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Denaro di Latisana - PORTVM TESANA


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Cari forumisti medievalisti,

 

con grande sorpresa e piacere, ho scoperto che alla prossima asta Rauch viene proposto un esemplare del rarissimo denaro di Latisana, di cui vi allego la foto (lotto 1363)

 

Diciamo che come bibliografia sono personalmente molto indietro, ma mi ha colpito il fatto che sia attribuito a Mainardo II e Engelbert III, conti di Gorizia nel periodo in cui il denaro è sempre stato datato, per affinità stilistiche e metrologiche con i pezzi coevi aquileiesi e triestini (fine del XII secolo). Per di più viene indicata proprio Gorizia come zecca emittente.

 

Ora, ricordo che Latisana era possesso dei Goriziani, ed anche se ora si trova a diversi chilometri dalla linea litoranea, nel medioevo doveva trovarsi invece a poca distanza dal mare, da cui la denominazione Portum.

 

Chiedo scusa se ho scritto strafalcioni ma vado a memoria...

 

In ogni caso mi fa piacere mostrarlo a chi non l'avesse ancora mai visto, parte da una stima di 4000 e mi parrebbe genuino (uso il condizionale d'obbligo, non avendone mai visti altri se non in vecchie fotografie). Deduco quindi che il numero di esemplari esistenti sia maggiore di quei famigerati 7 che ricordavo.

 

Qualche idea?

 

Luigi

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Modificato da gigetto13
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Grazie per la segnalazione ora lo vado a cercare se c'è ancora. Per curiosità ti ricordi a quanto è stato esitato?

 

Vedo che i conii sono leggermente diversi, quindi deduco che i pezzi emessi non furono poi così pochi.

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@@gigetto13 Da "il denaro di Latisana" di G. Bernardi 1974

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Ecco da dove ricordavo il numero di 7! grazie della segnalazione, infatti pare verosimile che dopo 40 anni gli esemplari conosciuti siano aumentati

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Ecco da dove ricordavo il numero di 7! grazie della segnalazione, infatti pare verosimile che dopo 40 anni gli esemplari conosciuti siano aumentati

Credo proprio di si. Forse è una moneta che in ben più di 7 possiedono convinti tutti di avere una delle 7.

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Cari forumisti medievalisti,

 

con grande sorpresa e piacere, ho scoperto che alla prossima asta Rauch viene proposto un esemplare del rarissimo denaro di Latisana, di cui vi allego la foto (lotto 1363)

 

 

 

 

Ciao Luigi.

Visto che ti piace questa tipologia (e c'è motivo perché piaccia, ..... sono monete bellissime) ti incuriosisco dicendoti che in un'asta ottobrina c'è una sua compagna, dove la leggenda riporta LIVNZALIS.

Monete che avere in mano "a sarès come tocià lis tetes a una regina",... come dire "una cosa quasi impossibile".

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Buongiorno a voi,

questa la voce “Latisana” nella Guida delle zecche... 

 

 

Latisana (Udine; Friuli-Venezia Giulia)     H. Rizzolli

Nel 1186 il patriarca di Aquileia infeudò i conti di Gorizia della ‘Terra della Tisana’, dove, sulla sponda sinistra del Tagliamento, si trovavano un importante porto fluviale e una dogana. La zecca fu aperta tra il 1195 e il 1202 e i denari, in analogia con quelli di Lienz, non indicano il nome dell’autorità emittente, che è però senza dubbio identificabile con il conte di Gorizia. Le varietà di conio conosciute dei denari lasciano supporre una considerevole attività di monetazione, sebbene i pezzi a noi pervenuti siano molto pochi. Dopo il 1202, nonostante la conferma patriarcale ai conti di Gorizia del feudo e del porto di Latisana, l’attività di conio non fu più ripresa, il che è riconducibile verosimilmente a ragioni economiche.

 

Nominali emessi

Denari di tipo aquileiese distinguibili dai loro modelli patriarcali e da quelli di Lienz e di Trieste grazie alla legenda portv (o porto) tesana. La forte somiglianza di questi denari con quelli di Aquileia è spiegabile ipotizzando che i relativi conii siano stati approntati dalle stesse maestranze.

 

Bibliografia: CNI VI, p. 92; Paolucci 2003; Rizzolli 1991.

Ahumada Silva I. 1986, Le monete dei conti di Gorizia e del Tirolo del Museo Provinciale di Gorizia, «Annali di Storia Isontina», 1, pp. 77-116.

Bernardi G. 1977, Il denaro di Latisana, «RIN», 79, pp. 157-166.

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Si, il conio è evidentemente opera di maestranze aquileiesi (e/o triestine e/o goriziane). Per il periodo sono tra le più raffinate emesse perlomeno in Italia, non ci sono dubbi.

Mi rimane sempre il dubbio su come mai un paesino come Tesana abbia avuto l'onore di poter battere moneta - o meglio farla battere - in assenza di diplomi imperiali. Nel XII e XIII secolo Grado, oltre che importante sede vescovile, era ben più importante anche se già sotto controllo veneziano, almeno nominalmente (il patriarca scismatico di Grado si era da poco stabilito a Castello), sarebbe interessante l'ipotesi che l'emissione di Latisana sia stata una specie di sgarbo friulano all'autorità veneta, ormai alle porte.. mi piace fantasticare.

O forse era semplicemente una sorta di "regalo" da parte dei conti di Gorizia o dal Patriarca stesso?

Per quanto il porto e l'economia fossero molto fiorenti, non mi sembra una ragione sufficiente per poter emettere moneta.

 

@@chievolan, ma intendi un denaro di latisana con LIVNZALIS? o Goriziano molto simile? E in che asta? daipo fanus savè

Modificato da gigetto13
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Latisana, Lienz sono tentativi più o meno celati dei conti di Gorizia di ritagliarsi un pezzo della torta (proventi derivanti della coniazione di monete in metallo nobile) per me non gli unici .....

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Nelle immagini un pfennig attribuito alla zecca di Villach [luscin 292] riportante la rosa a sei petali.Per la contea di Gorizia non esistono documenti che comprovano il diritto di zecca.

In un carteggio notarile del 1202 [de Rubeis Monumenta Ecclesiae Aquilejensis 1740; manoscritto 899 documento 9 biblioteca di Udine] documento che descrive la situazione alla morte del Patriarca ULRICO ovvero 1182, vi si legge che i conti di Gorizia, Mainardo ed Engelberto pur godendo di numerosi diritti “moneta non habebant” ovvero moneta non avevano ( A. Saccocci Contributi di storia monetaria delle regioni adriatiche settentrionali 2004: la parola moneta indica il diritto di conio e non fisicamente l'officina monetaria che come avvocati del patriarcato i conti di Gorizia non possedevano).Per come venne redatto questo arbitrato si evince che Pellegrino II nel 1202 volle rimarcare i diritti e doveri dei conti quali avvocati del Patriarca  [L. Passera Le emissioni dei conti di Gorizia: una nuova proposta cronologica 2004] probabilmente perchè vi furono delle usurpazioni, che si possono presupporre anche in ambito monetale.....Nelle altre monete della zecca di Villach si vede chiaramente il vescovo che tiene in mano una spada (in alcuni casi due) e nell'altra un piccolo oggetto rotondo che ha una forma floreale. La leggenda è VILLACH e/o altre parole di difficile interpretazione. In altri casi il disegno compare al rovescio sopra il tempio. L'oggetto rotondo che il vescovo regge nella sua mano a prima vista si può confondere con un fiore ma in realtà si tratta di un ostensorio. In questa moneta, inserita nella zecca di Villach compare una rosa, La rosa simbolo degli Andechs: i vescovi di Bamberg scelsero come loro simbolo la rosa che era stata utilizzata dalla famiglia Meranier in quanto di discendenza franca. 

 

Il fiore a sei petali si potrebbe identificare con il segno caratteristico delle coniazioni di Lienz, teoria che anche il Luschin non esclude: I conti di Gorizia ripresero per le loro coniazioni il modello di Aquileia, ma non sdegnarono comunque di "ispirarsi" oltralpe (immagine 3)

 

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Vedo che sono stato immediatamente preceduto. Scusate ma.... repetita juvant

 

La questione è molto complessa e, ahinoi poco documentata. Grado comunque non era un feudo, ma faceva parte di una struttura amministrativa territoriale di origine bizantina, chiamata il Ducato di Venetia, di cui Rialto era il centro direzionale. Quindi non aveva nessuna autonomia par battere una propria moneta,  e poi perché farlo?  Sicuramente per un abitante di Grado la 'sua' moneta era quella Veneziana, così come lo era per un cittadino di Pellestrina o di Pirano. Latisana e Lienz, come parte del territorio longobardo conquistato da Carlo Magno, erano invece feudi di tradizione germanica, e come tali, secondo il diritto feudale, teoricamente potevano battere moneta in virtù di concessioni imperiali. Per l'esattezza essi facevano parte dei cosiddetti "feudi friulani" appartenenti ai Patriarchi, che questi  concedevano ai Conti di Gorizia per il loro servigi (va be', diciamo così), come avvocati. Di quelle concessioni non abbiamo traccia, per cui probabilmente non furono mai decretate, però abbiamo le monete e quindi evidentemente furono usurpate. La mia idea, al momento non molto documentata, lo confesso, è che in ambito Alpino il diritto di conio venisse spesso interpretato, soprattutto da alcuni fruitori, come parte del diritto di mercatura e di dogana, infatti molte zecche dei signori alpini erano in origine mercati o dogane (tali erano, ad esempio, proprio Merano,  Lienz e Latisana). Soltanto che giuridicamente così non era, ed infatti nel 1202 in una disputa fra il Patriarca ed i Conti di Gorizia, un arbitrato stabilì che ai Conti di Gorizia spettavano solo i diritti che già avevano nel 1182, e tra questi non c'era il diritto di conio (monetam non habebant). E infatti Latisana smise definitivamente di battere moneta, mentre Lienz interruppe le coniazioni per oltre settanta anni. 

Per quanto affascinante, quindi, l'idea che possa trattarsi di una manovra antiveneziana ordita dai Patriarchi mi sembra difficile da dimostrare. Molto probabilmente, visto il quasi certo utilizzo delle stesse maestranze,  i Patrarchi tolleravano queste usurpazioni  monetarie perché si dividevano gli introiti, fino a che evidentemente non si stufarono.

Ho scritto tutto getto, quindi vi prego di scusare eventuali strafalcioni. Comunque trovate tutto in questo splendido articolo di Lorenzo Passera:

https://www.academia.edu/780837/Le_emissioni_dei_Conti_di_Gorizia_una_nuova_proposta_cronologica_Rivista_Italiana_di_Numismatica_CV_2004_pp._301-350

Notte, 

Andreas

Modificato da Andreas
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Ecco la trascrizione del documento notarile

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Sull'atlante di Corbanese (Il Friuli, Trieste e l'Istria dalla peistoria alla caduta del Patriarcato di Aquileia) sono segnati come territori dei Conti di Gorizia Latisana, Codroipo, Mortegliano, Flambro e Pozzuolo, Castelnuovo, Pradamano, Trivigliano, Gramogliano, Albana e infine Belgrado. Pordenone è invece un feudo del Duca d'Austria. Questo nel 1350 ai tempi dell'agguato a Bertrando.

 

Arka

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Il discorso su Grado in effetti l'avevo scartato pure io a priori, proprio per le motivazioni ben precisate da @@Andreas. Oltretutto, se anche Venezia non fosse già giunta a Grado nel XII secolo e non si fosse portata via il suo patriarca, sappiamo benissimo che non correva buon sangue tra aquileiesi imperiali e gradesi filobizantini, per cui Aquileia stessa era a tutti gli effetti già l'ultimo importante avamposto meridionale dei germanici. Il mio dilemma, ormai chiarito grazie a voi, era appunto sull'utilità pratica di avere produzione monetaria dello stesso piede, pure se di nicchia, anche a Tisana, piccola e poco distante dal centro aquileiese.

 

Per questo ritengo interessantissimo e assai azzeccato l'argomento della c.d. usurpazione monetaria da parte di queste piccole zecche. Inizio a capirci qualcosa finalmente.

Trattandosi comunque, da quello che ho capito, di una specie di accordo non scritto, o meglio di un soprassedere da parte di Aquileia (che avrà ben però ottenuto qualche favore in cambio... esenzioni doganali? dazi più leggeri?), mi rimane il dubbio sull'argento utilizzato da queste zecche minori: era sempre di origine transalpina?

 

Intendo dire, oltre alle maestranze importate da Aquileia, la materia prima poteva verosimilmente avere le stesse fonti (miniere del Norico se non sbaglio) di quelle utilizzate per le emissioni aquileiesi? Oppure forse era parte di una specie di riserva argentea che la zecca aquileiese doveva per forza di cose possedere? Magari mi sbaglio, ma dubito che i flussi commerciali del porto di Latisana e/o le varie attività di mercatura e avvocatura ad esso collegate potessero essere sufficienti a far prendere una decisione così lungimirante di dotarsi di moneta autonoma in una città che, a differenza di Lienz e Merano, si trovava a molta distanza dai luoghi di estrazione dell'argento.

 

In questo senso, anche in assenza di concessioni imperiali ufficiali, l'emissione di denari latisanesi -anche se di breve durata e di scarsissima tiratura- doveva rappresentare un'impresa comunque abbastanza impegnativa e costosa anche per il reperimento del metallo che, suppongo, venisse ceduto ai Latisanotti assieme agli zecchieri e alle altre maestranze.

Modificato da gigetto13
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@@gigetto13

Ti ringrazio per le gentili considerazioni.

Per il resto, non so se per queste aree parlare di "filo"-imperiali e "filo"-bizantini sia corretto, già nel XII secolo, quasi che la loro appartenenza potesse essere una scelta politica. Aquileia faceva giuridicamente parte dell'Impero, che ovviamente aveva ereditato tutti i diritti del Regno longobardo, mentre Grado era parte del Ducato della Venetia, il cui duca risiedeva da un bel po' a Rialto e dintorni. L'appartenenza di Grado a questa entità amministrativa (ovviamente scontata per quanto riguarda i Bizantini),  venne anche riconosciuta dall'Impero (quello da 'sta parte) già con il Pactum Lothari dell'840, dove vengono menzionate le città sappartenenti al Ducato veneziano.

 

Per quanto riguarda l'argento, non credo che Latisana avesse bisogno di procurarselo, come porto e dogana che metteva in connessione il passaggio alpino del Tagliamento con il mare era l'argento che arrivava lì, non viceversa. Poi normalmente nessuna zecca veniva attivata, se non procurava un reddito. Proabilmente risultò sufficiente che i conti di Gorizia imponessero l'uso della loro moneta per il pagamento di dazi, noli e merci nel feudo per creare un bell' afflusso di metallo alla zecca. Non dimentichiamoci che il Friuli si trovava  nella via di transito più breve ed agevole fra Nord Europa e Medio Oriente, e non è un caso che da queste parti proprio in quegli anni sia naufragato Riccardo Cuor di Leone, di ritorno dalla III crociata. Gli andò male: sfuggito al tentativo di catturarlo da parte dei Conti di Gorizia (pare), si diresse dalle parti di Vienna e lì ovviamente  non potè sfuggire alla cattura da parte dei ben più potenti Duchi d'Austria. E cosi il buon Robin Hood ed i suoi allegri compagni dovettero arrangiarsi ancora per un bel po', prima di  essere liberati dal fisco regio.

Saluti,

Andreas

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e con AQUILEGIA   ;)

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E' evidente che le maestranze erano le stesse. Sicuramente privati che lavoravano in appalto per più zecche (e se erano i migliori su piazza è probabile che vincessero sempre loro). Evidentemente nei bandi non era specificato che l'appaltatore doveva lavorare in esclusiva per una sola autorità emittente. In ogni caso la presenza dello stesso mastro (o massaro) contemporaneamente nelle zecche di Lienz/Gorizia ed Aquileia in epoca successiva è comprovata da documenti.

Andreas

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