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Scritti medievali


Risposte migliori

Volevo segnalare che ho scoperto casualmente in rete una intera biblioteca di materiale medievale interessantissima cui sto dedicando ore e ore per la consultazione ... ( anche per questo che intervengo di meno) ...c'è di tutto! Molti documenti sono noti e già pubblicati in vari libri ma averli qui radunati mi sembra una eccezionale risorsa.

Provate a consultare l'indice e utilizzare la "ricerca" sugli argomenti che più vi interessano.

Io ho trovato questo sito straordinario!

http://fermi.univr.i...ne/indice.htm

Per i "genovesi" ho trovato, ad esempio, questo e mi sono chiesto perchè nel 1142 (?), quando da tre anni circolavano i denari IANVA, gli importi da versare fossero espressi in "denari vecchi di Pavia" e in "merce" e non in denari genovesi:

14. La guardia civitatis di Genova alla metà del XII secolo

Se le mura rappresentano l'elemento «inerte» di difesa, l'esercito cittadino ne è invece la parte attiva ed è naturale che alla sua organizzazione il comune si rivolga fin dalle origini. Abbiamo in precedenza visto come a Milano in età precomunale organismi militari cittadini fossero già in efficienza (doc. 4) e un secolo più tardi apparissero articolati in formazioni combattenti di cavalleria e fanteria, ciascuna inquadrata dal proprio alfiere (doc. 12/b): nel caso di Genova gli obblighi di difesa urbana investono fin dalla prima metà dei XII secolo gli abitanti del «sistema urbano» gravitante sul centro. La «guardia della città» appare così un obbligo militare di carattere territoriale che grava sugli abitanti dei villaggi circostanti, tenuti alla difesa dei proprio luogo e di postazioni precise all'interno della città.

Fonte: C. IMPERIALE DI SANT'ANGELO (a cura di), Codice diplomatico della RepubblIca di Genova, Roma, 1936 (FSI, 77), 1, doc. 120, pp. 142-43.

[Genova, 1142?] Questi è la guardia della città: gli uomini di Carbonara e gli uomini di Mostedo fino ai Mulini Gemelli devono fare la guardia al castello di Genova presso le mura di Santa Croce dalla metà del mese di luglio fino all’inizio dei mese di settembre; ugualmente gli uomini di Casamavale, di Campo Ursone, di Zinistedo, di Vegone, di Quico e di Terralba. Tutti questi sopra ricordati devono fare la guardia, a eccezione dei servi e di coloro che abitano nei possessi dei cittadini genovesi, dove la città ha diritti di pascolo.

Gli uomini di Calignano devono fare la guardia a Calignano, gli uomini di S. Martino e di Ercle e gli uomini di Manzasco devono fare la guardia a Manzasco; quelli di Tanaturba, di Rivarolo, di Porcile, di Cavanuza, di Granarolo, di Sosenedo devono fare la guardia alla torre di capo Faro. Gli uomini di Sampierdarena che sono soliti fare la guardia ivi devono continuare a farla.

Gli uomini di campo Florenzano devono dare per la guardia due denari vecchi di Pavia; gli uomini di Marassi, quelli di Terpi, di Monteasiano, di Lugo e di Melmi devono dare mezzo denaro ciascuno per la guardia. Gli uomini di Mortedo Soprano e di Cerreto devono dare per la guardia 9 denari in tutto. Gli uomini di Stroppa devono dare per la guardia 12 denari in tutto, gli uomini di Bargaglio un ramossino [1] ciascuno; gli uomini di Bavali e di Fontaneglio in tutto per la guardia devono dare 12 emine [2] di castagne; gli uomini di Pradello e di Staiano devono dare per ciascuno una misura di olio, quelli di Mulinello e di Rivaira un mezzo denaro vecchio. Gli uomini di Prementore e di Basali per ciascuno devono dare una misura di olio; gli uomini di Coronada, Domezano, Morteo e Azali per ciascuno un'emina di castagne, compresi quelli della casa di Fringuello. Gli uomini di Sesto, Priano, Borzoli, Burlo, devono per ciascuno un fascio di legna, gli uomini di Langasco, Celanesio e S. Cipriano devono dare per ciascuna parrocchia 6 denari vecchi di Pavia. I servi e gli uomini che abitano sui beni dei Genovesi che danno pascolo al bestiame dei signori delle terre non devono fare la guardia né pagare le soprascritte tariffe.

[1] ramossino, forse moneta; ma è termine di interpretazione incerta.

[2] emine, misura di capacità per aridi.

e quest'altro scritto nello stesso anno dell'inizio della coniazione dei denari genovesi (decreto di fine dicembre 1138 quindi presumibile inizio a gennaio 1139):

40. La protezione della moneta genovese

Legata all'incremento economico-commerciale della città e base del suo sviluppo successivo appare la facoltà, concessa dagli imperatori a diversi comuni italiani, di battere moneta propria. Genova ottiene il privilegio di zecca nel dicembre 1138 da Corrado III e dell'anno successivo è il «Breve» qui riportato, relativo alle pene da comminare ai falsificatori di moneta. Tempestivamente, dunque, la giustizia comunale provvede a tutelare la genuinità della propria moneta, fondamento dell'economia cittadina.

Fonte: IMPERIALE DI SANT'ANGELO (a cura di), Codice diplomatico della Repubblica di Genova cit., doc. 97, pp. 116-17.

Nel nome di Dio. Breve fatto durante il consolato di Guglielmo Pepe, Guglielmo de Volta, Guglielmo Bombello e Ogerio di Guidone [1139].

Da oggi in avanti fino alla prossima festa della Purificazione di Maria [2 febbraio] se avrò trovato, in base a testimoni che attestino un tale enorme crimine o per sua stessa confessione, qualche persona che falsifichi la moneta di Genova, o che ne detenga di falsa, o che la faccia falsificare, o che acconsenta a farla falsificare, confischerò tutti i suoi beni mobili e immobili posseduti nel comune di Genova, e tutto quanto avrò ritrovato di suo che potrò sequestrare assegnerò al comune di Genova e non renderò né a lui né ad altra persona per lui; se poi potrò far arrestare la persona stessa, gli farò tagliare una mano e in parlamento proporrò che sia esiliato in perpetuo; se non sarò riuscito a farlo arrestare, terrò ugualmente ferma la suddetta condanna alla confisca dei beni e all'esilio perpetuo.

Tutto ciò farò scrivere nel Breve che giureranno i consoli futuri, in modo tale che i consoli siano tenuti per giuramento a osservare il tutto e ugualmente siano tenuti a giurare ciò nel loro Breve di consolato i consoli che ci saranno dopo la presente Compagna. Osserverò il tutto in buona fede e senza frode.

Modificato da dizzeta
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