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Centennionali teodosiani


antvwaIa

Risposte migliori

Sono sempre intento a costruire un quadro delle emissioni teodosiane. Per quanto concerne i centennionali emessi nel decennio 378-387, il quadro è ancora molto incompleto:

 

16lhbfp.jpg

 

Per quanto riguarda la Concordia Avggg con il rovescio di Costantinopoli in trono, battuta in nome di Valentiniano II il buon Pearce, autore del IX tomo del RIC, cita l'esistenza di ben 3 emissioni: Costantinopoli (56b), Nicomedia (31a), Treveri (68b). Sono riuscito, frugando tutti i miei cassetti e le tasche degli amici, a trovare un'immagine del Constatinopoli 56b (su winwinds), constatando che si tratta di Roma in trono, e non di Costantinopoli. Ma leggendo come Pearce descrive le altre due emissioni, mi viene da dire che anche in quelle c'è Roma in trono, e non Costantinopoli.

Esiste davvero quel rovescio per Valentiniano II?

Ne sapete qualcosa?

 

Inoltre non riesco a trovare nessuna immagine della Virtvs Romanorvm con Roma in trono in nome di Teodosio I. Nelle vostre saccocce ne avete qualcuna?

Grazie

Modificato da antvwaIa
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Antwala per me sei troppo vulcanico (Kiloè a parte), non riesco a seguirti, le monete da te postate sono degli AE3 credevo che il centennionale fosse la più piccola moneta enea di Teodosio, cioè la VICTORIA AVGGG, VOT X MVLT XX, GLORIA REI PVBLICAE dal peso di circa la metà delle monete da te postate.

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Apparentemente in quel periodo (378-387) si parla di centenionalis con riferimento all'AE3, ma poco dopo, invece, ci si riferisce all'AE4 quale nummus centenionalis.

Il mio sospetto è che nel 388, oppure nel 392 sia stato ridotto il peso del centennionale, dimezzandolo, e che per rendere accettabile al mercato tale demonetizzazione parziale, sia stato valorizzato ancorandolo al soldo e garantendo la sua convertiobilità al cambio di 7200 nummi centennionali per solido (come ribadito dalla novella XVI di Valentiniano III che fa esplicito riferimento all'analogo provvedimento assunto da "domini patris mei Theodosii".

Poiché sino a 387 è chiaro che il centennionale pesava circa 2-2,5 g, la perduta disposizione di Teodosio non può che essere successiva al 387.

Propongo che sia stata emanata o alla fine del 387, per raccogliere fondi per la campagna contro Magno Massimo, o nel 392, per quella contro Eugenio.

Teodosio aveva un solo modo per raccogliere fondi senza aumentare una tassazione diretta che già era insostenibile: raccogliere solidi dal mercato togliendoli dal parco circolante convertendoli in moneta enea. Ma affinché il mercato non reagisse acaparrando l'oro, l'unica soluzione era rendere il bronzo convertibile con l'oro.

Se non tutta la monetazione enea, almeno l'unità di base, l'AE4, che da allora rimase stabile di peso per un notevole tempo e, in Occidente, sino alla morte di Valentiniano III.

Discorso che si ricollega direttamente alla domanda posta in altra discussione: ma quanto valeva il decargiro?

 

La difficoltà di comprendere quali fossero le reali denominazione della moneta nel tardo impero è ancor maggiore a causa dell'ambiguità di due parole che sono fondamentali: pecunia e nummus. Quando prive di un aggettivo, possiamo tradurle con "moneta" in senso generico; invece quando aggettivate, allora stanno per una specifica moneta. Nel caso del nummus, tra il 392 e il 440 (ma probabilmente in data più prossima al 392), si produce un cambio anche giuridico, poiché passa a indicare una ben precisa moneta enea del peso di uno scrupolo e del valore di 1/7200 di solido senza essere più aggettivato, e quindi ha perso il suo significato generico.

 

La soluzione inglese (o forse sarebbe più giusto dire francese) bypassa la quaestio, ma non la soddisfa.

Modificato da antvwaIa
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Quaestio ulterormente complicata dal fatto che presumibilmente circolava ancora il grande bronzo emesso da Valentiniano I, che pesava circa 8-8,5 g (8,14 g su 18 esemplari) e aveva un diametro di circa 30 mm (AE1):

 

2nt9w6p.jpg

 

Cosa c'entra? C'entra, c'entra: eccome che c'entra!

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Immagino che circolasse anche l'AE 1 di Giuliano II. Sulla mancata soddisfazione sono d'accordo, ma devi ammettere che la soluzione è di una chiarezza immediata. Se parli di centennionale o di decargiro crei confusione. Invece l'AE 3 sappiamo tutti cos'è...

 

Arka

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E' vero che per il collezionista è semplice. Ma non lo è affatto per il numismatico, che non vuol sapere qaule diametro aveva una moneta, ma quanto valeva in rapporto a un sistema monetario.

Se nel 378-387 circolassero ancora i grandi bronzi di Giuliano II non lo so. Credo comunque che circolassero quelli di Valentiniano I: ma con quale valore? Domanda secolare!

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i problemi si sommano...

- da un lato è difficile capire quanto valessero le monete in un rapporto reciproco, diciamo sincronico, in un dato momento... non sappiamo se tutto si riducesse davvero a rapporti 1-2-4, e non parliamo dei rapporti AE-AG-AV sulle monete......

- dall'altro, visto che è storicamente comprovato che le monete circolassero spesso per moltissimo tempo, il problema diacronico del cambio di valore dello stesso "pezzo" nel tempo...che le monete di Giuliano continuassero a circolare, magari anche contro la volontà dello Stato, creando un circolante "parallelo" è difficile escluderlo....

- e terzo, non sappiamo come le monete in circolazione di chiamassero davvero...ne come fossero "prezziate" se in denari (e poi quali) se in nummi, o altro....

 

il terzo mistero di Fatima in confronto è chiaro come il sole :)

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i problemi si sommano...

- da un lato è difficile capire quanto valessero le monete in un rapporto reciproco, diciamo sincronico, in un dato momento... non sappiamo se tutto si riducesse davvero a rapporti 1-2-4, e non parliamo dei rapporti AE-AG-AV sulle monete......

- dall'altro, visto che è storicamente comprovato che le monete circolassero spesso per moltissimo tempo, il problema diacronico del cambio di valore dello stesso "pezzo" nel tempo...che le monete di Giuliano continuassero a circolare, magari anche contro la volontà dello Stato, creando un circolante "parallelo" è difficile escluderlo....

- e terzo, non sappiamo come le monete in circolazione di chiamassero davvero...ne come fossero "prezziate" se in denari (e poi quali) se in nummi, o altro....

 

il terzo mistero di Fatima in confronto è chiaro come il sole :)

E' esattamente così. Da lì l'estrema disparità di definizioni usate da storici e numismatici con riferimento alle medesime tipologie.

Il collezionismo le ha risolte adottando AE1, 2, 3 e 4: ma per il numismatico ciò non serve perché non dà nessuna risposta circa il reale valore di questi nominali, né quale fosse l'evoluzione nel tempo di tale valore. Inoltre nelle rare occasioni in cui nelle fonti si fa riferimento ad una specifica moneta, ad esempio centenionalis, in realtà non sappiamo a cosa davvero corrisponda: né tale corrispondenza, qualunque essa sia, si mantiene nel tempo. Ovvero, è molto probabile che in centenionalis, per restare in quell'esempio, in certi periodi possa identificarsi con il modulo AE4 e in altri con l'AE3.

Anche nel caso del decargiro, pare che questo termine fosse già in uso al tempo della riforma di Graziano (378-379):

"In 379 ... Gratian ... reproduced in bronze the three denominations of the reform in 348. The largest coin, on AE2 module (5,25 g), looked and qeighedthe same under as an earlier maiorina. Since this maiorina passed under the nickname "decargyrus" (a silvered piece of ten), it presumably was tariffed at 10 nummi...". (Kenneth W. Harl, Coinage in the Roman Economy. J. Hopkins University Press, Baltimora 1996.

Tuttavia mi pongo la domanda se, invece, la denominazione di decargiro non fosse stata giù utilizzata da Valentiniano I e suo fratello Valente per indicare il modulo AE1: Graziano, che realizza la sua riforma economica immediatamente dopo il disastro di Adrianopoli avendo urgente bisogno di fondi per ricostruire un esercito in grado di difendere il limes, non abbia demonetizzato l'AE1 sostituendolo forzosamente con l'AE2 e mantenendo la denominazione "decargiro".

Come vedi, arka, queste denominazioni basate sui moduli, AEn, sono molto comode per il collezionista, ma possono trarre in inganno e, alla fine, per il numismatico aggiungono confusione a un tema già di per sé molto intricato.

In questo frangente, ad esempio, vi sono buone probabilità che l'AE1 di Valentiniano I corrisponda all'AE2 di Graziano e che in entrambi i casi fosse chiamato decargiro.

Mancano le fonti storiche giuridiiche: il codice teodosiano è giunto sino a noi in modo molto mutilato, essendoci state tramandate soprattutto quelle leggi che mantenenro un interesse nei due secoli successivi, come quelle inerenti la vita religiosa, mentre quelle che riguardavano la monetazione, che pure dovettero essere molto numerose, sono andate in gran perdute poiché ritenute prive di interesse pratico da coloro che trascrissero tale codice (soprattutto fonti gotiche). Perciò non vi è altra alternativa che fare uso della logica. Alternativa da non sottovalutare, poiché la logica era alla base dei comportamenti economici anche nel mondo antico.

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In realtà non credo ci sia differenza fra 'collezionisti' e 'numismatici' nella nomenclatura delle monete, è il progredire delle conoscenze che porta al suo aggiornamento, da qualunqe parte provenga. Così, ad esempio, ancora nell' Ottocento studiosi anche di gradissima vaglia e collezionisti usavano entrambi, per le monete dell'alto impero, termini  assolutamente generici come grande bronzo, medio bronzo e piccolo bronzo (GB, MB, PB), finché gli studi storici, a partire da Mommsen, resero indubitabile la distinzione fra sesterzi (GB) dupondi ed assi (entrambi MB ma di colore diverso, giallo o rosso) e PB (quadranti, soltanto sporadicamente semissi). La stessa cosa non è avvenuta per il basso impero, semplicemente perché le possibili identificazioni fra i nomi citati nelle fonti (maiorinae, centennionales, nummi etc.) e le monete effettive non hanno mai raggiunto un livello di sicurezza accettabile (gli autori antichi... o i loro copisti... non hanno mai pensato di associare un disegnino di fianco ai loro lessici monetari, neppure Isidoro di Siviglia, brutto disgraziato!). E quello di usare nomi generici che non rischino di dare  informazioni errate o ancora discusse è l'unico metodo accettabile, non è solo il più comodo. Infatti è basato sul modulo, cioè sul diametro, e da che è stata inventata la moneta il metodo più rapido e sicuro di dintinguere a vista i vari nominali, senza doverli pesare, sono dapprima il colore (quindi il tipo di metallo) e poi proprio il diametro (quindi il peso). Se osservate una serie di monete greche del IV secolo e gli euro di oggi, vedrete che il criterio è sempre lo stesso: il colore (giallo, bianco e rosso allora; giallo e grigio, giallo, rosso oggi), e per ogni colore il diametro diverso (non lo spessore, perché evidentemente lo spessore è meno distinguibile alla vista delle dimensioni; se il nostro senso principale fosse il tatto, probabilmente avrebbero privilegiato lo spessore rispetto al diametro).

E' vero che le indicazioni generiche di modulo non ci indicano il valore nominale di una moneta, perché questo può cambiare nel tempo, ma all'interno di uno stesso sistema cronologicamente coerente ci dicono quanti nominali venivano prodotti, e forse, grazie al peso, ad analisi sul metallo (molti di questi nominali contenevano argento) ed alla logica (difficile che questi nominali fossero collocati ad un rapporto, che so, di 1 : 2,75 : 4,18 : 7,15), anche in che rapporto stavano fra di loro. E non è un'informazione da poco, ve lo assicuro. Per questo tutti i testi scientifici usano normalmente come riferimento i termini AE1-2-3-4, e  non quelli teoricamente più corretti, ma ahinoi ancora incerti, indicati dalle fonti. Anche quando suggeriscono possibili identificazioni fra i due gruppi.

L'importante è sapere che si tratta di termini convenzionali, non di nominali veri e propri :): e quindi di non ipotizzare che se l'AE2 del 351 pesa che so, 5,4 g e quello del 370 4,5g , che la moneta romana si è svalutata di 1/6, perché in termini nominali potrebbe essersi svalutata di tre volte, o magari rivalutata di un decimo.

Un caro saluto

Andrea

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Sono d'accordo con quanto dici, Andrea. Ed è fondamentale il corollario della tua frase finale, che sottoscrivo: "L'importante è sapere che si tratta di termini convenzionali, non di nominali veri e propri".

I guai nascono quando questo viene dimenticato.

 

Così come l'avanzare delel conoscenze numismatiche ha permesso di raggiungere una corretta lettura dei nominali dell'alto impero, penso che nel tempo succederà la setssa cosa anche per il medio e basso impero: e per molti versi si sta andando in questa direzione, dove i numismatici precedono (com'è naturale) i collezionisti, sicché nel momento attuale di evoluzione delle conoscenze si produce una momentanea separazione tra il pensiero degli uni e degli altri.

 

Personalmente aggiungo che avevo ormai quasi terminato un articolo di circa 25 pagine sulla monetazione teodosiana, addirittura avevo preannunciato all'editore che presto glie lo avrei inviato, quando ho deciso di cancellarlo completamente e iniziare da capo a riscriverlo. Perché? Proprio perché non sono convinto di aver interpretato nel modo giusto i termini giuridici corrispondenti alla riforma di Graziano del 378 e di Teodosio del 392.

Avrei potuto non cancellarlo e risolverlo eliminando termini come pecunia maiorina, nummus, decargyrus, eccetera, e sostituendoli con AE1, 2, 3 e 4; così come quando uno scopa il pavimento mettendo la sporcizia sotto il divano anziché raccoglierla. Ma sarebbe stata una gran vigliaccata da parte mia: sono spigoloso, ma non sono un vigliacco.

Dunque ho cancellato il tutto e lo scriverò, quando lo scriverò, quando sarò conbinto di aver compreso quei termini nel loro vero significato monetario e di usarli appropriatamente.

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Prendiamo, ad esempio, il vocabolo nummus.

Esiste questo interessantissimo frammento di un editto annonario (Rif. CIL, VI, 1785 = 31931):

 

Avstoribvs in cvpa vna nvmm xxx tabvlariis in singvlis apocis nvmm xx exasciatori in cvpa vna nvmm x falancariis, qvi de Ciconiis ad templvm cvpas referre consvervnt nvmm [...] cvstodibvs cvparvm [...] df ampvllis placvit vt post degvstatio[nem] possessori reddantvr professionariis de Ciconiis statim vt adveneret vinvm in vna cvpa nvmm cxx

(Agli svuotatori per una botte nummi 30, ai contabili per ogni ricevuta nummi 20, al carpentiere per una botte nummi 10, ai falancarii che usano trasportare le botti dalle Cicogne al tempio nummi...., ai custodi delle botti... A proposito delle fiasche-campione, si dispone che dopo la degustazione vengano restituite al contribuente. A coloro che stilano la dichiarazione 120 nummi per una botte non appena il vino sarà giunto dalle Cicogne)

 

E' evidente che in questo contesto che "nummo" indica il numerario AE4, cioè un valore ben definito, e non ha più il carattere generico che aveva precedentemente.

Ecco che qui abbiamo un punto fermo per dire che l'AE4 alal fine del IV secolo o all'inizio del V indicava quello specifico numerario. Qualche decennio più tardi, questo stesso significato è ribadito dalla Novella XVI di Valentiniano III che ci dice anche che il valore del mnummo era di 1/7200 di solido.

 

Sono frammenti così che, prima o poi, ci permetteranno di riportare con i giusti termini le denominazione delle monete nel medio e basso impero. Inizialmente essi saranno patrimonio degli storici e dei numismatici, e quindi ci sarà questa fase momentanea di separazione del loro linguaggio da quello del collezionista: ma si tratterrà di una fase temporanea. Sicché, così come oggi numismatici e collezionisti quando dicono sesterzio, solido, dupondio intendono una medesima moneta, la stessa che con questo stesso termine veniva chiamata 1500 o 2000 anni or sono, arriverà anche il momento in cui centenionalis o decargyrus sarà usato in modo proprio da entrambi e scompariranno le indicazioni dimensionali del tipo AE....

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Scusami Antvwala, ma dal discorso che hai fatto mi pare di aver capito che noi collezionisti non sappiamo che AE 1, AE 2, ecc... siano termini convenzionali...? 

 

Arka

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No, non è quello ciò che intendo dire, bensì che spesso i collezionisti non sanno che un AE2 di Graziano, ad esempio, potrebbe non corrispondere allo stesso nominale di un AE2 di Giuliano o di Teodosio. 

Infatti qualcuno si è stupito che nella richiesta iniziale di foto descrivessi gli AE3 quali centennionali: il fatto è che su alcuni cataloghi vengono giustificatamente chiamati proprio così, per esempio in quello di Salgado, mentre il modulo minore lo chiama mezzo centennionale. Salgado dà una lunga e lucida spiegazione del perché di tali definizioni.

Per ragioni simili, l'AE1 di Valentiniano I (8,2 g) potrebbe essere il decargiro che però con la riforma di Graziano passa ad essere un AE2 e il suo peso a 5,2 g)..

La cosa forse più sicura, più ancora che il diametro, è quelal di indicare il peso medio della tipologia alla qaule ci si sta riferendo.

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Sì. Vedi, Artur, perché ho deciso di cancellare e azzerare tutto il lavoro fatto sulle teodosiane e non riprenderlo se prima non riesco a trovare una soluzione per la nomenclatura delle monete?  Stà proprio lì la complicazione enorme. Ora sono riuscito a procurarmi alcuni articoli molto interessanti su questa tematica e chiederò a un amico presso l'U. di Parma di cercare iscrizioni della fine del IV secolo dove venga nominata la moneta, come nel caso dell'editto sul vino che ho riportato

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