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Navi greche e Romane


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Inviato

Carissimo Lepanto,

gli spunti di approfondimento storico sono tanti e tutti molto interessanti e meritevoli di attenzione. Per quanto mi riguarda è proprio vero che ho una certa predilizione per la storia ellenistica, anche se non disdegno, ovviamente il ruolo delle navi presso i Romani (d'altra parte proprio nella città di Milazzo, ossia a una trentina di Km da casa mia, i Romani guidati dal console Caio Duilio colsero la loro prima vittoria navale sulla nave ammiraglia di Annibale - una eptareme, con sette rematori per remo - che fu celebrata con una colonna rostrata e un'iscrizione commemorativa.

Per dare ordine alla discussione partiamo dai Greci. Le navi presso i Greci rivestivano una vera e propria sacralità. In un passo delle Argonautiche si illustra l'intervento di Atena alla costruzione della nave Argo e si concretizza maggiormente nell'inserimento nella chiglia di una trave ricavata da una quercia di Dodona, sede oracolare di Zeus Naios, nella quale i responsi provenivano da una quercia sacra. La nave era vista come madre protettrice e contenitrice, che guiderà gli uomini sui mari con il suo occhio apotropaico sino a giungere all'attuale battesimo delle navi, stringendo sempre più il legame fra uomo e nave (Argonautiche, IV 1326).

Il buon capitano prima di partire (come fa Telemaco nell'episodio dell'Odissea, II, 382-413) consulta la tradizione orale, in possesso degli oracoli, o forse utilizzava i peripli, i più antichi dei quali risalgono al VI secolo a.C. (come quello di Scilace), in cui si raccolgono tutte le esperienze pratiche "anonime" in una cultura geografica scritta e basata su tradizioni ancora più antiche. Non vorrei dilungarmi troppo e passo brevemente alla famosa trireme greca, la cui origine è ancora oggi dibattuta. Secondo la testimonianza tucididea (I 13), l'invenzione di tale nave sarebbe da attribuire a Corinto e per la precisione al costruttore navale Ameinocle.

Sempre Tucidide dice che la data della costruzione ebbe luogo circa 300 anni dopo la fine della guerra del Peloponneso, intorno al 704, anche se gli inglesi John S. Morrison e John F. Coates tendono a spostarla al 650, in quanto coinciderebbe con lo scontro fra Corinto e la sua colonia Corcira.

Lo studio condotto da John Morrison e John Coates ha sciolto i dubbi su quale aspetto avesse la trireme ateniese, permettendone addirittura una ricostruzione in scala 1:1 chiamata Olimpias. Tutti i dati che qui si presentano sono desunti da questo studio (The Athenian Trireme, Cambridge University Press, 2000, Il ed.), che, a sua volta, si basa su dati letterari (fonti antiche), epigrafici (i rendiconti del Pireo), archeologici (gli arsenali dì Zea e Munichia e le rappresentazioni vascolari).

La nave era lunga 35 m, larga alla sezione maestra 5,50 m circa, l'opera morta era alta 2,40 m, l'opera viva pescava 1,20 m, per un totale di 3,60 m. Stazzava 451 ed era costruita in pino mediterraneo; assemblata con il metodo «a paro», cioè prima ponendo il fasciame e poi inserendovi le costole di rinforzo (Teofrasto riporta che sono in acacia: 4.2.8).

La trireme era anche dotata di una grossa cima (upozoma), che univa all'interno e da prua a poppa lo scafo, per due volte, risultando cosi due cime parallele. Ciò serviva a irrobustire la chiglia, che poteva spezzarsi sotto l'azione del moto ondoso.

Non è improbabile che tale tecnica fosse retaggio di periodi precedenti, quando gli scafi, ancora più fragili, necessitavano di un sistema di elasticizzazione della chiglia senza irrigidirla. In questo la testimonianza di Apollonio Rodio (Argonautiche, I 366-370), che riporta la messa in opera di questa cima nella nave Argo, potrebbe essere la reminiscenza dell'uso di questa tecnica già prima del V secolo.

Una trireme aveva una vita media di una ventina d'anni, dopo di che poteva essere venduta o posta in disarmo. Altrimenti veniva adoperata dallo Stato per il trasporto dei cavalli dei reparti di cavalleria, eliminando le ultime due file inferiori di rematori (zeugitaie thalamitai) e ricavando cosi spazio per il ponte, sul quale venivano ospitati gli animali.

Per quanto riguarda la guerra dei Diadochi, molto in breve è noto che Alessandro allargò enormemente la zona di influenza dell'Ellade, grecizzando (più che macedonizzando) tutto il bacino del Mediterraneo orientale fino al Golfo Persico. I suoi successori, i diadochi, che tripartirono il suo Impero fra Macedonia, Siria ed Egitto, svilupparono una corsa a nuove armi (che la Grecia aveva trascurato), la cui massima manifestazione si ebbe in campo navale. La classica trireme greca, che già si era imposta in tutto il Mediterraneo, si trasformò in quinquereme e poi in navi ancor più grandi con un maggior numero di ordini di remi. La gigantessa dei mari, la Quaranta di Tolomeo V d'Egitto, aveva una lunghezza di 150 metri e una larghezza di 19, e imbarcava 4.000 rematori, 2.800 soldati e 400 membri dell'equipaggio. Con 7.200 uomini a bordo è la nave da guerra con l'organico più numeroso costruita fino a oggi, e tuttavia il suo valore militare era pressoché nullo.

Si tratta solo di spunti di discussione, che spero risultino di un qualche interesse :)

Giacomo

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Inviato

Nave romana nel celeberrimo mosaico di Palestrina II - I sec. a.C.

Giacomo

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Inviato

Inserisco foto di soldati su una nave romana, da Palestrina. I sec. a.C. Albenga, Museo Navale Italiano.

Giacomo

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