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Archelogia. Un’impronta digitale antica di 2600 anni su un sigillo dal Monte del Tempio rivela il nome di Yeda’yah, figlio di Asayahu… e apre un misterioso legame con la Bibbia

Un’impronta di argilla, rimasta sepolta per oltre 2600 anni, riemerge a raccontare i segreti della burocrazia di Gerusalemme all’epoca del re Giosia. È il frammento di un sigillo che porta inciso un nome familiare anche ai testi biblici: Yeda’yah, figlio di Asayahu. Può questo piccolo reperto collegare la storia documentata dagli archeologi con quella narrata dalle Scritture?


Che cosa è stato scoperto

Una bulla: un sigillo amministrativo con nome e impronta digitale

L’oggetto è una bulla, cioè l’impronta in argilla lasciata da un piccolo sigillo su una legatura di corda o su un lembo di papiro/pergamena per chiudere e garantire un contenitore o un documento. Questa bulla, setacciata dal Temple Mount Sifting Project, conserva tre elementi straordinari: l’iscrizione in ebraico antico «Appartenente a Yeda’yah (figlio di) Asayahu»; solchi di corda sul retro, prova che sigillava realmente un sacco o un astuccio; e una traccia di impronta digitale, lasciata dal funzionario che la applicò. La paleografia colloca l’oggetto alla fine del VII – inizi del VI sec. a.C., gli anni immediatamente precedenti la conquista babilonese.


Chi era il re Giosia

Un riformatore religioso nell’ultima stagione del Regno di Giuda

Giosia regna a Gerusalemme tra il 640 e il 609 a.C. Salito al trono giovanissimo, diventa il sovrano delle grandi riforme religiose: elimina i santuari periferici, centralizza il culto nel Tempio e promuove un ritorno alla Legge. Nel 622 a.C. viene ritrovato nel Tempio il cosiddetto Libro della Legge: Giosia consulta la profetessa Hulda e avvia un rinnovamento cultuale che segna profondamente la storia religiosa di Israele. Sullo sfondo, la scena politica è incandescente: crolla l’Assiria, avanza la potenza di Babilonia. Lo stesso re muore in battaglia a Megiddo contro il faraone Necao II. Nei testi biblici, tra i suoi servitori compare un Asayahu, forse lo stesso nome inciso sulla bulla.


Che cos’è il Monte del Tempio

Il cuore sacro e civico di Gerusalemme, ieri e oggi

Il Monte del Tempio (Ḥarām al-Sharīf) è il centro religioso e politico di Gerusalemme: qui si ergeva il Primo Tempio di Salomone, poi il Secondo Tempio, fino alla distruzione romana del 70 d.C. Oggi l’area ospita la Cupola della Roccia e la moschea di al-Aqsa, ed è circondata dal Muro Occidentale, luogo sacro dell’ebraismo. In epoca monarchica era lo scrigno del potere: vi si custodivano offerte, registri e documenti; operavano sacerdoti e scribi al servizio della monarchia e della religione. Proprio dal materiale di questa spianata proviene la bulla di Yeda’yah, recuperata grazie al Temple Mount Sifting Project, che da oltre vent’anni analizza sedimenti e frammenti con metodi di setaccio e lavaggio sistematico.


Bulla.webp L’iscrizione analizzata, impressa nella bulla

L’iscrizione e l’impronta digitale

Un nome inciso e un tocco umano che attraversa i millenni

La lettura epigrafica, condotta da Anat Mendel-Geberovich e Zachi Dvira, restituisce la formula: «Appartenente a Yeda’yah (figlio di) Asayahu». L’iscrizione non solo ci restituisce due nomi, ma conserva un dettaglio intimo: una traccia di impronta digitale impressa nell’argilla umida. È come se il funzionario, nel compiere un gesto amministrativo, avesse lasciato la sua firma biologica, ponte silenzioso tra l’antichità e il presente.


Datazione e contesto storico

L’epoca del re Giosia e le tensioni che precedettero l’esilio

Gli esperti collocano il reperto tra la fine del VII e l’inizio del VI secolo a.C., in un periodo cruciale: il regno di Giosia e gli anni immediatamente successivi. Una stagione segnata dalle riforme religiose, ma anche dall’avanzata babilonese che culminerà con la distruzione del Tempio e l’esilio del 586 a.C.


I possibili legami biblici

Asayahu, servo del re, e la memoria dei testi sacri

Il nome Asayahu compare nel Secondo libro dei Re (22,12) e nelle Cronache (34,20), dove è descritto come «servo del re». Non è certo che l’Asayahu della Bibbia e quello inciso sul sigillo siano la stessa persona, ma la coincidenza onomastica, unita al contesto gerosolimitano e alla cronologia, rende plausibile un legame con la corte di Giosia.


Un reperto che parla di burocrazia

Il sigillo come simbolo del potere amministrativo

Le bullae erano strumenti di controllo e garanzia: sigillavano borse, lettere e registri, rendendoli inviolabili. Non erano usati da privati cittadini, ma da funzionari che gestivano risorse, offerte, tributi. Per questo, osserva Zachi Dvira, «è plausibile che questi sigilli appartengano a uomini di alto rango, non a gente comune».


Un tassello nel grande mosaico

Il Monte del Tempio come scrigno di storia

Il sigillo di Yeda’yah e Asayahu si aggiunge ad altri reperti simili, che hanno restituito nomi di tesorieri, segretari e amministratori del Tempio. Ogni frammento contribuisce a ricostruire la rete di poteri religiosi e civili che reggeva la Gerusalemme monarchica. La bulla non prova identità individuali, ma testimonia l’intreccio tra archeologia e Bibbia: un fragile disco d’argilla che custodisce la voce della burocrazia di un regno ormai perduto.

 

 


Box finale – Fonti e approfondimenti

  • Temple Mount Sifting Project, sito ufficiale: https://tmsifting.org
  • Anat Mendel-Geberovich, Zachi Dvira, analisi epigrafica in corso di pubblicazione
  • Riferimenti biblici: 2 Re 22:12; 2 Cronache 34:20
  • Articoli di approfondimento: Biblical Archaeology Society

https://stilearte.it/archelogia-unimpronta-digitale-antica-di-2600-anni-su-un-sigillo-dal-monte-del-tempio-rivela-il-nome-di-yedayah-figlio-di-asayahu-e-apre-un-misterioso-legame-con-la-bibbia/


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