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L'enigma della serie di L. Rubrius Dossenus


Rapax

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Apro questa discussione per tentare, insieme ai volenterosi che vorranno cimentarsi in questa "impresa", di far luce su una serie di emissioni repubblicane il cui inquadramento risulta ad oggi fortemente dibattuto. Non parliamo tuttavia di un inquadramento cronologico ma piuttosto "politico" e la serie in esame è quella di L. Rubrius Dossenus, costituita da tre emissioni denariali, un quinario, due assi ed un quadrante.

https://numismatica-classica.lamoneta.it/cat/R-G118

In questo caso la cronologia dell'emissione si pone in un periodo estremamente turbolento, ovvero gli anni che vedono continui ribaltamenti di fronte nella reggenza politica della Repubblica tra gli ottimati di Silla ed i popolari mariani e che rappresenta, in termini prettamente numismatici, un vero punto di rottura iconografico ove il monumentum gentilizio inizia a lasciare il posto a tematiche riguardanti degli eventi in corso.

In merito alla serie in esame la vexata quaestio riguarda proprio la militanza politica del magistrato monetario, aspetto fondamentale per la comprensione del messaggio celato in questi ad oggi misteriosi tipi monetali.

Premetto di non essere troppo ottimista circa l'esito positivo dell'indagine... le fonti dalle quali attingere sono numerose e la mia biblioteca non è sufficientemente fornita, ma unendo gli sforzi le possibilità di venirne a capo naturalmente aumentano.

 Partirei da una serie di considerazioni diciamo superficiali, quelle che arrivano da un primo sommario sguardo delle monete. Sui tre tipi denariali abbiamo un inequivocabile riferimento alla Triade Capitolina, soggetto non proprio tipico delle emissioni di matrice popolare, accompagnati al rovescio da tre carri trionfali (la presenza dell'attributo della medesima divinità del dritto farebbe propendere non ad un carro generico ma ad una tensa).

Qui sorge il primo problema in quanto la famiglia del monetale è di origini plebee ed anche se lo specifico ramo dei Dosseni è noto solo grazie alla serie in esame, non parrebbe naturale associare il nostro magistrato alla fazione degli ottimati, considerando che nel medesimo periodo un Rubrius Varo viene inserito nelle liste di proscrizione dell'88 di Silla, insieme allo stesso Gaio Mario.

Osservando invece il quinario ed i due assi emergono altri riferimenti simbolici, sicuramente meno diretti, che potrebbero però fornire altri elementi utili. Sul quinario abbiamo al dritto una testa di Nettuno accompagnata al rovescio da una Vittoria incedente verso un'ara inghirlandata, sulla quale vi è un serpente attorcigliato. La medesima ara appare sui due assi, in un caso al dritto tra i volti della testa  gianiforme, nell'altro caso al rovescio. In questo secondo asse appare invece al dritto una testa bifronte argiforme, rappresentante un' insolita dicotomia Ercole Mercurio.

L'analisi di tutti questi elementi non ha finora portato ad una lettura univoca e le opinioni risultano contrastanti. Chi inquadra le emissioni quale espressione degli ottimati vede in Rubrio Dosseno l'ultimo monetiere di questa fazione prima della presa di potere a Roma di Cinna, avvenuta sul finire dell'anno 87 a.C. a seguito della partenza di Silla impegnato nell'organizzazione della prima guerra mitridatica. Di questo avviso pare essere il Crawford, che ritiene totalmente errata l'interpretazione dei rovesci denariali che li vuole associati ai Ludi Circenses. Il riferimento alla Triade Capitolina invece a suo avviso ben si adatta alla situazione politica dell'87 ed alla lotta serrata contro Mario. Per quanto concerne il quinario l'associazione Nettuno e Vittoria rappresenterebbe un auspicio di vittoria sia in mare che in terra, mentre l'ara inghirlandata alluderebbe ad Esculapio ed alla pestilenza che flagellò nel medesimo anno l'esercito degli oppositori dei populares.

Non solo il Crawford è di questo avviso, per chi volesse approfondire rimando a De Florio (https://www.forumancientcoins.com/monetaromana/corrisp/b534/b534.html)

Non mancando tuttavia opinioni che associano il richiamo alla Triade Capitolina alla fazione dei popolari (Wolfgang Haase e Hildegard Temporini) ed in tale inquadramento viene presa in esame anche l'emissione più caratteristica dell'intera serie, l'asse con testa gianiforme di Ercole e Mercurio, banalmente spiegata dal Crawford quale semplice variazione stilistica. E' l'Anföldi a dedicare un approfondimento proprio su questo asse e sulla conseguente appartenenza al partito mariano di Rubrius Dossenus ("The Giant Argus and a Miracle of Apollo in the Coin-Propaganda of Cinna e Carbo", in In Memoriam Otto, Mainz 1976, pp. 115-119)

Purtroppo non dispongo di queste pagine dell'Anföldi ma ho trovato dei riferimenti nel testo di Alberto Silvestri "Le Erme Bifronti di Aricia" (p.23).

Si parla della contrapposizione di Argo bifronte a Giano sfruttata nella propaganda monetale dei partigiani di Mario, con lo scopo di "annunciare al mondo e soprattutto a Silla: noi abbiamo la flotta superiore, e stiamo vegliando infallibilmente sulle nostre coste e sui nostri porti".

Al momento mi fermo qui perché la situazione si complica notevolmente. Esistono infatti tracce di una particolare iconografia italica di Argo Panoptes, il custode di Io ucciso da Ermes ed entrano in gioco fenomeni sincretici piuttosto complessi tra le figure di Argo ed Ermes, di Enea e Turno... mettendoci perché no in mezzo anche Evandro (figlio di Mercurio) e Pallante.

Diciamo che sto radunando i pezzi di un puzzle...con la speranza di riuscire a metterlo insieme.

Basandomi solo sul titolo dell'approfondimento dell'Anföldi leggo anche di un "Miracolo di Apollo" e qui brancolo quasi nel buio. Il riferimento potrebbe essere questo:

Cita

"Brenno, comandante dei Galli, dopo che aveva invaso l’Italia e aveva assediato Roma, attraversò il mare Adriatico con le sue truppe e arrivò in Grecia. Lì volse le armi contro il tempio di Delfi, desideroso di saccheggiare il tempio di Apollo, dove c’erano grandi ricchezze. Ma il dio non solo salvò il tempio, ma anche ogni edificio sacro e la città. Quando Brenno con i suoi soldati si avvicinò a Delfi, gli abitanti di Delfi presero le armi per la difesa della città. Improvvisamente il primo sacerdote del tempio si inginocchiò in mezzo ai cittadini ed esclamò: “Apollo è con noi, cittadini, e ci aiuterà, infatti ho sentito il rumore delle sue frecce”. Mentre il sommo sacerdote diceva queste parole, anche i Galli sentirono la presenza del dio; a causa di un terremoto infatti una parte di montagna crollò e schiacciò molti soldati. Brenno non sopportò l’angoscia della strage e si uccise. L’altro comandante si allontanò dalla Grecia con i soldati rimasti e ritornò in Gallia."

Se qualcuno conosce altri "miracoli" di Apollo o può illuminarmi in altro modo gliene sarei infinitamente grato. Qualora il miracolo al quale si riferisce l'Anföldi fosse proprio questo l'ara inghirlandata che compare su questa serie potrebbe essere meglio vista con l'omphalos di Delfi e il tipo monetale potrebbe anch'esso essere visto come un auspicio di vittoria di fronte alla non certo totalmente neutralizzata minaccia gallica.

 

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In merito al dritto Ercole-Mercurio la due righe spese dal Crawford mi fanno un po' pensare alla storia della volpe e dell'uva ed anche il riferimento alle erme di Cicerone, a mio parere lascia un po' il tempo che trova. Il monetale non ha voluto lasciare nulla al caso, le due figure scelte in sostituzione del tradizionale Giano bifronte hanno fattezze ed attributi che permettono di identificarli senza margine d'errore, ai già riconoscibili volti di Ercole e Mercurio, caratterizzati da pelle leonina e petaso, sono stati aggiunti gli attributi della clava e del caduceo, non siamo di fronte ad una variazione stilistica, siamo di fronte ad una scelta ben precisa, resa in modo tale da non lasciare dubbi circa l'identità delle figure rappresentate; il difficile tuttavia non è e non è mai stato identificare le due divinità ma il tentare di capire perché furono scelte proprio loro.

La conclusione alla quale è arrivato l' Alföldi dice che l'antica iconografia "greca" di Argo, della quale abbiamo, su suolo italico, testimonianze vascolari risalenti al V secolo a.C. (Ruvo di Puglia e Bomarzo), sembrerebbe contrapporsi ai tipi paterno e giovanile di Giano. C'è di più, come evidenziato dal Silvestri: "anche Turno, come Argo, è il campione di Giunone, alla quale era dedicato, ad Ardea, il tempio più importante, ed è il guardiano di un'antica civiltà che soccombe di fronte all'avvento della nuova: Hermes (la civiltà greca) uccide Argo (la civiltà micenea), come Enea (Roma) uccide Turno (la civiltà latina). L'Alföldi in tale ambito precisa: "Non si tratta di una vera e propria uccisione. E' piuttosto una trasformazione in cui, come nel vaso di Ruvo, uccisore ed ucciso si confondono e si identificano".

Probabilmente per gli studiosi di storia delle religioni, quelli veri, avvezzi alla metodologia storico-comparativa, simili conclusioni appaiono fin da subito chiare, per lo meno in termini di conoscenza della moltitudine di riferimenti in esse contenuti, ma penso che per i comuni mortali il tutto risulti quantomeno criptico.

Ecco i punti di partenza:

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G118/6

I vasi di Ruvo e Bomarzo (immagine tratta da "Le Erme Bifronti di Aricia", A: Silvestri, tav. II):

IMG_20190925_1241182.jpg

 

Per tentare di entrare nel merito e comprendere maggiormente le basi sulle quali poggiano tali conclusioni è necessario addentrarsi negli specifici contesti, analizzare le varie figure e rintracciare dei collegamenti. Dopo qualche giorno di ricerca sono arrivato a questo schema:

ERCOLEMERCURIO.png

 

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Ecco quindi una prima descrizione di miti e connessioni:

  • Il mito di Ermes che uccide Argo Panoptes (che tutto vede).
  • Pitture vascolari testimoniano la diffusione del mito di Ermes ed Argo su suolo italico, dall'Etruria all'Apulia, fin dal V sec. a.C.
  • La tradizione romana narra di Ercole che, di ritorno dalla Spagna con la mandria dei buoi sottratta a Gerione, sosta nel Lazio, a quel tempo infestato dal mostruoso Caco. Il gigante ruba la mandria di Ercole e la nasconde nel suo antro; l'eroe, irato, lo scopre e lo uccide. Gli abitanti del luogo, grati per essere stati liberati dal flagello, gli dedicano l'Ara Massima di Ercole Invitto, situata nel Foro boario, da cui partivano i cortei trionfali. Nell'Eneide è Evandro a narrare ad Enea la vicenda di Ercole e del rito celebrato in suo onore.
  • Sempre la tradizione romana vede Evandro quale figlio di Mercurio e padre di Pallante.
  • Ancora nell'Eneide viene narrata la morte di Pallante per mano di Turno, re dei Rutuli, a cui segue lo scontro tra Enea e lo stesso Turno, che si conclude con la morte di quest'ultimo.

Abbiamo fin qui due miti distinti, uno di matrice greca che vede Ermes contrapposto ad Argo ed uno di matrice romana, che vede Enea contrapposto a Turno. Dove trovare il nesso? Dove trovare il punto di contatto tra due miti apparentemente distinti nello spazio e nel tempo, anche se entrambe ben noti già nell'area italica preromana?

E' sempre Virgilio a fornire un'associazione tra Argo e Turno, nel libro VII, proprio descrivendo l'antagonista di Enea:

Cita

Egli tra i primi, Turno, dal corpo prestante, trascorre brandendo le armi, e di tutto il capo sovrasta.
L'elmo crinito di triplice cresta sostiene in alto la Chimera, che spira dalle fauci fuochi etnei: tanto più freme feroce di sinistre fiamme quanto più le battaglie s'inaspriscono di sangue versato.
Io, alte le corna, insigniva d'oro lo scudo lucente, già ricoperta di setole e divenuta giovenca (tema grandioso): Argo custodiva la vergine, e il padre Inaco versava acque dall'urna cesellata.

 

Un altro parallelismo emerge poi in Ovidio che, nel libro XIV delle Metamorfosi, narra della morte di Turno:

Cita

Turno muore. Ardea cade con lui, città fiorente finché visse il suo re. Morto Turno, il fuoco dei Troiani la invade e le sue torri brucia e le dorate travi. Ma, poi che tutto crollò disfatto ed arso, dal mezzo delle macerie un uccello, visto allora per la prima volta, si alza in volo improvvisamente e battendo le ali, si scuote di dosso la cenere. Il suo grido, le sue ali di color cenere, la sua magrezza, tutto ricorda la città distrutta dai nemici. Ed infatti, d'Ardea il nome ancor gli resta. Con le penne del suo uccello Ardea piange la sua sorte.

 

E nel libro I quella di Argo:

Cita

O Argo, tu giaci: quella luce che possedevi in tante pupille, è spenta; una tenebra sola grava sui tuoi cento occhi. Li raccoglie la dea Saturnia e li fissa alle penne dell'uccello che le è sacro, costellandogli la coda di gemme. Poi, prendendo fuoco, scatena la sua ira facendo apparire allo sguardo e alla mente della rivale argolica l'orribile Erinni, ficcandole in petto un pungolo occulto e facendola fuggire per tutta la terra in preda al terrore.

 

Le apoteosi delle due figure presentano similitudini evidenti, così come degno di nota è il legame con Giunone/Hera, che se nel mito di Argo appare diretto (il pavone, con i cento occhi sulla coda, diviene attributo della dea), in quello di Turno va ricercato come detto nella città di Ardea, il cui tempio più importante era dedicato proprio a Giunone Regina.

Non siamo di fronte ad elucubrazioni moderne, ma ad associazioni e nessi tipicamente romani, vicini a livello di fonti letterarie al periodo della serie monetale in esame e sicuramente già propri della tradizione romana di periodo precedente. Probabilmente, nel caso di Argo/Turno, non si tratta di un fenomeno di associazione/sostituzione quanto di similitudine, Turno non è Argo, ma è come Argo, Enea non è Ermes, ma agisce come tale. Il quadro non è certo completo, ma in una simile ottica il simbolismo "dell'antica civiltà che soccombe alla nuova" appare più nitido e meglio inquadrato nei contesti romani dei miti di fondazione.

 

 

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Grazie mille Gianfranco, preparati che a breve qui ci sarà bisogno del tuo aiuto.

 

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Grazie per la fiducia amico mio! Speriamo in bene... che in questa discussione la situazione è un po' intricata.

E' ora il momento di tentare di avanzare un'ipotesi in merito al particolare tipo del dritto Ercole-Mercurio...

Questa testa bifronte rimanda a mezzo del semidio ad una figura eroica che giunse in terra italica, secondo il mito latino, al tempo di Evandro, uccise il gigante Caco e per questo gli fu dedicato un altare nell'area che diverrà poi il Foro Boario.

Penso sia ora utile porre l'attenzione sul dove la tradizione colloca la vicenda. Caco, mostruoso  sputafuoco, abitava l'Aventino (Eneide, libro VIII) mentre la comunità guidata da Evandro risiedeva sul Palatino. Probabilmente una divinità del fuoco della media età del bronzo, Caco è descritto da Livio come un pastore (Ad Urbe condita, I, 7) e può essere visto come la figura che presiedeva quella specifica zona che, nella fase protourbana, sempre più importanza stava assumendo poiché  crocevia commerciale in piena espansione (via Salaria, via Campana, guado del Tevere). L'arrivo di Eracle (l'Hercle etrusco, l'Ercole sabino) porta ordine, la sconfitta del mostruoso pastore e brigante Caco per mano dell'eroe che si schiera dalla parte dei civilizzatori è la trasformazione di una comunità disomogenea agricolo-pastorale in una forma di aggregazione più evoluta, ove gli importanti scambi commerciali (di bestiame ma non solo) diventano fulcro del sistema sociale. E' utile altresì ricordare che l'Ara massima di Ercole Invitto venne edificata, secondo la tradizione, nel 495 a.C. ma illustri nomi quali Levi, Coarelli e Giardina ritengono che la data di fondazione debba essere anticipata, probabilmente al periodo arcaico.

Ercole che uccide Caco parrebbe dunque essere un mito della tradizione simbolo di trasformazione e di evoluzione di uno specifica area, territoriale e socio-economica.

La seconda figura del ritratto bifronte è invece Mercurio, l'Ermes romano, quell'Ermes che uccise Argo, quell'Argo custode di Io che Enea vede rappresentato sullo scudo di Turno, quel Turno che uccise Pallade, figlio di Evandro, quell'Evandro figlio dello stesso Mercurio.

Va ricordato che la concezione lineare del tempo nasce in contesto biblico e coranico, ma in ambito romano (vedi Polibio) il tempo è assimilato alla figura di un cerchio, nel quale si confondono l'inizio e la fine, annullandosi in un costante ripetersi di eventi. In tale ottica ricordiamo l'Iliade ove Ermes, schierato con gli Achei, nel canto XXIV, travestito da mirmidone, guida tuttavia Priamo da Achille, si svela al padre di Ettore e lo consiglia sul come comportarsi con l'eroe greco, per poi scortarlo nuovamente a Troia. L'Ermes Argifonte pare consapevole del destino riservato ai Troiani in fuga, che daranno vita ad un nuovo ciclo.

Il Mercurio romano invece, padre di Evandro, è risaputo essere dio degli scambi e del commercio. La dedicazione del suo tempio sull'Aventino avvenne nel 495 a.C. ed a tal proposito Livio narra di un curioso accadimento (Ad Urbe condita, II, 27 )

Cita

I consoli (Publio Servilio Prisco StruttoAppio Claudio Sabino Inregillense) si contendevano l'onore di consacrare il tempio di Mercurio e il senato girò la questione al popolo: a chi dei due fosse toccato, per volontà del popolo stesso, l'onore della consacrazione, sarebbe andata anche l'amministrazione dell'annona e il compito di formare una corporazione di commercianti, nonché di celebrare i riti solenni di fronte al pontefice massimo. Il popolo assegnò la consacrazione del tempio a Marco Letorio, centurione primipilo, con un intento chiarissimo: non si trattava cioè tanto di onorare quest'uomo - troppo grande la sproporzione tra l'incarico e la sua posizione nella vita di tutti i giorni -, quanto di un'offesa alle persone dei consoli.

 

Siamo di fronte ad una divinità aventiniana e ad un evento che vede il popolo contrapporsi al Senato, alla nobiltà conservatrice romana.

Alla luce degli elementi emersi pare difficoltoso inquadrare il tipo del dritto Ercole Mercurio quale prodotto della fazione degli Optimates ma al contrario i riferimenti al mito ed alla tradizione possono essere più facilmente ricondotti all'ideologia dei Populares.

Il tipo bifronte dell'asse di Rubrius Dossenus, sostituendo il tipo tradizionale di Giano, sembra dunque chiamare in causa figure simbolo di trasformazione e di evoluzione, che sia dalla prestigiosa tradizione che dalla concreta e coeva valenza socio-religiosa, rimandano ad un contesto che pare estraneo alla classe senatoria. E' dall'Aventino che un nuovo ciclo può iniziare, è dal popolo, unito alla classe degli equites, che può arrivare il rinnovamento.

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Prendendo in esame l'intera serie gli elementi da approfondire non si limitano al tipo del dritto Ercole Mercurio....

Qui chiedo un parere. Sul rovescio di questo quinario, sopra la colonna che viene definita dal Crawford ma non solo "ara inghirlandata con serpente attorcigliato sulla sommità" cosa ci vedete?

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G118/4

Idem sul dritto dell'altro asse:

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G118/5

E sul rovescio del tipo 348/6:

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G118/6

@gpittini dammi la tua opinione...

Io qualcosa di ben preciso lo vedo, ma vorrei capire se lo vedo solo io

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Intendi la sommità della colonna? Come se ci fosse un pileo poggiato sopra?

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Esattamente, intendo sulla sommità della colonna... io non ci vedo un pileo... ma già ho sbagliato a dare precedenti indizi, per il semplice motivo che mi sarebbe molto prezioso qualche riscontro privo di condizionamenti.

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Ok, lavoreró un po’ sulle immagini x escludere il resto

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DE GREGE EPICURI

Quell'altare con sommità rotondeggiante, ed un serpente attorcigliato intorno, mi fa pensare al serpente Pitone che, nel tempio di Apollo a Delfi, custodiva l'Onfalo, cioè la pietra sacra-ombelico del mondo. Che aveva appunto circa la forma di una semisfera.

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È ciò che vedo io e mi fa molto piacere a non essere il solo! 

Eccolo nella nota monetazione di Pergamo

pergamon_004.jpg

In verità l'ho sempre dato per scontato, ma così scontato non è. Crawford, Grueber, Babelon... nessuno menziona l'Onfalo ma forniscono un generica descrizione di serpente attorcigliato alla sommità della colonna.

In arrivo dunque qualche altra considerazione...

 

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16 minuti fa, gpittini dice:

DE GREGE EPICURI

Quell'altare con sommità rotondeggiante, ed un serpente attorcigliato intorno, mi fa pensare al serpente Pitone che, nel tempio di Apollo a Delfi, custodiva l'Onfalo, cioè la pietra sacra-ombelico del mondo. Che aveva appunto circa la forma di una semisfera.

Allora ditelo, io non sono iniziato ai misteri delfici ??‍♂️

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1 minuto fa, Scipio dice:

Allora ditelo, io non sono iniziato ai misteri delfici ??‍♂️

????

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8 hours ago, Rapax said:

È ciò che vedo io e mi fa molto piacere a non essere il solo! 

Eccolo nella nota monetazione di Pergamo

pergamon_004.jpg

In verità l'ho sempre dato per scontato, ma così scontato non è. Crawford, Grueber, Babelon... nessuno menziona l'Onfalo ma forniscono un generica descrizione di serpente attorcigliato alla sommità della colonna.

In arrivo dunque qualche altra considerazione...

 

Ciao @Rapax, non sei il solo:

https://livyarrow.org/2013/11/10/omphalos-and-snake-shared-iconography/amp/

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Grazie mille @avgvstvs, ero incappato anche io nella pagina della Yarrow poiché anche lei si pone quesiti sul tipo Ercole Mercurio e sull’intera serie. I dubbi che emergono sono gli stessi.

Abbiamo quindi due interpretazioni possibili, una che vede il serpente attorcigliato quale richiamo ad Esculapio l’altra che rimanda a Delfi. Nel primo caso l’associazione “canonica” è quella degli eventi del 291 a.C., quindi all’importazione del culto da Epidauro, nel caso dell’onfalo invece il richiamo potrebbe essere agli eventi che videro coinvolto Brenno, citati al primo post.

In riferimento alla prima ipotesi non si può escludere l’intenzione di omaggiare il dio della medicina e delle guarigioni per aver fatto cessare la pestilenza che afflisse nell’anno 87 le legioni schierate con gli ottimati e se così fosse questo sarebbe in contrasto con l’ipotesi di una serie di emissioni di matrice mariana.

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Si continua...

Prendiamo ora in esame il quinario della serie

Rubrius Dossenus Quinarius.jpg

 

Qui non abbiamo nessun serpente che gettatosi nel Tevere dalla nave proveniente da Epidauro va ad attorcigliarsi sulla sommità di una colonna sull'Isola Tiberina (ovviamente è una possibile lettura "allegorica" del rovescio dell'asse, le fonti infatti non parlano di colonne o altari di questo genere, neppure in relazione al tempio successivamente edificato). Dobbiamo però ammettere che, anche in relazione alle edificazioni che i romani stessi vollero sull'isola (al fine renderla simile ad una trireme), tale evento parrebbe ben rappresentato sul rovescio dell'asse.

 

Prora snake.png

 

Sul rovescio del quinario tuttavia vi è un'associazione alla Vittoria, la medesima Vittoria che appare in volo sui rovesci dei tipi denariali, priva in questo caso di qualsiasi riferimento "navale". Va considerato che la presenza della prora parrebbe comunque una scelta obbligata in relazione all'iconografia tipica dell'asse (se non erro, nella storia del bronzo coniato repubblicano, il solo asse totalmente privo di prora al rovescio è il tipo Cr. 296/2 di Cn. Cornelius Blasio) ma è altresì vero che un eventuale riferimento "navale" sul quinario potrebbe essere rintracciato nella figura di Nettuno presente al dritto.

Qui le interpretazioni che vogliono la serie quale espressione dei sillani vedono nel quinario un'ennesima iconografia auspicale, che rimanda alla speranza di una vittoria contro la flotta di Mario.

Di contro, le interpretazioni in chiave popolare rimandano a Mario ed al favore di Nettuno di cui godeva. In questo contesto non ho trovato tuttavia alcun riferimento ad un "dettaglio" che potrebbe risultare significativo, ovvero l'epiteto Ennosigaeum proprio di Nettuno. Enosigeo significa "scuotitore della terra", con particolare riferimento alla facoltà del dio di provocare terremoti. Questo aspetto non è affatto irrilevante in quanto rimanda sempre al mitico miracolo di Apollo a Delfi (...a causa di un terremoto infatti una parte di montagna crollò e schiacciò molti soldati. Brenno non sopportò l’angoscia della strage e si uccise).

Passi di Giustino, Diodoro Siculo e Valerio Massimo tramandano l'evento, ma il riferimento non è al famoso Brenno del Sacco di Roma del 390, ma ad un condottiero a capo della Grande spedizione celtica del 279 (la vicenda si allaccia anche al famoso Aurum Tolosanum).

 

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Per i pochi temerari che sono riusciti a sorbirsi questa "mattonata" è giunto il momento di provare a chiudere il cerchio.

Il richiamo alla minaccia celtica, la medesima minaccia che gravò sul santuario di Delfi risparmiato dal provvidenziale intervento divino, quella minaccia barbarica fermata da Mario al termine delle guerre cimbriche.

Una serie di emissioni che parrebbe fornire indizi circa la propria valenza popolare e che richiama al tempo stesso a tre figure divine di massima importanza, la Triade Capitolina. Divinità venerate laddove nel 390 a.C. l'inesorabile avanzata di Brenno venne arrestata. Giove, Giunone e Minerva, le tre divinità che rappresentavano in termini religiosi la grandezza stessa di Roma, le tre divinità che pareva avessero abbandonato i romani durante le guerre annibaliche. E fu proprio in questa drammatica fase che, a seguito della consultazione dei Carmina Marciana, vennero istituiti i Ludi Apollinares, al fine di ottenere il favore di Apollo nella difesa contro la minaccia di Annibale.

...e come sappiamo l'andamento della seconda guerra punica iniziò a mutare in favore dei romani...

Gli elementi fin qui emersi portano ad un'iconografia monetale della serie che rimanda a vicende estremamente critiche, a gravissime minacce esterne che, in ambito romano, potrebbero annientare la potenza capitolina, a situazioni drammatiche che il solo intervento divino potrebbe far mutare.

La Roma di questi anni sta vivendo una fase simile, la rivolta italica non del tutto repressa, lo scontro tra popolari ed ottimati che esce dall'ambito politico ed entra in quello militare, le fondamenta della Repubblica che tremano e che sono in concreto pericolo. Ed ecco apparire in ambito monetale il richiamo a quelle divinità che hanno sempre protetto Roma, che hanno elargito i propri favori in modo miracoloso ma anche a mezzo di condottieri quali Furio Camillo e Scipione l'Africano, capaci di far risollevare i romani per poi guidarli in un'ascesa che li porterà alla vittoria  e che, in ottica popolare, vede in Gaio Mario tale figura di riferimento.

L'iconografia monetale della serie offre tracce velate ma al tempo stesso pare essere lo specchio delle vicende proprie del periodo e ci offre l'opportunità di capire cos'era realmente lo scontro tra popolari ed ottimati. Com'è noto dalla storia, non ci troviamo di fronte a plebe indigente che lotta contro i ricchi ed i potenti, optimates e populares sono due fazioni entrambe appartenenti alla nobilitas. Ai primi, che detengono il potere in Senato, si contrappongono i secondi, che puntano al raggiungimento dei propri obiettivi con il popolo e grazie al popolo. Ed ecco qui tornare il tipo Ercole/Mercurio, un'iconografia che pur richiamando alla mitica e prestigiosa tradizione, suggerisce vicinanza ad un vasto ed eterogeneo bacino sociale, che comprende tutti quei cittadini romani non appartenenti alla classe senatoriale, quel medesimo bacino dal quale potevano provenire gli homines novi, la vera minacchia per la nobilitas conservatrice ed al tempo stesso coloro che potevano dare inizio ad un nuovo ciclo.... e se ci pensiamo bene fu proprio su questo terreno che furono piantati i semi che germinarono con l'avvento dell'età imperiale. 

Naturalmente è un'ipotesi, critiche ed osservazioni sono bene accette.

 

 

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Complimenti Rapax, lettura suggestiva e illuminante!

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