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VENEZIA ANDREA GRITTI (1523-1538) Scudo d'oro

Au g 3,38 mm 25

S retroverse dalla parte del leone.

Condivido volentieri.

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CNI 331

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Spink & Son's Monthly Numismatic Circular - Volumi 24-26 - 1916

42762

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Dal Papadopoli

Tipo 13g

 

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Precisazione per il Papadopoli.

Nella sua Opera, il Papadopoli descrive -nella sezione dedicata al doge Gritti- cinque esemplari di scudo d’oro, dal n. 11 al n. 15, considerando gli esemplari dal n. 12 al n. 15 delle “varietà”.

Altri esemplari (o meglio, una riformulazione) di scudo d’oro invece vengono illustrati, invece, nella sezione dedicata a “Giunte e correzioni”.

L’Autore, in premessa di questi (nuovi) esemplari, tiene a precisare:

In seguito a un’importante ritrovo di scudi d’oro che diede molte varietà di quello del doge Andre Gritti, alla descrizione di esso che va dal n. 11 al n. 15 si sostituisca la seguente in cui, per ragioni di stile, viene dato alle varianti un ordine diverso”.

Queste varianti sono: 11a, 11b, 12a, 13a, 13b, 13c, 13d, 13e, 13f, 13g, 14a, 14b, 15a, 15b, 15c, 15d, 15e, 15f e 15g.

Saluti.


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E veniamo al Museo Correr, o meglio al Catalogo della Raccolta Numismatica Papadopoli-Aldobrandini compilato da Giuseppe Castellani.

Ebbene, nel Volume I del Catalogo, in corrispondenza del Gritti, vengono indicati nr. 17 esemplari di Scudo, dal tipo 5448 al tipo 5464 inclusi.

L’esemplare 5456 riguarda proprio il tipo 13g dell’Opera del Papadopoli che corrisponde al tipo 331 del CNI, pag. 278/VII, con una conservazione addirittura FDC.

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Chissà quante volte se ne sia discusso sul Forum, ma non importa!

Dal Paolucci Le monete dei Dogi di Venezia leggiamo (pag. 58):

”Il 15 maggio 1528 venne messa in circolazione una nuova moneta d’oro che doveva servire al soldo delle armate mercenarie dislocate sul territorio italiano. Essa fu chiamata scudo d’oro perché imitava i vari scudi d’oro del sole delle zecche italiane”.

 


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Forse il Paolucci fa riferimento, quando scrive delle “armate mercenarie” agli stradioti, stradiotti o stratioti (in greco στρατιώτες?, stratiotes; in albanese stratiotët) che erano (fonte: Wikipedia) mercenari provenienti dai Balcani, in genere albanesi, ma anche dalmati e greci, che formavano unità militari di cavalleria della Repubblica di Venezia, del Regno di Napoli e di altri Stati dell'Europa dal XV secolo fino alla metà del XVIII secolo..

Nel corso del XV secolo, gli stratioti prestarono servizio negli eserciti di Venezia, Milano, Genova, Francia, Inghilterra e del Sacro Romano Impero.

L'organizzazione dell'esercito veneziano era basata principalmente sui singoli capitani degli stratioti. Nel corso del tempo, la natura della relazione contrattuale cambiò. La durata dei contratti si allungò e includeva sia il servizio militare che la loro disponibilità durante il periodo di pace. La maggior parte dei comandanti si adattò al servizio permanente e il rinnovo dei contratti divenne una formalità.

Nella seconda metà del XV secolo, il pagamento fu standardizzato a circa sette o otto ducati per lancia (unità militare) e il pagamento veniva effettuato dieci volte l'anno, in modo che l'importo della retribuzione fosse pari a 70 o 80 ducati all'anno. La fanteria riceveva da due ducati a due e mezzo a testa al mese e gli stratioti 4 ducati e due sacchi di mais al mese. Successivamente al 1490, il salario standard a lancia fu aumentato a 100 ducati all'anno. Va ricordato che una lancia passò da quattro a cinque uomini.

Durante le campagne di guerra, gli stratioti dormivano all'aperto o erano alloggiati dalla popolazione civile; il che portò degli attriti così che ogni sera una truppa speciale era impegnata a trovare nuove sistemazioni. In tempo di pace, l'esercito veniva ospitato negli alloggi permanenti nelle zone di Brescia, Verona, Vicenza e Trevignano e nelle zone di frontiera di Ravenna, Crema, Bergamo e Gradisca d'Isonzo. Non c'erano caserme per le truppe, così gli stratioti affittavano delle case all'interno delle strutture fortificate dove si sistemavano con le loro famiglie. Gli stratioti apprezzavano il diritto loro concesso di esercitare la loro religione, cioè il rito bizantino, o ortodosso o uniato e furono determinanti nella fondazione delle chiese di rito greco-bizantino a Venezia, Napoli e nelle città della Dalmazia.

Kostas Mpires stima che il numero di stradioti albanesi e greci che si stabilirono nei territori veneziani e in Italia fosse di 4500 uomini che, insieme alle loro famiglie, contavano circa 15500 uomini. Se si considerano quelli che si stabilirono nell'Italia meridionale e in Sicilia, i numeri raggiunsero circa 25000 persone.

Quando i “clienti” degli stradioti iniziarono a formare le unità di cavalleria leggera locali, come gli ussari e i dragoni, le opportunità di lavoro degli stratioti si limitarono ai possedimenti veneziani nel Peloponneso (Corone, Modone, Nauplia e Malvasi), nelle isole Ionie (Cefalonia, Corfù, Citera, Zante) e nel Mediterraneo orientale (Creta e Cipro).

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Modificato da Oppiano
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Ancora un po’ di storia su questo Tondello:

http://www.ilgiornaledellanumismatica.it/scudo-oro-doge-gritti/

Di Carlo Barzan.
 

Gli anni del dogato di Andrea Gritti, dal 1523 al 1538, furono piuttosto tumultuosi per l’Italia. La battaglia di Pavia aveva dato a Carlo V il temporaneo predominio nella penisola. Roma aveva subìto il sacco da parte dei lanzichenecchi, i mercenari arruolati nell’esercito imperiale. Firenze aveva perso le sue libertà.  I possedimenti veneziani a Oriente erano minacciati dall’impero ottomano.
La Repubblica di Venezia rispose con decisi interventi militari e finanziari. Per far fronte alla richiesta di monete d’oro da parte delle truppe impegnate sui vari fronti, il Consiglio dei Dieci previde di affiancare al ducato allora in uso una nuova tipologia monetale aurea.

Il 15 maggio 1528 un decreto firmato da Daniel Rhenerius e Franciscus Donatus chiariva: «Questo Conseglio intende quanto sia il continuo bisogno che si ha di trovar scudi dal sol per mandar alli exerciti nostri». Annunciava quindi l’entrata in uso della nuova moneta, lo scudo, e lo descriveva: «con il S. Marco in soldo in uno scudo da una banda et dall’altra una iusticia cum lettere atorno che dicano Andr. Griti».  In effetti sul diritto la moneta raffigurava  una croce fiorata all’interno di un cerchio, mentre dentro un bordo perlinato la legenda citava Andreas Griti dux Venetiar(um), ‘Andrea Gritti doge di Venezia’. Al rovescio il campo era occupato al centro dal leone di san Marco e nella parte superiore da un gruppo di tre foglie e due volute ai lati. La legenda precisava Sanctus Marcus Venetus. L’iconografia era semplice ma vigorosa: mancava il ritratto del regnante, ma il simbolo cristiano della croce e il leone, per antonomasia riferimento al potere di Venezia, bastavano per identificarla immediatamente.
Il peso era di 3,4 grammi e il titolo di 917 millesimi, inferiore quindi al titolo del ducato, che era di oro zecchino, cioè 997 millesimi.

A causa della nuova commessa, la zecca di Venezia si trovò a dover fronteggiare un improvviso e imponente carico di lavoro. I provveditori in zecca cercarono di rimediare con l’assunzione di nuovo personale: intanto ad aiutare Gambello e Benintendi alla lavorazione dei conii era arrivato Paolo de Franceschi. Fra maggio 1528 e luglio 1529 tutta la produzione si svolse sotto la sovrintendenza del massaro all’oro Marco Donà.
Le loro fatiche furono premiate perché, grazie agli utili derivati dalla produzione delle nuove monete, la zecca di Venezia poté provvedere autonomamente al pagamento dei salari, che dal 1507 erano a carico della cassa del Consiglio dei Dieci.

Il 7 novembre 1530 «ritrovandose questa cita et altre terre nostre in strettela de monede» venne ritenuto conveniente «proveder che almeno se possi haver oro de menor quantità de quello del ducato». Fu quindi introdotta anche una frazione dello scudo: pesava 1,68 grammi, valeva la metà ed era definita medias corona aureas.
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Il Prof. Michele Asolati parla dello Scudo d’oro del Gritti come di “derivazione francese” https://archeove.com/wp-content/uploads/2015/12/AVmonete00.pdf

Alludendo chiaramente allo “Scudo d’oro del sole”, celebre moneta che venne fatta coniare in Francia da Luigi XI (1461-1483). Come scrive il Martinori nel suo celebre Vocabolario, “prese quel nome da un piccolo sole che si trovava sopra lo scudo di Francia”.

Come scrive sempre il Martinori, e come già sopra riportato, il Consiglio dei Dieci con decreto del 15/5/1528 “penso’ di provvedere alla coniazione degli Scudi d’oro del sole propri, per mandarli agli eserciti che si trovavano lontano da Venezia e per i quali si doveva pagare un aggio dell’uno per cento con difficoltà di trovarli”.

“Questi Scudi mancano dell’insegna speciale del sole, e perciò vanno col nome di Scudi d’oro senz’altro, ma corrispondono agli Scudi d’oro del sole che avevano preso tanto voga in Italia”.


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Riporto anche il testo del Decreto del Consiglio dei Dieci del 15/5/1528.

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Sicuramente più di 37 erano gli Scudi d’oro ritrovati a Cursi, in provincia di Lecce.

http://cursi.salentovirtuale.com/cursi_tesoro.htm

 

Per riprendere anche una discussione:

 

Modificato da Oppiano
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Del resto, lo stesso Papadolooli in Monete italiane inedite della raccolta Papadopoli, parla proprio di scudi d’oro del sole:

“…introdotto nella monetazione veneziana con un decreto del Consiglio dei Dieci del 15 maggio 1528, per i bisogni degli eserciti, ai quali erano spediti scudi d'oro del sole, che si comperavano a Venezia pagando un aggio, e nel 7 novembre 1530 fu ordinata la battitura dei mezzi scudi. Queste monete, inferiori nel titolo allo zecchino, godevano grande favore in quei tempi e furono coniate col nome di Andrea Gritti e dei successori fino alla caduta della Repubblica,”


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