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Dubbi su di un ducato di Bartolomeo Gradenigo


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Cercando dati d'asta per i ducati d'oro del doge Giovanni Gradenigo, il sesto che coniò questo tipo, mi sono imbattuto in una moneta che non mi convince affatto per stile di incisione. Va detto che non sono affatto esperto di ducati e zecchini, pur trattandosi di monetazione veneziana sto iniziando a studiarla solo ora.

Ecco un ducato sicuramente originale, di bella incisione:

image00511.jpg

Asta NAC 50

Qui invece la moneta che non mi convince:

01182q00.jpg

Asta Numismatik Lanz 133, lotto 1182.

Va detto che la qualità d'incisione dei ducati decadde abbastanza rapidamente dopo gli iniziali piccoli capolavori numismatici, e se fosse successiva questa moneta non mi sorprenderebbe affatto. Non la trovo coerente invece con questo doge, specie per il modo in cui è rappresentata la figura di San Marco, che mi pare troppo schematica e quasi primitiva; questo fatto non è stato comunque un deterrente alla vendita, visto che l'asta si è conclusa a 240 euro (contro i 300 inizialmente proposti).

Chiedo aiuto a chi questa monetazione la conosce meglio di me: secondo voi questo ducato è autentico o no?

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Ciao Rob,

I dubbi restano sempre plausibili, faccio un paio di considerazioni:

mi è capitato qualche volta di trovare discrepanze nei cataloghi d'asta tra il colore dell'oro fotografato e quello reale,

la moneta dell'asta NAC è di grande pregio artistico e conservazione; mentre l'altra ha avuto un'infanzia difficile...

Detto questo, a mio avviso la moneta dell'asta Lanz è coeva alle emissioni veneziane ma potrebbe essere opera di una zecca rivale italiana o anche balcanica ed avere un contenuto di fino inferiore all'altra.

Per quanto riguarda la finezza d'incisione del ducato "buono" rispetto a quello "cattivo", penso dipendesse anche allora dall'abilità dell'incisore, ce n'erano di più e meno bravi e la mancanza totale di stile delle facce del doge e di san Marco potrebbe essere solo il frutto di una riparazione affrettata di un conio danneggiato piuttosto che la sua sostituzione (è quantomeno strano pensare che l'incisore si sia impegnato ad eseguire con professionalità il proprio lavoro al 90% e poi si sia stancato)

(la pratica di contraffarre monete rimase in voga in tutto il medioevo), la questione non è ancora stata approfondita dagli studiosi e rimane aperta

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Ciao Otto: hai messo in luce un dubbio di stile che era venuto anche a me. In effetti le vesti sono incise in buono stile, quindi l'ipotesi di rottura e/o reincisione di riparazione ci stanno.

Il discorso dei falsi medievali mi affascina molto, anche se non è semplice affrontarlo per la scarsità di documenti e di studi a riguardo, e la grande circolazione delle emissioni veneziane ne ha sicuramente incoraggiato la falsificazione. Gli studi del Gamberini di Scarfea sono interessanti, così come il testo di Ives edito da Grierson sulle imitazioni del ducato: dirò di più, le imitazioni ed i falsi sono a volte interessanti tanto quanto degli originali stessi, se non di più.

Tornando al nostro ducato, credo che un saggio del fino risolverebbe la questione, ma questo è ovviamente impraticabile!

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Ciao. Certamente si tratta di un ducato levantino di imitazione. A mio parere della stessa zecca che ha emesso alcuni comuni tipi di imitazione di Andrea Dandolo, spesso in elettro. Ciao

Hai delle immagini per caso?

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Senz'altro è una imitazione... Per quanto riguarda la poca precisione nel lavoro, attenzione..! La zecca di Venezia si serviva di punzoni anche per le figure, quindi anche le figure diventano standardizzate.

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Personalmente penso sia un falso d'epoca, fatto anche benino peraltro. Baso questa opinione su vari elementi:

1. lo stile generale, che "non quadra" nella sensazione di impatto generale della moneta, il conio "impastato";

2. le teste di San Marco e del Doge, più rozze rispetto alle emissioni coeve;

3. piccoli dettagli della legenda al D/, per esempio la "G" di GRADONICO che piccola e troppo chiusa, la "B" di BA. che a prima vista sembra usurata ma che invece ritengo sia mal formata, al R/ la "C" di "DVCAT" rovesciata...

4. La bandiera al D/ è evanescente , malgrado i tre punti nel campo siano ben visibili;

5. La figura generale del Cristo al R/ è di proporzioni e stile più rozze rispetto alle emissioni coeve.

Nessun dettaglio preso da solo giustificherebbe la mia opinione, è l'insieme che secondo me tradisce il falso. Lo inserirei come tale nella scheda del catalogo online con le motivazioni scritte sopra, ma la maggiore ufficialità del catalogo e l'esigenza di non minarne la credibilità mi obbliga a confrontarmi pubblicamente con le vostre opinioni prima di procedere.

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Potrebbe benissimo essere un falso d'epoca. Comunque anche le imitazioni sono falsi d'epoca. Infatti spesso erano di oro pallido e cercavano di lucrare sulla differenza di valore. Il fatto che i falsari fossero duchi o conti non cambia la sostanza: sempre truffatori erano! E se venivano scoperti a Venezia subivano le stesse pene...

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Personalmente penso sia un falso d'epoca, fatto anche benino peraltro.

Intendi falso o imitazione ?

Sono due cose "leggermente" diverse.

In questo caso falso, poiché tutto il conio è fatto in modo da replicare abbastanza fedelmente la moneta autentica. Tralaltro è di buon peso (3,52 g), quindi il dubbio potrebbe facilmente sussistere, e probabilmente il vantaggio del falsario sarebbe stato solo nel fino, che però non abbiamo maniera di conoscere (il colore della moneta in foto non fa testo), e/o nel signoraggio se fosse stata battuta da una zecca concorrente.

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Scusate se insisto... Secondo me anche le imitazioni sono dei falsi. La logica di base è la stessa: lucrare sulla fortuna di una moneta, sperando che sfugga la differenza agli utilizzatori. Personalmente non amo le imitazioni, anche se capisco l'interesse storico che hanno. Numismaticamente le trovo pari ai parassiti, che sfruttano le energie altrui... E ho sempre apprezzato i Veneziani che hanno lottato per mantenere il buon nome dei loro ducati e poi zecchini.

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Scusate se insisto... Secondo me anche le imitazioni sono dei falsi. La logica di base è la stessa: lucrare sulla fortuna di una moneta, sperando che sfugga la differenza agli utilizzatori. Personalmente non amo le imitazioni, anche se capisco l'interesse storico che hanno. Numismaticamente le trovo pari ai parassiti, che sfruttano le energie altrui... E ho sempre apprezzato i Veneziani che hanno lottato per mantenere il buon nome dei loro ducati e poi zecchini.

Se lucrare su una moneta significa essere dei falsari... allora anche le zecche ufficiali sarebbero addombrate. E' una sfumatura ma l'attività della zecca doveva essere fruttifera. Certo, Firenze e Venezia su tutti hanno anche fatto sacrifici per mantenere la moneta con un buon fino e peso, ma per altre zecche questo non si può dire.

Le differenze delle imitazioni sono assai sicuro che non sfuggivano ai mercanti dell'epoca. Sapevano a memoria (o quasi) il contenuto di fino di un ducato di Chios piuttosto che di uno veneto e si facevano pagare in questa o quella moneta a seconda dei loro interessi.

Un mercante del '300 o del '400 non era certo uno sprovveduto anche perché altrimenti aveva vita breve.

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Dal canto mio trovo storicamente interessantissime le imitazioni perché ci danno informazioni su quanto grande fosse il successo di una moneta e su dove circolava: non è un caso che i grossi di Venezia fossero imitati nei balcani, ed i ducati nel Levante (ma anche nell'intera area padana).

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Perfettamente d'accordo con Fracasellame sulla competenza dei mercanti medioevali, non lo sono sul lucro... Mi spiego. Ogni attività umana è svolta dietro un compenso che ritengo giusto. E questo è il caso dell'aggio che aveva una zecca per il lavoro della coniazione di monete. Quello che non mi piace è lo sfruttamento di capacità altrui per un guadagno aggiuntivo. Nel caso delle imitazioni spesso queste circolavano in aree o presso popolazioni non così preparate come i mercanti veneziani, fiorentini o siriani... Ma il mio è un parere del tutto personale...

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Esistono monete di imitazione che replicano perfettamente peso e titolo delle monete originali (forse dovremmo dire "dei prototipi"). I primi che mi vengono in mente sono i ducati "al tipo di Venezia" del Senato Romano ma sicuramente si possono trovare degli esempi anche più calzanti. In questi casi non me la sento proprio di parlare di falsi: l'obiettivo non era la frode sul fino, ma l'accettazione della moneta sul mercato.

Ciao, P. :)

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  • 1 mese dopo...
Dissento sul falso, mi pare di poter azzardare che non vi siano elementi che non portino ad indicare trattarsi di una imitazione, pure firmata. Ciao

Potresti spiegare meglio? Non sono sicuro di aver capito cosa intendi. :)

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