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Valore delle merci e servizi nel cremonese al tempo della Serenissima


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Buona serata

Qualche giorno fa, l'utente @Enrico Pizzo aveva richiesto informazioni circa il prezzo di alcuni beni di consumo ai tempi della Serenissima.

Allo Stesso avevo fatto presente che, spesso, in taluni libri si trovano delle informazioni limitate ad un dato periodo e per talune merci e/o servizi ed ecco che, manco a farlo apposta, in un libro che sto leggendo: "Cremona durante il dominio de' veneziani"  di Guido Sommi Picenardi, Milano 1866, ho trovato qualche informazione che gli può tornare utile; allego quindi il link:

https://archive.org/details/cremonaduranteil00somm/page/n103

In questo caso parliamo di Cremona sotto il dominio veneziano, durato solo dieci anni, dal 1499 al 1509 e l'autore si esprime, ovviamente, usando monete, unità di misura e in genere termini prettamente veneziani e non cremonesi.

A beneficio di coloro che non volessero scaricare il libro, ne cito alcune:

Emolumento riconosciuto al Podestà veneziano, Domenico Trevisan = 100 ducati d'oro mensili

Emolumento riconosciuto al Capitano veneziano, Niccolò Foscarini = 100 ducati d'oro mensili

Emolumento riconosciuto al Castellano veneziano, Paolo Dandolo = 40 ducati d'oro mensili

(Questi emolumenti tenevano conto del fatto che, a carico di queste persone, c'era un numero variabile di servitori e cavalli ai quali dovevano provvedere di tasca propria)

In occasione di una grave carestia, causata da elementi naturali, quale siccità e straripamento del Po, vengono elencati alcuni prezzi di derrate alimentari che hanno raggiunto valori esagerati per le tasche dei popolani:

Frumento a soldi 45 lo staro (staio veneziano pari a l 38 circa - a Cremona non si usava questa unità di misura), quindi 2 Lire e 25;

Le fave ed il miglio a soldi 20 lo staro ciscuna.

saluti

luciano

Modificato da 417sonia
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  • 4 settimane dopo...

Da Pasera, Francia Spagna e Impero a Brescia. Libro che racconta la situazione durante il periodo della battaglia di Agnadello.

 e Agostino Caprioli poteva ancora concedersi un pugnale del valore di 50 scudi; e Francesco Martinengo si faceva nel 1505 costruire da Stefano Lamberti una lettiga valutata cento e più zecchini di oro.

Fin dal 1429 infatti il Consiglio Generale della nostra città, ordinando di ricevere nel numero dei cittadini coloro che avessero fabbricata in Brescia una casa del valore di almeno 25 lire mezzane, stabilendovi la propria residenza, permetteva loro di allontanarsene soltanto all'epoca della mietitura del grano e della vendemmia

a Filippo de Grassi, soprastante alla fabbrica della Loggia, venne appunto nel 1510 ridotto il salario da 5 a 2 ducati mensili per la interruzione dei lavori

 esse (le monete forestiere) si erano in tal modo mescolate senza grande difficoltà con le monete locali, quelle uscite dalla zecca comunale nei tre valori fondamentali e tradizionali della lira, del soldo e del denaro (la lira d'argento bresciana, detta anche dei planetti, si divideva appunto in 24 soldi, ridotti poi a 20; il soldo in 12 denari) che negli anni da noi ora considerati valevano una terza parte circa della corrispondente moneta veneziana, tenuto a base lo zecchino d'oro, il cui rapporto con la moneta bresciana andò più tardi mutando.

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