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Non per polemica ma per coerenza


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sicuramente il degrado culturale esiste, e proprio per questo credo sia necessario tornare alle radici dell'identita'italiana,fatte di cultura classica, ricerca del bello e tradizioni fra le piu'profonde e ricche.

Tanto piu' che l'Italia e'riuscita a riconoscersi tale quandp il 97% della popolazione era analfabeta e non votava.

Per il futuro,voglio che i miei nipoti siano italiani davvero, che parlino una lingua simile alla mia, che guardandosi in giro (e nelle foto dei nonni), trovino una somiglianza che ci avvicini e non una babele che li disorienti...una storia che ci accomuni.

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con un indice di abbandono scolastico fra i più preoccupanti in Europa (peggio di noi solo malta, la Spagna ed il Portogallo)

Solo una precisazione, che c'entra poco, ma sono pignolo: i primi due sono Cipro e Regno Unito; se, invece, parliamo di analfabetismo il discorso è diverso e l'area mediterranea è ampiamente in testa

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Ne deduco che l'Italia non sia esattamente il Tuo Paese ideale. ?...

Non esiste il paese ideale. Era per dire che è difficile definire chi ti è simile.

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"Non esiste il paese ideale. Era per dire che è difficile definire chi ti è simile."

Beh, il Paese ideale può essere benissimo anche l'Italia.....dipende da dove Ti trovi e cosa fai..e a patto che Ti metta le fette di prosciutto sugli occhi ed i tappi nelle orecchie.

Il punto è che anche quando parliamo, genericamente, di "sentimento italiano", in realtà diciamo una cosa che molti altri italiani potrebbero non capire affatto.

Il motivo è che l'Italia, ad onta di quello che qualcuno dei nostri politicanti vorrebbe farci credere, è bel lontana dall'ispirare al Popolo italiano un identico sentimento nazionale, (anzi, forse dovrei dire che è ben lontana dall'ispirare un sentimento nazionale tout court..) che sembra materializzarsi solo quando gioca la nazionale (sempre però che vinca...perchè altrimenti col cavolo...) o in qualche altra rara occasione......per il resto, sarei molto curioso di conoscere l'esito di un eventuale referendum consultivo nel triveneto, con il quesito: "vorreste passare con l'Austria o rimanere con l'Italia? oppure nella cosiddetta "Padania": "vorreste una macroregione "nordista" e autonomista o preferite rimanere con l'Italia"? Tralascio altre analoghe consultazione, numericamente meno significative (in Sardegna, in Sicilia, ecc.) dove peraltro le spinte autonomiste sono tutt'altro che un fenomeno marginale.

Referendum di questi tempi abbastanza pericoloso......meno male, va, che c'è la Costituzione..perchè altrimenti se ne vedrebbero delle belle.

"Solo una precisazione, che c'entra poco, ma sono pignolo: i primi due sono Cipro e Regno Unito; se, invece, parliamo di analfabetismo il discorso è diverso e l'area mediterranea è ampiamente in testa".

Amo anch'io i "dettagli". I dati che ho citato li ho presi da qui:

http://www.lastampa.it/2014/01/05/cultura/scuola/il-record-dellabbandono-scolastico-JXv7vjsTqze0dGXoVK36XL/pagina.html

"sicuramente il degrado culturale esiste, e proprio per questo credo sia necessario tornare alle radici dell'identita'italiana,fatte di cultura classica, ricerca del bello e tradizioni fra le piu'profonde e ricche.
Tanto piu' che l'Italia e'riuscita a riconoscersi tale quando il 97% della popolazione era analfabeta e non votava
."

Non è che possiamo per sempre vivere "di rendita" sulle radici della nostra (ma poi...nostra di chi?) cultura classica, di Roma caput mundi, dell'Impero, ecc.

Guarda i greci che fine hanno fatto, eppure anche loro qualche secolo di storia ce l'hanno alle spalle.

E i persiani? Hanno forse tradizioni meno nobili delle nostre? E gli egiziani allora?

Quell'Italia che 150 anni fa si è riconosciuta tale con il 3% del consenso esplicito del popolo (ma forse, più che popolo, dovremmo chiamarla "sparuta elite culturale"?) è la riprova di una debolezza politica genetica, non disgiunta ad una base popolare sostanzialmente estranea alla politica e rassegnata al proprio destino, profondamente ignorante, povera ed abituata, per ragioni storiche, a ragionare all'insegna di adagi quali quello che recita "Franza o Spagna purchè se magna".

Se prima di parlare tanto di Europa e di "europeismo" ci fossimo soffermati a lavorare seriamente per raggiungere uno sviluppo equilibrato del nostro Paese, forse avremmo potuto vivere con ben altra soddisfazione il nostro essere cittadini dell'Europa.

Comunque ormai è andata così.

M.

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Druso Galerio:

ma da qui a perseguire progetti scientemente e apertamente antinazionali cone la Ue, che oltre alle propagandate radici pacifiste di dopo la 2 GM e' fondata sul peggio del costruttivismo sociale del secoli scorso,ce ne corre.

Il processo d'integrazione europea è nato per fermare la tendenza europea all'autodistruzione tramite guerre e tensioni interne continue (questo è il senso del "pacifismo", non il professare un'ideologia per puro buonismo), nonchè per eliminare la sempre meno concreta sovranità degli stati europei a livello mondiale, arrivando a formarne una reale europea. Ovviamente il tutto nel rispetto delle identità culturali e linguistiche, esattamente come avviene nel già citato esempio della Svizzera.

Se tu consideri pienamente sovrano un paese solo perchè è colorato in modo differente dagli altri sugli atlanti sei libero di farlo, altri invece preferiscono guardare anche la sostanza dietro la formalità.

Quanto al "costruttivismo sociale" questa è una questione soggettiva che dipende dalle propria visione personale delle cose. C'è chi vede nell'UE un costrutto "imperialista" e chi un costrutto "comunista": entrambe queste visioni estreme sono ben lontane dalla realtà, tenendo presente che l'UE è formata da stati che fanno chi più chi meno del sistema liberale/capitalista la loro base.

bizerba62:

Quello che interessa alla gente ed è utile è l'unione doganale fra i Paesi della U.E. ed il diritto di stabilimento riconosciuto ai cittadini dei Paesi membri.

E qui dovevano, per il momento, fermarsi, in attesa che le singole nazioni raggiungessero degli standard omogenei, non solo sul piano del rapporto pil/debito pubblico, ma anche e sopratutto sul piano sociale.

D'altronde la U.E. altro non è che l'evoluzione della CECA, un'unione doganale per il libero scambio del carbone e dell'acciaio, poi divenuta CEE, cioè un comunità economica e infine, solo di recente quello che è.

Quindi i suoi presupposti non erano certamente "politici" ma puramente economici.

E questo 'vizio genetico" è ben evidente anche oggi laddove si vuol far credere alla gente che il problema sia la mancanza del 'sentimento europeista' (che è un falso problema che non interessa veramente nessuno) per nascondere ben altre magagne sostanziali, da ricercarsi nell'inadeguatezza dei fondamentali di molti Paesi che compongono l'unione.

La genesi della Comunità europea come l'hai descritta è uno dei principali fraintendimenti che si possono avere quando si ragiona di UE e processo d'integrazione. [in buona fede, sia chiaro che non ti accuso di raccontare volutamente balle]

I presupposti su cui si fonda il processo d'integrazione sono stati fin dall'inizio politici: nello stesso atto fondatore da cui è partito il processo, la Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950, è specificato apertamente e più di una volta che la futura C.E.C.A. (che non era un'unione doganale propriamente detta, ma "solo" la messa in comune di quello che all'epoca era per le nazioni il corrispondente del petrolio e del gas) e in generale lo stringere i legami dal punto di vista economico erano solo la tappa di partenza per la creazione di una base concreta su cui poter fondare una federazione europea vera e propria. Più indietro nel thread ho anche spiegato perchè questa visione delle cose prevalse su quella che voleva un'unione federale immediata. In ogni caso, contrariamente a quanto pensano ancora in molti, non è solo l'economia che avevano in testa i padri fondatori del processo, anche se molti governanti si comportano per interesse loro come se fosse così.

Detto questo si capisce come l'UE, o meglio il processo d'integrazione, non possa per sua stessa natura rimanere fermo ad una semplice unione doganale con libertà di circolazione che aspetta l'anno del mai per andare avanti, allargandosi in continuazione e proclamando che sarà possibile unirsi "fra cinquant'anni" o che a farlo saranno "i nostri nipoti". Nonostante questo è verissimo che l'UE odierna intesa come la somma dei suoi stati è troppo eterogenea, e nonostante ciò continua ad allargarsi a volte anche a paesi che non avevano chiaramente tutti i requisiti necessari per farne parte: questo è un problema realissimo e grave, ma che non può essere preso come motivazione per restare fermi a vegetare in un purgatorio perenne.

E' per questo che come soluzione si propone da più parti la cosiddetta "Europa a due velocità", in cui un gruppo di stati più omogenei e determinati che vogliano farlo accelerano il processo d'integrazione fra loro e formano un nucleo più avanzato degli altri in fatto di unità seria.

In ogni caso teniamo presente che comunque vogliamo muoverci la cosa più sbagliata che si possa fare è proprio rimanere fermi ad aspettare la carrozza cercando di barcamenarsi troppo spesso in ordine sparso fra crisi economiche e internazionali.

Modificato da ART
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"Solo una precisazione, che c'entra poco, ma sono pignolo: i primi due sono Cipro e Regno Unito; se, invece, parliamo di analfabetismo il discorso è diverso e l'area mediterranea è ampiamente in testa".

Amo anch'io i "dettagli". I dati che ho citato li ho presi da qui:

http://www.lastampa.it/2014/01/05/cultura/scuola/il-record-dellabbandono-scolastico-JXv7vjsTqze0dGXoVK36XL/pagina.html

E questo dimostra come anche i dati siano discutibili ed interpretabili. Sono sicuro di avere letto la classifica che ho citato. Mi pare sull'atlante geopolitico Treccani del 2013, ma non ci potrei giurare perchè è ancora negli scatoloni del trasloco :( Se, poi, siano veri o falsi, interpretati o rigirato, non lo so (quando recupererò il dato, potrò essere più preciso, mi spiace)

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"E questo dimostra come anche i dati siano discutibili ed interpretabili. Sono sicuro di avere letto la classifica che ho citato. Mi pare sull'atlante geopolitico Treccani del 2013, ma non ci potrei giurare perchè è ancora negli scatoloni del trasloco :( Se, poi, siano veri o falsi, interpretati o rigirato, non lo so (quando recupererò il dato, potrò essere più preciso, mi spiace)""

Non c'è problema....attendo di leggere i "Tuoi" dati e la Tua fonte... :pleasantry:

"Detto questo si capisce come l'UE, o meglio il processo d'integrazione, non possa per sua stessa natura rimanere fermo ad una semplice unione doganale con libertà di circolazione che aspetta l'anno del mai per andare avanti,..."

Francamente a me invece sfugge l'utilità di una struttura politica sovranazionale, che continua a sovrapporsi ai parlamenti nazionali, creando confusione, imposizioni incomprensibili ai più ed ulteriore caos normativo.

Non vedo per quale motivo l'integrazione europea non potesse limitarsi, almeno fino al raggiungimento di un equilibrio accettabile fra i Paesi membri, ad aspetti puramenti economici, quali quello di un area di libero scambio delle merci e delle persone.

Non ci vedo nulla di così scandaloso nell'impostare un processo di lenta integrazione europea fondandolo innanzitutto su temi squisitamente economici.

Si è invece voluto "strafare" ed oggi siamo al punto di ipotizzare una U.E. divisa in due; da una parte i Paesi "forti" e dall'altra quelli "deboli" ovvero a prospettare condizioni di vantaggio per chi, dimostrando si voler "riformare" il sistema nazionale, potrebbe spuntare qualche "deroga" rispetto alle rigide politiche di bilancio imposte agli Stati aderenti.

Un modo singolare di "integrarsi"; Paesi considerati di serie A e Paesi ritenuti di serie B che convivono all'interno di uno stesso "contenitore" sovranazionale.

Il discorso della U.E. in funzione "pacifista" o pacificatoria" di annose tensioni fra le nazioni europee mi sembra poi un argomento abbastanza pretestuoso.

Anzi, semmai sono state alcune politiche imposte dalla U.E. ai Governi nazionali ad alimentare disordini potenzialmente suscettibili di provocare gravi tensioni sociali (vedi Grecia...).

Comunque, ad di là di questi nostri estemporanei pareri, che naturalmente lasciano il tempo che trovano, si dovrebbe capire qual'è l'effettivo consenso al progetto europeista dei popoli (quindi non solo del popolo italiano) che abitano questa macroregione.

E' chiaro che l'evoluzione ed il successo del progetto è direttamente proporzionale al consenso che lo stesso otterrà.

Non si tratta di stare alla finestra....si tratta di tenere conto delle effettive aspirazioni dei popoli e non delle ambizioni dei politicanti di turno..

Saluti.

M.

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Oggi purtroppo le guerre si continuano a combattere, solo che i fucili hanno lasciato il posto alla finanza.

Esempi semplici di un passato non troppo lontano li abbiamo avuti anche in casa nostra, non ultima l'Ucraina, i cui titoli di stato hanno subito e stanno subendo una notevole speculazione, mi rendo conto forse non interessante quanto una Spagna o un'Italia e per meri addetti ai lavori.

O il Venezuela. Entrambi pur ricchi di risorse che noi per esempio non abbiamo.

Vale sempre l'articolo quinto: chi cià i soldi ha vinto.

Inviato dal mio iPhone utilizzando Lamoneta.it Forum

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Comunque, ad di là di questi nostri estemporanei pareri, che naturalmente lasciano il tempo che trovano, si dovrebbe capire qual'è l'effettivo consenso al progetto europeista dei popoli (quindi non solo del popolo italiano) che abitano questa macroregione.

E' chiaro che l'evoluzione ed il successo del progetto è direttamente proporzionale al consenso che lo stesso otterrà.

Non si tratta di stare alla finestra....si tratta di tenere conto delle effettive aspirazioni dei popoli e non delle ambizioni dei politicanti di turno..

Saluti.

M.

peccato che quando in alcuni paesi i referendum non hanno dato i risultati voluti dai soloni UE , si e'imposta la ripetizione.

E peccatissimo che - casualmente? - da noi la Costituzione vieti i referendum sui trattati internazionali (e sulle materie fiscali).

Gente cone Van Rompuy non di interessa alla volonta'popolare,anzi...

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Riprendo il tema del degrado, che mi è caro.

Viviamo in un mondo di macerie culturali: li' una colonna corinzia in terra, li' un'ara in pezzi, poco più' la' i resti del timpano di un tempio.

Bisognerebbe rimboccarsi le mani e rimettere insieme i cocci, come meglio viene.

È non significa ricostruire, ma inventare un nuovo stile come si fece con il romanico (io al massimo posso fare lo stile "romanista").

Non si tratta di vivere di rendita sulle "radici", ma consapevoli delle "radici" andare avanti.

Per @@Druso Galerio: ma pensi davvero che i nostri nipoti parleranno in un italiano come il nostro ?

Pensiamo alla lingua "giuridichese": a volte leggo "ultroneo" ma chi lo scrive intende "inutile" o "superfluo", senza rendersi conto che significa "spontaneo" (da ultro = spontaneamente), usano "presunto" (nel senso di infondatamente affermato) invece di asserito ( il presunto credito della controparte) con buona pace della presunzione di innocenza; usano "apodittico" per significare che non è dimostrato (ma significa che è così evidente da non aver bisogno di dimostrazione).

Il linguaggio e' una precomprensione del mondo: chi parla male, pensa male.

O come direbbe Moretti: le parole sono importanti !

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caro Polemarco, penso due cose, solo apparentemente distanti fra loro: uno, che l'istruzione superiore, al netto dei doverosi sforzi per diffonderls, sara' sempre minoritaria in quel legno storto che e'l'umanita', non solo italiana. Due, che come oggi i quattordicenni possono ancora leggere Boccaccio e capirlo dopi 700 anni, tanto piu' credo che ci capiranno i nostri nipoti.

Certo che se nelle scuole gli fan fare i corsi di cinese e arabo e non gli fanno entrare in testa la differenza tra futuro e futuro anteriore...siamo del gatto!

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@@Druso Galerio

Amico mio,

Tra qualche giorno inizierà un reality dove una dozzina di persone sono chiuse in una casa, senza possibilità di comunicare con l'esterno.

Mettiti comodo e guarda almeno una puntata.

Guardali come se fossi un antropologo che ha scoperto una tribù isolata dal mondo, ab initio.

Sono quelli che incontriamo ogni giorno, sugli autobus, in fila in banca etc..

Non conoscono il futuro anteriore, ma non conoscono nemmeno il cinese.

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Più che la conoscenza della lingua italiana, credo che, in questo caso, facciano difetto le buone maniere.

Si può sorvolare sul mancato uso della consecutio temporum - che, peraltro, ritengo, sia sempre stata appannaggio di pochi - ma non sulla maleducazione!

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@@Littore

Mi sono spiegato male.

Il degrado di cui parlo riguarda proprio i pochi ai quali fai cenno.

Sentir parlare in un italiano stentato, ad esempio, le nostre "autorità" (e non faccio differenze di colore politico) mi getta nello scoramento.

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Francamente a me invece sfugge l'utilità di una struttura politica sovranazionale, che continua a sovrapporsi ai parlamenti nazionali, creando confusione, imposizioni incomprensibili ai più ed ulteriore caos normativo.

Ho già spiegato da dove deriva la "struttura politica sovranazionale", che è necessaria anche a governare la semplice dimensione economica dell'UE (come li vogliamo gestire un mercato comune, un'unione doganale e una moneta unica, con tutto quello che ci sta dietro a livello sia specifico che generale, senza istituzioni? Lanciamo il dado agli incontri periodici del Consiglio europeo?). Il livello europeo non si aggiunge agli altri senza un criterio ma secondo regole stabilite nei trattati dagli Stati, in cui le decisioni - non quelle fondamentali, che rimangono appannaggio esclusivo degli Stati - sono in alcuni campi condivise, esattamente come avviene all'interno degli Stati fra i diversi livelli amministrativi.

Che non tutto funzioni a dovere è tutt'altro altro discorso, indipendente dal principio della necessità di un livello sovranazionale, ma semmai da com'è organizzato: è impensabile che una struttura comune governata da 28 Stati sovrani che possono fare, disfare e mettere veti come gli pare funzioni bene come fosse una federazione.

Non vedo per quale motivo l'integrazione europea non potesse limitarsi, almeno fino al raggiungimento di un equilibrio accettabile fra i Paesi membri, ad aspetti puramenti economici, quali quello di un area di libero scambio delle merci e delle persone.

Non ci vedo nulla di così scandaloso nell'impostare un processo di lenta integrazione europea fondandolo innanzitutto su temi squisitamente economici.

E infatti così è avvenuto, quello è il metodo che prevalse all'inizio. Dato che non è l'unico obiettivo del processo d'integrazione, perchè dopo la seconda guerra mondiale ne avevano tutti abbastanza di andare avanti a sole aree di libero scambio destinate a crollare alla prima difficoltà seria, e che anche l'unità economica ha bisogno di un minimo di assetto istituzionale a sorreggerla però è necessario portare gradualmente avanti anche l'integrazione più strettamente politica. Che nei vari periodi lo si sia fatto meglio o peggio è un altro discorso.

Si è invece voluto "strafare" ed oggi siamo al punto di ipotizzare una U.E. divisa in due; da una parte i Paesi "forti" e dall'altra quelli "deboli" ovvero a prospettare condizioni di vantaggio per chi, dimostrando si voler "riformare" il sistema nazionale, potrebbe spuntare qualche "deroga" rispetto alle rigide politiche di bilancio imposte agli Stati aderenti.

Un modo singolare di "integrarsi"; Paesi considerati di serie A e Paesi ritenuti di serie B che convivono all'interno di uno stesso "contenitore" sovranazionale.

Qui proprio non ci siamo capiti, cercherò di spiegarmi meglio.

Visto che tutti ci siamo finalmente accorti che la Comunità europea così com'è adesso non funziona bene, e più di tanto non può funzionare se la sua natura rimane quella di semplice comunità con 28 capi, le soluzioni possono essere solo due:

1) Stiamo a lamentarci (giustamente) che le cose non vanno senza fare niente di concreto per rimediare, accettando che prima o poi tutto finirà per sfasciarsi da solo.

2) Dopo esserci lamentati (giustamente) proviamo a cambiare il sistema progredendo nell'unità economica e politica.

Dato che come abbiamo convenuto l'UE odierna è troppo eterogenea, e notoriamente non c'è concordia sulla velocità da tenere nel progredire - in certi casi addirittura se progredire - l'unico modo per non rimanere fermi, impantanati fra veti incrociati come avviene ora, è che alcuni Stati che lo vogliono accelerino il processo fra loro cominciando a discutere di una forma di federalismo, un sistema del tutto differente da quello odierno e ben più maturo. Stati piccoli o grandi che siano senza altra distinzione che quella fra chi vuole progredire e chi vuole rimanere fermo. Gli altri se e quando vorranno liberamente unirsi a questo nucleo avanzato saranno i benvenuti.

Non stiamo parlando di semplici politiche di bilancio (che sono concordate dagli stati e non "imposte" da chissà chi agli stati) nè di generici contenitori sovranazionali ma di cambiamento consensuale del sistema verso una forma di unità politica seria. Questa non è un'idea saltata fuori un bel dì da chissà dove ma è l'obiettivo stesso del processo d'integrazione europea, che come specificato fin dall'inizio nello stesso atto fondatore del processo prevede la formazione di uno stato federale democratico, con una costituzione (e parlo di una costituzione vera, non certo dell'ennesimo trattato intergovernativo che tempo fa qualche genialoide ebbe l'idea di denominare "costituzione europea"), non di rimanere a un'accozzaglia perenne di Paesi che con trattati intergovernativi pretendono di gestire grandi affari e confrontarsi col resto del mondo.

Il discorso della U.E. in funzione "pacifista" o pacificatoria" di annose tensioni fra le nazioni europee mi sembra poi un argomento abbastanza pretestuoso.

Direi proprio di no. Oggi siamo abituati a dare certe cose per scontate ma non dimentichiamo che per quanta discordia possa esserci tutto viene risolto (o non risolto) al massimo con battibecchi a vertici, discussioni parlamentari e mal che vada paralisi con veti incrociati. Prima dell'integrazione europea invece tutto si risolveva con tensioni politiche serie, guerre commerciali, grandi intese e patti d'acciaio politico-militari di questi contro quelli e ogni tanto la guerra.

Anzi, semmai sono state alcune politiche imposte dalla U.E. ai Governi nazionali ad alimentare disordini potenzialmente suscettibili di provocare gravi tensioni sociali (vedi Grecia...).

Ecco un'altra questione che bisogna chiarire bene se si vuole capire come funzionano le cose. Non esiste nessuna indefinita entità "UE" che "impone" le cose agli stati: tutte le decisioni fondamentali che si prendono (trattati, allargamenti, struttura generale dell'unione monetaria, compromessi sulle politiche di bilancio ecc.) sono competenza esclusiva degli Stati e sono concordate fra i rispettivi capi di governo. Ad esempio i famosi parametri di Maastricht erano addirittura un accordo puramente intergovernativo preso direttamente dai capi di governo fuori dall'ambito UE ed integrato solo in seguito nei trattati europei.

Questo è uno dei grossi problemi che si risolverebbero progredendo sul serio come ho descritto prima: in una struttura federale tutto sarebbe deciso secondo una costituzione, con regole generali precise e senza menare il can per l'aia con discussioni infinite su principi e metodi da seguire: non si ridurrebbe sempre tutto a continui contenziosi e compromessi astrusi fra Paesi dove inevitabilmente si finisce per ragionare secondo la logica tipicamente nazionale di quello più forte che cerca di far prevalere i suoi interessi sul più piccolo. E se questa situazione è semplicemente inaccettabile d'altra parte ci va bene che almeno non finisce più a patti di plastica placcata in acciaio quando non a cannonate.

_____________

Spero di aver chiarito bene come la penso: non so voi ma io stando alla speranza di vita media ho ancora un po' più di metà della mia esistenza da passare a questo mondo e non ho nessuna voglia di campare nè con l'Europa delle grandi intese e patti d'acciaio nè con l'Europa del casino attuale. Il mio modello generale di riferimento per l'Europa di domani è la Svizzera.

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"Ho già spiegato da dove deriva la "struttura politica sovranazionale", che è necessaria anche a governare la semplice dimensione economica dell'UE (come li vogliamo gestire un mercato comune, un'unione doganale e una moneta unica, con tutto quello che ci sta dietro a livello sia specifico che generale, senza istituzioni? Lanciamo il dado agli incontri periodici del Consiglio europeo?)"

Perchè, forse che un'unione doganale necessita, a monte, di una struttura politica sovranazionale come la U.E.?

Ma quando mai. Il NAFTA ha forse richiesto la costituzione di un carrozzone politico come quello dell'Unione Europea?

L'Europa poteva benissimo limitarsi ad istituire un mercato unico sia per le merci che per lo stabilimento delle persone, osservando un sistema di regolazione delle rispettive valute nazionali simile a quello già previsto dallo SME; e tutto ciò senza adottare l'Euro (almeno fino al raggiungimento di equilibri accettabili fra i Paesi membri, che al momento non sono stati ancora raggiunti).

D'altronde, forse che il Regno Unito, la Svezia, la Danimarca ecc., che continuano a decidere in autonomia le proprie politiche monetarie e non adottano l'Euro, pur essendo membri U.E., sono state emarginate dall'Europa o hanno visto sminuito, per questo solo fatto, il loro ruolo nel panorama economico? Non mi pare proprio.

Questa "ineluttabilità" dell'Euro è un'altra di quelle balle che ci è stata propinata; indubbiamente ora che lo abbiamo adottato non è più possibile rinunciarvi ......ma... a quando l'adozione di un "Euro forte" (per i Paesi di Serie A) ed un Euro debole (per gli altri Paesi)?

E' questa l'integrazione a cui s tende?

"Non stiamo parlando di semplici politiche di bilancio (che sono concordate dagli stati e non "imposte" da chissà chi agli stati) nè di generici contenitori sovranazionali ma di cambiamento consensuale del sistema verso una forma di unità politica seria."

E' proprio l'assunto che ci sarebbe un "cambiamento consensuale" in tale direzione che mi sembra tutt'altro che pacifico.

Chi lo dice? Siamo sicuri che oggi, i cittadini degli Stati membri esprimerebbero in maggioranza quel consenso che Tu dai per scontato?

Torno a dire che sarebbe opportuno conoscere meglio il pensiero attuale dell'elettorato europeo e non dare sempre per scontato il suo orientamento.

"Questo è uno dei grossi problemi che si risolverebbero progredendo sul serio come ho descritto prima: in una struttura federale tutto sarebbe deciso secondo una costituzione, con regole generali precise e senza menare il can per l'aia con discussioni infinite su principi e metodi da seguire: non si ridurrebbe sempre tutto a continui contenziosi e compromessi astrusi fra Paesi dove inevitabilmente si finisce per ragionare secondo la logica tipicamente nazionale di quello più forte che cerca di far prevalere i suoi interessi sul più piccolo."

Come si fa a non considerare che anche l'Europa è governata dalla "legge del più forte"?

L'Europa risente eccome delle posizioni dei Paesi "forti" (come la Germania), che possono condizionare fortemente il destino di altri Paesi dell'Unione in difficoltà (vedi Grecia), subordinando aiuti ed interventi all'adozione di misure interne draconiane, che destabilizzano ed impoveriscono ulteriormente società ed economie che non erano evidentemente ancora pronte a confrontarsi con i parametri europei.

"Il mio modello generale di riferimento per l'Europa di domani è la Svizzera."

Non c'è dubbio che il modello confederativo elevetico sia uno strumento costituzionalmente molto armonico, ancorchè la Svizzera sia un piccolissimo Paese con un tessuto economico e sociale altamente equilibrato.

Il che rende tutto molto più semplice.

Saluti.

M.

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