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@mero mixtoque imperio

É la prima volta che leggo di uno studioso che cita come riferimento a una sua "scoperta" suoi studi che ancora devono uscire basati su fonti che ancora devono essere trascritte e commentate. 

Se per motivare le tue ipotesi hai bisogno di trascrivere queste carte che riguarderebbero fiorini e ducati, potrebbe essere forse opportuno prima trascriverle e poi formulare la tua ipotesi.

Personalmente credo che seguendo un metodo scientifico ti renderesti conto di aver fatto un'operazione molto creativa ma poco fondata.

Io sono il primo fan delle novità,  non é la novità il problema: il problema é sostenere delle cose senza avere una fonte ed una sua interpretazione critica. Non funziona che io invento una storia e siccome sono ganzo mi credono, viceversa se non mi credono ce l'hanno con me. Non siamo al club di scrittura creativa, in questo contesto le cose che diciamo devono essere fondate, documentate e riscontrabili.

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Inviato
5 ore fa, magdi dice:

@mero mixtoque imperio

É la prima volta che leggo di uno studioso che cita come riferimento a una sua "scoperta" suoi studi che ancora devono uscire basati su fonti che ancora devono essere trascritte e commentate. 

Se per motivare le tue ipotesi hai bisogno di trascrivere queste carte che riguarderebbero fiorini e ducati, potrebbe essere forse opportuno prima trascriverle e poi formulare la tua ipotesi.

Personalmente credo che seguendo un metodo scientifico ti renderesti conto di aver fatto un'operazione molto creativa ma poco fondata.

Io sono il primo fan delle novità,  non é la novità il problema: il problema é sostenere delle cose senza avere una fonte ed una sua interpretazione critica. Non funziona che io invento una storia e siccome sono ganzo mi credono, viceversa se non mi credono ce l'hanno con me. Non siamo al club di scrittura creativa, in questo contesto le cose che diciamo devono essere fondate, documentate e riscontrabili.

 

Parli d’aria fritta, ignori il pubblicato e ignori anche il lungo trattamento di cui necessitano le fonti già sommariamente lette.

Di conseguenza ogni tuo intervento dice sempre le stesse cose, ma senza cognizione di causa.

Siccome questo è l’ultimo intervento che faccio prendi nota: la produzione di moneta forestiera a Napoli è già stata documentata. I lavori in preparazione stanno solo accrescendo le fonti sul tema, vale a dire che confermano e arricchiscono quanto già ho pubblicato.

Il campo delle ipotesi sul tema è già un lontano passato. Aggiornati e smettila di scrivere tanto per scrivere.


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Va preso atto che la negazione del confronto e del dialogo da parte dell'autore non aiuta la credibilità degli studi condotti. Anzi è controproducente.

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L'autore in questione, a cui con estremo garbo, gentilezza e pazienza, gli appassionati di numismatica veneziana stanno rivolgendo, inutilmente, richieste di delucidazione e chiarezza nel merito delle ipotesi da lui sostenute, è già tristemente famigerato tra noi appassionati di numismatica napoletana e dell'Italia meridionale come "appioppattore" seriale di varie tipologie monetarie a diverse zecche forzando in maniera oltremodo arbitraria la documentazione studiata e allegata... Ha l'indubbio merito di pubblicare tutta una serie di documenti molto interessanti, ma poi parte per la tangente inventandosi di tutto e di più, del tipo: monete coniate a Lanciano, ducali, tarì e augustali coniati a Napoli, denari lucchesi, fiorini di Firenze e adesso pure ducati veneziani coniati a Napoli... il tutto sbandierato come "ormai assodato" senza un benchè minimo straccio di prova a sostegno se non interpretazioni a dir poco forzose... Già in passato questa sua modalità di fare "ricerca" è stata oggetto di una dura e articolata presa di posizione da parte di uno studioso di numismatica medievale dell'Italia meridionale di cui riporto un saggio nel merito che illumina meglio la questione:

https://www.academia.edu/117670185/Raffaele_Iula_Moneta_que_tunc_per_ista_civitate_andaberis_zecca_ed_economia_monetaria_a_Napoli_nel_XII_secolo_in_Archivio_Storico_per_le_Province_Napoletane_CXLII_2024_pp_7_28

 

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Ho cercato di mantenermi neutrale in questa diatriba ma, ahimè, stante la completa mancanza di fonti CERTE e non sommariamente lette, mancanza di dialogo reale da parte dell'autore, ... 🤐 Dico solo che la zecca Veneziana NON ha mai permesso di coniare per suo conto (Cattaro/Scutari sono gli unici casi noti e documentati; come sono documentate le "bestemmie" del Senato veneziano verso quelle zecche e i tondelli ufficiali prodotti). Nulla toglie che a Napoli visto il successo della tipologia si fossero prodotte imitazioni/contraffazioni (starebbe all'autore aiutare noi umili curiosi a capire il come, dove, perchè...). Venezia così attenta e gelosa delle sue "creature" metalliche ("creature" che ne garantivano il prestigio) avrebbe passato il testimone ad una zecca così lontana e non facilmente controllabile?

-la produzione di moneta forestiera a Napoli è già stata documentata- (cito) allora per cortesia si potrebbe riportare tali documenti anche qui? Non tutti sono in grado di acquistare le varie riviste su cui Perfetto pubblica, trovare il passo e gli estremi di catalogazione e far richiesta all'ente. Se invece di "fare la vittima" ci si concentrasse su un dibattito costruttivo magari il sig. Perfetto si accorgerebbe che anche un rin...ito come me magari una mano, un consiglio, una dritta gliela darebbe allo scopo di far chiarezza sul mondo delle emissioni/pseudo emissioni della Serenissima

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2 ore fa, talpa dice:

L'autore in questione, a cui con estremo garbo, gentilezza e pazienza, gli appassionati di numismatica veneziana stanno rivolgendo, inutilmente, richieste di delucidazione e chiarezza nel merito delle ipotesi da lui sostenute, è già tristemente famigerato tra noi appassionati di numismatica napoletana e dell'Italia meridionale come "appioppattore" seriale di varie tipologie monetarie a diverse zecche forzando in maniera oltremodo arbitraria la documentazione studiata e allegata... Ha l'indubbio merito di pubblicare tutta una serie di documenti molto interessanti, ma poi parte per la tangente inventandosi di tutto e di più, del tipo: monete coniate a Lanciano, ducali, tarì e augustali coniati a Napoli, denari lucchesi, fiorini di Firenze e adesso pure ducati veneziani coniati a Napoli... il tutto sbandierato come "ormai assodato" senza un benchè minimo straccio di prova a sostegno se non interpretazioni a dir poco forzose... Già in passato questa sua modalità di fare "ricerca" è stata oggetto di una dura e articolata presa di posizione da parte di uno studioso di numismatica medievale dell'Italia meridionale di cui riporto un saggio nel merito che illumina meglio la questione:

https://www.academia.edu/117670185/Raffaele_Iula_Moneta_que_tunc_per_ista_civitate_andaberis_zecca_ed_economia_monetaria_a_Napoli_nel_XII_secolo_in_Archivio_Storico_per_le_Province_Napoletane_CXLII_2024_pp_7_28

 

 

Considerato che Mantova è l'unica non citata delle tante città per cui S. Perfetto fantastica emissioni napoletane, mi corre l'obbligo di ricordare che anche queste sue conclusioni sono state ripetutamente contestate dal sottoscritto sulle pagine di questo forum senza ovviamente ottenerne altro che accuse di campanilismo (da che pulpito... ???!!!) e di conservatorismo... ma nessun documento, autorizzazione, libbranza... o altro.

Mario

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Inviato
19 minuti fa, mariov60 dice:

Considerato che Mantova è l'unica non citata delle tante città per cui S. Perfetto fantastica emissioni napoletane, mi corre l'obbligo di ricordare che anche queste sue conclusioni sono state ripetutamente contestate dal sottoscritto sulle pagine di questo forum senza ovviamente ottenerne altro che accuse di campanilismo (da che pulpito... ???!!!) e di conservatorismo... ma nessun documento, autorizzazione, libbranza... o altro.

Mario

Anche Genova mi pare non sia stata citata

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Inviato (modificato)
10 ore fa, talpa dice:

L'autore in questione, a cui con estremo garbo, gentilezza e pazienza, gli appassionati di numismatica veneziana stanno rivolgendo, inutilmente, richieste di delucidazione e chiarezza nel merito delle ipotesi da lui sostenute, è già tristemente famigerato tra noi appassionati di numismatica napoletana e dell'Italia meridionale come "appioppattore" seriale di varie tipologie monetarie a diverse zecche forzando in maniera oltremodo arbitraria la documentazione studiata e allegata... Ha l'indubbio merito di pubblicare tutta una serie di documenti molto interessanti, ma poi parte per la tangente inventandosi di tutto e di più, del tipo: monete coniate a Lanciano, ducali, tarì e augustali coniati a Napoli, denari lucchesi, fiorini di Firenze e adesso pure ducati veneziani coniati a Napoli... il tutto sbandierato come "ormai assodato" senza un benchè minimo straccio di prova a sostegno se non interpretazioni a dir poco forzose... Già in passato questa sua modalità di fare "ricerca" è stata oggetto di una dura e articolata presa di posizione da parte di uno studioso di numismatica medievale dell'Italia meridionale di cui riporto un saggio nel merito che illumina meglio la questione:

https://www.academia.edu/117670185/Raffaele_Iula_Moneta_que_tunc_per_ista_civitate_andaberis_zecca_ed_economia_monetaria_a_Napoli_nel_XII_secolo_in_Archivio_Storico_per_le_Province_Napoletane_CXLII_2024_pp_7_28

 

 

 

8 ore fa, mariov60 dice:

Considerato che Mantova è l'unica non citata delle tante città per cui S. Perfetto fantastica emissioni napoletane, mi corre l'obbligo di ricordare che anche queste sue conclusioni sono state ripetutamente contestate dal sottoscritto sulle pagine di questo forum senza ovviamente ottenerne altro che accuse di campanilismo (da che pulpito... ???!!!) e di conservatorismo... ma nessun documento, autorizzazione, libbranza... o altro.

Mario

 

 

7 ore fa, Carlo. dice:

Anche Genova mi pare non sia stata citata

 

Mi ero ripromesso di non intervenire più, ma le attese lasciano piccoli spazi interventivi.


Attacchi gratuiti in stile ‘branco’, visto il tempo ravvicinato dei vostri interventi.

Il lavoro di Iula ha il merito di averci messo il nome, non di più (un divulgativo di quanto già pubblicato dai testi da lui citati, ma passato bonariamente a rivista scientifica, considerato che li ha solo ripetuti/rielaborati);

Mantova è conclamata oltremodo a Napoli, così come fiorini e ducati.

Se Genova non è stata citata vuol dire che si segue un protocollo scientifico e attendibile.

 

Modificato da mero mixtoque imperio
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Inviato

Non ci si puo’ non chiedere come e’ possibile che una rivista scientifica come la RIN abbia permesso la pubblicazione - acritica - di tali  ipotesi fantasiose non suffragate da fonti inoppugnabili bensi da sole interpretazioni puramente soggettive. 

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2 ore fa, numa numa dice:

Non ci si puo’ non chiedere come e’ possibile che una rivista scientifica come la RIN abbia permesso la pubblicazione - acritica - di tali  ipotesi fantasiose non suffragate da fonti inoppugnabili bensi da sole interpretazioni puramente soggettive. 

Si evidenziano incomprensibili lacune nel sistema di referaggio, oltre che per la R.I.N., anche per i Quaderni Ticinesi... 

Il triste declino del metodo e del rigore scientifico a favore della più comoda divulgazione sensazionalistica?

 

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Inviato
1 ora fa, mariov60 dice:

Si evidenziano incomprensibili lacune nel sistema di referaggio, oltre che per la R.I.N., anche per i Quaderni Ticinesi... 

Il triste declino del metodo e del rigore scientifico a favore della più comoda divulgazione sensazionalistica?

 

 

Direi piu’ negligenza redazionale o anche furbizia da parte degli autori meno accreditati - escluderei ogni calcolo derivante da divulgazione sensazionalistica 


Inviato
13 ore fa, mero mixtoque imperio dice:

Attacchi gratuiti in stile ‘branco’, visto il tempo ravvicinato dei vostri interventi.

La mancanza di risposte specifiche a domande specifiche ha creato una forte curiosità tra molti utenti che vorrebbero conoscere meglio le fonti e la loro interpretazione. Nulla a che vedere con un ''branco''.

Arka

# slow numismatics

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Inviato

Ad Azzeccagarbugli piace confondere le acque ed intorbidirle a suo piacimento, salvo poi scomparire (e, conoscendolo, riapparire in un suo successivo post nuovamente autoreferenziale).

 

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Inviato

In merito al giudizio negativo gratuito (risposta #83) ricevuto in questa discussione dal nostro ormai noto amico, vorrei spendere solo poche parole di chiarimento, essendo stato menzionato esplicitamente, affinché ci si renda conto di quanto commenti così avventati, sbandierati in questo modo con l’unico obiettivo di denigrare pubblicamente il lavoro di studiosi che i libri li aprono e li consultano con un certo criterio, vagliandone i contenuti con spirito critico (e non si limitano soltanto a citare se stessi in maniera alquanto ossessiva e autoreferenziale, con contorno per lo più di studi ottocenteschi, se non precedenti – sempre utili e interessanti, per carità, ma ormai alquanto superati sotto molti aspetti e i cui contenuti vanno sempre “maneggiati” con la dovuta cura e cautela) siano del tutto insignificanti. In tal caso, il suddetto giudizio risulta essere talmente superficiale che non può essere neanche considerato veramente ostile, come pure voleva apparire inizialmente, per due semplici motivi: da un lato, esso mi viene mosso da una persona che, pur nutrendo delle velleità di ordine scientifico, non riesce a superare, con la sua produzione, i confini imposti dal pur sano e lodevole dilettantismo, in quanto non ho mai potuto individuare nelle sue ricerche l’adozione di un serio metodo scientifico (il che gli è stato fatto notare da più parti, da ultimo anche in questa discussione alla risposta #76, con cui sono perfettamente d’accordo e che mette in evidenza, lucidamente, delle criticità oggettive). Il problema è di rilevanza fondamentale, in quanto, in assenza di metodo, buona parte delle basi su cui dovrebbe poggiare un contributo di un certo livello si sgretolano, portando via con sé gran parte dei relativi contenuti. Purtroppo, questa problematica, che il Nostro tenta sempre di scrollarsi di dosso facendola passare molto frettolosamente e di nuovo superficialmente per “aria fritta” (ma vedo che chi è addentro alla materia e sa come muoversi in ambito accademico insiste sui miei stessi punti e di ciò me ne rallegro), era stata già da me ampiamente analizzata in altra discussione sempre qui sul Forum: https://www.lamoneta.it/topic/230490-l%E2%80%99augustale-federiciano-nuove-prospettive/page/3/, risposta #61. In tal modo, si finisce per non avere gli strumenti necessari (o, al limite, per non padroneggiarli in maniera consapevole) per avanzare critiche circostanziate e costruttive, libere da interessi personali. Così, si finisce solo per generare, come in questo caso, delle vuote invettive, assimilabili più che altro ad attacchi mirati ad personam. Dall’altro, invece, questo stesso commento negativo mi viene rivolto dalla medesima persona che, sempre chiusa nel suo guscio dilettantistico, non si limita solo a peccare di mancanza di metodo, come abbiamo appena visto, ma che fa anche sfoggio di manifeste e gravissime lacune in campo paleografico ed epigrafico, aree – queste – in cui giustamente egli si addentra (ma con quali risultati?), da ultimo, nel suo recente contributo che, credo, molti di noi hanno potuto leggere sulla RIN di quest’anno. Sfortunatamente, a causa dei ritardi nella sua consegna, ho potuto leggere il saggio del Nostro solo negli ultimi due giorni ed è per questo motivo che, di conseguenza, questa mia nota vede la luce in ritardo. Mi riferisco a S. PERFETTO, Un grosso a nome di Federico II: l’ultima sortita sveva in moneta?, in «Rivista Italiana di Numismatica e Scienze Affini», 126 (2025), pp. 155-173. Tra i vari contenuti che ho avuto modo di leggervi all’interno, uno su tutti mi ha colpito: un piccolo ma essenziale dettaglio, uno di quei particolari che aiutano a valutare meglio lo spessore di un contributo scientifico. A p. 168, il nostro autore, prendendo lucciole per lanterne, confonde alcuni tratti di abbreviazione che compaiono nella legenda di rovescio dei grossi a nome di Federico II, posti al centro della sua trattazione, per (e cito testualmente) «segni appartenenti a qualche lettera di una precedente moneta»; sempre dalla stessa pagina: «la parte che fuoriesce [ovvero il tratto di abbreviazione scambiato dal Nostro per il rimasuglio di una lettera di un precedente sottotipo monetale] potrebbe corrispondere alla parte superiore della E di GE [qui il riferimento è alla legenda dei grossi pavesi da lui illustrati a p. 167, fig. 8]» (!!!). Per capire meglio, basta osservare le monete raffigurate alla p. 162, fig. 5 e i relativi ingrandimenti a p. 168, fig. 9. Ora, senza avventurarmi in una recensione troppo articolata della restante parte dei contenuti (argomenti che, almeno in parte, per quanto riguarda Napoli, avrò modo di approfondire in un mio prossimo saggio di imminente pubblicazione), per evitare una simile gravissima caduta (che ha avuto ovviamente dei risvolti non secondari nello sviluppo delle sue argomentazioni, le quali, alla luce di quanto vado notando, perdono totalmente di significato), sarebbe stato sufficiente aprire un qualsiasi manuale di paleografia, se proprio il nostro autore non ricordava come riconoscere i segni di abbreviazione su un documento medievale (scritto o monetale che esso sia), per rendersi conto che quei trattini che sovrastavano le lettere della legenda sul rovescio del grosso federiciano indicavano il classico segno «delle abbreviature per contrazione» (G. BATTELLI, Lezioni di paleografia, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2015, p. 108). Altro che «segni appartenenti a qualche lettera di una precedente moneta»!!! Concludo, scusandomi per essermi dilungato nuovamente (il nostro Simonluca mi detesta perché, come già sottolineato altre volte, non ho il dono della sintesi), accodandomi a quanti se lo sono già chiesto, e mi domando secondo quali criteri valutativi sia stato possibile accettare che una tale ricerca, condotta evidentemente in maniera alquanto raffazzonata e poco accorta, sia finita per essere ospitata tra le pagine di una rivista come la RIN. A questo punto, anche il referee che valuta i saggi proposti di volta in volta a riviste scientifiche o di fascia A dovrebbe prestare maggiore attenzione ai contenuti da analizzare e, qualora riscontri dei limiti nei propri strumenti o conoscenze valutative, tramite gli organi competenti (comitato scientifico, redazione, ecc.), dovrebbe quantomeno avere il buon senso di mettersi in contatto con altri studiosi accreditati, i quali, attraverso un semplice dialogo di poche battute e un pacifico quanto costruttivo confronto, potrebbero evitare che, mediante strafalcioni come questo, anche le riviste di un certo prestigio ne paghino le eventuali ripercussioni in termini di reputazione e credibilità scientifiche.

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Inviato (modificato)
41 minuti fa, Caio Ottavio dice:

In merito al giudizio negativo gratuito (risposta #83) ricevuto in questa discussione dal nostro ormai noto amico, vorrei spendere solo poche parole di chiarimento, essendo stato menzionato esplicitamente, affinché ci si renda conto di quanto commenti così avventati, sbandierati in questo modo con l’unico obiettivo di denigrare pubblicamente il lavoro di studiosi che i libri li aprono e li consultano con un certo criterio, vagliandone i contenuti con spirito critico (e non si limitano soltanto a citare se stessi in maniera alquanto ossessiva e autoreferenziale, con contorno per lo più di studi ottocenteschi, se non precedenti – sempre utili e interessanti, per carità, ma ormai alquanto superati sotto molti aspetti e i cui contenuti vanno sempre “maneggiati” con la dovuta cura e cautela) siano del tutto insignificanti. In tal caso, il suddetto giudizio risulta essere talmente superficiale che non può essere neanche considerato veramente ostile, come pure voleva apparire inizialmente, per due semplici motivi: da un lato, esso mi viene mosso da una persona che, pur nutrendo delle velleità di ordine scientifico, non riesce a superare, con la sua produzione, i confini imposti dal pur sano e lodevole dilettantismo, in quanto non ho mai potuto individuare nelle sue ricerche l’adozione di un serio metodo scientifico (il che gli è stato fatto notare da più parti, da ultimo anche in questa discussione alla risposta #76, con cui sono perfettamente d’accordo e che mette in evidenza, lucidamente, delle criticità oggettive). Il problema è di rilevanza fondamentale, in quanto, in assenza di metodo, buona parte delle basi su cui dovrebbe poggiare un contributo di un certo livello si sgretolano, portando via con sé gran parte dei relativi contenuti. Purtroppo, questa problematica, che il Nostro tenta sempre di scrollarsi di dosso facendola passare molto frettolosamente e di nuovo superficialmente per “aria fritta” (ma vedo che chi è addentro alla materia e sa come muoversi in ambito accademico insiste sui miei stessi punti e di ciò me ne rallegro), era stata già da me ampiamente analizzata in altra discussione sempre qui sul Forum: https://www.lamoneta.it/topic/230490-l%E2%80%99augustale-federiciano-nuove-prospettive/page/3/, risposta #61. In tal modo, si finisce per non avere gli strumenti necessari (o, al limite, per non padroneggiarli in maniera consapevole) per avanzare critiche circostanziate e costruttive, libere da interessi personali. Così, si finisce solo per generare, come in questo caso, delle vuote invettive, assimilabili più che altro ad attacchi mirati ad personam. Dall’altro, invece, questo stesso commento negativo mi viene rivolto dalla medesima persona che, sempre chiusa nel suo guscio dilettantistico, non si limita solo a peccare di mancanza di metodo, come abbiamo appena visto, ma che fa anche sfoggio di manifeste e gravissime lacune in campo paleografico ed epigrafico, aree – queste – in cui giustamente egli si addentra (ma con quali risultati?), da ultimo, nel suo recente contributo che, credo, molti di noi hanno potuto leggere sulla RIN di quest’anno. Sfortunatamente, a causa dei ritardi nella sua consegna, ho potuto leggere il saggio del Nostro solo negli ultimi due giorni ed è per questo motivo che, di conseguenza, questa mia nota vede la luce in ritardo. Mi riferisco a S. PERFETTO, Un grosso a nome di Federico II: l’ultima sortita sveva in moneta?, in «Rivista Italiana di Numismatica e Scienze Affini», 126 (2025), pp. 155-173. Tra i vari contenuti che ho avuto modo di leggervi all’interno, uno su tutti mi ha colpito: un piccolo ma essenziale dettaglio, uno di quei particolari che aiutano a valutare meglio lo spessore di un contributo scientifico. A p. 168, il nostro autore, prendendo lucciole per lanterne, confonde alcuni tratti di abbreviazione che compaiono nella legenda di rovescio dei grossi a nome di Federico II, posti al centro della sua trattazione, per (e cito testualmente) «segni appartenenti a qualche lettera di una precedente moneta»; sempre dalla stessa pagina: «la parte che fuoriesce [ovvero il tratto di abbreviazione scambiato dal Nostro per il rimasuglio di una lettera di un precedente sottotipo monetale] potrebbe corrispondere alla parte superiore della E di GE [qui il riferimento è alla legenda dei grossi pavesi da lui illustrati a p. 167, fig. 8]» (!!!). Per capire meglio, basta osservare le monete raffigurate alla p. 162, fig. 5 e i relativi ingrandimenti a p. 168, fig. 9. Ora, senza avventurarmi in una recensione troppo articolata della restante parte dei contenuti (argomenti che, almeno in parte, per quanto riguarda Napoli, avrò modo di approfondire in un mio prossimo saggio di imminente pubblicazione), per evitare una simile gravissima caduta (che ha avuto ovviamente dei risvolti non secondari nello sviluppo delle sue argomentazioni, le quali, alla luce di quanto vado notando, perdono totalmente di significato), sarebbe stato sufficiente aprire un qualsiasi manuale di paleografia, se proprio il nostro autore non ricordava come riconoscere i segni di abbreviazione su un documento medievale (scritto o monetale che esso sia), per rendersi conto che quei trattini che sovrastavano le lettere della legenda sul rovescio del grosso federiciano indicavano il classico segno «delle abbreviature per contrazione» (G. BATTELLI, Lezioni di paleografia, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2015, p. 108). Altro che «segni appartenenti a qualche lettera di una precedente moneta»!!! Concludo, scusandomi per essermi dilungato nuovamente (il nostro Simonluca mi detesta perché, come già sottolineato altre volte, non ho il dono della sintesi), accodandomi a quanti se lo sono già chiesto, e mi domando secondo quali criteri valutativi sia stato possibile accettare che una tale ricerca, condotta evidentemente in maniera alquanto raffazzonata e poco accorta, sia finita per essere ospitata tra le pagine di una rivista come la RIN. A questo punto, anche il referee che valuta i saggi proposti di volta in volta a riviste scientifiche o di fascia A dovrebbe prestare maggiore attenzione ai contenuti da analizzare e, qualora riscontri dei limiti nei propri strumenti o conoscenze valutative, tramite gli organi competenti (comitato scientifico, redazione, ecc.), dovrebbe quantomeno avere il buon senso di mettersi in contatto con altri studiosi accreditati, i quali, attraverso un semplice dialogo di poche battute e un pacifico quanto costruttivo confronto, potrebbero evitare che, mediante strafalcioni come questo, anche le riviste di un certo prestigio ne paghino le eventuali ripercussioni in termini di reputazione e credibilità scientifiche.

 

Da sottolineare che Perfetto, autore in R.I.N., dovrebbe sottostare al suo codice etico (ma direi che TUTTI gli scritti, in qualsiasi contesto vengano pubblicati dovrebbero rispecchiarne il concetto):

.... Gli autori di manoscritti che riferiscono i risultati di ricerche originali devono dare un resoconto accurato del metodo seguito e dei risultati ottenuti e devono discuterne obiettivamente il significato e valore. I dati sottostanti la ricerca devono essere riferiti accuratamente nell’articolo. Questo deve contenere sufficienti riferimenti tali da permettere ad altri di ripercorrere la ricerca eseguita. (ma in realtà sembra esserci, sempre e comunque, da parte dell'autore di autocitazione (non chiara ed risolutiva)

e

... Quando un autore scopre un errore significativo o una inesattezza nel proprio articolo pubblicato, ha l’obbligo di notificarlo prontamente al direttore, redattori o editori della RIN e di cooperare con il direttore per ritrattare o correggere l’errore. (Possiamo attenderci questo nella RIN 26?)

Da sottolineare che, come te, rimango quanto meno "attonito" sul modo di operare della redazione e del comitato sc. della rivista

Modificato da ak72
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Sarebbe interessante sentire @Andreas, che pur non intervenendo da molto ci "segue", con il suo parere e qualche osservazione

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13 minuti fa, ak72 dice:

Da sottolineare che Perfetto, autore in R.I.N., dovrebbe sottostare al suo codice etico (ma direi che TUTTI gli scritti, in qualsiasi contesto vengano pubblicati dovrebbero rispecchiarne il concetto):

.... Gli autori di manoscritti che riferiscono i risultati di ricerche originali devono dare un resoconto accurato del metodo seguito e dei risultati ottenuti e devono discuterne obiettivamente il significato e valore. I dati sottostanti la ricerca devono essere riferiti accuratamente nell’articolo. Questo deve contenere sufficienti riferimenti tali da permettere ad altri di ripercorrere la ricerca eseguita. (ma in realtà sembra esserci, sempre e comunque, da parte dell'autore di autocitazione (non chiara ed risolutiva)

e

... Quando un autore scopre un errore significativo o una inesattezza nel proprio articolo pubblicato, ha l’obbligo di notificarlo prontamente al direttore, redattori o editori della RIN e di cooperare con il direttore per ritrattare o correggere l’errore. (Possiamo attenderci questo nella RIN 26?)

Da sottolineare che, come te, rimango quanto meno "attonito" sul modo di operare della redazione e del comitato sc. della rivista

 

Esattamente! Infatti, ogni autore dovrebbe tenere ben presenti queste linee guida etiche ed attenervisi scrupolosamente, cosa che, purtroppo, nel caso in esame, non è avvenuto. Anzi, al contrario: autori come me che le hanno tenute dovutamente in considerazione per i propri lavori in altri contesti di pubblicazione (e mi riferisco, ad esempio, all'indicazione in cui si specifica che il saggio "deve contenere sufficienti riferimenti tali da permettere ad altri di ripercorrere la ricerca eseguita", che vale un po' dappertutto), si ritrovano a subire pubblicamente attacchi gratuiti e denigranti da parte del Nostro, quando asserisce, in questa sede, che "il lavoro di Iula ha il merito di averci messo il nome, non di più". Evidentemente tutto questo, oltre ad evidenziare la sua totale ignoranza in merito alle attuali norme del codice etico della rivista, si è potuto concretizzare anche a causa della più volte ricordata mancanza di metodo da parte di chi nutre certe velleità scientifiche: uno studioso più avveduto e riflessivo sarebbe stato certamente più accorto e prudente invece di precipitarsi a mettere la penna sul foglio, trascinato dalla foga e dal sensazionalismo della "scoperta ad ogni costo". Come dicevano i latini: mala tempora currunt. Ora anche nel campo degli studi numismatici di un certo livello...  


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Secondo me state perdendo troppo tempo.

Il nostro ha semplicemente spostato il metodo Lancianocentrico ad altri luoghi

Attenzione, magari ha dei documenti tanto segreti che non vuole fare vedere, trovati in.qialche bancarella della Sagra del tarallo di Cuma o a quella delle cozze di Baia.

In attesa di vederli questi documenti , sentite a me, non ne vale la pena.

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50 minuti fa, luigi78 dice:

Secondo me state perdendo troppo tempo.

Il nostro ha semplicemente spostato il metodo Lancianocentrico ad altri luoghi

Attenzione, magari ha dei documenti tanto segreti che non vuole fare vedere, trovati in.qialche bancarella della Sagra del tarallo di Cuma o a quella delle cozze di Baia.

In attesa di vederli questi documenti , sentite a me, non ne vale la pena.

 

Io ho pensato lo stesso per diverso tempo: pare ridicolo mettersi a parlare dei grossi senesi battuti a Napoli in effetti. Il problema nasce quando altri autori non specialisti, fidandosi dei sistemi di referaggio di riviste specialistiche o di collane importanti citano la notizia che le monete senesi sono state battute a Napoli, ad esempio. Questi studiosi possono non avere evidentemente gli strumenti per comprendere che la suddetta teoria non ha alcun riferimento o base scientifica, e possono riportarla in buona fede. Questo è un problema.

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Il 02/07/2025 alle 21:23, mero mixtoque imperio dice:

Nel libro dei conti del maestro della zecca di Napoli, vengono coniati 220 ducati veneziani per un utente che ha rimesso oro. È scritto nero su bianco in catalano medievale.

Interessante questa affermazione. Mi domandavo se non fosse possibile avere ulteriori informazioni su questo “libro”. Grazie.


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Inviato
1 ora fa, magdi dice:

Io ho pensato lo stesso per diverso tempo: pare ridicolo mettersi a parlare dei grossi senesi battuti a Napoli in effetti. Il problema nasce quando altri autori non specialisti, fidandosi dei sistemi di referaggio di riviste specialistiche o di collane importanti citano la notizia che le monete senesi sono state battute a Napoli, ad esempio. Questi studiosi possono non avere evidentemente gli strumenti per comprendere che la suddetta teoria non ha alcun riferimento o base scientifica, e possono riportarla in buona fede. Questo è un problema.

 

Diciamo che un non specialista prima di scrivere dovrebbe avere un certo approccio diciamo soft e prima di citare il "nostro" dovrebbe almeno leggere più cose.

Ripeto, quando porterà qualche fonte che non sia lui stesso , se ne potrà parlare , fino a quel momento, Federico II, Mantova, Siena, Venezia, Lanciano, aggiungiamo la collezione di sesterzi in monetieri di mogano di qualche funzionario....non ne vale la pena

Naturalmente, come in ogni cosa, pronto a ricredermi davanti a scritto certo.....


Inviato
3 ore fa, ak72 dice:

Da sottolineare che, come te, rimango quanto meno "attonito" sul modo di operare della redazione e del comitato sc. della rivista

Concordo che un controllo sarebbe dovuto essere esercitato a monte prima che / inopinatamente / ci si possa vantare  del ‘pubblicato sulla RIN’

4 ore fa, Caio Ottavio dice:

mi domando secondo quali criteri valutativi sia stato possibile accettare che una tale ricerca, condotta evidentemente in maniera alquanto raffazzonata e poco accorta, sia finita per essere ospitata tra le pagine di una rivista come la RIN

Concordo che La RIN dovrebbe essere maggiormente tutelata stante la sua centenaria storia e prestigio. 


Supporter
Inviato (modificato)
1 ora fa, Oppiano dice:

Interessante questa affermazione. Mi domandavo se non fosse possibile avere ulteriori informazioni su questo “libro”. Grazie.

 

L'autore si dimentica forse che il Ducato Veneziano divenne, a Napoli, unità di conto ufficiale (NON MONETA CONIATA A NAPOLI)

cito da (breve ricerca, probabilmente google potrebbe risultare ancora moltoooo utile): 

Della storia delle finanze del regno di Napoli libri sette di Lodovico Bianchini

Pag 115

è quanto se ne comprendeva ne' nuovi carlini , addivenne che l'argento in confronto dell'oro fosse diminuito di prezzo , e segnatamente nella proporzione di uno a dodici. Ancora nel cambiare l'oro in argento si ricevevano quattro carlini per ciascun' oncia, il quale aggio crebbe sino a carlini cinque. Questi accidenti diedero causa all'introduzione di un numero di monete d'oro straniere, in ispezialità de' fiorini e de'ducati,…

Pag 116

...Di fatti cessò l'uso di contrattare ad oncia di oro , siccome erasi per tanto tempo praticato, ed invece in grazia del credito che godevano i ducati veneziani ed i fiorini si conteggiò con questi, ragguagliando però ciascun carlini e tarì. laonde la proporzione tra l'oro e l'argento tornò ad essere come di uno a dieci e mezzo. Queste cose avvenivano dalla fine del regno di Carlo II sino a quello di Ladislao , nella quale epoca il carlino di argento si tramutò nella nostra unità monetaria...

Pag 135

una specie di transazione co' pastori della Puglia e dell'Abruzzo, ed anche di altri luoghi , permettendo loro potessero da quel tempo in avanti venir in quei prati a prender pascolo pagando la fida… Il qual tributo di fida era di ducati otto veneziani per ogni cento pecore regnicole (quel ducato era uguale a carlini undici di nostra moneta), ducati sei per le pecore straniere , e ducati venticinque pe' così detti grossi animali, …

ecc.

UNITA' DI CONTO!!! (scritto nero su bianco [cit. Perfetto])
 

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