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Cosa sono quelle misteriose brattee d’oro trovate in un campo agricolo e prodotte durante il crollo dell’Impero romano

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Uno studio pubblicato in questi giorni fa luce sul misterioso tesoro trovato nel dicembre del 2020 da due appassionati di metal detector, in Danimarca. Rinvenuto in una fattoria a Vindelev, nello Jutland meridionale, questo tesoro è un compendio di 23 manufatti d’oro che risalgono al cosiddetto periodo migratorio (375-568 d.C.) che segna, provoca e gestisce caoticamente la disgregazione dell’impero romano. L’oro lavorato portato alla luce pesa 795 grammi ed è stato trovato con un rilevatore da Ole Ginnerup Schultz e Jørgen Antonsen nei pressi di resti un’abitazione che, secondo i primi rilievi, risalirebbe al VI secolo. E’ probabile che il tesoro fosse una dote o costituisse le notevoli risorse di una famiglia, nascoste presso casa nel corso di uno dei periodi terribili del VI secolo. Guerre, malattie, violenze si unirono alle anomalie climatiche del 535-536 che portarono, nel breve termine, in particolare nell’emisfero settentrionale, a conseguenze quali il raffreddamento della temperatura media più grave e prolungato negli ultimi due millenni.

Il 536 è considerato da storici e scienziati l’anno più orribile di ogni tempo, per l’umanità. Nulla era più sicuro, non esistevano più certezze e la stessa natura collaborava al caos e al disfacimento, lanciando in aria un pulviscolo denso – forse legato a un’eruzione vulcanica enorme o, per le dimensioni mondiali del fenomeno, alla caduta di un meteorite – che provocò anomalie climatiche, cattivi raccolti e carestie in tutto il mondo. Nel 536, tra la misteriosa nebbia che oscurò i cieli di Europa, Medio Oriente e parte dell’Asia per 18 mesi, sconvolgendo il clima, aumentò anche la malvivenza. Il tesoro fu nascosto proprio in quegli anni? Attorno agli anni ’40 dello stesso secolo scoppiò anche la terribile peste che colpì anche l’Europa, durante il regno di Giustiniano ( 482-565), imperatore romano dal 527 fino alla sua morte.

Sotto la guida della ricercatrice senior Helle Horsnæs, il tesoro ha rivelato dettagli sorprendenti, aprendo una finestra su un’epoca di potere locale e connessioni transnazionali nell’Europa del passato.

Il nucleo maggiore del tesoro è costituito, tipologicamente, da 13 bratteati d’oro nordici, tra cui spicca la più grande brattea del mondo, caratterizzata da intricati rilievi che raffigurano elementi della mitologia norrena. Tuttavia, è una brattea in particolare a catturare l’attenzione: essa reca un’iscrizione runica che costituisce la prima menzione nota di Odino, il capo degli dei nella mitologia norrena. Questo solo è sufficiente a conferire al tesoro una rilevanza straordinaria nel panorama archeologico. Cosa sono le bratteate? Sono ciondoli simili a monete e a medaglie, battute o punzonate, realizzate soprattutto in materiale prezioso – oro e argento – in lamine molto sottili, al punto che in diversi casi i detectoristi, pensavano, vedendo l’oggetto ancora in terra, di essersi imbattuti nelle monete di cioccolato natalizie.

Ciò che rende il tesoro di Vindelev veramente unico sono i quattro medaglioni d’oro romani del IV secolo D.C., montati come pendenti. Un artigiano applicò ai medaglioni romani – più antichi – l’asola dei pendenti, trasformandoli in gioielli. Questa è la prima volta che quattro medaglioni romani vengono trovati insieme in un unico tesoro in Danimarca. Ognuno di essi porta con sé una storia intrigante. Emessi da imperatori come Costantino il Grande, Costante, Valentiniano I e Graziano, questi medaglioni non possono essere stati destinati a un individuo di Vindelev. Tra le ipotesi in campo viene indicata la possibilità che il tesoro fosse collegato ad alleanze matrimoniali che coinvolgevano popolazioni distanti, ma legate da una convergenza politica. Forse una dote? Nel passato le donne portavano in dote anche gioielli che costituivano una sorta di prezioso deposito che poteva essere messo a disposizione della famiglia, in caso di necessità.

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È proprio qui che emerge il lavoro di Helle Horsnæs, la cui analisi ha rivelato dettagli fondamentali. Osservando i medaglioni, Horsnæs ha notato che erano stati manipolati da artigiani al di fuori dell’Impero Romano, suggerendo un’intensa attività di scambio e relazioni tra le élite europee del tempo. Inoltre, uno dei medaglioni ha attirato particolarmente l’attenzione della ricercatrice: esso è timbrato esattamente con lo stesso marchio di un medaglione trovato a Zargozyn, in Polonia. Questo suggerisce un legame diretto tra le due località e una rete di scambi e relazioni che si estendeva ben oltre i confini dell’Impero Romano.

Ma cosa può significare tutto ciò per la nostra comprensione della storia europea antica? Secondo Horsnæs, questa scoperta getta nuova luce sulle connessioni tra le élite europee durante l’età del ferro. Vindelev, una volta considerata ai margini del mondo antico, emerge ora come un centro vitale nella rete di potere e scambi che ha plasmato il volto dell’Europa di quell’epoca. Questo tesoro mette davvero Vindelev sulla mappa europea, dimostrando che il suo proprietario doveva godere di un prestigio e di una influenza che si estendevano ben oltre i confini locali.

 

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