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La cronologia proposta da Pedroni


L. Licinio Lucullo

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Di recente, grazie a @Scipio, siamo tornati a leggere i bellissimi saggi che Pedroni scrisse oltre 20 anni fa per dare una sistemazione teorica alle prime emissioni di Roma (Ricerche sulla prima monetazione di Roma, 1993 e Nuove ricerche sulla prima monetazione di Roma, 1996).

 

Si tratta di tesi molto affascinanti, ancorché un po' ribassiste, perché hanno il pregio di disegnare una costruzione coerente, appoggiata su tutti i dati noti (letterari e archeologici) e ben inserita, con logica consequenzialità, in un contesto italico e siceliota omogeneo dal punto di vista iconografico e, soprattutto, ponderale. Nessuna affermazione è apodittica, tutte sono spiegate e, quando si tratta di mere supposizioni, viene esplicitato. 

 

Provo qui a riassumerne  le idee afferenti strettamente al problema della cronologia, sperando di stimolare alla lettura di questi saggi, decisamente molto belli. Preciso che gli errori, tanto di comprensione quanto di digitazione, sono tutti miei, pregando che Pedroni non me ne voglia ...

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PREMESSA

Pedroni ritiene che le prime iconografie valessero a identificare l’origine della ricchezza monetata, tenuto conto che le prime monete romane nacquero per redistruibuire la preda bellica secondo due canali differenti:

-     i fusi, a cura dei censori (in anni censorî, quindi), per restituire ai cittadini almeno in parte il tributum;

-     le monete coniate, a cura dai comandanti militari, per gratificare le truppe. Probabilmente le zecche erano vicino ai luoghi ove era stato reperito bottino (ma quello di Taranto fu monetato ad Alessandria per Cr. 21/1). Per penetrare mercati allogeni fu adottata la metrologia magno-greca e tipologie “ibride”, con tipi “romani” su una faccia e “locali” (spesso, il fondatore mitico della città debellata) sull’altra.

Nel 269 fu attivata la zecca urbana (Zonara collega l’evento con l’afflusso di ingenti ricchezze, che un passo di Dionigi di Alicarnasso permette di identificare nel bottino di Reggio); nell’occasione la legenda cambiò da ROMANO a ROMA (a decorrere da Cr. 25/1) e furono restituiti alcuni tipi tradizionali, sui quali la funzione identificativa fu assolta da un simbolo (falcetto, clava, ghianda). Da quella data il tributum fu restituito anche con l’argento.

Tanto premesso, la cronologia deve essere compatibile con tre considerazioni:

-     le tradizioni storiche datano l’argentum signatum del populus Romanus al 275 (Plinio 42), il primo nummus argenteus di Roma al 272 (fonti derivate da Eusebio di Cesarea) e l’argentum signatum al 269 (Plinio 44, Livio e Zonara);

-     le riduzioni ponderali del bronzo non potevano non cadere in anni censorî (perché le svalutazioni comportavano ineluttabilmente la revisione delle liste di censori);

-     lo standard della didracma varia da 6,5 scrupoli (Cr. 13/1) a 5,75 (Cr. 22/1) e infine 6 (Cr. 25/1).

 

L'AES GRAVE E LA MONETAZIONE ROMANO-CAMPANA

Per Cr. 1/1 la data proposta da Mommsen e Sambon (338) appare preferibile: la moneta sarebbe stata emessa da Campani che avevano appena ricevuto la civitas, probabilmente sine suffragio, per commerciare con Neapolis. Nel medesimo contesto si inserirebbe il lingotto Cr. 3/1.

Nel 289, con l’istituzione dei tresviri monetales, furono emesse le prime serie fuse su standard di 300 scrupoli. Che tale fosse lo standard romano dell’epoca è confermato dalla sua riproposizione nelle serie fuse delle colonie di Luceria (fatta colonia nel 313) e Venusia (dedotta nel 291), seppur frazionate su base decimale[1]. La prima in assoluto potrebbe essere stata Cr. 19, perché la raffigurazione di Castore sull’asse (che ricorda la battaglia del Lago Regillo) e del Tevere sul semisse potrebbero alludere alla conquista, nel 290, dell’Alta Sabina, dalle cui ricchezze quindi potrebbe derivare il metallo monetato.

Cr. 18 sarebbe successiva al 289 e precedente al 275. Si potrebbe datarla al 277, quando fu presa Crotonem, cui i tipi apollinei potrebbero alludere, ma non fu anno censorio. Appare allora più probabile il 282, quando i consoli C. Fabrizio Luscino[2] e Q. Emilio Papo sconfissero, rispettivamente, città sannite e lucane e i Galli Boi, anche se risulta arduo individuare una connessione con i tipi delle monete.

La didracma Cr. 13/1, con standard di 6,5 scrupoli viene datata al 275 e attribuita alla zecca di Metaponto. È coniata sul piede campano di circa 7,30 g per renderla accettabile al mercato, benché forse fosse già in vigore quello magno-greco ribassato di 6,6 g. Contemporaneamente furono emesse la litra argentea Cr. 13/2 (0,65 scrupoli) e la mezza litra enea Cr. 17/1 (4,5 scrupoli); di quest’ultima esiste un riconiatura su moneta siracusana databile al 280, nonché l’identità stilistica con i bronzi (HN Italy 210-211) di Cosa, colonia dedotta nel 273, per la quale è plausibile che la colonia abbia copiato l’emissione della metropoli, precedente di due anni, in segno di devozione politica.

Contemporaneamente, nel 275, fu emessa la serie fusa Cr. 14, con standard di 288 scrupoli[3]. I tipi adottati, Giano e Mercurio, sono gli dei tutelari dei patti e del commercio, riferimento coerente a una tematica nazionale; potrebbe significare che per questi bronzi fu monetato il metallo dell’Erario. È probabile che in quest’epoca fosse fissata una parità metallica (con rapporto 1:132) per cui la didracma (da 6,5 scupoli, suddivisa in 10 litre argentee) valeva 3 assi oppure 96 litre enee (forse corrispondenti a 480 chalkoi); da ciò deriverebbe la riduzione dello standard da 300 a 288 scrupoli. È significativo che i nominali più bassi pesino, in proporzione, di più dell’asse: forse la riduzione non fu applicata ad essi per non svantaggiare i ceti meno abbienti e i commerci più minuti.

Per la didracma Cr. 15/1, con standard di 6,4 scrupoli (pari a 6,5 ribassati), viene proposta la data del 274 e la zecca di Arpi (anticamente Argo Ippio), forse evocata dal tipo del R/, che peraltro emise argenti proprî di peso medio analogo (6,92 g secondo Thomsen). Si collocherebbe in serie con la litra in bronzo, Cr. 2/1. Contemporaneamente fu emessa la litra enea Cr. 2/1.

La didracma Cr. 20/1, con standard di 6,25 scrupoli (pari a 6,5 ribassati), viene datata al 273 supponendosi che fossero monetarî Q. Ogulnio Gallo e N. Fabio Pittore, componenti (forse proprio per la carica rivestita) dell’ambasceria ad Alessandria, e abbiano commemorato la statua della lupa collocata nel 296 dai fratelli Q. e Cn. Ogulnio e il dio ritenuto antenato dei Fabii. Viene attribuita alla zecca di Eraclea, richiamata dal tipo del D/ (Cicerone accenna a un trattato tra le due città, che potrebbe datarsi proprio al 273). Fu anche emessa la litra enea Cr. 16/1.

Nel 273/272 non furono emesse monete fuse, per cui probabilmente il cambio teorico rimase fissato nel rapporto di 1:3 con l’asse Cr. 14/1.

La didracma Cr. 22/1, con standard di 5,75 scrupoli (pari a 6 ribassati) presenta peculiarità stilistiche e marchi di controllo mai più presentatisi sulle monete di Roma, ma affini a quelli in uso alla zecca di Alessandria, cui pertanto viene attribuita. Peraltro, il piede tolematico era compatibile col peso di queste monete. Mattingly ha proposto la data del 273, in occasione dell’ambasceria romana a Tolomeo Filadelfo, ma è più probabile il 272 (data per questo tramandata da Eusebio di Cesarea), dopo la presa di Taranto (probabilmente ricordata dal tipo al R/) che averebbe fornito il metallo da monetare. L’aggio elevato (0,25 scrupoli) si spiegherebbe con le spese di trasporto per e dall’Egitto. Contemporaneamente fu emessa la doppia litra enea Cr. 23/1 e probabilmente la serie fusa Cr. 21, che presenta la medesima, peculiare raffigurazione della dea Roma. Il peso medio dell’asse, 240 scrupoli, malgrado fosse in vigore uno standard di 252 scrupoli (meglio che 250 scrupoli, valore riconosciuto dagli studiosi per quest’epoca) si spiegherebbe per mantenere il rapporto di cambio 1:3 pur adottando la parità di 1:126, affine a quella tolemaica di 1:125.

Alla zecca di Roma e, quindi, alla data del 269 va attribuita la serie Cr. 25, la prima a legenda Roma, comprendente tanto la didracma (su standard di 6 scrupoli) che i fusi (su standard di 252 scrupoli). Fu probabilmente coniata monetando il bottino di Reggio (cui il falcetto alluderebbe, essendo stata Reggio fondata da coloni di Messina-Zancle). È significativo che vengano riproposti i tipi della prima didracma (Cr. 13/1) e dell’asse Cr. 14/1, a conferma che anch’essi erano contemporanei. La serie comprende anche una mezza quartoncia, Cr. 25/3.

Sempre nel 269, a fini commemorativi, le zecche esterne all’Urbe emisero, sempre sullo standard di 252 scrupoli, l’asse Cr. 37/1.

Nella serie Cr. 26 il simbolo è presente esclusivamente sui fusi: potrebbe dedursene che argento e bronzo avessero provenienze diverse. Il simbolo (ghianda, connessa con il culto di marte) rimanda alla liberazione di Messana (264/263), sottratta appunto ai Mamertini. Lo standard del bronzo è ancora di 252 scrupoli. La serie comprende anche una mezza quartoncia, Cr. 26/3.

Tra il 263 e il 258 lo standard del bronzo fu abbassato a 240 scrupoli, presente nelle emissioni Cr. 24, 27, 35 (con significativi ribassi) e 36 (con ribassi ancora più sensibili).

Nel 258, quando era censore C. Duilio, fu emessa la serie fusa della prora (Cr. 35) per commemorare il primo trionfo navale, da lui stesso conseguito nel 260 dopo la vittoria di Mylae: tipi innovativi per un evento unico. Giano richiama il tempio che egli fece erigere nel Foro Olitorio. Sappiamo peraltro dal suo elogio funebre[4] che “praedad popolom (donavet)”, verosimilmente quindi proprio con questi bronzi.

La serie Cr. 27 presenta una clava e, quindi, rinvia alla conquista di una città chiamata Eraclea: forse Drepanon (nella Sicilia occidentale), conquistata nel 242, supponendo che possa essere la prima “Eraclea” fondata da Dorieo di cui parla Diodoro Siculo (IV, 23, 3). La serie va allora datata al 242/241 e comprende anche una mezza quartoncia, Cr. 27/2, e due monete di taglio anomalo (forse 1/40 e 1/80 di asse), Cr. 27/3 e 27/4, probabilmente emesse per supplire all’esigenza di numerario in terre sottratte ai Punici (fra cui Lilibeo ed Erice).

La serie con la ruota (Cr. 24) presenta una struttura analoga, con un tipo innovativo e fisso al retro. Potrebbe riferirsi all’inaugurazione della strada militare Agrigento-Palermo, che un miliario rinvenuto nel 1958 attribuisce a C. Aurelio Cotta. Questi fu console nel 252 e nel 248; nella prima occasione (anno censorio) celebrò un trionfo de Poenis et Siculeis dopo aver conquistato Lipara e Thermae e forse avviato la realizzazione della strada. Notevole l’emissione straordinaria del tressis (Cr. 24/1), a indicare che era ancora in essere il cambio 1:3; si tratterebbe pertanto di una “didracma di bronzo”. A questa serie va probabilmente collegato il piccolo bronzo di taglio anomalo Cr. 26/4, che ne riprende l’iconografia sia al dritto che al retro; forse si trattava di un terzo di quartoncia (peso teorico 1,66 scrupoli, peso medio degli esemplari censiti 1,46 scrupoli).

 

__________________

[1]   Pedroni osserva che furono tuttavia emesse monete su standard di 336 scrupoli e suddivisione decimale, con legende in lettere latine, da Hatria (colonia dedotta nel 289) e dai Vestini (alleatisi con Roma nel 301), nonché - senza legenda - da Ariminum; quest’ultima serie deve essere precedente alla costituzione in colonia (datata al 268) perché una semioncia è stata rinvenuta in strati relativi alle mura della colonia stessa (come riferito da Balbi de Caro). Lo studioso ne deduce che nel medesimo periodo (inizî III secolo) Roma spingeva le colonie apule a monetare con il proprio standard per occupare un mercato ove i fusi non erano ancora presenti, quella adriatica e gli alleati Vestini con lo standard gallico (autonomamente in uso ad Ariminum) per indebolire l’economia gallica in vista dello scontro decisivo (al lago Vadimone nel 284/283).

[2]   Secondo Dionigi di Alicarnasso, egli si vantò con gli ambasciatori di Pirro che da console (nel 282) con il bottino sottratto a Sanniti e Lucani aveva non solo arricchito l’armata, ma anche restituito il tributum.

[3]   Una glossa di Festo ci riferisce che quell’anno una legge o plebiscito diminuì il librario (misura dei liquidi), e quindi probabilmente la libbra, da 480 a 288 scrupoli: potrebbe trattarsi di un ultimo tentativo di mantenere l’aggancio tra libbra e asse, malgrado le progressive svalutazioni di quest’ultimo.

[4]   Tramandatoci dall’iscrizione ILLRP 319, di età imperiale.

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Prima di passare alla fase del quadrigato e all'introduzione del denario, vi chiedo le vostre opinioni  ....

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A margine, ricordo che abbiamo parlato dell'originalità di questo studioso anche con riferimento alle sue tesi sul significato della legenda "argentum publicum" apposta su alcuni denari, qui:

 

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Intanto complimenti davvero a @L. Licinio Lucullo per le capacità sintetiche e divulgative, ogni volta resto senza parole.

Le tesi di Pedroni sono, assieme a quelle di Coarelli, le più suggestive e argomentate fra quanti si discostano dall’ortodossia della cosiddetta scuola anglosassone (eminentemente Crawford). Io credo che finchè le cose che non sappiamo sulle origini della

moneta romana superano ( e di tanto) quelle che sappiamo, le pretese di ricostruzione sistematica, da chiunque vengano, posano su basi fragili. Ad esempio il bronzo Minerva/Aquila 23/1 è oggetto di uno studio specifico di Burnett e Andrew McCabe @ahala che fornisce inoppugnabili argomenti sulla sua produzione siciliana.

https://www.academia.edu/31464952/Burnett-McCabe_An_early_Roman_struck_bronze_with_a_helmeted_goddess_and_an_eagle_in_Nomismata_Studi_di_Numismatica_antica_offerti_ad_Aldina_Cutroni_Tusa_per_il_suo_novantatreesimo_compleanno

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Invece io credo che l’opera di Pedroni faccia giustizia sull’uso delle fonti letterarie, ingiustamente dismesso da Crawford, e costituisca un tentativo ben riuscito di coniugarle con le evidenze archeologiche.

Mi sembra molto convincente il ruolo che attribuisce ai censori e si inserisce molto bene nelle recenti argomentazioni sul ruolo del bottino di guerra nell’alimentazione dell’erario e sulla partecipazione della plebe al bottino stesso; infine, e non è poco, sul valore “democratico” del conio della moneta come strumento di accesso alla ricchezza da parte della plebe.

Voglio ancora ricordare come Pedroni riesce a motivare, dare coerenza e inserire in un contesto storico molto credibile le scelte iconografiche dell’oro del giuramento, del quadrigato e del denario di Veturio (il primo a discostarsi dal canone Roma-Dioscuri/Biga)

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Qui ci vuole peró qualche foto: comincio con il bronzo 1/1 a legenda in greco POMAIWN:

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-RC/1

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E questo è l’asse Castore/Apollo 19/1

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-RRB3/1

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Salto l’asse 18/1 e passo al didramma 13/1 a legenda ROMANO (nel mio ci vuole un po’ di fantasia per vederla)

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-RC/3

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A seguire la coeva “litra” ( secondo Crawford) Minerva/Protome equina 17/1, qui nella variante destra/destra

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-RC/7

 

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Il 25/6/2020 alle 17:10, dux-sab dice:

Quest ultima sarebbe autentica?

Ciao @dux-sab la moneta viene da asta Naumann e non mi ha dato sospetti. Cosa ti lascia perplesso?

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Seconda e ultima parte:

 

DAL QUADRIGATO AL DENARIO

Il quadrigato costituisce una netta cesura per l’adozione di tipi nuovi, la loro fissità negli anni, e l’innalzamento di valore de 3 a 5 assi. Esso infatti è chiaramente connesso con l’adozione dello standard “semilibrale” di 144 scrupoli (con una parità 1/120, 6 scrupoli d’argento valgono 5 monete bronzee da 144 scrupoli: 6x120/144=5); il peso della didracma probabilmente non fu diminuito per limitare gli effetti psicologici della svalutazione del bronzo. I censori furono eletti nel 234 e a tale data, quindi, va ascritta la riduzione del piede ponderale e l’introduzione del quadrigato. Giano (di cui è rappresentata l’originaria iconografia imberbe, in contrapposizione con quella barbuta, forse introdotta dai Duilii a seguito di evocatio del dio di Cales e presente sulle monete a partire dalla serie Cr. 35) e Vittoria simboleggiano la definitiva disfatta di Cartagine, cui nel 238 Roma aveva dichiarato guerra per il controllo della Sardegna (sebbene il conflitto non sia mai stato combattuto per lo stato di prostrazione militare della capitale punica); infatti, nel 235, erano state chiuse le porte del tempio del dio. Probabilmente infatti furono monetati i talenti d’argento pagati da Cartagine come sanzione di guierra (220 l’anno per 10 anni; sebbene la Prima Guerra Punica si fosse conclusa nel 241, il versamento del metallo potrebbe essere cominciato dopo la resa sulla Sardegna).

Per l’introduzione delle monete in oro si può fare riferimento al passo di Plinio tramandato dal codice Bambergensis, che pone la coniazione del nummus aureo 51 anni dopo quella della moneta in argento. Sebbene questa lezione non sia (come molti studiosi propongono) quella originaria, si può ritenere che essa costituisca una correzione apportata da un antigrafo sulla base di altre fonti: verosimilmente egli sapeva che l’aureo del giuramento Cr. 28/1 fu emesso nel 224 (contando dal 275), data coerente con quella del quadrigato, cui è connesso. Infatti nel 225-224 Roma procedette a una “leva tumultuaria”, considerata epocale già dagli storici antichi che avrebbe spinto il Senato per un'emissione aurea di carattere straordinaria e di grande valore propagandistico: tali monete, di numero limitato, potrebbero non essere entrate mai nella circolazione (e non vendendo tesaurizzate: si ha notizia di un unico rinvenimento in ripostiglio, in Svizzera) ma costituire unicamente un donativo per gli alleati cyhe, benché recalcitanti, avevano risposto all’appello di roma con uomini, grano e armi.

L’aureo con scena di giuramento e valore “XXX” è probabilmente falso, in quanto metrologicamente aberrante: pesando 4 scrupoli e data la parità 1:120 tra argento e bronzo, sarebbe potuto valere 30 assi solamente con parità 1:8 tra oro e argento e standard ponderale eneo di 128 scrupoli oppure parità 1:9 e standard 144, tuttavia né il piede di 128 scrupoli né lo standard di 1:9 sono altrimenti attestati.

Lo standard di 144 scrupoli era ancora in vigore nel 217, quando fu emessa la serie speciale Cr. 39 connessa con i ludi Maximi; fu abbassato a 120 scrupoli all’indomani della sconfitta di Canne, nel 216. In questi anni ermergenziali le svalutazioni furono sottratte dalle competenze dei censori ed è quindi possibile che, in rapida successione, ne sia stata effettuata anche una “post-semilibrale” o “quadrantale”, a 72 scrupoli. Il denario è necessariamente collegato con l’adozione dello standard “sestantale” di 48 scrupoli (4x120/48 = 10) e va quindi datato a una fase successiva, ovvero il 214 o 213, come indicato dagli scavi di Morgantina.

La tradizione pliniana da accettare per l’aureo è quella della coniazione 62 anni dopo l’argento, che porta al 213 (contando dal 275): data a cui va posto l’aureo marziale Cr. 44/2. Evidentemente Plinio non considerava il precedente aureo del giuramento una vera moneta, per il suo carattere commemorativo.

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