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medioevale


Risposte migliori

Giusto Fedafa,

un tremisse longobardo a nome di Desiderio (regno 756-774), ultimo re dei Longobardi,

sconfitto a Pavia da Carlo Magno che lo mandera' in esilio in Francia, assieme alla

moglie. Il figlio di Desiderio, Adelchi, aveva tentato di respingere i franchi (nel 773)

che erano scesi attraverso la Valle d'Aosta - il suo coraggio e sfortuna ispireranno il famoso

poema del Manzoni.

Carlo invece di distruggere lo stato longobardo ne assumera' il titolo (Rex Francorum

atque langobardorum). Proseguira', per alcuni anni, senza apparentemente cambiare nulla

nelle istituzioni giuridiche, politiche e anche economiche, mutuando non solo

usi e costumi della gente longobarda ma adottandone la moneta. Carlo coniera' tremissi

stellati in molte citta' longobarde, conservandone medesimi titoli, tipi e legende (semplicemente

sostituendo il suo nome). Tutto questo durera' diversi anni fino alla radicale, importantissima,

riforma monetaria di Carlo - attuata tra il 781 e il 794 - che di fatto abolira' l'oro e il sistema monetario basato sulla metrologia di stampo bizantino, sostituendola con la metrologia basata sulla libbra.

Carlo introdurra' il denaro d'argento, 240ma parte della libbra (409gr.) che formera' la spina dorsale dei sistemi monetari fino all'epoca moderna. Il denaro rappresentera' la piu'; importante moneta medioevale. Dalla libbra originera' il nome "lira" (che rimase per secoli - fino alla fine del 1400 - solo una moneta di conto). L'oro letteralmente scomparso, tranne poche rarissime emissioni, non riapparira' che verso la meta' del XIII secolo e andra' progressivamente diffondendosi con lo sviluppo dei commerci d'oltremare (Genova, Venezia) e il rifiorire degli scambi (Firenze e gli altri centri dell'Italia comunale).

Finisce il tempo antico e inizia l'era moderna.

numa numa

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Biaggi ne cita l'esistenza ("E' indubbia l'origine longobarda della zecca di Treviso. In essa furono battuti, verso il 773, Tremissi aurei al nome di Desiderio") poi, per ragioni incognite ai mortali, non lo cataloga :rolleyes:

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Il Perini cosi' scriveva nel lontano 1904 :

Che all' epoca longobarda Treviso avesse coniato moneta , tentarono di dimostrarlo illustri numismatici ; ma considerando che la capitale longobarda era Pavia , e' opinione quasi generale che alla zecca di questa citta' debbano attribuirsi tutte le monete della dominazione longobarda nell' alta italia.

Il tremisse stellato di re Desiderio , riportato dall' Azzoni alla tavola I n.8 che porta al rovescio una oscura leggenda , come osservava il Kunz non appartiene verosimilmente a Treviso.

Domando a Numa Numa , visto la sua esperienza e vasta libreria, se questa opinione e' ormai del tutto superata e quali elementi hanno portato gli studiosi a riconsiderare la monetazione longobarda di Treviso

Quale e' inoltre la posizione espressa in tempi piu' recenti dall ' Arslan e dal Bernareggi sulla zecca di Treviso in epoca logobarda ?

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Il Perini cosi' scriveva nel lontano 1904 :

Che all' epoca longobarda Treviso avesse coniato moneta , tentarono di dimostrarlo illustri numismatici ; ma considerando che la capitale longobarda era Pavia , e' opinione quasi generale che alla zecca di questa citta' debbano attribuirsi tutte le monete della dominazione longobarda nell' alta italia.

Il tremisse stellato di re Desiderio , riportato dall' Azzoni alla tavola I n.8 che porta al rovescio una oscura leggenda , come osservava il Kunz non appartiene verosimilmente a Treviso.

Domando a Numa Numa , visto la sua esperienza e vasta libreria, se questa opinione e' ormai del tutto superata e quali elementi hanno portato gli studiosi a riconsiderare la monetazione longobarda di Treviso

Quale e' inoltre la posizione espressa in tempi piu' recenti dall ' Arslan e dal Bernareggi sulla zecca di Treviso in epoca logobarda ?

Dai testi del Perini ne e' passata d acqua, pur restando testi e riferimenti bibliografici validissimi e importanti per ricostruire e completare l'esegesi degli studi riguardanti le zecche da lui ricercate e studiate.

Che tremissi longobardi (e poco piu' tardi denari carolingi con momogramma - bellissimi) vennero emessi a nome della zecca di Treviso, non ci sono dubbi.

Che Pavia fosse la capitale del regno longobardo non vuole dire molto. Lucca era strepitosamente importante, monete auree longobarde anonime attribuite a lUcca si conoscono fin dal VII secolo.

Molte furono le zecche longobarde che batterono moneta aurea (esclusivamente tremissi) :

Sibrium (Castelseprio), Mediolano (Milano) , Vercelli, Ivrea, Pavia, Lucca, isturia (Pistoia), Pisa, Brixia (Brescia), Vicenza, etc. e naturalmente.. Tarvisio.

Resta da definire, ed e' una questione dibattuta e interessantissima (che trascende il mero regno longobardo, ma riguarda numerosi altri regni) se le emisisoni longobarde furono "effettivamente" realizzate in ciascuna zecca di cui ci e' rimasta memoria, oppure se vennero prodotte centralmente presso una sola zecca , benche' a nome delle altre citta' di cui ci e' rimasta memoria.

E' una questione ancora aerta (vedere il testo della Pardi riportato sotto, uno degli scritti piu' recenti dedicato alla monetazione longobarda) anche se diversi studiosi affermano di non avere motivo di dubitare della dislocazione della monetazione longobarda presso diverse zecche piuttosto che pensare ad una sola forte centralizzazione per la loro emissione.

numa numa

di seguito una piccola selezione di scrittti sulla monetazione longobarda e carolingia del primo periodo:

GRIERSON Ph. 1965, Money and coinage under Charlemagne, in Karl der Grosse, a cura di W.

Braunfels, I, Düsseldorf 1965, pp. 501-536, tav. I n. 8

GRIERSON Ph.- BLACKBURN M. 1986, Medieval European Coinage with a Catalogue of the

Coins in the Fitzwilliam Museum, Vol. I , the Early Middle Ages (5th-10th centuries) , Cambridge

KLUGE B. 1999, Ein Ingelheimer Gold-Münzfund von 1996, in „Archäeologie in Deutschland“ I , pp. 34-37

MENADIER J. 1911, Münzkabinett, Karolingerdenare, in „Amtliche Berichte aus den Königl. Kunstsammlungen“, XXXII, n° 2 (September 1911), pp. 262-282, in particolare pag. 267, fig. 153

MORRISON K.F., GRUNTHAL H. 1967, Carolingian Coinage (ANS-NNM 158), New York

PARDI R. 2003, La Monetazione Flavia Longobarda, Roma

SAMBON G. 1912, Repertorio Generale delle monete coniate in Italia e da Italiani all’estero dal sec. V al XX. I: Periodo dal 476 al 1266, Parigi pp. 72-73

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E' una questione ancora aerta (vedere il testo della Pardi riportato sotto, uno degli scritti piu' recenti dedicato alla monetazione longobarda) anche se diversi studiosi affermano di non avere motivo di dubitare della dislocazione della monetazione longobarda presso diverse zecche piuttosto che pensare ad una sola forte centralizzazione per la loro emissione.

numa numa

Trovo la questione molto interessante per questo periodo e per quello carolingio immediatamente successivo. Personalmente ho sempre dubitato che ci fosse una sola zecca centrale: trovo che il rischio ed il disagio di trasportare le monete coniate, mettiamo, a Pavia per tutto il Regno fossero troppo alti, e che sia più logico che la moneta fosse coniata nelle varie zecche dichiarate sul conio.

Una cosa però non so ed è questa: c'è effettivamente una diversa distribuzione geografica delle monete nei tesoretti e ritrovamenti singoli a noi noti? Non ho mai avuto tempo e opportunità per approfondire questo aspetto, che ritengo peraltro fondamentale.

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Salute

ho votato,bellissima discussione.COMPLIMENTI

Avevo individuato che la moneta un Tremisse di Treviso ma non sapevo ulteriori dati per la classificazione.

Avete fatto bene a postare i libri dove si possono trovare queste monete e studiarle.Ritengo sia una moneta molto rara.

--Salutoni

-odjob

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Che tremissi longobardi (e poco piu' tardi denari carolingi con momogramma - bellissimi) vennero emessi a nome della zecca di Treviso, non ci sono dubbi.

Grazie intanto per la risposta , anche se mi piacerebbe conoscere concretamente a grandi linee le prove portate nei recenti studi a favore di tale posizione

Non rientrando questa monetazione longobarda nei miei interessi collezionistici ho pochissimi testi e quindi ti ringrazio anche per i volumi consigliati

Ho provato a cercare nel Mec ma non sono riuscito a trovare nessuna informazione riguardo alla zecca di Treviso del periodo longobardo e il Sambon mi pare allineato alla posizione dei numismatici del suo tempo (1912)

Provero' a cercare il testo recente della Pardi

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Il testo piu' aggiornato sulle "Flavie" longobarde e' il volume della Pardi.

Essendo monete particolarmente rare il MEC , che e' un catalogo di una collezione, e quindi non un Corpus (pur di una collezione eccezionale come quella di Cambridge) non puo' , necessariamente riportare "tutte" le tipologie delle zecche conosciute.

Consiglio anche : Bernareggi Moneta langobardorum.

numa numa

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Il testo piu' aggiornato sulle "Flavie" longobarde e' il volume della Pardi.

Essendo monete particolarmente rare il MEC , che e' un catalogo di una collezione, e quindi non un Corpus (pur di una collezione eccezionale come quella di Cambridge) non puo' , necessariamente riportare "tutte" le tipologie delle zecche conosciute.

Consiglio anche : Bernareggi Moneta langobardorum.

numa numa

Certo nella collezione del Fizwilliam Museum di Cambridge sono "solo" presenti gli esemplari di Lucca , Castelnovate e Piacenza ma quello che intendo sottolineare e' la mancanza di un accenno nel Mec alla questione delle zecche e alla loro reale attivita' nel periodo longobardo preso in considerazione

Vengono individuati i tremissi in oro di Desiderio all 'interno del quarto gruppo come caratteristiche,e si parla di 12 zecche longobarde battenti tra il 756 e il 774 (Pisa-Lucca-Vicenza-Vercelli-Treviso-Pombia-Ivrea-Castel Seprio-Castelnovate-Piacenza-Milano-Pavia)

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Vengono individuati i tremissi in oro di Desiderio all 'interno del quarto gruppo come caratteristiche,e si parla di 12 zecche longobarde battenti tra il 756 e il 774 (Pisa-Lucca-Vicenza-Vercelli-Treviso-Pombia-Ivrea-Castel Seprio-Castelnovate-Piacenza-Milano-Pavia)

Grierson affronta le questioni legate alla monetazione longobarda (e di Lucca in particolare) in numerosi articoli. Treviso come citi direttamente, e' riportata tra le zecche battenti sotto Desiderio (e come dicevo prima vi battera' successivamente - senza ombra di dubbio - anche Carlo Magno che succede a Desiderio). Alle zecche riportate da Grierson occorre aggiungerne forse un'altro paio, in quanto abbiamo un Flavia Pisturia e recentemente anche un Flavia Brixia (apparso sul mercato in una vendita Astarte e acquistato dalk comune di Brescia che lo espone presso il complesso monastico di S.Giulia - importantissimo santuario longobardo - ma di cui alcuni hanno messo in dubbio, senza pero' portare prove fondamentali, l'autenticita'.

numa numa

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L'organizzazione statale longobarda mi rende difficile pensare a una unica zecca centralizzata. Anche se il re era una figura forte e autorevole, la base statale erano i duchi, cui spettava il reclutamento e il mantenimento dell'esercito in proporzione all'estensione delle loro proprietà terriere (duca = dux = comandante militare). Di conseguenza il pagamento delle milizie, che nella situazione economica generale dell'Italia longobarda immagino fosse l'uso primario della moneta, doveva essere gestito localmente, in corrispondenza dei principali centri di potere. A questo punto che senso poteva avere delegare dal punto di vista operativo la gestione della zecca all'autorità centrale? Un simile processo sarebbe stato complesso, rischioso e inefficiente. Molto più logico secondo me produrre localmente, anche se ovviamente nei tipi adottati si riconosceva esplicitamente l'autorità regale. Tra l'altro la delocalizzazione della produzione monetaria è stata per secoli la norma anche in stati ben più coesi del regno longobardo. Penso che la discriminante fosse l'efficienza dei trasporti: in pratica solo dalla metà del XIX secolo in poi è diventato fattibile e conveniente produrre tutta la moneta in pochissime officine, al limite una sola. E non credo che le condizioni della viabilità nell'Italia del VII-VIII secolo fossero tali da rendere sensato mettere in piedi un'operazione di questo genere...

Se qualcuno potesse citare delle fonti che confermano (o magari smentiscono) il mio ragionamento sarebbe il benvenuto :)

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Vengono individuati i tremissi in oro di Desiderio all 'interno del quarto gruppo come caratteristiche,e si parla di 12 zecche longobarde battenti tra il 756 e il 774 (Pisa-Lucca-Vicenza-Vercelli-Treviso-Pombia-Ivrea-Castel Seprio-Castelnovate-Piacenza-Milano-Pavia)

Grierson affronta le questioni legate alla monetazione longobarda (e di Lucca in particolare) in numerosi articoli. Treviso come citi direttamente, e' riportata tra le zecche battenti sotto Desiderio (e come dicevo prima vi battera' successivamente - senza ombra di dubbio - anche Carlo Magno che succede a Desiderio). Alle zecche riportate da Grierson occorre aggiungerne forse un'altro paio, in quanto abbiamo un Flavia Pisturia e recentemente anche un Flavia Brixia (apparso sul mercato in una vendita Astarte e acquistato dalk comune di Brescia che lo espone presso il complesso monastico di S.Giulia - importantissimo santuario longobardo - ma di cui alcuni hanno messo in dubbio, senza pero' portare prove fondamentali, l'autenticita'.

numa numa

Lucia Travaini nel suo volume "Monete e storia nell' Italia medievale" del 2007 infatti per quanto riguarda il tipo stellato con il nome della citta' zecca preceduto dall' appellativo "FLAVIA" allarga il numero delle zecche longobarde citando anche Brescia(Flavia Brixia) , Pistoia(Flavia Pisturia) , Reggio Emilia e per quanto riguarda Novate pone un punto interrogativo.

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Vengono individuati i tremissi in oro di Desiderio all 'interno del quarto gruppo come caratteristiche,e si parla di 12 zecche longobarde battenti tra il 756 e il 774 (Pisa-Lucca-Vicenza-Vercelli-Treviso-Pombia-Ivrea-Castel Seprio-Castelnovate-Piacenza-Milano-Pavia)

Grierson affronta le questioni legate alla monetazione longobarda (e di Lucca in particolare) in numerosi articoli. Treviso come citi direttamente, e' riportata tra le zecche battenti sotto Desiderio (e come dicevo prima vi battera' successivamente - senza ombra di dubbio - anche Carlo Magno che succede a Desiderio). Alle zecche riportate da Grierson occorre aggiungerne forse un'altro paio, in quanto abbiamo un Flavia Pisturia e recentemente anche un Flavia Brixia (apparso sul mercato in una vendita Astarte e acquistato dalk comune di Brescia che lo espone presso il complesso monastico di S.Giulia - importantissimo santuario longobardo - ma di cui alcuni hanno messo in dubbio, senza pero' portare prove fondamentali, l'autenticita'.

numa numa

Lucia Travaini nel suo volume "Monete e storia nell' Italia medievale" del 2007 infatti per quanto riguarda il tipo stellato con il nome della citta' zecca preceduto dall' appellativo "FLAVIA" allarga il numero delle zecche longobarde citando anche Brescia(Flavia Brixia) , Pistoia(Flavia Pisturia) , Reggio Emilia e per quanto riguarda Novate pone un punto interrogativo.

L'alto numero di zecche sembra compatibile con le argomentazioni esposte da Paleologo e da me a sfavore di una zecca centrale: che pensano le ricerche più recenti a questo proposito?

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L'organizzazione statale longobarda mi rende difficile pensare a una unica zecca centralizzata. Anche se il re era una figura forte e autorevole, la base statale erano i duchi, cui spettava il reclutamento e il mantenimento dell'esercito in proporzione all'estensione delle loro proprietà terriere (duca = dux = comandante militare). Di conseguenza il pagamento delle milizie, che nella situazione economica generale dell'Italia longobarda immagino fosse l'uso primario della moneta, doveva essere gestito localmente, in corrispondenza dei principali centri di potere. A questo punto che senso poteva avere delegare dal punto di vista operativo la gestione della zecca all'autorità centrale? Un simile processo sarebbe stato complesso, rischioso e inefficiente. Molto più logico secondo me produrre localmente, anche se ovviamente nei tipi adottati si riconosceva esplicitamente l'autorità regale. Tra l'altro la delocalizzazione della produzione monetaria è stata per secoli la norma anche in stati ben più coesi del regno longobardo. Penso che la discriminante fosse l'efficienza dei trasporti: in pratica solo dalla metà del XIX secolo in poi è diventato fattibile e conveniente produrre tutta la moneta in pochissime officine, al limite una sola. E non credo che le condizioni della viabilità nell'Italia del VII-VIII secolo fossero tali da rendere sensato mettere in piedi un'operazione di questo genere...

Se qualcuno potesse citare delle fonti che confermano (o magari smentiscono) il mio ragionamento sarebbe il benvenuto :)

Non so quanto sia sostenibile il fatto che la moneta longobarda servisse per pagare le truppe.

Non abbiamo infatti praticamente moneta enea e anche l'emissione di argento e' ridottissima (le cosiddette "siliquae" di Perctarito). Inoltre tra le fonti pervenuteci, i contratti notarili di cessioni di beni ed immobili costitutiscono una preziosa (quanto scarsa) risorsa e tali fonti citano i tremissi sempre in relazione a cessioni di terreni, case, etc.

Sappiamo davvero ancora molto poco sull'uso effettivo del circolante emesso in tale epoca.

numa numa

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Fra i libri sull'argomento aggiungerei INTRODUZIONE ALLE MONETE BARBARICHE, IL VENETO E L'EUROPA di Marco Vidale edito dal Circolo Numismatico ''Monticello Conte Otto'' (Vicenza).

Per quanto riguarda il MEC, invece, è vero che la stragrande maggioranza delle monete illustrate è della collezione di Cambridge, ma l'idea e l'impostazione dell'opera di Gierson è proprio quella di un Corpus.

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