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Inviato

Buona Domenica

 

Spesso si è avuto modo di leggere in talune discussioni che hanno riguardato la circolazione monetaria che: “la moneta cattiva scaccia quella buona”; oppure che l'uso di monete di minor intrinseco hanno determinato, per la “Legge di Gresham”, la sparizione delle monete con maggior intrinseco.

 

Ma cosa significa questo concetto?

 

Il banchiere inglese Thomas Gresham, nel XVI secolo, fu il primo a teorizzare che in un'area monetaria, quando più tipologie di monete corrono contemporaneamente e dove talune abbiano un'elevata percentuale di metallo prezioso (moneta buona) ed altre una bassa percentuale di metallo prezioso (moneta cattiva), queste ultime verranno sicuramente preferite per l'utilizzo dei pagamenti, mentre le prime si tenderà a tesaurizzarle.

 

Per moneta cattiva deve intendersi altresì quella tosata, consunta dal lungo uso o danneggiate; insomma tutte quelle monete che non rispecchiano più, per evidenti motivi, il valore nominale originario, rispetto al proprio valore intrinseco.

 

Un chiaro esempio della “Legge di Gresham”, lo si trova nella Venezia dei primi anni del 1500.

 

Nel 1508 viene costituita la “Lega di Cambrai” con lo scopo di annientare Venezia; nel giro di pochi mesi la Serenissima si trova a dover combattere le armate coalizzate di mezza Europa: lo Stato della Chiesa, la Francia, l'Austria, il Regno di Napoli e Sicilia, il Ducato di Ferrara, il Ducato di Savoia ed il Marchesato di Mantova; per resistere Venezia le prova tutte, sia militarmente, sia diplomaticamente e al riguardo non mi dilungherò, perché sappiamo come andò a finire; ciò che ci interessa è che Venezia dovette dar fondo a tutte le sue risorse per il pagamento delle sue truppe e di quelle mercenarie assoldate alla bisogna, con l'aggravante che, a causa dei blocchi militari effettuati dai nemici, non arrivano a Venezia né merci, né argento, né oro. Di buone monete Veneziane non se ne trovavano più in circolazione, sono tutte incettate, anche per pagare l'esercito e al loro posto vengono usate monete di altri stati di infimo intrinseco.

 

Stanno avverandosi gli effetti della "Legge di Gresham". Vediamo cosa scrive al riguardo un contemporaneo: il Sanudo.

 

1 febbraio 1514

 

per questa guerra, è venuto che non si vede troppa moneta veneziana, ma bezi (moneta tedesca in argento e rame che a Venezia correva per ½ Soldo e preferita per le sue dimensioni maggiori, rispetto al Mezzanino veneziano di ottimo argento che, per le sue ridotte dimensioni, era poco maneggevole) assaissimi et altre monede forestiere. Le nostre li inimici e altri le toleno e le disfano, et fa bater questa altra moneda, come ho dito; ducati non si vede. (Le nostre i nemici ed altri le prendono e le fondono e fanno battere quest'altra moneta, come ho detto; ducati non se ne vede).

 

30 aprile 1515

 

… in questa terra non si vede troppo moneda venitiana e oro niuno venitian, et pochissimi forestieri; quelle monede core (che corrono), sono bezi numero infinito, et monede todesche da Soldi 3 et 6 di valuta l'una, et monede milanese di Soldi 4 et Soldi 8, la più parte false. Etiam di bezi molte son falsificate.

 

6 gennaio 1616

 

… Non voglio restar di scriver, come per queste guerre, cussì, come prima non si spendeva si non monede venetiane, mocenigi, marzeli, e pur bezi per esser comode monede, cussì al presente non si spende altro che monede forestiere.

 

In questi brevi appunti del Sanudo si intravede il dramma che deriva dal pauperamento della buona valuta veneziana, senza dubbio tesaurizzata dai veneziani che, visto il periodo, preferivano spendere la moneta cattiva e tenersi quella buona come scorta, ma anche in maggior misura incettata dai nemici per essere fusa e trasformata in bezi, che tornavano nel veneziano per svolgere la loro funzione.

 

E' solo uno degli esempi che si possono fare riguardo alla applicazione della "Legge di Gresham"; in questo caso Venezia l'ha subita, ma spesso ne è stata la consapevole artefice della sua applicazione, per poter imporre la propria moneta a scapito di quella degli Stati confinanti.

 

Ma questa è un'altra storia ...

 

saluti

luciano

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Inviato

Il Sanudo ci riserva sempre graditissime sorprese, bravo Luciano, interessantissimo.

 

A corollario di ciò che hai scritto, è curioso secondo me notare come, in seguito ai fatti, anche Venezia iniziò a coniare i "bezzi", inizialmente monetine in argento, a contrastare l'invasione dei bezi (batzen). Una sorta di vendetta? oppure un tentativo di arginare questo fenomeno dilagante?

Nel '600, poi, i bezzi diventeranno invece delle monetine in rame da mezzo soldo.

 

Gli effetti di questa incursione, paradossalmente, sono ancora presenti oggi. In Friulano, infatti, a distanza di cinque secoli, il termine per indicare genericamente "soldi" è tuttora "bez", pronunciato bees, all'insaputa della quasi totalità dei Friulani.

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Supporter
Inviato

Ciao!

 

Luigi, in effetti il vocabolo era ormai noto e di uso comune, dire bezzo era naturale, tanto da farlo diventare "bezzone" quando il tondello, ormai di rame, è diventato più grosso .... :rofl: 

 

A parte le battute, questo è venuto dopo .... all'origine credo proprio anch'io che il bezzo d'argento sia stato coniato per contrastare i batzen tedeschi.

 

Il nome della moneta, come ho detto sopra, è stato "coniato" dal popolo ... il governo gli avrà attribuito il nome in funzione del proprio valore, ma per la gente era inequivocabilmente "bezzo" e come tale ci è stato tramandato.

 

E' chiaro che il nome è dato dalla contaminazione data dal gran numero di "todeschi" che frequentavano il "mercato universale" di Venezia e che usavano le loro monete; lo stesso è accaduto per il termine "schei" (Soldi) che ha la sua origine nel tedesco "scheidemuenze".

 

E' successo quanto di solito accadeva (e accade ancora) in veneto riguardo ai vocaboli, anche quelli italiani; presi, modificati e resi più "digeribili" nel contesto della lingua veneta; ma di questo ne sai più tu :blum:

 

saluti

luciano

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Inviato

Visto che alcuni Amici (che ringrazio) hanno apprezzato la discussione che ho iniziato, continuo con l'altra storia, cioè quando la “Legge di Gresham” è stata applicata dai veneziani a loro favore; anche se, in questa occasione, faccio un salto carpiato e torno indietro di due secoli, in pieno medioevo, però mi spiacerebbe dover "spezzare" la discussione...

 

Questa volta, però non scomoderò il Sanudo, ma un contemporaneo: il Prof. Saccocci ed il suo volume “Contributi di storia monetaria delle Regioni adriatiche settentrionali” Editrice Esedra.

 

Ci troviamo sotto il dogato di Francesco Dandolo (1329 – 1339), quando Gresham era ancora di là da venire e non aveva ancora teorizzato la sua legge; eppure i veneziani dimostrano di comprenderne appieno i suoi effetti e li applicano a loro beneficio.

 

All'inizio del dogato del Dandolo, a Venezia circolano le seguenti monete veneziane: il ducato d'oro fino e il grosso con una lega d'argento dello 0,965; poi ci sono le monete “nere”, con un intrinseco in argento infimo, cioè il denaro scodellato, il mezzo denaro scodellato ed il quartarolo; circolano anche monete straniere, pur basate sul medesimo sistema di conto, come le monete veronesi, quelle tirolesi e in maniera marginale quelle aquileiesi e di altre zecche padane.

 

Soprattutto i nominali veronesi e tirolesi impensieriscono le autorità monetarie veneziane e così, per contrastarne l'uso, e scalzare queste dall'area monetaria inserendo le proprie, nel periodo dal 1331 al 1332, le autorità monetarie danno corso alle stampe di due nuovi nominali in argento, cioè il mezzanino ed il soldino.

 

Il primo, pari a ½ grosso, valeva 16 denari piccoli; il secondo 12 denari piccoli ed entrambi, all'atto della loro immissione, provocarono un certo deprezzamento della moneta veneziana, poiché il primo conteneva meno della metà di argento che era contenuta in un grosso, mentre il secondo ne conteneva meno di quanto ne fosse presente in 12 denari effettivi, pur essendo fatto di una lega d'argento migliore di questi.

 

Entrambe le monete vennero così a trovarsi nelle favorevoli condizioni di “moneta cattiva”, sia nei confronti delle monete veneziane esistenti, sia in quelli delle monete straniere, riuscendo così ad imporsi in breve tempo nella circolazione veneta.

 

Con questa riforma, Venezia, ripeteva ciò che gli era già riuscito più di un secolo prima, quando introdusse nella circolazione monetaria il suo grosso; cioè emettere monete sopravvalutate che, all'apparenza, sembravano migliori, ma che di fatto avevano un valore intrinseco svalutato.

 

Riguardo alla creazione del grosso da parte di Enrico Dandolo, la situazione fu la stessa; si creò una moneta che, all'apparenza, era “buona”, ma di fatto generava una svalutazione, perchè l'intrinseco era inferiore al suo sottomultiplo:

 

Rapporto di 26 piccoli = 1 grosso:

 

- il grosso pesava in media gr. 2,18 ed aveva un intrinseco dello 0,965;

 

- il piccolo pesava in media gr. 0,36 ed aveva un intrinseco dello 0,250;

 

ne deriva che 9 grossi e 6 piccoli equivalevano a gr. 19,47 d'argento.

 

Lo stesso importo, cioè 240 piccoli, equivalevano a gr. 21,06 d'argento.

 

Se qualche Amico ha altri esempi ... ben vengano!

 

saluti

luciano


Inviato

Caro Luciano ricordo agli amici che nell'area Veneta il circolante era fornito soprattutto da Verona e Venezia poichè Padova e Treviso erano state chiuse in seguito alla conquista da parte scaligera delle 2 città.

La crisi esistente che portò alla creazione del mezzanino e del soldino è ampiamente certificato dal ritrovamento documentato,del più importante

e cospicuo  gruzzolo conservato alla Cassa di Risparmio di Bolzano.

Su oltre 4.000 pezzi presenti mancano gli oramai gloriosi grossi veneziani, mancano i grossi veronesi da 20 denari (anche nella versione con il simbolo

degli Scaligeri, mentre quasi tutte le monete appartengono al tirolino e all'aquilino.

E' evidente che i grossi di Verona e Venezia erano già scomparsi mentre quelli di tipo meranese erano in fase di tesaurizzazione nel 1329(il gruzzolo

è databile intorno al 1329 vedesi H.RIZZOLLI Munzgeschichte des alttirolischen Raumes in Mittelalter und Corpus Nummorum Tirolensium Mediaevlium Bozen 1991)

 

Se si considera che il peso del mezzanino era 1,24 grammi=quasi perfettamente al grosso veronese, Venezia svalutava non solo la propria lira grazie al soldino ma di fatto anche quella in uso nei domini veronesi grazie al mezzanino ed al suo valore corrispondente al grosso veronese.

Era una vera e propria dichiarazione di guerra monetaria in grado di causare notevoli danni economici a chi lo subisce.

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