarchi due secoli prima, nel 983) (1), si può avanzare l’ipotesi che il conio riprenda schematicamente proprio il castello udinese.

(1) la più antica attestazione scritta conosciuta riguardante il castello di Udine coincide con quella che al momento è la più risalente attestazione nota del nome della città: si tratta del diploma con cui nel 983 l’imperatore Ottone II confermò alla Chiesa di Aquileia allora retta dal patriarca Rodoaldo (ca. 963-983) cinque «castella» già donati in precedenza da propri predecessori (presumibilmente Berengario II o Ottone I) a uno dei predecessori di Rodoaldo (presumibilmente il patriarca Enghelfredo, ca. 944-963), fra i quali anche quello denominato «Udene» (Peter Štih in TAVANO-BERGAMINI 2000, p. 166) (fig.5/6)

Bibliografia

G. BERGAMINI - M. BUORA, Il castello di Udine, Comune di Udine, Udine 1990.

G. BERNARDI, Monetazione del patriarcato di Aquileia, Udine 1992.

G. CAIAZZA LE RESIDENZE DEI PATRIARCHI DI AQUILEIA (secoli XIII-XIV) 2014-2015

P. GUERRINI, Le illustrazioni del “De Magno Schismate” di Antonio Baldana, in M. CHIABÒ, Alle origini della nuova Roma. Martino V (1417-1431), atti del convegno marzo 1992), Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Roma 1992

A. RIZZI, Udine tra storia e leggenda nell’arte e nell’iconografia, Istituto per l’Enciclopedia del Friuli Venezia Giulia, [Udine] 1983.

S. TAVANO - G. BERGAMINI, Patriarchi. Quindici secoli di civiltà fra l’Adriatico e l’Europa centrale, Skira, Ginevra-Milano 2000.

 

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Interessantissimo. Stasera se mi ricordo ti allego delle pagine di un mio estratto di una rivista storica del '700.

Sono molto affezionato al piccolo ma delizioso museo del duomo della mia città (dove è conservata la pala con il patriarca Bertrando, nonché il suo sarcofago originale), perché mio papà nei suoi ultimi anni faceva il volontario come guida. Esso si trova alla base del campanile del Duomo, a pochi metri dalla cosiddetta "Porta dei Feruglio", un portale in stile gotico eretto nel '300 grazie alla donazione di un mio antenato, Nicolò de' Faruglis, membro della confraternita dei pellizzari (pellicciai).

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