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L'oro nel periodo romano


Illyricum65

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Ciao a tutti,

questa discussione mi è venuta in mente dopo aver visto in TV un documentario sull’ oro. Chiaramente, visto il mio interesse, legato all’antichità e alla numismatica ed in particolare a quella romana. Così ho svolto una ricerca (invero abbastanza descrittiva e tutto sommato poco corredata da immagini) su questo tema. Spero che apprezziate quanto mi accingo a proporre alla vostra attenzione e chissà, magari, stimoli qualche vostro contributo, sempre gradito.

ORO NELL'ANTICA ROMA

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L’oro, nel mondo romano, aveva grande importanza: secondo Plinio il Vecchio si trovava però solo al decimo posto della scala dei prodotti naturali più preziosi per l’uomo, preceduto dalle piume dei cimieri dei generali (!). Era prezioso anche per la sua simbologia: d’oro erano i mitici pomi delle Esperidi, gli alberi del favoloso regno di Atlante, il vello conquistato da Giasone, il cocchio del Sole, il ramo che dovette strappare Enea per entrare nel mondo dei morti e le laminette orfiche. Il leggendario re Mida chiese di trasformare in oro tutto ciò che avesse toccato e sappiamo dalle fonti letterarie di re del mondo antico molto ricchi, come Creso, sovrano di Lidia nel VI sec. a.C.: Ciro il Grande quando conquistò la Lidia trovò 24000 libbre d’oro, vasellame e altri oggetti sempre del prezioso metallo, come un trono, un platano e una vite.

Il possesso dell’oro fu un fondamentale simbolo di ricchezza per Roma, naturalmente. Plinio ci racconta che alcuni cercarono di produrre oro artificialmente con l’orpimento (solfuro di arsenico): l’imperatore Caligola tentò di fondere una grande quantità di orpimento, ottenendo oro di qualità eccezionale, ma talmente poco che decise di non ripetere l’esperimento; probabilmente si trattò di una truffa ai danni del sovrano.

Stando a calcoli molto approssimativi si pensa che in tutta la sua storia sia stato estratto qualcosa come 100-135.000 tonnellate d'oro (un cubo coi lati di 17-18 metri). La cifra non è alta, ma non si deve dimenticare che questo minerale, una volta tolto dalla terra, grazie alle sue proprietà naturali e sociali, non scompare, non rientra nella terra, nell'acqua o nell'aria.

Questo ovviamente non significa che quando l'oro era in circolazione sotto forma di moneta non si consumasse, o non si siano perduti ingenti quantitativi d'oro. Si pensa anzi che almeno il 10% di tutto l'oro estratto sia andato irrimediabilmente perduto, o nei fondali marini o in tesori sepolti chissà dove, o polverizzato durante la lavorazione, consunto nell'impiego delle monete. Oggi addirittura il suo impiego nelle tecnologie più avanzate rende antieconomico il suo riutilizzo.

Se ne è estratto così tanto che l'attuale produzione mondiale (circa 2.400 tonnellate) aggiunge solo il 2% ogni anno a quella cifra.

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Come ricorda Plinio, l’oro è il solo metallo che si raccoglie in pepite o pagliuzze; per questo motivo fu uno dei primi metalli ad essere conosciuto e utilizzato fin dall’età del Bronzo. L’oro nativo si ottiene dalle sabbie aurifere o da depositi alluvionali terziari o quaternari: qui venivano allestiti cantieri minerari a cielo aperto con opere idrauliche per il convogliamento delle acque necessarie al lavaggio; l’estrazione poteva anche avvenire da vene o venule in rocce quarzifere o di altra natura in giacimenti primari o rocce eruttive. In questo secondo caso era necessario il lavaggio e la polverizzazione del materiale che inglobava le particelle d’oro.

Plinio descrive i vari tipi di estrazione:

- Estrazione da depositi alluvionali

In questo caso erano necessari ripetuti lavaggi con acqua corrente per isolare il metallo da eventuali impurità. Le particelle più leggere venivano trascinate via, mentre l’oro, più pesante, si depositava su spugne appositamente poste sul fondo delle vasche di drenaggio. Le modalità di sfruttamento dei depositi alluvionali si differenziavano a seconda della conformazione del terreno, come hanno dimostrato studi sulle miniere spagnole. In epoca romana il fiume maggiormente sfruttato nella penisola iberica fu il Tago; Ovidio ci dice che era molto utilizzata anche la miniera aurifera del Pattolo in Asia Minore.

-Materiale estratto da filoni

Plinio descrive in questo caso procedimenti più complessi di quelli adottati per i depositi alluvionali. Le miniere potevano essere sotterranee o all’aperto; il metallo estratto dai pozzi doveva essere separato dagli altri materiali mediante un processo faticoso che implicava la polverizzazione di quanto era stato estratto per mezzo di mortai. Poi si passava al lavaggio e al filtraggio della roccia triturata.

- Frane delle montagne

Questo terzo metodo, che ci viene descritto da Plinio, era utilizzato soprattutto per i giacimenti alluvionali. Si scavavano le montagne creando gallerie collocate a grande distanza le une dalle altre. Il nome delle miniere era arrugae: questo metodo era molto pericoloso per la possibilità di crolli improvvisi; al fine di evitarli, si lasciavano archi ad intervalli frequenti. Spesso si incontravano blocchi di roccia difficili da frantumare e, se non si potevano distruggere con fuoco e aceto per il fatto che erano troppo estesi, si aggiravano. Quando si incontrava la gangadia, una specie di argilla mista a ghiaia molto dura e compatta, la aggredivano con cunei e magli; compiuto il lavoro, abbattevano i sostegni degli archi cominciando dall’ultimo. La montagna crollava con grande fragore, ma ancora non si era arrivati all’oro. Caratteristica di questo metodo estrattivo era la deviazione, molto dispendiosa, di corsi d’acqua che dovevano venire dalle zone più alte, in modo che l’acqua defluita cadesse a precipizio. Gole e burroni erano collegati per mezzo di canali e quando le rocce non potevano essere frantumate dovevano offrire spazio a travi incavate. I corsi d’acqua dovevano incontrare terreni rocciosi e ciottolosi, evitando il fango, perché il lavaggio sarebbe stato difettoso. A valle venivano scavate fosse, dette agogae, dove poteva scorrere il torrente, dove veniva stesa l’erica che, essendo scabra, tratteneva l’oro. I lati dei canali erano chiusi da tavole e, tra i dirupi, essi poggiano su sostegni. L’acqua in questo terzo metodo, non svolgeva solo una funzione di lavaggio, ma aveva anche l’importante compito di sgomberare il giacimento dai detriti.

- Raffinazione

L’oro nativo contiene generalmente una percentuale di altri metalli, come l’argento e il rame. Se la percentuale d’argento era alta, il metallo era considerato elettro, a sé stante e con proprie caratteristiche.

I procedimenti di raffinazione dell’oro furono adoperati tardi ed erano analoghi a quelli dell’argento. Il più utilizzato fu la coppellazione, originaria dell’Asia Minore. Al materiale da raffinare veniva aggiunto del piombo: il tutto era sottoposto a fusione su di un fuoco a carbone in un crogiuolo d’argilla (coppella). Il piombo e le altre impurità erano eliminati mediante ossidazione, provocata da una corrente d’aria; sul fondo del crogiuolo rimaneva l’oro raffinato o, se era presente argento, un composto di oro e argento. La separazione dei due metalli poteva avvenire mediante due procedimento, a sale o a zolfo. Nel primo caso sale e materiali organici si aggiungevano alla lega oro-argento: con il calore, il sale si combinava con l’argento, trasformandosi in cloruro d’argento, che veniva assorbito dalle pareti del crogiuolo. Nel secondo caso, alla lega si aggiungevano un composto dello zolfo e carbone; con il calore l’argento si trasformava in solfato d’argento che, galleggiando in superficie, si potevano rimuovere facilmente.

I Romani introdussero anche due ulteriori procedimenti: la liquazione, usata come preliminare della coppellazione, dove i metalli in lega, sottoposti a fusione, venivano separati mediante un raffreddamento rallentato e l’amalgamazione, dove il mercurio entrava nella lega con gli elementi metallici dei minerali d’oro e tutte le sostanze vi galleggiavano sopra tranne l’oro.

Una volta raffinato, l’oro, il cui grado di purezza poteva essere saggiato attraverso l’uso della pietra di paragone, veniva fuso in lingotti di peso variabile.

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Le zone di estrazione più note nell’età del Bronzo erano le isole egee, in particolare Sifno, produttiva fino al V sec. a.C., la Macedonia, la Tracia e il Monte Pangeo. I Fenici sfruttarono, nell’VIII sec. a.C., l’oro di Taso e i giacimenti della penisola Iberica. Altri giacimenti erano in Asia Minore (si ricordano la Troade, lo Tmolo e i fiumi auriferi di Pattolo e Termos), in Colchide nel Caucaso e in Siria (valle del fiume Melas). Gli egiziani iniziarono a ricavare l'oro dai fiumi, ma passarono ben presto ai giacimenti primari del Sudan, dell'Etiopia, dello Zimbabwe...(molto redditizie furono le miniere di Uadi Hammamat, presso il mar Rosso), arrivando a scavare fino a 100 metri di profondità e scoprendo vari metodi di estrazione, fusione e lavorazione, poi adottati da molte civiltà antiche. Diodoro Siculo ci ha lasciato un resoconto della pesante condizione di lavoro a cui erano sottoposti i minatori egiziani e della tecnica mineraria utilizzata, analoga a quella descritta da Plinio un secolo dopo.

Nelle miniere romane la forza lavoro era costituita dai damnati ad metalla o da schiavi. Dal II sec. d.C. la manodopera venne sostituita da quella fornita da uomini liberi.

Regioni estremamente ricche d’oro erano la Scizia, l’Arabia, la Battriana, l’India, la Siberia e la Gallia: i Romani fantasticavano sui metodi di estrazione dell’oro importato. Tra la fine della Repubblica e gli inizi dell’Impero, tutte queste risorse aurifere furono esaurite: ciò comportò l’apertura di nuove miniere in Britannia, in Iberia e, dopo le conquiste di Traiano, in Dacia. La Spagna divenne la maggior fornitrice d’argento e d’oro e il Tago ebbe particolare fortuna presso poeti come Catullo e Marziale. Altri giacimenti vennero sfruttati nel Norico, sulle coste della Dalmazia e nella penisola balcanica. In Italia, secondo Plinio risparmiata dallo sfruttamento minerario in virtù di un senatoconsulto, avevano una certa importanza le miniere di Victumulae presso Vercelli che cessano la loro attività in età augustea; i "Salassi", provenienti dalla Val d'Aosta, sfruttarono a lungo questa miniera, ma i gestori, secondo una legge censoria, non potevano usare più di 5000 operai. Si scontrarono con lo Stato romano, perché volevano impadronirsi totalmente degli scavi, sicché in 40.000 furono assoggettati dagli eserciti di Terenzio Varrone, che poi li mise in vendita come schiavi. Significativo il fatto che quando si trovò oro nella Transpadana, il governo romano disattivò le miniere in virtù di un antico decreto del senato inteso a risparmiare tutte le miniere d'Italia, sfruttando quelle straniere. Dalla Gallia Cesare portò tanto oro che il suo prezzo diminuì di 1/4 rispetto a quello dell'argento. E sotto Nerone, in zona dalmata, se ne estraevano oltre 16 kg al giorno.

In epoca imperiale Roma non ebbe mai problemi a procurarsi grandi quantità d’oro: 20000 libbre (6500 Kg) d’oro l’anno erano il prodotto annuale di Asturia, Galizia e Lusitania. Nonostante la perdita della Dacia nel III sec. d.C., continuò ad esserci un grande approvvigionamento e nel IV sec. d.C., la circolazione crebbe, soprattutto sottoforma di monete, probabilmente anche grazie alla confisca, sotto Costantino, dei tesori accumulati nei templi pagani e l’esazione in oro di tasse e tributi.

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Neppure la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel V sec. d.C. provocò una scomparsa repentina del prezioso metallo: soltanto all’inizio dell’VIII sec. le scorte d’oro cominciarono ad assottigliarsi, determinando una limitazione nella produzione di oreficeria. Una delle cause fu il fatto che l’Impero d’Oriente richiedeva il pagamento in oro per i suoi prodotti; la valuta bizantina purissima era alla base della stabilità dell’Impero di Costantinopoli e solo nell’XI sec. il governo abbassò la percentuale d’oro presente nella lega. Nell’Impero, comunque, l’oro continuava ad affluire dal Caucaso, dall’Asia centrale e dall’Africa a prezzi molto vantaggiosa. In epoca tardo-antica alcune miniere erano di proprietà dello Stato, mentre altre venivano acquistate da privati che provvedevano a continuarne l’estrazione, ma le informazioni che abbiamo a riguardo sono piuttosto esigue.

... opera vicerit Gigantum"… "ut iam minus temerarium videatur e profundo maris petere margaritas atque purpuras"

(... supera l'opera dei Giganti, tanto da apparire meno temerario il trarre dal mare profondo le perle o la porpora)

Plinio il Vecchio

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Quindi la maggior parte dell’oro romano fu prodotta nelle miniere iberiche della cantabriche-asturiane. La più famosa zona mineraria iberica è quella di Las Médulas, situata nei pressi della città di Ponferrada nell’attuale provincia di Leon.

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Le coltivazioni minerarie si sono sviluppate nella parte nord-occidentale dei Montes Aquilianos, a partire da una quota attorno agli 800 m s.l.m.

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Gli spettacolari paesaggi sono il risultato della Ruina Montium, una tecnica mineraria romana descritta da Plinio il Vecchio che consisteva nella perforazione della montagna e nella successiva introduzione di grandi quantità d'acqua che letteralmente spingevano verso il basso la montagna, causandone la frattura di ampie porzioni.

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"Quello che accade a Las Medulas è molto più del lavoro di giganti. Le montagne sono perforate da corridoi e gallerie create a lume di lampada. Per mesi le miniere non sono illuminate dalla luce del sole e molti minatori muoiono all'interno dei tunnel. Questo tipo di miniera è stato definito Ruina Montium. Le spaccature creatasi all'interno della miniera sono talmente pericolose che è più semplice trovare la purpurina o le perle in fondo al mare che scheggiare questa roccia. Con che pericolo abbiamo fatto la terra!"

L'acqua necessaria veniva trasportata dalle montagne della Sierra de La Cabrera a Las Médulas attraverso un sistema di canali di centinaia di chilometri, alcuni dei quali si sono conservati fino ad oggi.

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La conquista romana di quest'area della penisola iberica è relativamente tarda, e strettamente legata alla necessità di Ottaviano di "pacificare" l'estremo occidente, ovvero consolidare e difendere i confini dell'impero.

Nel 27 a.C. il senato gli affida assieme al titolo di Augustus la cura delle provinciae non pacate, ove sono di stanza le legioni; dopo ripetuti scontri sulle mesetas con Asturi e Cantabri, attorno al 25 i Romani avanzano sino alla Gallaecia (Galizia); è di quest'epoca la creazione delle due nuove province di Lusitania (più o meno l'attuale Portogallo) e Tarraconensis, che ingloba le precedenti conquiste iberiche nonché Galizia ed Asturia.

Si tratta di province imperiali, ovvero sotto il diretto controllo dell'imperator anziché del senato, e nelle quali sono stanziate legioni, data la posizione di confine e la loro "instabilità".

Le aree minerarie aurifere presenti nella regione divengono di importanza strategica per l'impero nel momento in cui Augusto riforma il sistema monetario con l'introduzione della monetazione aurea, coniata nella zecca di Lugdunum ed usata per le spese militari; esse vengono poste sotto la diretta amministrazione dell'imperatore, attraverso un procurator che lo rappresenta e di specifici funzionari, quali il procurator metallorum e altri legati.

La regione di El Bierzo, a Sud di Ponferrada rivela subito ai nuovi conquistatori le sue potenzialità economiche legate alla presenza di sedimenti auriferi, già sfruttati dalle popolazioni locali attraverso le tradizionali attività di lavaggio e setacciatura dei depositi alluvionali sciolti. Viene quindi particolarmente curata la presenza di truppe in essa, che culmina con lo stanziamento della Legio VII Gemina nel Leòn nel 74 d. C.

L'attività di estrazione dell'oro in quest'area continua per non più di due secoli, venendo abbandonata in concomitanza con la crisi monetaria del III secolo d.C.; la coltivazione estensiva dei depositi è però sufficiente a modificare profondamente la struttura del popolamento nonché il paesaggio. Quest'ultimo infatti mostra tutt'oggi, fossilizzate, le caratteristiche geomorfologiche legate all'intensa attività di modificazione antropica a cui è stato sottoposto.

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Ed ora, trovandoci in un Forum Numismatico, una carrellata di aurei romani. Ma… come esser certi di proporre autentiche monete d’oro romane? Beh, ho cercato di ovviare a questo problema cercando sul web monete riferite al deposito monetale di Boscoreale, dalla caratteristica patina superficiale.

Chiaramente, trattandosi di materiali sepolti dall'eruzione del Vesuvio si tratta di monete del Primo Impero.

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L'esposizione di parte del materiale di Boscoreale, al Louvre.

Di seguito un rapido cenno tratto dall’ANS:

The famous Boscoreale hoard, recovered in 1895, consisted of 109 pieces of gold and silver plate, along with over 1,000 gold aurei. The hoard had belonged to the owners of a wine-producing villa rustica on the south-eastern slopes of Vesuvius near the modern-day village of Boscoreale, hence its name. The hoard was placed in an empty cistern in the wine cellar of the villa when its owners fled before the eruption of AD 79, and while the villa began to be excavated in 1876 the coins remained undisturbed until 1895. Unfortunately, no formal study of the Boscoreale coins was made before they were dispersed into the market, and, as is often the case, it is very possible that a list pubished 1909 includes material from other finds as well.

Dove non descritto diversamente, le foto sono tratte da ACSearch

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Claudius, 41 – 54
Aureus 41-42, 7.84 g. TI CLAVD CAESAR AVG P M TR P Laureate head r. Rev. IMPER RECEPT inscribed on praetorian camp, at the door of which stands a soldier with a standard. C 4. BMC 5. RIC 7. CBN 23. Calicó 359 (this coin). Biaggi 205 (this coin). von Keanel 23 and pl. 1, 29.
Very rare. Wonderful reddish tone and about extremely fine
Privately purchased in 1952 for 670 Swiss Francs and probably from the Boscoreale hoard of 1895.

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Obverse: NERONI CLAVDIO DRVSO GERM COS DESIGN - Bust of Nero, bare-headed, draped, right. Reverse: EQVESTER ORDO PRINCIPI IVVENT - Legend in four lines on shield; behind, vertical spear.

http://numismatics.org/collection/1944.100.39405

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Obverse: NERO CLAVD DIVI F CAES AVG GERM IMP TR P COS - Jugate busts, right of Nero (in forefront), bare-headed and draped at back of neck, and nomisma.org/id/agrippina_ii, draped and bare-headed. Reverse: AGRIPP AVG DIVI CLAVD NERONIS CAES MATER EX S C - Quadriga of elephants, left, bearing two chairs with figures of Divus Claudius and Divus Augustus, both radiate. http://numismatics.org/collection/1967.153.219

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Nero caesar, 50 – 54
Aureus circa 61-62, 7.62 g. NERO·CAESAR·AVG·IMP· Bare head r. Rev. PONTIF MAX TR – P VIII COS IIII P P EX – S C Virtus, helmeted and in military attire, standing l. with r. foot on helmet, holding parazonium in r. hand on knee and vertical spear in l. C 255. BMC 33. RIC 31. CBN 42. Calicó 432 (this coin). Biaggi 235 (this coin).
Well struck in high relief and with a superb reddish tone. Unobtrusive scratches
on reverse field, otherwise extremely fine
Privately purchased in 1954 and probably from the Boscoreale hoard of 1895.

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Nero, 54 - 68 n. Chr. Aureus (7,22g). 65 - 68 n . Chr. Mzst. Rom. Vs.: IMP NERO CAESAR AVGVSTVS, Kopf mit Lorbeerkranz n. r. Rs.: IVPPITER CVSTOS, Jupiter mit Blitzbündel und Zepter n.l. sitzend. RIC 63; C. 120; BMC 77; BN 231f.; Calicó I 412b. Gold! vz-st Ex Triton XI, 2008, 896; ex Coin Galleries 14.12.2004, 33; ex Boscoreale-Fund 1894.

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Nero augustus, 54 – 68
Aureus circa 66-67, AV 7.28 g. IMP NERO CAESAR – AVGVSTVS Laureate head r. Rev. IVPPITER – CVSTOS Juppiter seated l., holding thunderbolt and sceptre. C 120. BMC 77. RIC 63. CBN 231 Calicó 413. Lovely reddish Boscoreale tone and good very fine Ex HSA 30055. Possibly from the Boscoreale hoard of 1895.

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Nero augustus, 54 – 68
Aureus circa 66-67, AV 7.17 g. IMP NERO CAESAR – AVGVSTVS Laureate head r. Rev. Salus seated l. on throne, holding patera in r. hand and resting l. at her side; in exergue, SALVS. C 317. BMC 94. RIC 66. CBN 236. Calicó 445. Lovely reddish Bosoreale tone and about extremely fine Ex HSA 30056. Possibly from the Boscoreale hoard of 1895.

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Obverse: NERO CAESAR AVG IMP - Head of Nero, bare, right. Reverse: PONTIF MAX TR P VII COS IIII P P EX S C - Virtus, helmeted, in military dress, standing left, right foot on helmet among shield, holding long spear in left hand and parazonium in his right hand and resting it on right knee.

http://numismatics.org/collection/1944.100.39413

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Nero, AD 54-68. Gold Aureus (7.3g) minted at Rome, 65-66. IMP NERO CAESAR AVG P P. Laureate and bearded head right of Nero. Reverse : [iVP] PITER CVSTOS. Half-draped Jupiter seated left, holding thunderbolt in right hand, scepter in left. Calicó 414; RIC 47; cf. Sear 1930 (obverse legend). Some fine hairlines on the reverse from old cleaning noted. Underlying luster with rose colored toning. Outstanding portrait. About Extremely Fine.
Estimated Value $5,000 - 7,000.
Provenance: The Hunter Collection; from the Boscoreale hoard of 1895

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Obverse: NERO CAESAR - Head of Nero, laureate, right, with beard. Reverse: AVGVSTVS GERMANICVS - Nero, radiate, togate, standing front, left knee slightly bent, holding branch in right hand and Victory on globe in left.

http://numismatics.org/collection/1944.100.39419

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Nero augustus, 54 – 68
Aureus 64-65, AV 7.34 g. NERO – CAESAR Laureate head r. Rev. AVGVSTVS GERMANICVS Nero, radiate, standing facing, holding branch and Victory on globe. C 44. BMC 56. RIC 46. CBN 202. Calicó 402.
A portrait of excellent style and a wonderful reddish tone,
about extremely fine / good very fine Ex HSA 30049. From the Boscoreale hoard of 1895.

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Nero augustus, 54 – 68
Aureus circa 66-67, AV 7.29 g. IMP NERO CAESAR – AVGVSTVS Laureate head r. Rev. Salus seated l. on throne, holding patera in r. hand and resting l. at her side; in exergue, SALVS. C 317. BMC 94. RIC 66. CBN 236. Calicó 445.
Superb reddish tone and about extremely fine Ex HSA 30057. From the Boscoreale hoard of 1895.

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NERO Aureus c. 64-65 Rome R2 gold (18,5mm, 7,33g, 9h)
Obverse : NERO CAESAR - AVGVSTVS Tête laurée de Néron à droite (O*)
Reverse : IANVM CLVSIT PACE P R TERRA MARIQ PARTA Les portes fermées du temple de Janus
Ref : C.114 (50f.) RIC.50 BMC/RE.64 BN/R.211 WCN.26
Pedigree : Cet exemplaire provient de la vente Weil du 20 mars 2003, n° 31. Vue la couleur de l’or caractéristique, il provient peut-être du trésor de Boscoreale (Italie) découvert en 1895 et enfoui au moment de l’éruption du Vésuve en 79 avant J.-C
Grade : EF/VF

http://www.cgb.fr/

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Galba, 68-69
Aureus July 68-January 69, AV 7.29 g. IMP SER GALBA – CAESAR AVG Laureate and draped bust r. Rev. DIVA – AVGVSTA Livia, draped, standing l., holding patera in extended r. hand and vertical sceptre in l. C 54. Kent-Hirmer pl. 59, 207. BMC 3. RIC 188. CBN 82. Calicó 472 (this coin).
Very rare. A bold portrait and a magnificent reddish tone, minor nick on obverse field
behind head and a few minor marks in field and on edge,
otherwise about extremely fine
From the Boscoreale hoard of 1895.

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Galba, 68 – 69
d=21 mm
Aureus July 68-January 69, AV 7.34 g. IMP SER GALBA CAESAR AVG Laureate and draped bust r. Rev. HISPA – NIA Hispania advancing l., holding poppy and corn-ears in r. hand and round shield and two transverse spears in l. RIC 192 (this coin). BMC p. 311 note (this coin). C –. CBN –. Calicó 480a (this coin).
An apparently unique variety of an extremely rare type. A strong portrait and a magnificent reddish Boscoreale tone. Brilliant extremely fine
Ex Sothebys 10 November 1972, Metropolitan Museum of Art part I, 42 and Triton IV, 2000, 480 sales. From the Boscoreale hoard.

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Otho, 15th January – April 69

d=19 mm
Aureus, 15th January – April 69, AV 7.44 g. IMP M OTHO CAESAR AVG TR P Bare head r. Rev. PAX ORB – IS TERRARVM Pax, dressed, standing l., holding branch in r. hand and caduceus in l. RIC 3. BMC 1. C 2. CBN 2. Calicó 524.An attractive portrait perfectly struck in high relief with a delightful reddish tone. Good extremely fine

Ex Sotheby’s sale November 1972, Metropolitan Museum, 49. From the Boscoreale hoard.

NAC38, 35

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Vitellius, April – December 69

d=19 mm
Aureus April – December 69, AV 7.44 g. A VITELLIVS GERMAN IMP TR P Laureate head r. Rev. S P Q R / OB / C S in oak wreath. RIC 82. BMC 14. C 85. CBN 42. Calicó 574 (this coin). Biaggi 283 (this coin).Very rare and one of the finest aurei of Vitellius in existence. A marvellous portrait with an appealing reddish tone. Virtually as struck and almost Fdc

Ex Hirsch 30, 1911, 923; Glendining 1951, Ryan, 1676 and Leu 22, 1979, 221 sales. From the Boscoreale hoard.

NAC38, 37

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Vespasian. AD 69-79. AV Aureus (7.38 g, 6h). Rome mint. Struck AD 70. Laureate head right / Aequitas standing left, holding scales and scepter. RIC II 20; Calicó 604 (this coin illustrated). Good VF, wonderful violet-red and blue toning. Bold portrait.

Ex Rauch 9 (23 September 2005), lot 684; Boscoreale Hoard of 1895.

www.cngcoins.com

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Vespasian (A.D. 69-79), Gold Aureus, struck at Rome in A.D. 70, head of Vespasian right, wearing laurel-wreath, reverse, Pax seated left, holding branch and caduceus (the staff of Mercury), diameter approximately 17mm, weight 7.20g. Beautiful red Boscoreale toning, extremely fine.
This gold coin is from a hoard of treasure discovered in 1895 in the Boscoreale region of Naples under the slopes of Mount Vesuvius
.

http://www.paulfrasercollectibles.com

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Vespasian AV Aureus. Lugdunum, circa AD 72-73. IMP CAES VESPAS AVG P M TR P IIII P P COS IIII, laureate head right / PACI AVGVSTI Nemesis advancing right, pointing caduceus at snake before her. C. 284; BMC 403; CBN 307; RIC 1180; Calicó 656. 7.19g, 20mm, 9h. Near Extremely Fine. Rare. From the Boscoreale Hoard of 1895.

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Vespasian, 69 – 79
Aureus 71, AV 7.22 g. IMP CAES VESP AVG P M Laureate head r. Rev. TR POT II – C – OS III P P Pax seated l., holding olive branch and canduceus. C 565. BMC 60. RIC 40. CBN 42. Calicó 688. A bold portrait and a magnificent reddish Boscoreale tone, about extremely fine Ex HSA 30054. From the Boscoreale hoard of 1895.

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Vespasian, 69 – 79
Aureus, Lugdunum circa 72, AV 7.32 g. IMP CAES VESPAS AVG P M TR P IIII P P COS IIII Laureate head r. Rev. PACI AVGVSTI Nemesis advancing r., pointing caduceus at snake before her. C 284. BMC 403. CBN 307. RIC 1180. Calicó 656.
A very attractive portrait and a lovely reddish tone, extremely fine / about extremely fine Ex HSA 22292. From the Boscoreale hoard of 1895.

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Vespasian, 69 – 79
Aureus 75, AV 7.33 g. IMP CAESAR – VESPASIANVS AVG Laureate head r. Rev. PAX – AVGVST Pax seated l., holding branch in r. hand and sceptre in l. C 319. BMC 280. CBN 251. RIC 770.
A bold portrait and an enchanting reddish tone, good extremely fine. Ex HSA 22291. From the Boscoreale hoard of 1895.

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Inviato (modificato)

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Vespasian, 69 – 79
Aureus, Lugdunum 71, AV 7.33 g. IMP CAESAR VESPASIANVS AVG TR P Laureate head r. Rev. COS III – FORT RED Fortuna standing l., holding globe and caduceus. C 97. BMC 383. CBN 292. Calicó 613.
Lovely reddish tone and about extremely fine / good very fine Ex HSA 22253. Possibly from the Boscoreale hoard of 1895.

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Vespasian AV Aureus. AD 76. IMP CAESAR VESPASIANVS AVG, laureate head left / Bull standing right, COS VII above. C. 117; RIC 840; Calicó 622. 7.33g, 20mm, 6h.Mint State, with a rich, deep Boscoreale tone. A stunning coin.Ex NGSA 5, 2008, lot 220;
Ex Leu 93, 2005, lot 13;
Ex Numismatica Ars Classica 8, 1995, lot 790;
From the Boscoreale hoard of 1895.

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Titus AV Aureus. Rome, AD 73. T CAES IMP VESP CEN, laureate bust right / VESTA, tetrastyle circular Temple of Vesta, a statue of Vesta standing within, holding sceptre, two statues flanking outside. RIC 557; Calicό 794. 7.28g, 20mm, 1h.
Good Extremely Fine.
Ex Sotheby’s London, 7 August 1996, lot 101;
Ex Leu 36, 7 May 1985, lot 247;
Ex M & M Basel 13, 1954, lot 666;
From the Boscoreale hoard of 1895.

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Titus caesar, 69 – 79
Aureus 73, AV 7.46 g. T CAES IMP VESP PON TR POT CENS Laureate head r. Rev. PAX – AVG Pax standing l., leaning on column, holding branch and caduceus over tripod. C 132. BMC Vespasian 410. RIC Vespasian 529. CBN Vespasian 70. Calicó 747 (these dies). A magnificent portrait of superb style struck in high relief, light reddish tone and extremely fine Ex Leu sale 91, 2004, 526. Possibly from the Boscoreale hoard of 1895.

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Titus caesar, 69 – 79
Aureus 75, AV 7.30 g. T CAESAR IMP VESPASIAN Laureate head r. Rev. PONTIF – TR P COS IIII Victory standing l. on cista mistica, holding wreath in r. hand and palm in l.; on either side, coiled snake. C 163. BMC Vespasian 173. RIC Vespasian 785. CBN Vespasian 151. Calicó 750.
Struck in high relief with a magnificent reddish tone and good extremely fine
Ex M&M sale 19, 1959, 197. From the Boscoreale hoard of 1895.

Struck in high relief with a magnificent reddish tone and good extremely fine
Ex M&M sale 19, 1959, 197. From the Boscoreale hoard of 1895.

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Inviato (modificato)

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Domitian caesar, 69 – 81
Aureus early 76-early 77, AV 7.20 g. CAESAR AVG F – DOMITIANVS Laureate head r. Rev. COS – IIII Cornucopiae overflowing with fruit tied up with ribbons. C 46. BMC 196 Vespasian. CBN Vespasian. RIC Vespasian 918. Calicó 817.
A magnificent portrait and an absolutely enchanting reddish tone, extremely fine Ex HSA 30063. From the Boscoreale hoard of 1895.

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Domitian caesar, 69 – 81
Aureus 75, AV 7.32 g. CAESAR AVG F – DOMIT COS III Laureate head r. Rev. PRINCEPS – IVVENTVT Spes advancing l., holding flower and raising robe. C 374. BMC Vespasian 155. CBN Vespasian 131. RIC Vespasian 787. Calicó 912.
Light reddish tone, an unobtrusive edge nick at seven o’clock on obverse,
otherwise about extremely fine / good very fine Ex HSA 22279. Possibly from the Boscoreale hoard of 1895.

Avete letto con interesse? Vi sentiti depressi dal fatto che magari non avete in collezione un aureo? Nessun problema, come avete letto al post #1:

Se ne è estratto così tanto che l'attuale produzione mondiale (circa 2.400 tonnellate) aggiunge solo il 2% ogni anno a quella cifra.

Non so se questo dato sia preciso ma ho il ricordo di un documentario di qualche tempo fa asseriva il concetto che di oro ormai se ne estrae attualmente tutto sommato poco rispetto a quello già circolante e che la maggior parte di quello che possediamo nella maggior parte altro non è che metallo estratto nell’antichità e nel tempo rifuso (non ricordo le percentuali). Pertanto, anche nella fede che portate al vostro anulare sinistro o nel ciondolo che portate al collo, ad esempio… si cela una frazione di un aureo romano! :D

Ciao

Illyricum

:D

Fonti web utilizzate:

http://www.antika.it/003963_oro-nellantica-roma-estrazione-e-raffinazione.html

http://www.homolaicus.com/storia/oro/origini.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Las_M%C3%A9dulas

http://www.celticworld.it/sh_wiki.php?act=sh_art&iart=227

Modificato da Illyricum65
inserimento fonti web
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ottimo come sempre illy,volevo fare solo una domanda pertinente alla numismatica,come mai di quinari d'oro se ne trovano molto ma molto meno rispetto agli aurei?

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Inviato (modificato)

Ciao,

ottimo come sempre illy,volevo fare solo una domanda pertinente alla numismatica,come mai di quinari d'oro se ne trovano molto ma molto meno rispetto agli aurei?

francamente non saprei... come ipotesi direi che vennero emessi in minor numero rispetto all'unità di riferimento, come nei corrispettivi in argento.
L'aureo era utile come corrispettivo monetale nelle grandi transazioni economiche (o nella conservazione del patrimonio familiare delle gens patrizie, ad esempio) e la frazione non aveva grossa utilità pratica. Quest'ultima poteva rendersi necessaria nei cambi ma probabilmente il cambio in denarii argentei poteva essere più che sufficiente e appunto, pratico.

Mi spiego estremizzando il concetto in ambito moderno: ricevi uno stipendio in banconote da 500€. Se le accantoni non ci sono problemi, occupa poco spazio, è occultabile. Ma se vai a fare degli acquisti comuni la banconota viola troverai delle difficoltà sia nell'incasso da parte del venditore che nell'emissione del resto, magari.

Allora che fai? Vai in banca e te la fai cambiare in tagli minori e più gestibili (che ne so... da 50€?).

Riflessione: l'antico cambiavalute avrebbe intascato una commissione e tu avresti perso parte del salario. A questo punto magari avresti richiesto la corrisposizione dello stipendio in denarii, più spendibili, comunque più pregiati della comuni monete bronzee circolanti e non necessitanti di un cambio a te gravoso economicamente.

Infatti nel testo si accenna al pagamento in oro dello stipendio dell'esercito da parte dello stato romano. Ma che ne sappia il pagamento privilegiato era in argento quando addirittura non in lega bronzea quando la prima non era disponibile per problemi di rifornimento. Il comune legionario (e in subordine l'ausiliario) effettuava spese quotidiane in genere in moneta bronzea: pagare lo stipendio in queste monete avrebbe richiesto allo stato un volume enorme lavoro presso la zecca (nel Primo Impero da identificare in quella romana). Meglio ricadere sulla monetazione argentea, un buon compromesso per tutti.

Vi trovate d'accordo?

Ciao
Illyricum
:)

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implementazione testo
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Ciao @@Illyricum65,

dopo la Tua bellissima trattazione,

ritengo opportuno postare, nell'ambito della stupenda carrellata di monete d'oro, l'aureo più enigmatico dell'Impero Romano:

true.JPG

Il multiplo da 4 aurei è conservato nel Museo Archeologico di Napoli pesa 30,88g, 33mm contro i 7,95g. dei normali aurei augustei. Si tratta di un esemplare unico, parte di un ripostiglio di monete d'oro emerso durante uno scavo effettuato a Pompei nel 1757. Il ripostiglio conteneva, oltre al quaternione, undici aurei con eccellenti ritratti della famiglia imperiale, comprendenti Tiberio, Caligola, Claudio. La moneta fu emessa a Lugdunum (Lione), in quegli anni la principale zecca di monete in metallo prezioso.

Modificato da eliodoro
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Altro dato interessante, penso, riguarda le variazioni del peso dell'aureo nelle varie rifome monetarie:

Con Augusto, l'aureo era pari a d 1/42 di di libbra, denotando un peso ufficiale di g. 7,80, anche se non sono rari aurei di g. 7,86 - 7,98. Da quel momento, si ha una discesa del peso dell'aureo; con Claudio, si passa a 7,70 g, mentre, con la riforma monetaria di Nerone che, unitamente ad un grosso investimento pubblico, permise il riavvio di uno sviluppo economico dato che Roma stava vivendo periodi di forte crisi ( bisognerebbe spiegarlo alla Merkel che 2000 anni prima di lei qualcuno capì che l'investimento dello Stato nell'economia portava una ripresa economica), si passa a 7,30 g.

Quindi, mentre prima un aureo di circa 7,70 g veniva scambiato con 25 denari di 3,70 g, con Nerone un aureo di circa 7,30 g richiedeva 25 denari del peso di soli 3,25 g, con la conseguenza che venivano avvantaggiate le nuove classi sociali economicamente più povere ma più attive.

Modificato da eliodoro
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Inviato (modificato)

Ciao,

in effetti nel solco del discorso

nella conservazione del patrimonio familiare delle gens patrizie, ad esempio

di cui sopra vanno inseriti questi esemplari (invero rari) che costituiscono probabilmente un donativum da parte dell'Imperatore e che venivano conservati, essendo stati emessi a tale scopo più che per essere immessi nel flusso monetale. Nel contesto specifico riporto quanto scrive De Florio sempre prodigo nella ricerca storica degli esemplari che gli vengono proposti, sul suo sito web in merito,:

SICILia. La leggenda d'esergo allude alla sconfitta di Sesto Pompeo nella battaglia navale di Nàuloco (località tirrenica in prossimità di Milazzo, di incerta localizzazione) nella quale la flotta di Augusto, al comando di Marco Vipsanio Agrippa, nel 36 a. C., aveva battuto quella di Sesto Pompeo e determinato, con la riconquista della Sicilia, il ripristino delle forniture di grano nella capitale. La vittoria, secondo la propaganda augustea, sarebbe stata propiziata da Diana, per questo rappresentata sul rovescio della moneta, così come, cinque anni più tardi, nel 31 a. C., la vittoria navale di Azio (al largo dell'odierna Preveza in Grecia), nella quale Ottaviano aveva battuto le flotte congiunte di Marco Antonio e Cleopatra, sarebbe stata stata propiziata da Apollo, come testimonia un aureo la cui leggenda d'esergo reca le iniziali ACT (che stanno per ACTium, Azio in latino). Sia il quaternione che l'aureo sopradetto si propongono di accreditare un immagine di Ottaviano come uomo vincente e fortunato, benvoluto dagli dei.

http://www.forumancientcoins.com/monetaromana/corrisp/a37/a37.html

Ciao

Illyricum

:)

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Ciao @@Illyricum65,

concordo, pienamente con Te riguardo l'uso dell'oro nel mondo Romano.

Come ben hai detto, l'economia della " classe media romana": piccoli commercianti artigiani e soldati, usava il sesterzio come moneta centrale della vita quotidiana; per le piccole spese e per "divertimenti" vari si utilizzava anche l'asse e, se non erro, l'ingresso alle Terme costava un quadrante.

L'oro,quindi, serviva, esclusivamente, per grandi operazioni commerciali, mentre ritengo che il denario d'argento fosse utilizzato dalla classe media per tesaurizzare i propri risparmi.

Modificato da eliodoro
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Ciao @@Illyricum65,

concordo, pienamente con Te riguardo l'uso dell'oro nel mondo Romano.

Come ben hai detto, l'economia della " classe media romana": piccoli commercianti artigiani e soldati, usava il sesterzio come moneta centrale della vita quotidiana; per le piccole spese e per "divertimenti" vari si utilizzava anche l'asse e, se non erro, l'ingresso alle Terme costava un quadrante.

L'oro,quindi, serviva, esclusivamente, per grandi operazioni commerciali, mentre ritengo che il denario d'argento fosse utilizzato dalla classe media per tesaurizzare i propri risparmi.

Ciao,

in effetti le spese correnti si svolgevano in monete in oricalco e bronzee. Correttamente, un quadrans era il costo dell'entrata alle Terme. Con gli assi pagavi del vino, ad esempio, con un prezzo variabile a secondo della qualità della bevanda, di solito collegata alla zona di produzione.

Considera inoltre che le valutazioni erano effettuate in sesterzi: ovvio che per evidenti motivi pratici per le transazioni economiche di una certa entità si effettuassero in valuta più pregiata: per pagare un buon schiavo (dati da Pompei) erano necessari ben 625 denarii, pari a ben 2500 sesterzi. Uno in condizioni meno buone partiva dalla valutazione di 1500 sesterzi...

Pagando direttamente in sesterzi, oltre alla ... carriola e il pallottoliere necessari :D, calcolando 30 g circa a moneta, avremmo veicolato circa 75 kg di monete!

Pagando in denari ... non avremmo avuto bisogno della carriola ma comunque del suddetto pallottoliere ;) , avendo ridotto il peso a circa 2,5 kg di moneta argentea.

Ma essendo un patrizio sarei andato nella mia domus a trarre dalla cassa contenente il capitale familiare, avrei estratto 25 aurei da tenere nel borsello, affiancato dal fidato schiavo che svolgeva anche da guardia del corpo.

Chiaramente, questo ragionamento vale per il periodo del deposito di Boscoreale ovvero attorno al 79 d.C.

25 aurei sono tanti? Dipende... considera che Plinio il Giovane (età di Traiano), che si dichiarava uomo di modesta ricchezza, ne possedeva almeno 500, e di questi volle affrancarne almeno 100 nel suo testamento. Molti ricchi romani possedevano da 10.000 a 20.000 schiavi. Quindi i patrizi ne avevano, di capitale ...

Ciao

Illyricum

:)

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ok illy,sono d'accordo sul tuo discorso,pero' vorrei fare un osservazione,se di legioni in epoca augustea,per fare un esempio,ce n'erano 28 e ogni legione era composta da 5500 unita',per il corrispettivo salariale di un denario al giorno(mi sembra di ricordare cosi' avendolo letto nel libro di alberto angela impero,anche si il periodo e' traianeo)quanto argento doveva essere conservato nelle casse dello stato?ricordiamoci anche del commercio,certamente non quello da taverna,e dell'esplosione urbanistica(costruttori in testa) che richiedeva altrettanto denaro,se i quinari fossero entrati in funzione proprio per una carenza di scambio in argento?

Modificato da massi75rn
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Indubbiamente parliamo dell'Alto Impero.

La società romana del tempo la vedo, perdonami se sbaglio, molto " americana", con forti ricchezze concentrate nelle mani di pochi, una classe media molto duttile e volta ad avere un ruolo e riconoscimento sociale, economico e politico, ed una marea di poveri e diseredati.

Riguardo le ricchezze, fonte wikipedia, si narra infatti che la conquista della Dacia fruttò a Traiano un bottino stimato in cinque milioni di libbre d'oro (pari a 163,6 t) e nel doppio d'argento.

oltre a mezzo milione di prigionieri di guerra con le loro armi.

Se non mi sbaglio Ottaviano si era impadronito direttamente delle miniere d'oro spagnole ed era lui che produceva gli aurei.

Dalle analisi fin d'ora condotte, emerge chiaramente una scarsa crcolazione di aurei, cosa che ritengo francamente poco spiegabile tenuto conto che 1 aureo è pari a 100 sesterzi a meno che l'oro avesse un valore intrinseco superiore al cambio effettivo, e contemporaneamente una forte circolazione della moneta bronzea.

Tutto ciò mi riporta al discorso delle aste dove si vedono sempre più sesterzi ben fatti, fatto che cozza con il loro largo uso e la non utilizzabilità a fini di tesaurizzazione dei risparmi.

In qualche discussione sarebbe interessante affrontare anche i rapporti dei Romani con le terme

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Ciao @@massi75rn,

ritengo che i quinari siano, in realtà, una moneta tipicamente repubblicana che, a partire da Augusto in poi, sia diventata, sostanzialmente, poco utile per poi sparire definitivamente.

Alla fine il valore del quinario era di 2 sesterzi.

Guardando le aste, al di là dei quinari di Ottiavano, ne ho notati alcuni solo di Adriano ed, in un caso, di DIocleziano.

L'unico caso di quinario diffuso è riferibile ad Alletto. Su questo @@Illyricum65 ci potrà dire i perchè della scelta di tale denominazione da parte di Alletto.

Modificato da eliodoro
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ok illy,sono d'accordo sul tuo discorso,pero' vorrei fare un osservazione,se di legioni in epoca augustea,per fare un esempio,ce n'erano 28 e ogni legione era composta da 5500 unita',per il corrispettivo salariale di un denario al giorno(mi sembra di ricordare cosi' avendolo letto nel libro di alberto angela impero,anche si il periodo e' traianeo)quanto argento doveva essere conservato nelle casse dello stato?ricordiamoci anche del commercio,certamente non quello da taverna,e dell'esplosione urbanistica(costruttori in testa) che richiedeva altrettanto denaro,se i quinari fossero entrati in funzione proprio per una carenza di scambio in argento?

Ciao,

l'argento era comunque ben più reperibile dell'oro. Il sistema di pagamento delle legioni era di solito in argento ma talvolta questo scarseggiava nelle zone di confine e si sopperiva con pagamenti in bronzo. Se ben ricordi però nel Primo Impero si assiste al rallentamento della produzione di monete bronzee (Augusto in primis a partire se ben ricordo dal 17 a.C. che permane nel periodo tiberiano e claudio) che riprende dopo la riforma di Nerone (64 d.C.)

Ad avvalorare l'uso cospicuo di monete in argento per il pagamento dell'esercito proprio l'accentrazione delle monete auree ed argentee a Lugdunum; detta località è più prossima ai centri di estrazione iberici ed al grosso dell'esercito dislocato sul limes renano/balcanico.

Riprendendo Eliodoro, con il quale sono sommariamente concorde

Se non mi sbaglio Ottaviano si era impadronito direttamente delle miniere d'oro spagnole ed era lui che produceva gli aurei.

esatto, Ottaviano mette le mani sia sulle miniere iberiche auree che su quelle di zinco. La provincia era Imperiale e quindi sotto il suo diretto controllo. Tra l'altro, avendo possesso delle maggiori miniere di zinco, potè dare creazione e impulso alla produzione di sesterzi in oricalco (ovvero = che assomiglia all'oro).

ritengo che i quinari siano, in realtà, una moneta tipicamente repubblicana che, a partire da Augusto in poi, sia diventata, sostanzialmente, poco utile per poi sparire definitivamente.

analogamente ai quinari d'argento ...

L'unico caso di quinario diffuso è riferibile ad Alletto. Su questo @Illyricum65 ci potrà deire i perchè della scelta di tale denominazione da parte di Alletto.

Francamente lo ignoro. Forse intendeva creare una moneta bronzea dal valore diverso dall'antoniniano. Forse intendeva effettuare una frazione dell'antoniano ovvero l'opposto di quanto fatto da Aureliano con gli antoniniani XXI. Ne attendo giusto uno e in genere mi pare di poter affermare che hanno un peso medio inferiore agli antoniniani del periodo; non dimentichiamoci che probabilmente in Britannia scarseggiava il bronzo. Magari intendeva elevare il valore dell'antoniniano ridotto introducendo un sottomultiplo "gonfiato" nel valore. Curiosamente Allectus emette aurei e bronzi mentre gli argenti (materia prima a produzione britannica) sono pressochè assenti.

Il problema di fondo è che se su Carausius le informazioni sono scarse e frammentarie, su Allectus sono ancora minori, anche a causa della brevità del regno. Quindi bisogna ipotizzare spiegazioni che spesso non hanno possibilità di riscontro o smentita.

Ciao

Illyricum

:)

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