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Rapporto tra monete in metallo vile e monete in metallo prezioso


quattrino

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C’è un concetto fondamentale della monetazione romana (tra i tanti :) ) che mi sfugge.

Nel mondo romano i rapporti di cambio tra monete di metallo diverso di metallo prezioso e metallo vile erano reali o solo teorici e quindi fluttuanti a seconda del mercato dei metalli stessi?

Quello che non mi è chiaro è se ci fosse piena intercambiabilità tra le monete, come ora tra le banconote di diverso taglio, o se i cambi erano di fatto riservati a dei “banchieri”.

Cerco di spiegarmi meglio.

Se volevo acquistare un litro di vino che mi costava un sesterzio, potevo pagare con un denario e ricevere 3 sesterzi di resto? O c’erano beni che venivano pagati in denari ed altri beni che venivano pagati in assi/sesterzi?

All’inverso: potevo pagare con quattro sesterzi qualcosa che costava un denario d’argento?

Per assurdo: se volevo acquistare un fondo del prezzo di dieci aurei, mi avrebbero accettato in pagamento 4.000 sesterzi di oricalco?

La domanda mi è venuta leggendo l’introduzione del RIC nel quale la moneta enea viene descritta come “token coinage” ovvero “moneta-gettone”. Mi pare di capire quindi che il valore intrinseco del metallo fosse inferiore al valore “nominale”, cosa che invece doveva coincidere con i denari e gli aurei. Di fatto quindi, per i nominali minori, c’era un corso “forzoso” accettato da tutti. Ma fino a che punto?

Un altro esempio: c’erano disposizioni che dicevano se dovevo pagare le tasse in metallo prezioso o anche in metallo vile?

Troppe domande? :P

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E' gia stato discusso più volte su questo problema, il rapporto tra le monete era stabilito nel breve periodo ed era inevitabilmente legato alla diversa disponibilità dei vari metalli.

Quindi ogni tipo di moneta era intercambiabile, certamente gli aurei ed i solidi poi non circolavano casì facilmente ed erano in disponibilità solo della gente ricca.

Diverso è il potere d'acquisto rapportato alla quantità di merce acquistabile con le varie monete nelle varie epoche.

Nei periodi di inflazione (legata alla poca disponibilità delle merci-carestie-pestilenze-guerre ed invasione dei barbari) occorrevano più monete per acquistare lo stesso bene.

Con le crescenti difficoltà economiche dell'Impero, il denario e gli antoniniani poi diminuirono la loro % d'argento causando inflazione (necessità di pagare con un numero maggiore di monete lo stesso bene)

Naturalmente per gli scambi commerciali al di fuori dell'Impero valevano sopratutto % di Argento e oro.

I cambiavalute sapevano esattamente destreggiarsi tra i vari tipi di monete facendo riferimento alla % d'argento.

Esisteva però anche una circolazione di monete di bronzo (seppur molto minore) facendo riferimento al potere politico della monete. (dietro la moneta Romana stava il potere militare e la certezza del cambio).

Quando Ssapore I prese prigioniero Valeriano I il valore della moneta precipitò perchè il rapporto di cambio era legato alla convinzione dell'imbattibilità dell'esercito Romano.

VAI TRA I MANUALI---->LA MONETAZIONE IMPERIALE ROMANA------> PREZZI E STIPENDI E RIFORME MONETARIE e vedrai che l'argomento è stato ampiamente dibattuto.

Modificato da teodato
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Scusate ma c’è un aspetto che non mi è ancora chiaro: come si raffrontavano le persone comuni con le monete più vecchie, cioè con monete di diversi periodi e con diversi valori?

Tanto per fare un esempio, se io avessi avuto uno dei primi antoniniani con tanto argento e uno degli ultimi col rapporto XXI, in pratica valevano nello stesso modo?

E per quelle più antiche? Non ricordo dove, ma ho letto che in Britannia per un certo periodo circolavano anche denari repubblicani…

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La moneta in basso tenore in Ag scaccia quella buona! Cioè le monete con maggior tenore in argento venivano tesaurizzate e non spese!

Analogamente un sesterzio od un dupondio-Asse più pesanti venivano conservati e veniva speso quello più leggero che aveva teoricamente lo stesso valore.

Ti ricordi le 500 lire d'argento modello caravella, furono subito tesaurizzate ed oggi le puoi acquistare ad 1 o 2 euro , ma il valore d'acquisto al momento dell'emissione era ben più alto dei due euro di oggi.

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