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IGNORED

Le monete più attraenti di Alessandro Magno


apollonia

Risposte migliori

Esempio di Arado dal Price (l'era di Arado inizia nell'ottobre 259 a.C.):

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I numeri fenici sono chiaramente scritti da dx a sx, perchè quello era il verso della loro scrittura (@@apollonia: non avevo colto proprio il senso della tua frase...)

Quando si passa alla numerazione greca troviamo però anche questo:

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Duplice versione: per autorappresentarsi come legati a 2 mondi differenti?

Modificato da Caio153
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Tanto per rientrare un pò in tema del topic:

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Price 3371 (236-5): legenda fenicia da dx a sx.

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Price 3395 (196-5): legenda greca da sx a dx.

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Price 3398 (195-4): legenda greca da dx a sx.

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Riprendendo il Tod già citato:

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Anche in Attica dunque l'ordine da dx a sx è attestato fino a epoca romana, quando oramai la scrittura da sx era la norma.

Vedasi in particolare le due epigrafi (1764-1765) legate al 15° anno dell'era di Adriano (dal 123-124. 15°=138-139 d.C.) che presentano alternativamente le scritture EI e IE:

- Il 15° anno dalla prima venuta del divino Adriano nell'Ellade.

- Il 15° anno dalla prima venuta del divino Adriano  ad Atene.

Tra l'altro in un caso "prima" è espresso per esteso (protes), nell'altro come numero ordinale (a').

Modificato da Caio153
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Quanto a King John che scrive

 

Interrogarsi eccessivamente sul perché di una simile scelta, poi, è come chiedersi perché il Titiro delle Bucoliche  di Virgilio parla di “latte rappreso” piuttosto che di “formaggio”….

 

replico se lui trovasse normale che in una bottega dell’antica Grecia  il latte rappreso o formaggio che dir si voglia fosse esposto al costo di IB dramme su un ripiano e di BI dramme su un altro ripiano.

 

E’ vero che non ci si può confondere, ma almeno meravigliarsi e chiedersi ‘perché?’ non mi sembra fuori luogo. E questo indipendentemente dal fatto che uno possa gradire o meno il formaggio!

Ahahahahah

Bella battuta che risponde bene a quella che era anch'essa una battuta. Naturalmente spero che non ti sia offeso. Purtroppo la questione su cui si siamo da ultimi appassionati è una di quelle su cui è difficile trovare una risposta ai tanti 'perchè' che è assolutamente legittimo farsi. Anzi: porsi tanti 'perchè' è segno di rigore intellettuale e amore per la conoscenza.

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replico se lui trovasse normale che in una bottega dell’antica Grecia  il latte rappreso o formaggio che dir si voglia fosse esposto al costo di IB dramme su un ripiano e di BI dramme su un altro ripiano.

In base a quanto ho scritto precedentemente probabilmente non l'avrebbe trovato così strano...

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Non mi sono sentito offeso da nessuno in questa discussione, sia ben chiaro. La frase ‘Non voglio pensare che sia in malafede.’ era in generale, con malafede nel significato di mancanza di obiettività nel sostenere qualcosa. Eppoi ‘non voler pensare’ non vuol dire ‘ritenere’.

 

Data ab o ba e va bene; data abc o cba e va bene. Data ba e abc sulla stessa pagina (moneta) ammettiamo pure che possa andar bene, anche se è ancora da dimostrare. Ma data di tre lettere in mixed arrangement non ha una logica, almeno fino a prova contraria: gli Arabi e la loro numerazione non c’entrano nulla!

 

apollonia

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Negozio di latticini dell’antica Grecia: prezzi settimanali (in oboli).

 

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apollonia

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Negozio di latticini dell’antica Grecia: prezzi settimanali (in oboli)

Hihihihi

Non ci crederete ma anch'io avevo preparato una battuta del genere spostandomi dai prodotti caseari a quelli ittici...

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Mitridate VI Eupatore, re del Ponto.

 

Nell’introduzione di una tesi di laurea in Farmacia sulla teriaca che avevo assegnato nell’anno accademico 2010-2011 si parla a lungo di Mitridate VI re del Ponto perché il preparato da lui messo a punto a salvaguardia della sua persona, il mitridato, è il progenitore del polifarmaco di cui Venezia aveva acquistato fama nel mondo a partire dalla fine dei XVI secolo, la teriaca appunto o triaca, com’era chiamata in loco.

 

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Testa in marmo di Mitridate ricoperta da pelle di leone

del tardo ellenismo terminato il 31 aC con la battaglia di Azio
Museo del Louvre - Parigi

 

Mitridate, una sorta di Rambo del 120 a. C., aveva la stessa età di Alessandro domatore di Bucefalo quando morì suo padre e, malvisto dai fratelli più grandi e trascurato dalla madre, preferì (o fu costretto) ad allontanarsi dalla reggia e a vivere per sette anni nei boschi fra le più aspre lotte con le belve e le più dure fatiche. Ritornato in patria diciottenne, nel 114, aveva trucidato la madre e alcuni suoi fratelli e si era impadronito del regno. Di spirito bellicoso e ambiziosissimo aveva, in incognito, visitata buona parte dell'Asia e aveva concepito il vasto disegno di conquistarla per diventarne il re. Per raggiungere questo scopo avrebbe usato qualsiasi mezzo, anche il delitto. Era, infatti, spregiudicato e di istinti malvagi. Secondo quello che di lui si narra, oltre la madre e i fratelli, aveva ucciso le sorelle che teneva come mogli, aveva messo in prigione sei dei suoi figli, e aveva fatto trucidare le sue amanti compresa una bellissima donna di Efeso che era la sua favorita.

 

La preoccupazione di Mitridate per mantenere il trono era di evitare possibili avvelenamenti che all’epoca erano all’ordine del giorno come mezzo principale per eliminare i regnanti. Il Ponto, la regione del Mar Nero governata da Mitridate, abbondava di piante medicinali e il sovrano, appassionato di medicina e di tossicologia, istituì presso la sua reggia un vero e proprio centro di ricerca dove, con l’aiuto di illustri medici e filosofi quali Papias di Amisos e Crateva, conduceva indagini approfondite su farmaci e veleni. E’ famosa poi la sua abitudine di assumere personalmente i più svariati veleni in dosi crescenti con l’intento di assuefarsi e mettersi al riparo da eventuali tentativi di avvelenamento. Il termine mitridatismo ancora oggi usato in medicina deriva proprio dal nome di questo sovrano.

Il risultato più significativo delle sue ricerche era rappresentato da un antidoto reputato efficace contro numerosissime malattie e sostanze tossiche, costituito da un gran numero di componenti diversi – anche più di 50 secondo alcuni autori che hanno riportato la formula – che dal nome del re fu definito ‘mitridato’.

 

 

apollonia

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Non mi sono sentito offeso da nessuno in questa discussione, sia ben chiaro. La frase ‘Non voglio pensare che sia in malafede.’ era in generale, con malafede nel significato di mancanza di obiettività nel sostenere qualcosa. Eppoi ‘non voler pensare’ non vuol dire ‘ritenere’.

 

Data ab o ba e va bene; data abc o cba e va bene. Data ba e abc sulla stessa pagina (moneta) ammettiamo pure che possa andar bene, anche se è ancora da dimostrare. Ma data di tre lettere in mixed arrangement non ha una logica, almeno fino a prova contraria: gli Arabi e la loro numerazione non c’entrano nulla!

 

apollonia

Nei testi non si parla di date, ma di numeri... e non solo di monete, ma anche su epigrafi...

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Mi chiedevo dopo questa discussione come potrei spiegare al meglio a mio nipote Alessandro (non posso più chiamarlo ‘nipotino’ perché l’anno prossimo frequenterà la scuola media) la numerazione greca antica. :unsure:  Penso di fare così.

 

Gli antichi Greci, per scrivere i numeri usavano le lettere del loro alfabeto, a ciascuna delle quali davano convenzionalmente un determinato valore: alfa valeva una unità, beta due unità, gamma tre unità, delta quattro unità, epsilon cinque unità, stigma (lettera arcaica necessaria per completare le 'tessere' del mosaico) sei unità, zeta sette unità, eta otto unità, theta nove unità, iota dieci unità, cappa venti unità, lambda trenta unità, mu quaranta unità, nu cinquanta unità, xi sessanta unità, omicron settanta unità pi ottanta unità e coppa (altra lettera arcaica con la stessa funzione della stigma) novanta unità. Fermiamoci qui per il momento in modo da vedere come i Greci scrivevano tutti i numeri interi da uno a novantanove, quelli che noi scriviamo in notazione matematica (cioè in cifre) da uno a novantanove.

 

Abbiamo una determinata lettera per le unità da una a nove e una determinata lettera anche per dieci unità (lo zero non c’era); per scrivere undici unità si poteva ricorrere alla coppia di lettere di valore dieci unità e una unità in entrambe le sequenze possibili, alfa seguita da iota (una unità più dieci unità = undici unità) oppure iota seguita da alfa (dieci unità più una unità = undici unità). E così via, fino a novantanove unità. Per la scrittura dei numeri da cento unità in su vedremo in seguito.

 

Ho volutamente evitato di utilizzare nella spiegazione i numeri in cifre, ai quali siamo abituati, come pure di considerare le lettere dell’alfabeto greco nell’ordine, diciamo così, gerarchico (alfa la prima, beta la seconda, ecc.), ma alla stregua di tessere di un mosaico da accostare senza preferenze per l’una o per l’altra. :unknw: 

 

In tal modo credo che Alessandro sarà immune da qualsiasi influenza della numerazione araba, ma, conoscendolo, sono pronto a scommettere che mi chiederà: “Scusa, nonno, se un Greco andava al mercato a comperare una dozzina di uova, ne chiedeva IotaBeta o BetaIota?” :help: 

 

 

P.S. I Greci consumavano uova di gallina tanto che il medico greco Galeno affermava che nella dieta di una persona anziana non dovevano mai mancare. :blum: 

 

 

apollonia

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Mi chiedevo dopo questa discussione come potrei spiegare al meglio a mio nipote Alessandro (non posso più chiamarlo ‘nipotino’ perché l’anno prossimo frequenterà la scuola media) la numerazione greca antica. :unsure: Penso di fare così.

Gli antichi Greci, per scrivere i numeri usavano le lettere del loro alfabeto, a ciascuna delle quali davano convenzionalmente un determinato valore: alfa valeva una unità, beta due unità, gamma tre unità, delta quattro unità, epsilon cinque unità, stigma (lettera arcaica necessaria per completare le 'tessere' del mosaico) sei unità, zeta sette unità, eta otto unità, theta nove unità, iota dieci unità, cappa venti unità, lambda trenta unità, mu quaranta unità, nu cinquanta unità, xi sessanta unità, omicron settanta unità pi ottanta unità e coppa (altra lettera arcaica con la stessa funzione della stigma) novanta unità. Fermiamoci qui per il momento in modo da vedere come i Greci scrivevano tutti i numeri interi da uno a novantanove, quelli che noi scriviamo in notazione matematica (cioè in cifre) da uno a novantanove.

Abbiamo una determinata lettera per le unità da una a nove e una determinata lettera anche per dieci unità (lo zero non c’era); per scrivere undici unità si poteva ricorrere alla coppia di lettere di valore dieci unità e una unità in entrambe le sequenze possibili, alfa seguita da iota (una unità più dieci unità = undici unità) oppure iota seguita da alfa (dieci unità più una unità = undici unità). E così via, fino a novantanove unità. Per la scrittura dei numeri da cento unità in su vedremo in seguito.

Ho volutamente evitato di utilizzare nella spiegazione i numeri in cifre, ai quali siamo abituati, come pure di considerare le lettere dell’alfabeto greco nell’ordine, diciamo così, gerarchico (alfa la prima, beta la seconda, ecc.), ma alla stregua di tessere di un mosaico da accostare senza preferenze per l’una o per l’altra. :unknw:

In tal modo credo che Alessandro sarà immune da qualsiasi influenza della numerazione araba, ma, conoscendolo, sono pronto a scommettere che mi chiederà: “Scusa, nonno, se un Greco andava al mercato a comperare una dozzina di uova, ne chiedeva IotaBeta o BetaIota?” :help:

P.S. I Greci consumavano uova di gallina tanto che il medico greco Galeno affermava che nella dieta di una persona anziana non dovevano mai mancare. :blum:

apollonia

Ne chiedeva endeka...?
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Ne chiedeva endeka...?

 

Volevi dire δωδεκάς 

 

 

apollonia

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Io a mia figlia Benedetta di 11 anni spiegherei i numeri greci così:

 

I Greci in principio per indicare i principali numeri usavano le lettere iniziali delle parole che le indicavano (ad esempio con D indicavano il numero dieci perchè era la lettera iniziale della parola deka=dieci) a cui aggiungevano delle lineette per indicare le unità (una lineetta = un'unità, due lineette = due unità).

In un secondo momento trovarono più comodo usare le lettere dell'alfabeto per indicare i numeri: con le prime nove lettere indicavano le unità da 1 a 9, con le successive 9 lettere le decine da 10 a 90, con le ultime 9 lettere le centinaia da 100 a 900. Col tempo quest'ultimo sistema divenne prevalente ma vi  fu un periodo di transizione in cui veniva usato alternativamente l'uno o l'altro sistema ed in alcuni casi anche tutti e due contemporaneamente....

Modificato da King John
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Io a mia figlia Benedetta di 11 anni spiegherei i numeri greci così:

 

I Greci in principio per indicare i principali numeri usavano le lettere iniziali delle parole che le indicavano (ad esempio con D indicavano il numero dieci perchè era la lettera iniziale della parola deka=dieci) a cui aggiungevano delle lineette per indicare le unità (una lineetta = un'unità, due lineette = due unità).

In un secondo momento trovarono più comodo usare le lettere dell'alfabeto per indicare i numeri: con le prime nove lettere indicavano le unità da 1 a 9, con le successive 9 lettere le decine da 10 a 90, con le ultime 9 lettere le centinaia da 100 a 900. Col tempo quest'ultimo sistema divenne prevalente ma vi  fu un periodo di transizione in cui veniva usato alternativamente l'uno o l'altro sistema ed in alcuni casi anche tutti e due contemporaneamente....

 

Urca, chiederò ai colleghi di fare questa domanda come test d’ingresso all’università, dopo la spiegazione che hai dato: Scrivete i numeri 12, 16, 234 e 987 come avrebbero potuto scriverli gli antichi Greci.

 

Sono curioso di vedere le risposte. Eventualmente le passerò a Benedetta per la correzione.

 

 

apollonia

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Urca, chiederò ai colleghi di fare questa domanda come test d’ingresso all’università, dopo la spiegazione che hai dato: Scrivete i numeri 12, 16, 234 e 987 come avrebbero potuto scriverli gli antichi Greci.

 

E' bizzarro per noi moderni ma dalle fonti antiche pare che funzionava così....

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Negozio di latticini dell’antica Grecia: prezzi settimanali (in oboli).

 

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attachicon.gifOk. Prezzi settimanali latticini in Grecia antica.JPG

 

 

apollonia

 

 

Devo rettificare il prezzo dei latticini per non incorrere in sanzioni da parte dell’Associazione consumatori della Grecia.

111 oboli sono 18,5 dramme, una spesa eccessiva. Invece di ‘oboli’ leggasi ‘tetartemorion’, in modo che una fornitura molto consistente venga a costare un tetradramma e mezzo circa. E se anche questo prezzo fosse eccessivo, mettiamo ‘emitetartemorion’ in modo da dimezzarlo.

 

apollonia

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Proseguendo il discorso su Mitridate VI che si è iniziato al post # 2984, volevo far presente che questo sovrano col suo team di esperti fu sicuramente il primo tossicologo sperimentale.

 

Mitridate sin da piccolo elaborò un interesse ossessivo per la pratica dell’avvelenamento, da quando cominciò a sospettare la madre di aver avvelenato il marito durante una cena.

Dalle informazioni di Plinio, Mitridate fu il primo sovrano ad assumere veleni, in quantità minime, quotidianamente, nella convinzione che questo lo avrebbe immunizzato da dosi letali e fece questo in modo assolutamente scientifico.

Lo scenario geografico che fece da sfondo alla vicenda storica di Mitridate giocò sicuramente un ruolo importante nella particolare attenzione data dal sovrano alla ricerca tossicologica. Il Ponto, localizzato nell’Anatolia nord-orientale, sulle coste del Mar Nero, era una terra famosa per la sua ricchezza in varietà botaniche e molte specie riconosciute velenose già in antichità vi crescevano spontanee. Non è un caso se la leggenda di Medea, l’abile manipolatrice di tutte le sostanze, benefiche e non, fu ambientata proprio nella vicina Colchide. Oltre a ciò le miniere del Ponto erano ricche di minerali rari e mortali e il Ponto era il centro di esportazione del realgar, la “polvere delle caverne”, da cui si otteneva per riscaldamento l’arsenico.

Mitridate e i suoi collaboratori concretizzarono il frutto di tanta ricerca, durata tutta una vita, in un antidoto, passato alla storia con il nome di Mithridatum, l’antidoto contro tutti i veleni. Alla sua efficacia il mondo antico credette a tal punto che Pompeo, nella fase finale della guerra contro Mitridate, in prossimità della vittoria, ebbe l’ordine di ricercare fra le carte personali del re fuggitivo la sua ricetta, per riportarla a Roma. Qui, in un ambiente ideale alla proliferazione di complotti e intrighi, l’antidoto contro i veleni avrebbe avuto sviluppi impensati per la storia della farmacologia antica. Modificato e trasformato da Andromaco (con l’introduzione della carne di vipera e aumentando la dose dell’oppio) sulle esigenze di una corte di livello “imperiale”, l’"antidoto” prenderà il nome di Teriaca assumendo i connotati di una “panacea” grazie allo studio e alla divulgazione delle conoscenze mediche più avanzate del tempo quali erano quelle di Galeno, il medico dei gladiatori, giunto a Roma da Pergamo per divenire medico di corte di Marc’Aurelio e dei Severi.

 

Da http://wsimag.com/it/cultura/1595-la-theriaca-dot-dot-dot-domina-medicinarum-ii

 

 

apollonia

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La ricetta originale del Mitridato è, nella realtà, andata perduta; quello che sappiamo degli ingredienti che lo componevano ci viene narrato da Plinio che, in un certo momento, doveva aver avuto sotto mano le carte di Mitridate e che ci informa che il re “con infaticabile lavoro e ogni possibile esperimento cercò il modo per costringere i veleni a diventare rimedi utili”. Sembra che entrassero nella composizione dell’antidoto sostanze benefiche assieme a piccole quantità di veleno, secondo la convinzione antica che per ogni veleno di origine naturale esistesse un antidoto naturale. Altri ingredienti che entravano nel preparato erano probabilmente cannella, mirra, cassia, miele, castoreo (estratto dai testicoli di castoro), incenso, aglio, argilla di Lemno, vino di Chio, carbone, centaurea, aristolochia, zenzero, iperico (erba di San Giovanni), zafferano, rabarbaro del Volga, prezzemolo, acacia, cardamomo, anice, oppio.

 

Studi moderni sui componenti del Mitridato hanno rivelato che molte di queste sostanze sarebbero effettivamente in grado di stimolare l’attività del sistema immunitario nel senso della protezione da “intossicazione”. Lo zolfo contenuto nell’aglio è in grado di neutralizzare l’arsenico, come il carbone può assorbire tossine; l’iperico sembra in grado di stimolare la produzione di enzimi capace di mettere fuori gioco molte sostanze chimiche pericolose all’organismo, mentre altri ingredienti avrebbero dimostrato una spiccata attività antibatterica.

 

La tragica morte di Mitridate rappresentò probabilmente il più grande “lancio pubblicitario” che un antidoto al veleno potesse sperare di avere: la dose letale, con la quale pensava di uccidere sé e le figlie, non risultò efficace su di un corpo ormai assuefatto a esso e, per non cadere nelle mani dell’odiato nemico, il re, assediato nel suo palazzo, dovette ricorrere alla spada di un fedele soldato.

 

La scena è raffigurata su un vaso artistico attribuito ad Annibale Fontana.

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apollonia

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Se si aggiungono a queste notizie tutte le vicende e gli aneddoti che riguardano questo sovrano, tra cui ad es. la sua memoria prodigiosa e la poliglossia (era in grado di parlare oltre venti lingue e amministrò le leggi delle ventidue nazioni su cui regnava in altrettante lingue, senza bisogno di interprete), si vedono i vari motivi di interesse per la sua monetazione.

 

L’amico Francois ha scritto un libro sull’argomento

 

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de Callatay, Francois. L'Histoire des Guerres Mithridatiques Vue par les Monnaies. (Louvain-la-Neuve, 1997). xii, 480 pages, 5 maps, 54 plates. Green cloth, gilt. An expansive work looking at the coinages of Mithradates VI and the surrounding kingdoms, which includes die studies of a vast array of coinages including: gold staters, tetradrachms and drachms of Mithradates VI, tetradrachms of the Bithynian kings from 128-73 BC, posthumous Alexander tetradrachms from Messembria and Oddesos, posthumous Lysimachos tetradrachms from Byzantium, gold staters struck in the name of Lysimachos from Istros, Callatis, Tomis and Byzantium, tetradrachms from Alexandria Troas, late period cistophoric tetradrachms from Ephesos, Cappadocian drachms, and tetradrachms of Tigranes the Great. A very useful book and highly recommended. Very Fine condition.

 

Chissà se Caio, con le sue ‘magie’, riesce a renderlo disponibile in qualche formato.

 

 

apollonia

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Un nome così... a caso....

 

Il mio solo nipote... La mia passione per la monetazione del Grande è nata dopo che i suoi genitori hanno deciso di chiamarlo così.

 

Non avevo proprio un'altra scelta.

 

 

apollonia

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Eventualmente le passerò a Benedetta per la correzione.[/font][/size]

apollonia

Te l' immagini, poi, se tra il tuo Alessandro e la mia Benedetta (anche se non si chiama Roxane) dovesse nascere del tenero...?

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Io a mia figlia Benedetta di 11 anni spiegherei i numeri greci così:

 

I Greci in principio per indicare i principali numeri usavano le lettere iniziali delle parole che le indicavano (ad esempio con D indicavano il numero dieci perchè era la lettera iniziale della parola deka=dieci) a cui aggiungevano delle lineette per indicare le unità (una lineetta = un'unità, due lineette = due unità).

In un secondo momento trovarono più comodo usare le lettere dell'alfabeto per indicare i numeri: con le prime nove lettere indicavano le unità da 1 a 9, con le successive 9 lettere le decine da 10 a 90, con le ultime 9 lettere le centinaia da 100 a 900. Col tempo quest'ultimo sistema divenne prevalente ma vi  fu un periodo di transizione in cui veniva usato alternativamente l'uno o l'altro sistema ed in alcuni casi anche tutti e due contemporaneamente....

Col tempo quest'ultimo sistema divenne prevalente ma vi  fu un periodo di transizione in cui veniva usato alternativamente l'uno o l'altro sistema ed in alcuni casi anche tutti e due contemporaneamente....

Vero, ma ciò non significa che si potesseeo mischiare tra loro, ma semplicemente che un singolo individuo conosceva più di un sistema di numerazione. Conosco i numeri arabi, romani e (+o- :rofl: ) greci, ma non avrebbe senso che io scriva C3 :Greek_Gamma:  per indicare 133 e nessuno tranne me lo capirebbe...

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