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IGNORED

Un raro testone di Clemente VIII


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Inviato

Buona domenica a tutti,

dopo il testone di Clemente VIII per Fano che recentemente ho presentato qui sul forum ( https://www.lamoneta.it/topic/214643-clemente-viii-testone-per-fano/ ), oggi vi mostro questo testone coniato a Roma.

Clemente VIII (1592-1605), Roma, Testone.

Munt 23, CNI 1.

D/: busto a destra a testa nuda con piviale ornato di figura dell'Immacolata Concezione e di santo vescovo in abito pontificale, e con fibbia ovale. . CLEMENS . VIII . PON . MAX. In basso . A . _ . I .ai lati del segno di zecca di Guglielmo Tronci, zecchiere.

R/: San Pietro, nimbato, seduto di fronte nella navicella a sinistra, la destra in alto regge con la sinistra il timone; in basso il mare agitato, in alto nel giro ai lati due teste di venti che soffiano. . NON . _ . PREVA - LEBVNT. Es.: ROMA, in basso segno di zecca di Guglielmo Tronci, zecchiere.

T/: liscio.   Peso 9.41 g

Si tratta di un testone rarissimo che presenta un pedigree di tutto rispetto: ex Bank Leu 36, lotto 736 (collezione Cappelli), ex Varesi 16 del 1992, lotto 175 ed infine ex NAC 81 lotto 441 (collezione DeFalco). È inoltre l'esemplare illustrato sul MIR. La conservazione è molto buona per la tipologia. La legenda al rovescio che si traduce con "Non vinceranno" (Matteo XVI, 18), fa riferimento alla lunga guerra contro i Turchi che il papa intraprese durante il suo pontificato.

Da Wikipedia:

"Clemente VIII si impegnò durante tutto il suo pontificato per la costituzione di un'alleanza di regnanti cristiani contro gli Ottomani. Nel 1594 il pontefice riunì una Lega Santa per appoggiare l'imperatore Rodolfo II nella Lunga Guerra contro l'Impero ottomano. All'inizio degli anni novanta del XVI secolo l'Impero ottomano era giunto ad espandersi fino a toccare il cuore dell’Europa danubiana. Il Sultano aveva esteso il proprio dominio sul quaranta per cento delle terre ungheresi. I vicini principati di Moldavia, Valacchia e Transilvania erano diventati suoi tributari. Clemente VIII avviò un'intensa attività diplomatica volta a ricreare, sulla falsariga della coalizione che aveva vinto la battaglia di Lepanto, un ampio schieramento anti-ottomano comprensivo di Spagna, Venezia, Polonia, Transilvania, Moldavia e Valacchia. Strumento funzionale a tale opera fu innanzitutto la rete dei nunzio pontifici, stabile e ramificata in tutta l’Europa cristiana. Il Papa avviò un dialogo anche con il re dei Russi (ortodosso) e persino con lo scià di Persia, in quanto acerrimo nemico degli Ottomani.

Clemente VIII aveva compreso che, affinché l'alleanza avesse la forza necessaria per sconfiggere i Turchi, ne dovevano fare parte sia la Francia che la Spagna, le due più forti potenze militari europee. I suoi sforzi per coinvolgere le due potenze in una «Santa Impresa» avevano come fine ultimo quello di formare un esercito transnazionale. Gli sforzi del pontefice non ebbero successo: Filippo II di Spagna si limitò a promettere al pontefice un sostegno finanziario, trovando troppo onerosa e impegnativa una partecipazione diretta con le forze di terra e (soprattutto) di mare; da parte sua, Enrico IV di Borbone era alleato del Sultano, in funzione antiasburgica. Neanche il progetto di occupare Costantinopoli servendosi del capo dell'esercito turco, Scipione Cicala (un genovese che, rapito dai turchi all'età di quattordici anni, aveva dovuto rinnegare la fede cristiana) trovò attuazione.

Il territorio dell'Impero Ottomano confinava con i possedimenti della Casa d'Asburgo. Gli Asburgo erano contrari a condividere con la Santa Sede il merito di un'eventuale cacciata degli Ottomani dai Balcani. La loro strategia – da Ferdinando a Rodolfo II – era improntata all'ottenimento di accordi di tregua (l'ultimo era stato stipulato nel 1590). Questi accordi, però, avevano un alto prezzo (gli Ottomani pretendevano una cospicua dote di fiorini ungheresi in cambio della pace). Non solo: durante i mesi caldi le truppe del Sultano compivano scorribande aldilà dei confini che allertavano costantemente le forze asburgiche.

Quando gli Ottomani assaltarono la fortezza di Giavarino, caposaldo strategico sulla riva destra del Danubio (luglio 1594), gli Asburgo si risolsero ad accettare l'aiuto del pontefice. Papa Clemente VIII nominò capo della spedizione militare pontificia Giovan Francesco Aldobrandini, Capitano generale della Chiesa. Aderirono all'appello di Clemente VIII i principati di Transilvania, Valacchia e Moldavia. In Italia si mobilitarono: il Ducato di Mantova, il Granducato di Toscana e la città di Bologna. Clemente VIII impose decime al clero d'Italia e riuscì a formare un esercito di diecimila fanti e seicento cavalieri. Poi incaricò i frati Camilliani di curare i feriti sui campi di battaglia, ordinando la loro partenza per l'Ungheria nel 1595. I Camilliani istituirono a Strigonio un ospedale da campo, con dottori e infermieri, segnalandolo con una croce rossa simbolo dell'ordine. All'assistenza spirituale dei soldati vennero comandati i Gesuiti. Clemente VIII inviò tre volte in Ungheria il generale Aldobrandini a sostegno dell'imperatore Rodolfo II d’Asburgo. Le tre campagne ebbero come esito:

-la vittoriosa presa di Strigonio nel 1595;

-la conquista di Pápa e l'inconcludente assedio di Giavarino del 1597;

-la tentata liberazione di Canisa (assediata dai Turchi) nel 1601.

Il lasso di tempo che intercorse tra la seconda e la terza campagna fu dovuto al diffondersi delle epidemie di peste e colera che decimarono le truppe nonché all'insorgere di dissidi con i capitani imperiali sulla strategia da adottare. L'Aldobrandini infatti propose di liberare la città di Buda per infliggere una sconfitta decisiva agli Ottomani, ma gli imperiali non si mostrarono mai favorevoli all'impresa. Nel complesso l'esercito pontificio riportò due vittorie contro i Turchi. Giovan Francesco Aldobrandini morì durante la terza spedizione (17 settembre 1601), volta a liberare Canisa dall'assedio turco. Dopo la sua morte il comando dell'esercito pontificio passò a Flaminio Delfini. Però gli Asburgo decisero autonomamente di abbandonare l'assedio. I soldati papali rimasero soli sotto le mura della città. Ad essi non rimase che ritirarsi e ripiegare verso l'Italia. Alcuni storici stimano che, dei diecimila soldati impegnati nelle tre campagne, ben seimila non abbiano fatto più ritorno in patria.
La «Santa Impresa» fu la più massiccia mobilitazione di truppe pontificie al di fuori dei confini dell’Italia di tutta la storia dello Stato della Chiesa".

Michele 

 

116.jpg

  • Mi piace 7

Inviato
1 ora fa, ZuoloNomisma dice:

Buona domenica a tutti,

dopo il testone di Clemente VIII per Fano che recentemente ho presentato qui sul forum ( https://www.lamoneta.it/topic/214643-clemente-viii-testone-per-fano/ ), oggi vi mostro questo testone coniato a Roma.

Clemente VIII (1592-1605), Roma, Testone.

Munt 23, CNI 1.

D/: busto a destra a testa nuda con piviale ornato di figura dell'Immacolata Concezione e di santo vescovo in abito pontificale, e con fibbia ovale. . CLEMENS . VIII . PON . MAX. In basso . A . _ . I .ai lati del segno di zecca di Guglielmo Tronci, zecchiere.

R/: San Pietro, nimbato, seduto di fronte nella navicella a sinistra, la destra in alto regge con la sinistra il timone; in basso il mare agitato, in alto nel giro ai lati due teste di venti che soffiano. . NON . _ . PREVA - LEBVNT. Es.: ROMA, in basso segno di zecca di Guglielmo Tronci, zecchiere.

T/: liscio.   Peso 9.41 g

Si tratta di un testone rarissimo che presenta un pedigree di tutto rispetto: ex Bank Leu 36, lotto 736 (collezione Cappelli), ex Varesi 16 del 1992, lotto 175 ed infine ex NAC 81 lotto 441 (collezione DeFalco). È inoltre l'esemplare illustrato sul MIR. La conservazione è molto buona per la tipologia. La legenda al rovescio che si traduce con "Non vinceranno" (Matteo XVI, 18), fa riferimento alla lunga guerra contro i Turchi che il papa intraprese durante il suo pontificato.

Da Wikipedia:

"Clemente VIII si impegnò durante tutto il suo pontificato per la costituzione di un'alleanza di regnanti cristiani contro gli Ottomani. Nel 1594 il pontefice riunì una Lega Santa per appoggiare l'imperatore Rodolfo II nella Lunga Guerra contro l'Impero ottomano. All'inizio degli anni novanta del XVI secolo l'Impero ottomano era giunto ad espandersi fino a toccare il cuore dell’Europa danubiana. Il Sultano aveva esteso il proprio dominio sul quaranta per cento delle terre ungheresi. I vicini principati di Moldavia, Valacchia e Transilvania erano diventati suoi tributari. Clemente VIII avviò un'intensa attività diplomatica volta a ricreare, sulla falsariga della coalizione che aveva vinto la battaglia di Lepanto, un ampio schieramento anti-ottomano comprensivo di Spagna, Venezia, Polonia, Transilvania, Moldavia e Valacchia. Strumento funzionale a tale opera fu innanzitutto la rete dei nunzio pontifici, stabile e ramificata in tutta l’Europa cristiana. Il Papa avviò un dialogo anche con il re dei Russi (ortodosso) e persino con lo scià di Persia, in quanto acerrimo nemico degli Ottomani.

Clemente VIII aveva compreso che, affinché l'alleanza avesse la forza necessaria per sconfiggere i Turchi, ne dovevano fare parte sia la Francia che la Spagna, le due più forti potenze militari europee. I suoi sforzi per coinvolgere le due potenze in una «Santa Impresa» avevano come fine ultimo quello di formare un esercito transnazionale. Gli sforzi del pontefice non ebbero successo: Filippo II di Spagna si limitò a promettere al pontefice un sostegno finanziario, trovando troppo onerosa e impegnativa una partecipazione diretta con le forze di terra e (soprattutto) di mare; da parte sua, Enrico IV di Borbone era alleato del Sultano, in funzione antiasburgica. Neanche il progetto di occupare Costantinopoli servendosi del capo dell'esercito turco, Scipione Cicala (un genovese che, rapito dai turchi all'età di quattordici anni, aveva dovuto rinnegare la fede cristiana) trovò attuazione.

Il territorio dell'Impero Ottomano confinava con i possedimenti della Casa d'Asburgo. Gli Asburgo erano contrari a condividere con la Santa Sede il merito di un'eventuale cacciata degli Ottomani dai Balcani. La loro strategia – da Ferdinando a Rodolfo II – era improntata all'ottenimento di accordi di tregua (l'ultimo era stato stipulato nel 1590). Questi accordi, però, avevano un alto prezzo (gli Ottomani pretendevano una cospicua dote di fiorini ungheresi in cambio della pace). Non solo: durante i mesi caldi le truppe del Sultano compivano scorribande aldilà dei confini che allertavano costantemente le forze asburgiche.

Quando gli Ottomani assaltarono la fortezza di Giavarino, caposaldo strategico sulla riva destra del Danubio (luglio 1594), gli Asburgo si risolsero ad accettare l'aiuto del pontefice. Papa Clemente VIII nominò capo della spedizione militare pontificia Giovan Francesco Aldobrandini, Capitano generale della Chiesa. Aderirono all'appello di Clemente VIII i principati di Transilvania, Valacchia e Moldavia. In Italia si mobilitarono: il Ducato di Mantova, il Granducato di Toscana e la città di Bologna. Clemente VIII impose decime al clero d'Italia e riuscì a formare un esercito di diecimila fanti e seicento cavalieri. Poi incaricò i frati Camilliani di curare i feriti sui campi di battaglia, ordinando la loro partenza per l'Ungheria nel 1595. I Camilliani istituirono a Strigonio un ospedale da campo, con dottori e infermieri, segnalandolo con una croce rossa simbolo dell'ordine. All'assistenza spirituale dei soldati vennero comandati i Gesuiti. Clemente VIII inviò tre volte in Ungheria il generale Aldobrandini a sostegno dell'imperatore Rodolfo II d’Asburgo. Le tre campagne ebbero come esito:

-la vittoriosa presa di Strigonio nel 1595;

-la conquista di Pápa e l'inconcludente assedio di Giavarino del 1597;

-la tentata liberazione di Canisa (assediata dai Turchi) nel 1601.

Il lasso di tempo che intercorse tra la seconda e la terza campagna fu dovuto al diffondersi delle epidemie di peste e colera che decimarono le truppe nonché all'insorgere di dissidi con i capitani imperiali sulla strategia da adottare. L'Aldobrandini infatti propose di liberare la città di Buda per infliggere una sconfitta decisiva agli Ottomani, ma gli imperiali non si mostrarono mai favorevoli all'impresa. Nel complesso l'esercito pontificio riportò due vittorie contro i Turchi. Giovan Francesco Aldobrandini morì durante la terza spedizione (17 settembre 1601), volta a liberare Canisa dall'assedio turco. Dopo la sua morte il comando dell'esercito pontificio passò a Flaminio Delfini. Però gli Asburgo decisero autonomamente di abbandonare l'assedio. I soldati papali rimasero soli sotto le mura della città. Ad essi non rimase che ritirarsi e ripiegare verso l'Italia. Alcuni storici stimano che, dei diecimila soldati impegnati nelle tre campagne, ben seimila non abbiano fatto più ritorno in patria.
La «Santa Impresa» fu la più massiccia mobilitazione di truppe pontificie al di fuori dei confini dell’Italia di tutta la storia dello Stato della Chiesa".

Michele 

 

116.jpg

 

Un’altro esemplare di grande fascino Mike. Poi la storia con cui ce l’hai presentata la rende ancora più affascinante 👏🏾

  • Grazie 1

Inviato

E si....molto raro!


Inviato

Rarissimo e splendido  Testone che corredato da una tesi di laurea come questa lo rende ancor più prezioso e affascinante...

Complimenti Michele 

Daniele 

  • Grazie 1

Inviato

Bellissima e rara moneta. Con una storia magnifica. Grazie!

  • Mi piace 1

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