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IGNORED

Minerva testa


Lucreziamaria

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MANLIA SCANTILLA

 

 

Son partito per l'Africa Orientale

e mi chiedi il perché, Manlia Scantilla?

Perché mi strarompevi:

'Sei un disordinato ed un maiale!'

da sant'Almachio fin quasi a Natale.

Sbarcato in Eritrea

mi si para dinanzi una pulzella

dolce la voce e pure tanto bella...

mi dà un bacio e poi fa: se ti son cara

voglio farti da guida

per visitar l'Asmara.

Alla sera finiamo

a mangiar tsebhi, il berberé e lo shiro,

solo che a me le spezie fanno schifo...

dopo aver trangugiato la mappazza

finisco per due ore sulla tazza.

Son tornato a Torino

gusto il brasato e bevo un po' di vino...

mi è rimasto il mal d'Africa nel gozzo

mentre Scantilla rompe a più non posso.

 

 

 

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RICORDO PERFETTAMENTE

 

Mi viene in mente in mente il frammento di un film che ho visto qualche settimana fa.
Stavo facendo zapping quando capito su una pellicola che mi costringe a
fermarmi. La scena si sviluppa all’interno di un american bar.
Luci, colori. Bocce di gran classe sugli scaffali.
Una donna siede su uno sgabello davanti al bancone.
E’ sola. Bionda, occhi castani. Sulla quarantina. Sguardo assente, né triste
né allegro.
Accarezza il calice di un cocktail. Rosso. Forse un Cardinale, forse un
Manhattan. Di fronte ha un bar tender, alto, robusto, potrà avere
cinquant’anni.
Lei lo guarda appena, poi torna a giocare con il suo cocktail. Guarda nel
vuoto e non beve.
‘Lei sta aspettando un uomo...’
il bar tender ha rotto il silenzio. La donna gli butta un’occhiata ma non
dice nulla.
Lui insiste:
‘Gli uomini sono tutti uguali...’
Questa volta l’approccio riceve una risposta. La donna muove le labbra, le
muove ma non stacca le mani dal bicchiere…
‘Lui è diverso, non è come tutti gli altri...’
L’uomo abbozza un sorriso amaro e poi sentenzia:
‘Quelli che non sono come gli altri sono peggio degli altri’.
 

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Zora la bella zigana

 

Sei partita per l'Africa italiana

un giorno dalla bella Lombardia,

la tua non era certo codardia

a lasciar della casa la buriana.

 

Cercavi forse la libertà africana?

Eri stufa del paese-sacrestia?

O della gente piena d'abulia?

Meglio se rimanevi la zigana

 

a leggere il futuro sulle mani

noiose di turisti a Mandello,

piuttosto che seguire quel soldato

 

innamorato solo di aeroplani

ma capace di usare il manganello.

I tuoi begli occhi verdi ha rovinato.

 

collana monete.jpg

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Il poeta si è addormentato


Il poeta
si è addormentato
sul petto
della sua musa...
lei si è stufata
vorrebbe toglierselo di dosso...
poi pensa:
- aspetto un minuto e me ne vado via.-
Dopo un grappolo di minuti
si è addormentata…
sembra un sonno un po’ ronf ronf
ma non si capisce
chi dei due sta ronfando…
forse si danno il cambio.
Il poeta si è addormentato
sopra la foresta perduta
dei sogni...
la musa
si è addormentata
sopra l’intercapedine dei baci
sopra le prime cucchiaiate
di sole
versato
sulle spalle
delle donne sole
donne che corrono contro sole...

tengono la mascherina azzurra sul collo
e non guardano più nessuno
né giovani
né bimbi
né vecchi
né vivi
né moribondi assetati di vita

gli unici

senza mascherina…

guardano
solo ombre che corrono
sui prati
sempre più lunghe
sempre più sbiadite.
 

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MAYA

 

 

Maya, ridevi a labbra sbriciolate

di torta all'amarena...

guardavi il tuo Cartizze

fiumi di gocce sulla pelle nuda,

bianca di bianchi sogni,

bianche le notti...ti ricordi Maya?

La maglietta buttata sul divano

e il nuovo sole

a addormentarti piano...

il vento del Corona

ha spazzato l'amore

e i vapori dell'alcol

quando la notte scuote la mattina

servono solo per sanificare

l'usata mascherina.

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Limpieza de sangre

 

Limpieza de sangre decantava,

storia millenaria millantava,

della cultura altrui si vantava.

 

“Nel passato il mio blasone ha dato

mi riprendo ciò che m'apparteneva”

con la solita arroganza sosteneva.

 

Lo vedevi in chiesa umile e pio

già sul sacrato sfidava l'iradiddio

con la superbia velava l'arroganza.

 

Con l'arroganza copriva l'ignoranza,

con la croce nel manto di cavaliere

viveva carpendo agli idioti la sostanza.

 

Si vantava d'esser di nobile schiatta,

ma era solo latta all'ozio assuefatta.

 

 

Conte di Borgogna Filippo II.PNG

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IL VIRUS SI SVEGLIA A MEZZANOTTE (di Luigi F...)

 

 

 

Leggo sulla Stampa di oggi: “Mascherine obbligatorie in Piemonte dal venerdì al martedì compresi, anche all’aperto.”

Si tratta di una brillante Grida, con qualche punto oscuro.

Potrebbe essere comprensibile imporla dal venerdì alla domenica, causa pericolosissima, letale movida.

Ma lunedì e martedì? Forse le task force volute dal nostro splendido governatore temono gli effluvi malefici delle birre di ritorno?

E perché liberi tutti il mercoledì e il giovedì?

Una fonte complottista e per questo per nulla affidabile mi rivela particolari inquietanti. Durante una seduta spiritica tenuta in un palazzotto abbandonato di Moncalieri, Cirio e Fazio hanno evocato il Covid 19. Virus di poche parole, ha garantito una tregua di 48 ore, giusto il mercoledì e il giovedì. Alla fine si è accomiatato con un inquietante 'Morirete tutti!', scongiurato dai presenti con una toccatina al ferro e ad altre parti più carnali.

Attenta tu, Cenerentola tatuata, che giovedì prosssimo avrai passato la sera a bere birra con un tuo diversamente congiunto.

Allo scoccare dei dodici tocchi, fuggi, fuggi verso la tua Panda!

E se nella furia perderai un sandalo, non voltarti a raccoglierlo.

Il Covid 19 sarà lì, pronto a ghermirti.

 

 

 

 

 

 

 

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2 ore fa, 1412luigi dice:

Cirio e Fazio hanno evocato il Covid 19.

No.  E' stato l ' INPS.

Vuoi mettere il risparmio di pensioni ?  Ha trovato la pentola ma era senza coperchio. così ha risparmiato 10 sulle pensioni e pagherà 10.000 di cassa disintegrazione e altrettanto in sussidi vari.

Invece il governo promette prestiti garantiti, ma li fa dare dalle banche. Ci mette solo la faccia ( o il c..., dipende dai punti di vista)

Modificato da fagiolino
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Se Amore, Eros e Potere

s'incontrano e s'intrecciano,

regine e cortigiane

fanno la storia

e … la numismatica.

 

Se Matematica e Filosofia

s'intrecciano con l'Astronomia,

fanno la stregoneria

e donne astri di sapiente cultura

come Ipazia pezzi a pezzi

bruciano nel Calderone.

imperatrice Teodora.jpg

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Pensa che la Chiesa venera come santo il vescovo Cirillo, che fu il probabilissimo mandante del martirio di Ipazia

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Supporter

scrive Ernesto Ferrero nel suo libro “Mi piaceva disegnare il vento,
L'ultimo viaggio del Capitano Salgari” a proposito delle
muse di Emilio Salgari.
In una tiepida giornata di maggio
dell'anno di grazia 1909, una ragazza, figlia di un
commerciante di vini e sciroppi, ha un interessante incontro
con il padre di Sandokan e di Yanez.
Salgari chiede alla fanciulla se anche lei farà il mestiere del
padre...ma ascoltiamo quel dialogo!
...«Allora si metterà a fare vermouth e sciroppi anche lei?
Spero che almeno si guadagni bene. Non come scrivere».
Ho detto che avevo altri progetti, ma non ne avevo mai
parlato con nessuno. «Sentiamo, – si è rianimato – son
curioso di natura».
«Mi piace raccontare storie. Mi piace scrivere».
S’è arrestato e ha battuto la canna per terra:
«Oh povera figlia, che gran disgrazia!»
«Disgrazia?»
«Sì, disgrazia! Come prendere la febbre gialla! La malaria!
È una malattia da cui non si guarisce. Non c’è rimedio. Ti
svuota, ti asciuga dentro. E' come avere un parassita”.
Mi ha letto la perplessità sul volto. Per non farla tanto
tragica ha ammiccato: «Ci può far niente nemmeno la
Fosfatina Carlo Erba».
Ho riso un po’ troppo forte e cercato di spiegare che i sintomi
della malattia non li avevo ancora avvertiti, perché a me
scrivere dà piacere, come a un altro dipingere, suonare il
piano, ballare la monferrina. “Forse è una malattia subdola,
di quelle che uno se ne accorge quando è troppo tardi”.
Ha detto: «Scrivere riempie la testa di attese matte, che niente
basta mai. Credi sempre di arrivare da qualche parte e invece
ogni volta ricominci, come gli asini alle ruote dei pozzi. Giri
10
in tondo. Poi la scrittura chiama fatica. E' un lavoro da
contadini, da badilanti”.
«A sgobbare duro sono abituata, se è per quello le donne
faticano anche più degli uomini”.
Scuoteva la testa rotonda. Non fosse per l’aria sciupata e le
rughe fitte che gli corrono intorno agli occhi e gli segnano la
fronte, sembra uno dei pupazzi attoniti del tirassegno. Ha
detto che preferisce la musica o la pittura. Lui è anche
musicista – suona il piano – e pittore, anzi, avesse potuto
scegliere avrebbe fatto il pittore. Aveva casse piene di disegni.
Sin da ragazzo gli piaceva disegnare navi, vascelli alberati,
cutter, brigantini, e più c’erano alberi e vele e sartie da
disegnare più godeva, specie a disegnare battaglie navali, le
nuvolette che fanno i cannoni quando sparano.
«Mi piaceva disegnare il vento – ha detto quasi commosso,
come scoprisse qualcosa di sé che prima non sapeva. – Era
un po’ come disegnare la libertà, la forza. La vita. Rendere
visibile l’invisibile. Ma godevo anche a disegnare mappe
geografiche, carte di paesi che non avevo mai visto, creare
dal niente isole con le loro brave montagne, fiumi, porti,
castelli. All’inizio è stato un piacere fine a se stesso, poi da
quando mi sono messo a scrivere, presto, a quattordici anni,
mi è servito per immaginare meglio le storie che dovevo
raccontare.».
«Per vederle proprio come si vedono al cinema?».
«Eh, cara mia, il cinema non ha inventato niente. Uno che
legge i miei romanzi si può risparmiare i soldi del cinema,
non ha bisogno nemmeno di prendere il tram e andare al
Ghersi, io gli do tutto quello che serve per muovere la
fantasia. Il cinema migliore ce lo facciamo noi da soli. Qui
dentro». Ha alzato la canna verso la mia testa.
 

salgari_big.jpg

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Che triste vicenda quella del suicidio di Emilio Salgari, un vero seppuku come un eroe giapponese, contro il fato che colpì la sua famiglia. Bello quello che scrive Ernesto Ferrero, bello anche il francobollo.

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Anche il manicomio batté moneta

Ripescando tra i miei libri dimenticati i romanzi di Emilio Salgari, mi si è fermato il tempo nel rivivere quegli anni d'infanzia tra una pagina e l'altra dei pirati della Malesia o del Corsaro nero, Kammamuri e l'amichetto Renzo, Tremal-Naike e madre Josefa Maria... Yanez e Sandokan e la mia piccola banda, che faceva giustizia nel cimitero distribuendo i fiori dei ricchi tra le croci povere, anche quelle dei suicidi in terra sconsacrata.

E ho pensato ai matti, alla povera moglie di Emilio Salgari, la Signora Ida che, dopo il suicidio di Emilio visse e morì in manicomio. Chi non ha avuto un vicino, un parente, un conoscente, che in quegli anni tra le due guerre e nel dopoguerra non fosse ricoverato in manicomio? Forse nella città manicomiale di Volterra?

Alla vigilia della seconda guerra mondiale l'ospedale psichiatrico di Volterra, per tutti il manicomio di Volterra, sfiorava i cinquemila assistiti, che insieme ai circa mille operatori formavano una cittadina di seimila abitanti. Di tutta la grande storia del manicomio l'iniziativa più curiosa è forse l'emissione di una moneta da spendere in acquisti e con la quale venivano compensati i ricoverati che lavoravano, potendo farlo, nei vari settori. agricoltura, falegnameria, tinteggiature, calzoleria, eccetera, all'interno della città manicomiale.

Moneta manicomio.jpg

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Anche Pirandello sposò una pazza. Si innamorò poi di Marta Abba. Rivelò il suo tormento a Mussolini, che gli disse (più o meno): 'sbattila sul divano e vedrai che ti amerà'. Ma Pirandello non lo fece. Gozzano avrebbe detto: 'amo solo i fiori che non colsi...

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RITA ROSA

 

 

Ti ho baciato le lacrime, divina...

sapevano di prato e di amuchina.

più forti di mughetti appena nati

e fiordalisi e denti di leone

e l'ultimo di neve fior-di-sole

e il mazzetto di viole

comprato al chiosco dietro la collina

presto, quasi mattina,

prima che il sole lo riscaldi troppo

e la notte lo lasci ai galli e ai lupi

e i tuo amore precipiti ai dirupi

del sonno che ti abbraccia

piano piano e ti avvolge

prima che il vento taccia.

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  • 2 settimane dopo...
Supporter

Com’è Torino? Forse la malinconia ce l’ha dentro, da sempre, ma

quello che sembra un limite può essere anche una forza.

Torino è piena di immigrati, e tu pensi che questo bailamme di persone

possa colorare la città, darle qualche suono e qualche luce in più. Ma

l’immigrazione è come l’ircocervo del mito, un ibrido insensato che

mantiene intatta la torinesità, isola aristocratica un po’ barocca assediata

dalle cartacce e dalle bottiglie di birra vuote.

Torino è sempre stata la città della Fiat, ma oggi la fabbrica “fa l’olandese” e

si cercano alternative di sviluppo. Tutti hanno sognato le magnifiche sorti e

progressive che dovevano essere la necessaria conseguenza delle Olimpiadi

invernali del 2006, che avrebbero certissimamente portato gloria e ricchezza

alla città. E adesso?

La città è tornata sozza, i turisti sopravvissuti al Coronavirus sembrano cimbe natanti in un mare di

indifferenza, i cantieri sono sempre meno aperti e sempre più desolati.

Povera Torino, orfana di Nietzsche e di Salgari!

Ho ripensato al grande veronese che si inebriava d’incenso, chiuso nella

cameretta di un modesto appartamento in affitto, con la moglie sempre più

pazza, a scrivere di Sandokan, di Yanez e di Brooke, pane e companatico di

una vita di miseria e d’infelicità che non mortificava, ma quasi alimentava

il suo talento, la sua straordinaria capacità creativa.

Pensare a Salgari mi ha riportato alla mente quanto scrisse Leopardi

visitando la tomba di Torquato Tasso, un altro infelice sospeso fra il genio e

la follia.

Accanto alla tomba del Tasso ve n’era un’altra di un certo poeta Guidi, che

volle giacere - come è scritto sulla lapide - accanto alle ceneri del grande

Torquato.

Leopardi commenta: “Fece molto male. Non mi restò per lui neanche un

sospiro”.

Pensando alla bellezza aristocratica di Torino e ai panettoni dell'isola della Movida o ad altre simili brutture di cui la sindaca ha

costellato la città, è facile paragonare l’idiozia del poetucolo Guidi alla

mediocrità di chi governa oggi la città.

Ridatemi pagine grondanti avventure mai vissute, ridatemi un cavallo che

non sia mai stato abbracciato, ridatemi una taverna dove a Frederich

abbiano appena servito salsicce con noci e tuorli d’uovo crudi…

 

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Scriveva il malinconico Cesare Pavese all'amico Tullio Pinelli:

«Ora io non so se sia l'influenza di Walt Whitman, ma darei 27 campagne per una città come Torino. La campagna sarà buona per un riposo momentaneo dello spirito, buona per il paesaggio, vederlo e scappar via rapido in un treno elettrico, ma la vita, la vita vera moderna, come la sogno e la temo io è una grande città, piena di frastuono, di fabbriche, di palazzi enormi, di folle e di belle donne (ma tanto non le so avvicinare).»

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Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto.
Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami.
C'è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t'ingombrano e vanno nel vento.
Membra e parole antiche.
Tu tremi nell'estate.
( Cesare Pavese)
29 ottobre 1945
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LARNAKA

 

Ti ho baciata sul prato

in Piazza d'Armi

erano le sei,

le sei della mattina...

il prato era gelato

come l'amore perso dietro ai sogni

e buttato ammucchiato giù in cantina

fra le botti e il ciarpame

e ragnatele e verdi le bottiglie

e l'amore perduto

che vive e guarda muto

le tue forme ingrossate

e il tuo seno che scrutano soltanto

le nuove dolci fate

e un poeta assonnato

che insegue il vento e si stropiccia gli occhi

e sfiora le tue labbra

e ti abbraccia smarrito

e mastica il chiarore del tuo corpo

ferito, sanguinante,

quasi guarito.

 

 

 

 

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Buongiorno a tutti. Più di una volta ho definito questa discussione come un cavallo selvaggio che ama scorrazzare liberamente per i campi. Ogni tanto riesco a convincerlo a tornare indietro, ma so che prima o poi ripartirà al galoppo per altri sconfinati e poetici lidi.

Proprio per questo, oggi che l'ho ripreso, gli dedico qualche moneta che immortala alcuni dei suoi splendidi simili. Comincerò con un pizzico di di quel sano campanilismo che dà un po' di sale alla vita, col Regno di Napoli, cui anche l'Hirpinia a quei tempi felicemente apparteneva. Dunque:

"Su consiglio del duca d’Ascoli Orso Orsini, nel 1472 Ferdinando I d’Aragona ordinò l’introduzione nel Regno di Napoli di una nuova moneta in rame puro per sostituire tornesi e denari in mistura, sempre più poveri o totalmente privi di argento...

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...In una lettera indirizzata agli ufficiali della Regia Camera se ne stabiliva il dritto, «con la immagine de la Maestà Sua e con lo reverso de qualche digna cosa». Come soggetto del rovescio venne quindi scelta l’immagine di un cavallo al passo verso destra, circondato dalla legenda equitas regni (‘giustizia del regno’), proposta dal conte Diomede Carafa di Maddaloni (Caserta, ndr). L’iconografia faceva leva sul gioco di parole fra cavallo (equus) e giustizia (equitas) del sovrano.

La moneta venne quindi chiamata cavallo dall’impronta del suo rovescio. Fu coniata per la prima volta il 18 aprile 1472; la produzione di questa tipologia avvenne nelle zecche di Amatrice, Brindisi, Capua, L’Aquila, Napoli e Sulmona. Del cavallo furono coniati anche multipli, la cui rarità aumenta con il peso.
La moneta continuò a circolare anche con i successori di Ferdinando I, fino a Ferdinando III, in carica per un brevissimo periodo, fra il 1495 e il 1496. Era salito al trono grazie all’abdicazione del padre Alfonso II per l’arrivo dell’esercito francese guidato da Carlo VIII , che mirava alla riconquista del regno di Napoli, cosa che accadde con l’entrata nella capitale  il 22 febbraio 1495. Ferdinando II si rifugiò nel castello di Ischia e in seguito si trasferì a Messina, dal cugino Ferdinando il Cattolico, re di Spagna e Sicilia. Con la battaglia di Seminara 28 giugno 1495 che arrise ai francesi, “Ferrandino” – come era chiamato – raggiunse Napoli il 6 luglio 1495 via mare e riprese il controllo del regno anche grazie all’aiuto della popolazione a lui favorevole. La sua morte, il  7 settembre 1496, lasciò la successione priva di eredi diretti e il regno passò sotto il controllo dello zio Federico III, ultimo regnante della casata aragonese. Federico III, che divenne re di Napoli come Federico I, nel 1498 vietò la coniazione e la circolazione dei cavalli, rimpiazzandoli con il sestino". (Da uno scritto di Santone Realino, "Il giornale della Numismatica" online del 26 ottobre 2018).

In mancanza di equini veri (abito in un condominio) ho collezionato molti di questi suggestivi cavalli di un nostro antico Sovrano ?.

HIRPINI

PS: chi lo sa, se qualcuno di noi vorrà classificarlo! ? magari uno di Caserta!! ?

Modificato da Hirpini
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Moneta russa con San Giorgio e il drago, nel cuore è scritto: lyubov' spacet mir  (любовь спасет мир) @Brios  ci insegna che significa: l'amore salverà il mondo

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1 ora fa, 1412luigi dice:

Moneta russa con San Giorgio e il drago, nel cuore è scritto: lyubov' spacet mir  (любовь спасет мир) @Brios  ci insegna che significa: l'amore salverà il mondo

 

 

Buon pomeriggio. Questa non è una moneta. Questo è un souvenir per i turisti. Balalaika, bambola nidificante, vodka.

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