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Strana moneta di Ottavio Farnese


Risposte migliori

Buongiorno a tutti,

vorrei sottoporre alla vostra attenzione una moneta di Ottavio Farnese per Piacenza inedita fino a pochi anni fa.

Circa una ventina di anni fa, un amico e studioso di numismatica al corrente del mio interesse per la monetazione piacentina mi regalò questo “rompicapo”:

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Si trattava sicuramente di una moneta piacentina farnesiana in quanto al diritto era ben visibile la scritta .. PLA Z P D I…, mentre al rovescio si intravedeva un busto barbuto e nimbato volto a sinistra con la leggenda quasi del tutto illeggibile: D A……..AT.

Tuttavia la descrizione di questa moneta non era riportata in nessun testo e i particolari leggibili non erano sufficienti per ipotizzare un’attribuzione più dettagliata.

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Dopo alcuni anni, insieme all’amico, ci recammo al Museo Archeologico di Parma per esaminare le straordinarie monete piacentine conservate presso tale museo. Con molta sorpresa ci imbattemmo in questa moneta:

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Si trattava sicuramente di un secondo esemplare del nostro “rompicapo”. In questo caso le leggende erano ben leggibili: al diritto OCT F PLA Z P D II e al rovescio D ANTONINVS PAT. A questo punto l’attribuzione era risolta ma rimaneva il mistero del valore nominale della moneta e della tipologia insolita rispetto alle altre monete piacentine di Ottavio Farnese.

La nostra ipotesi, illustrata in un articolo del 1996 (Crocicchio, Fusconi “Monete inedite di Ottavio e Alessandro Farnese per Piacenza, RIN vol. XCVII, pp. 227-241) è che si tratti di un quattrino emesso presso la zecca di Milano nei primi anni del ducato di Ottavio (1556-1561) quando la zecca di Piacenza non era ancora attiva (numerosi documenti attestano che la zecca milanese emise moneta per conto del duca Ottavio in questo periodo). Purtroppo nei documenti non abbiamo cenni sulle caratteritiche intrinseche di questa moneta, ma, se la nostra ipotesi è corretta, è probabile che vennero emessi ad un titolo di argento superiore a quello dei successivi quattrini con S. Antonino coniati a Piacenza e quindi ritirati quasi totalmente per essere rifusi.

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Ecco un'altra immagine, presa con diversa inclinazione, che permette di visualizzare meglio il ritratto del santo:

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Modificato da giollo2
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Ciao Giollo 2,

complimenti: monete molto, molto intriganti.

L'ipotesi che siano state battute a Milano è effettivamente verosimile, ma non mi convince del tutto... e allora butto lì una piccola 'provocazione':

Lo stile dello stemma (in cartocci), i punzoni utilizzati per i giglietti e il fatto di utilizzare una 'Z' per scrivere 'et', più che le monete di Milano mi ricordano alcuni sesini con SALVS MVNDI e, sempre per l'uso della 'Z', alcune emissioni del quattrino con OCT e il busto del santo.

E allora mi chiedo (ma in realtà lo chiedo a te che questa monetazione la conosci alla perfezione) se le monete in questione non possano appartenere anch'esse alla zecca di Piacenza ed essere anziché quattrini, un nominale più elevato (forse soldi?).

Saluti, Teofrasto

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Ciao Teofrasto,

i tuoi dubbi sono ragionevoli; purtroppo non abbiamo trovato documenti risolutivi al problema.

Per quanto riguarda i punzoni e l'uso della lettera Z al posto di ET allego l'immagine di una variante del primo mezzo scudo di Ottavio emesso certamente dalla zecca di Milano in base a quanto riportato su diversi documenti (tutti i riferimenti e gran parte dei testi originali sono riportati sul nostro libro sulla zecca di Piacenza):

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Come vedi anche su questo esemplare sono presenti punzoni molto simili a quelli utilizzati successivamente.

Per quanto riguarda invece la possibilità che si possa trattare di un nominale superiore al quattrino la vedo abbastanza dura: infatti per il periodo di Ottavio Farnese i documenti di

zecca conosciuti sono molti numerosi e descrivono in dettaglio tutte le caratteristiche delle monete fino alle "levate" giornaliere dei diversi nominali. Non abbiamo trovato nulla che si avvicinasse a questa tipologia col busto del santo barbuto. A Piacenza inoltre la tipologia dei diversi nominali è sempre stata molto rigida: quattrino = busto di S. Antonino, sesino = croce fogliata o di diversa forma, soldo = s. Antonino a cavallo. In questo contesto potrebbe trattarsi di una prova del primo soldo, abortita perchè tipologicamente simile al quattrino; tuttavia, il cattivo stato di conservazione dei due esemplari conosciuti è indice di un'effettiva circolazione.

In mancanza di ulteriori informazioni lìipotesi milanese mi sembra ad oggi la più verosimile.

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Effettivamente hai ragione. Il mezzo scudo pubblicato da Ravegnani Morosini mi era proprio sfuggito. Eh sì!, la 'Z' e i cartocci ci sono tutti. Non so più che dire...

Ma adesso però mi intriga il ritratto di questo mezzo scudo. Guarda che è strano forte rispetto all'esemplare dell'ex collezione reale... strano, molto strano...

Saluti, Teofrasto

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ecco l'esemplare dell'ex collezione reale citato:

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devo aggiungere che un esemplare era presente nell'ex collezione Pallastrelli donata al Museo Civico di Piacenza. Purtroppo la moneta fu trafugata nella prima metà del '900. La leggenda era la stessa dell'esemplare illustrato dal Ravegnani (non aggiungo altro)

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Aggiungo, per completezza e per quanti non hanno a disposizione il volume sulla zecca di Piacenza, quanto riportato sull'argomento:

(non appaiono le note a piè pagina con i riferimenti bibliografici ed archivistici, se qualcuno è interessato glieli posso fornire)

OTTAVIO FARNESE (1556 – 1586)

Pur essendo stato inglobato nella Stato di Milano, il Comune di Piacenza manifestò la volontà di riattivare la zecca. Il 19 ottobre del 1549 ne richiese facoltà al Governatore di Milano Ferrante Gonzaga . Non avendo ricevuto risposta, o avendola ricevuta negativa, il 21 marzo 1550 inviò un oratore che caldeggiasse la riapertura . Tre giorni dopo, il conte Anguissola ed Agostino Landi , due dei congiurati partigiani del Gonzaga, gli inviarono una missiva dello stesso tenore. Malgrado le continue pressioni il Governatore ignorò le richieste ed allora gli Anziani, il 10 ottobre 1550, incaricarano l’ambasciatore piacentino, residente presso il Governatore di Milano, di rinnovare la domanda . Il Gonzaga finalmente acconsentì, ma impose che la nuova moneta fosse uguale in tutto e per tutto alla milanese. Gli Anziani, che rivendicavano una propria autonomia in fatto di monetazione, non erano dell’avviso e inviarono di nuovo l’Anguissola, il Landi, il Confalonieri e Gabriele Bucabarile per la ricerca di un accordo condiviso .

E’ probabile che, stanchi del tegiversare del Governatore, avessero inoltrato anche una richiesta direttamente all’Imperatore o, forse, lo stesso Ferrante Gonzaga avesse richiesto la sua approvazione per concedere la riapertura della zecca.

Carlo V, con atto dato in Augusta Vindelica del 21 maggio 1551, rinnovò, confermò e convalidò alla Comunità di Piacenza l’antico privilegio già concesso dagli imperatori Arrigo III, Arrigo IV, rinnovato da Corrado II e riconfermato da Papa Leone X. Ma, poichè Piacenza era entrata a far parte del Ducato di Milano, impose che si potesse coniare moneta d’oro, argento e rame simile a quella della zecca milanese e cioè allo stesso valore, prezzo e lega . La conferma del privilegio costò alle casse della Comunità 63 scudi d’oro ma in realtà, non aveva prodotto l’esito sperato e la zecca non fu riaperta.

Intanto il Duca Ottavio, figlio del defunto Pierluigi, aveva ottenuto il 25 febbraio 1550 la restituzione di Parma da Giulio III. Egli nel 1552 ne riaprì la zecca e affidò per due anni la conduzione ad Angelo Fraschini di Siena che segnava le sue monete con una A racchiusa in un cerchio. Questo zecchiere coniò nel 1552 scudi d’oro con leggenda Securitas P(opuli) Parmen(sis). Egli coniò nel 1552 anche uno scudo d'oro simile, ma con leggenda SECVRITAS P. PIACE. e la titolatura usata nella zecca di Parma . Questo scudo, a quanto ci consta unico, fu trovato in un ripostiglio ad Ariano Polesine ed è importante in quanto ci dimostra che Ottavio Farnese non aveva perso le speranze di recuperare la città e che anzi riaffermava la sua autorità su di essa e rendeva pubblica la volontà di recuperarla con ogni mezzo.

Egli infatti aveva stipulato un’alleanza in funzione antispagnola e antipapale con Enrico II Re di Francia e, per evitare una guerra sanguinosa, gli venne riconosciuto definitivamente il possesso di Parma. Non pago, con un’abile politica si riaccostò alla Spagna e, dopo aver sposato Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo V, riuscì infine ad ottenere nel 1556 la restituzione di Piacenza da Filippo II.

Da quel momento Ottavio Farnese si disinteressò della politica internazionale e si dedicò solo alla amministrazione dei suoi Stati.

La circolazione monetaria del Ducato, doveva avere urgenti necessità di valuta poiché fu effettuata una coniazione prima del 5 giugno 1560. In questa data fu emesso un bando per il ritiro dalla circolazione di "alcuni sesini falsi del stampo de sesini novi di Piacenza con la croce da una parte et con lo insegno o arma de S.Eccell.a da l'altra” .

Il 27 gennaio 1561 il “Presidente et Maestro de li Regii Duchal entrate di stato di Milano” scriveva al Duca Ottavio Farnese “…Alli giorni passati vostra Eccellentia per sue littere me ordinò che volesimo far fabricare la somma di Scuti 50000 in valuti di quella qualità et corso che avessimo giudicato esser necessario per poter provedere allo abuso de realli et altre valute che si spendano tosati nel modo che si vede dandone autorità. quandi il maestro de la Cecca non volesse in ciò far partito conveniente, o vero che a noi paresse che facendolo non havesse modo nè forma de poterlo eseguire di mettere questa inpresa allo incanto per darla a chi facesse melior condicione eccettuando dicto maestro di Cecca” .

Ottavio Farnese aveva quindi dato disposizioni per effettuare una nuova coniazione, per la somma di 50.000 scudi a Milano, presso la zecca di questo Stato o, in caso di impedimento, presso un altro zecchiere che se ne assumesse il carico. Anche questa seconda coniazione andò a buon termine ed ad essa bisogna ascrivere i rari mezzi scudi d’argento col collare alla spagnola i cui coni non furono mai più utilizzati in seguito .Quindi le prime monete farnesiane di Piacenza furono battute a Milano ed in queste devono essere compresi anche i rari quattrini col busto di Sant’Antonino barbato, iconografia insolita per Piacenza. Forse, per abbattere i costi di produzione furono utilizzati punzoni con l’immagine di un altro personaggio o di un altro santo ed adattati alla bisogna per soddisfare una coniazione d’emergenza in una zecca che non era quella piacentina. Questi rarissimi quattrini ci sono noti attraverso i due soli esemplari pervenutici: un mediocre esemplare del Museo Archeologico Nazionale di Parma ed un secondo, pessimo, in collezione privata.

Nel corso delle trattative per la battitura di queste monete, il Presidente Oldino, consigliava al Duca Ottavio Farnese le modalità da seguire nelle sue zecche, affinchè la moneta prodotta potesse circolare anche nello Stato di Milano: “… facendo esso S. Ducha fabrichare li denari ne le sue ceche si potrano admettere a spendersi in questo stato al valore che si permeteranno li fabricati in esso de li medesimi peso et bontà". A queste principi sempre si attennero anche gli Aziani della Comunità nel controllo della zecca e molte volte richiesero le “fedi di saggio” o i capitoli in uso nella zecca di Milano.

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