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IGNORED

GRADI DI RARITA'


elledi

Risposte migliori

E che dire delle lire 200 del 1977? Per anni non se ne trovavano in giro che pochi esemplari...la popolazione credeva che si trattasse di monete molto rare e quindi da conservare...Solo alla fine della vita della lira ho cominciato a trovarne in giro a decine, fino a quel momento pochi esemplari.

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In tempo di corso legale, solo la reale presenza della moneta sul circolante può darci approssimativamente il grado di rarità...

 

Paradosso: le lire 200 del 1977 si trovavano e si pagavo poco, nelle serie confezionate da private, ma in circolazione, quasi nulla.

 

Spero di essere riuscito a spiegare il mio pensiero.

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Le serie oro da lire 100.000 e 50.000...coniate in pochissimi esemplari, ma non RARE, perchè, pagando, si trovano tranquillamente in vendita. Questo perchè nessuna ha mai circolato, quindi sono state tutte ad appannaggio dei potenziali collezionisti, a loro uso esclusivo e consumo.

 

la serie italma del 1947 invece....

 

Riflettiamo...

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Ciao.

 

Il concetto di rarità applicato alle monete mi sembra un dato inutile.

 

Lo è da un punto di vista scientifico in quanto, trattandosi di un concetto largamente opinabile, non è utile a ricostruire con esattezza il quantitativo effettivamente disponibile di una data moneta.

 

Tranne nei casi in cui si conoscono solo uno o due esemplari (ma allora basta scrivere "uno o due esemplari conosciuti"), nella maggioranza dei casi il dato sulla rarità è sempre discutibile.

 

Ma lo è anche da un punto di vista commerciale, perché se anche procedessimo, come mi pare proponga Domenico (elledi), a "riformare" i gradi di rarità di talune monete che sembrano essere molto meno rare di quanto la sigla che le accompagna abitualmente voglia significare, dubito che il mercato, solo per questa ragione, sarebbe disposto a rivedere al ribasso i prezzi   

 

Insomma e per fare un esempio pratico, se modificassimo da R a NC il grado di rarità dello scudo dell '11, che a me pare tutto fuorché raro, dal momento che non c'è commerciante che non ne abbia almeno qualche esemplare in qualunque momento, non so se in base alla sola riduzione del grado di rarità ci si possa attendere una riduzione di prezzo.

 

Personalmente ne dubito.

 

D'altro canto, se la riduzione del grado di rarità dovesse invece spingere il prezzo in basso, i primi a non accettare la "retrocessione" sarebbero proprio i mercanti, he continuerebbero a "battezzare" le monete con i gradi tradizionali, per non "sgonfiare" il prezzo della moneta.

 

In conclusione: l'indicazione del grado di rarità è forse il dato più inutile che si utilizza per descrivere una moneta.

 

Salute.

Michele

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In conclusione: l'indicazione del grado di rarità è forse il dato più inutile che si utilizza per descrivere una moneta.

 

E infatti all'estero non si usano. Prendete un qualsiasi catalogo, di quelli che vanno per la maggiore, dei paesi (anche) numismaticamente più importanti: il Gadoury francese, lo Spinks inglese, il Red Book amerricano, il Battenberg tedesco. In nessuno di essi troverete una sola indicazione dell'indice di rarità di una moneta (solo, saranno indicate le monete uniche), il collezionista potrà dedurla dalla tiratura e dalle valutazioni economiche, nonché dalla sua esperienza personale.

 

Da noi, invece, c'è un accanimento su questo dato che, a mio parere, giova molto di più al commerciante che al collezionista.

Sono del tutto d'accordo che se anche si modificassero (in meno) i gradi di rarità di alcune monete, il mercato non recepirebbe questa diminuzione, e il collezionista si ritroverebbe cornuto e mazziato, pagherebbe lo stesso prezzo per una moneta, formalmente, più comune.

 

petronius

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"la serie italma del 1947 invece...."

 

Ciao Domenico.

 

Pagando, trovi tranquillamente anche quella.

 

M.

Ovvio, anche se a prezzi notevolmente superiori rispetto alle lire oro che si trovano ovunque...anche se battute in serie molto limitate, proof e in confezioni accattivanti

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E infatti all'estero non si usano. Prendete un qualsiasi catalogo, di quelli che vanno per la maggiore, dei paesi (anche) numismaticamente più importanti: il Gadoury francese, lo Spinks inglese, il Red Book amerricano, il Battenberg tedesco. In nessuno di essi troverete una sola indicazione dell'indice di rarità di una moneta (solo, saranno indicate le monete uniche), il collezionista potrà dedurla dalla tiratura e dalle valutazioni economiche, nonché dalla sua esperienza personale.

 

Da noi, invece, c'è un accanimento su questo dato che, a mio parere, giova molto di più al commerciante che al collezionista.

Sono del tutto d'accordo che se anche si modificassero (in meno) i gradi di rarità di alcune monete, il mercato non recepirebbe questa diminuzione, e il collezionista si ritroverebbe cornuto e mazziato, pagherebbe lo stesso prezzo per una moneta, formalmente, più comune.

 

petronius

Beh...allora anche tu dai importanza al grado di rarità che viene indicato :blum:

A me il grado di rarità interessa non per gli aspetti di mercato economico ma semplicemente dall'osservatorio di studioso. Ben vengano le indicazioni quando danno elementi validi per comprendere il percorso storico della moneta.

Ecco perchè mi interessano le dizioni UNICO, INEDITO e quelle sfaccettature che riguardano la rarità accentuata (tipo..di esimia rarità).

Come ho sempre detto, a me interessa lo studio di quelle monete coniate in pochissimi esemplari....per capire il PERCHE' ne hanno coniate così poche (se effettivamente la rarità è dovuta alla scarsa coniazione).

 

Questo per i miei studi ovviamente...

faccio un esempio..una moneta coniata in 300.000 esemplari conclamati che oggi per motivi vari si trova solo in pochi esemplari (ritiro, rifusione, eventi bellici ecc) e viene indicata come R5 non la studio particolarmente. Diversamente, una moneta coniata in pochi esemplari mi interessa, non per il valore, ma per comprendere le motivazioni che hanno portato ad una coniazione così scarsa (celebrative? Ostentazione? altro?)

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"E infatti all'estero non si usano..."
 
Ciao Petronius.
 
Non ci avevo mai fatto caso... :pardon:. Questo aspetto, mi pare, possa suffragare ulteriormente la tesi della scarsa ( se non nulla) rilevanza del grado di rarità associato ad una moneta.
 
Anche perché, laddove invece le monete vengano universalmente riconosciute comuni © o comunissime (CC).....il grado di rarità è ancora una volta un dato del tutto pleonastico, sia a fini numismatici che sotto l'aspetto commerciale.

 

Per elledi: 

 

"Ovvio, anche se a prezzi notevolmente superiori rispetto alle lire oro che si trovano ovunque...anche se battute in serie molto limitate, proof e in confezioni accattivanti".

 

Se parliamo di queste monete (serie del '47), può cambiare il prezzo.....ma è sempre e solo questione di soldi, perché la loro reperibilità non pone particolari problemi.

 

Fra l'altro, se poi vogliamo confrontare monetazioni moderne "omogenee" (almeno io le considero in questo modo) come ad esempio gli aurei di V.E. III e le moderne emissioni auree per collezionisti, l'unico aspetto rilevante che le differenzia è solo quello "storico"....per il resto, gli aurei di V.E. III così come quelli attuali, non erano e non sono destinati alla circolazione, erano e sono a tiratura limitata o "occasionale" e, in ultima analisi, i primi ed i secondi erano e sono destinati solo a finalità collezionistiche.

 

Se poi vogliamo attaccare a queste monete (perché. nonostante tutto, sempre di monete stiamo parlando anche se qualcuno storce il naso...) una sigla con il grado di rarità..., facciamolo pure....ma a che pro?

 

M.

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+ Rarità =  + Valore Economico ergo elemento che va ad incidere sul costo della moneta ergo in Italia non si potrà (purtroppo @@bizerba62 ) eliminare.

 

Scusate l'utilizzo del linguaggio pseudo matematico, ma l'elemento Rarità è una componente essenziale (nel nostro mercato) per la determinazione del valore economico di una moneta. Poi anche se dovessimo eliminare questa componente, il suo incidere sarebbe comunque assorbito da altri fattori come ad esempio lo stato di conservazione , quindi la discussione seppur molto interessante non potrà portare a nulla di concreto (secondo il mio modestissimo parere) perché i prezzi rimarranno invariati.

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"+ Rarità = + Valore Economico ergo elemento che va ad incidere sul costo della moneta ergo in Italia non si potrà (purtroppo @bizerba62 ) eliminare."

 

La Tua osservazione però non ci aiuta a capire perché invece all'estero facciano a meno del grado di rarità.

 

M

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Attribuire il grado di rarità non è cosa semplice.

Spesso ho più dubbi che certezze.

 

Basarsi sulle aste non basta, perché bisognerebbe seguire anche le fiere più importanti e i listini.

 

L'esperienza e la memoria (quanti esemplari di una certa tipologia ci si ricorda di aver visto negli ultimi anni?) ci possono senz'altro aiutare. Eppure, anche in questi casi si rischia di sbagliare.

 

Un esempio: tempo fa, un numismatico torinese di assoluto valore mi disse che il 20 lire 1809 coniato a Torino era più raro del suo omologo del 1807 (per la cronaca, il Gigante li classifica entrambi, salomonicamente, come R3). Provai a sostenere il contrario, ma lui mi disse che era assolutamente certo di quanto detto.

A quel punto non volli insistere. A me, tuttavia, pareva che i passaggi degli ultimi anni del 1807 fossero inferiori a quelli del 1809.

Dopo aver controllato, ho potuto constatare che l'esperto si sbagliava. 

 

Altri esempi:

i 20 lire di VE I (dal 1817 al 1820) e di VE III (aquiletta, aratrice e fascetto) sono considerati rari. Il 1816 di VE I è classificato addirittura come R2. Eppure sono presenti in tutte le aste. Da sempre mi chiedo: sono rari davvero?

Chi stabilisce e con quali criteri queste rarità?

 

Con il metodo del raffronto, potremmo parlare anche di altre monete, magari perché sottovalutate. Perché, ad esempio, il 20 lire 1814 di Napoleone coniato a Milano è dato come semplice R? 

Ultimamente ne ho visti un paio in asta, ma si tratta, in generale, di un anno piuttosto raro. Se si attribuisce, ad esempio, la R al 1818 di VE I, un analogo grado di rarità per il 1814 è sicuramente stretto.

 

Restando sempre sui marenghi: il 1875 Roma di VE II è considerato come R. 

Vi assicuro che si trova assai più facilmente del 1857 Genova, classificato come semplice NC. 

 

Pur con le mie poche certezze, ritengo che il metodo della comparazione/raffronto tra rarità potrebbe darci una mano, così da arrivare a "risultati" più calibrati.

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A me il grado di rarità interessa non per gli aspetti di mercato economico ma semplicemente dall'osservatorio di studioso. Ben vengano le indicazioni quando danno elementi validi per comprendere il percorso storico della moneta.

Ecco perchè mi interessano le dizioni UNICO, INEDITO e quelle sfaccettature che riguardano la rarità accentuata (tipo..di esimia rarità).

Come ho sempre detto, a me interessa lo studio di quelle monete coniate in pochissimi esemplari....per capire il PERCHE' ne hanno coniate così poche (se effettivamente la rarità è dovuta alla scarsa coniazione).

 

Ma su questo ti dò pienamente ragione, il problema è che per la gran maggioranza dei collezionisti, e la quasi totalità dei commercianti, la rarità interessa solo dal punto di vista economico.

Provate a chiedere a Gigante, a Montenegro, a Boasso (devono farlo tutti, altrimenti non serve) di fare come i francesi (tanto per citare i più vicini a noi) di togliere, a partire dalla prima edizione raggiungibile dei loro cataloghi (immagino si farebbe ancora in tempo per quelle che usciranno in estate) ogni valutazione di rarità, lasciando ai fruitori dei cataloghi l'onere di valutarle da soli. Anche se personalmente fossero favorevoli, non lo farebbero mai, perché sanno che ci sarebbe una levata di scudi contro di loro da parte di tutti, collezionisti e commercianti.

 

Perché all'estero, invece, è diverso? forse semplicemente perché sono stati abituati diversamente, forse perché sono più consapevoli, collezionisti in primis, di dover contare sulla propria esperienza piuttosto che sulla valutazione di un catalogo, quali che siano i motivi, si deve riconoscere che da noi non succede.

 

petronius

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Ma su questo ti dò pienamente ragione, il problema è che per la gran maggioranza dei collezionisti, e la quasi totalità dei commercianti, la rarità interessa solo dal punto di vista economico.

Provate a chiedere a Gigante, a Montenegro, a Boasso (devono farlo tutti, altrimenti non serve) di fare come i francesi (tanto per citare i più vicini a noi) di togliere, a partire dalla prima edizione raggiungibile dei loro cataloghi (immagino si farebbe ancora in tempo per quelle che usciranno in estate) ogni valutazione di rarità, lasciando ai fruitori dei cataloghi l'onere di valutarle da soli. Anche se personalmente fossero favorevoli, non lo farebbero mai, perché sanno che ci sarebbe una levata di scudi contro di loro da parte di tutti, collezionisti e commercianti.

 

Perché all'estero, invece, è diverso? forse semplicemente perché sono stati abituati diversamente, forse perché sono più consapevoli, collezionisti in primis, di dover contare sulla propria esperienza piuttosto che sulla valutazione di un catalogo, quali che siano i motivi, si deve riconoscere che da noi non succede.

 

petronius

Diciamo quindi che noi italiani abbiamo bisogno del conforto di sapere quanto è raro un oggetto? O che i nostri collezionisti sono meno preparati del resto del mondo?

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Diciamo quindi che noi italiani abbiamo bisogno del conforto di sapere quanto è raro un oggetto? O che i nostri collezionisti sono meno preparati del resto del mondo?

 

Più la prima che la seconda, non buttiamoci troppo giù :rolleyes:

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La rarità di una moneta è una caratteristica troppo effimera e difficile da dimostrare al 100% se non nei casi limite.

All'estero non è che non ne tengono conto, ci mancherebbe, ma viene assorbita da altre voci valutative.

 

Poi si dovrebbe a questo punto anche aggiungere un'altra voce: la REPERIBILITA' sul mercato, cioè la REALE possibilità di poter essere in grado di acquistare/trovare una certa moneta in presenza di un determinato quantitativo esistente. Infatti è inutile che esistano molte monete di un certo tipo, quando queste siano irreperibili a causa dell'accentramento nelle mani di pochi. O ancora la reperibilità può variare anche da mercato a mercato: se in Italia la ricerca di un denaro romano non è cosa difficile, si pensi invece ad altri mercati esteri quali l'Australia o la Cina.

Quindi se si volesse essere pignoli la rarità, intesa come quantitativo monetale, non è una componente effettivamente così utile. Ma penso che saremo costretti a tenercela ancora per molto tempo.

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Quindi...all'estero chi colleziona studia di più le monete o meglio la tematica che intende collezionare?

 

Anche da noi ci sono molti collezionisti che studiano seriamente le monete prima e più che collezionarle, fare una classifica tra noi e gli americani, o tra noi e i tedeschi, sarebbe esercizio sterile e inconcludente (perché non lo fosse, si dovrebbero fornire dei dati, qualcuno è forse in grado di farlo?).

 

Tornerei, piuttosto, sulla mia prima motivazione, "forse semplicemente perché sono abituati diversamente".

Da noi, anche il collezionista più scafato non può fare a meno di rivolgersi ai cataloghi per i gradi di rarità, magari per rimuginare tra sé o con gli amici che sono sballati, ma che ci può fare? si è fatto sempre così, e così si continuerà a fare, almeno fino a quando la rarità (o presunta tale) sarà un indice del valore economico.

 

petronius

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Se proprio poi si deve parlare di grado di rarità, dovremmo a questo punto anche tenere conto della stessa in relazione alla conservazione di una data moneta; e ciò in quanto è ormai atteggiamento consolidato quello di attribuire alla moneta innanzitutto un grado di conservazione.

 

Va da se che, fatta eccezione per le monete "modernissime", per tutte le altre e tendenzialmente la rarità cresce con l'aumentare dello stato di conservazione.

 

M.

Modificato da bizerba62
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Comunque, scusate, ma mi sembra molto curioso questo diverso atteggiamento del collezionista italiano rispetto a quello dei collezionisti del resto del mondo.

 

Com'è che i mercanti nostrani ci hanno abituato diversamente e che noi non possiamo fare a meno dei cataloghi, a differenza di tutti gli altri?

 

Possibile che ci facciamo sempre riconoscere? :pleasantry:

 

M.

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Se proprio poi si deve parlare di grado di rarità, dovremmo a questo punto anche tenere conto della stessa in relazione alla conservazione di una data moneta; e ciò in quanto è ormai atteggiamento consolidato quello di attribuire alla moneta innanzitutto un grado di conservazione.

 

Va da se che, fatta eccezione per le monete "modernissime", per tutte le altre e tendenzialmente la rarità cresce con l'aumentare dello stato di conservazione.

 

M.

 

Ciao Michele!

La rarità in relazione alla conservazione è effettivamente uno spingersi oltre ... interessante ma probabilmente eccessivo. Nel tuo ottimo libro sulla monetazione Savoia della Sardegna hai adottato per il listino questo criterio (insieme a R-R) e mi sarebbe piaciuto discuterne più approfonditamente.

 

Ritengo che, come ho scritto in un post ormai "remoto", la rarità vada identificata con la reperibilità. Non ne faccio una questione semantica, solo pratica. Talora un ritrovamento (o l'apertura di una cassetta di sicurezza) può cambiare le carte in tavola per una moneta, e la rarità rivista. E, comunque, questo parametro mantiene una sua utilità, aiutando ad orientarsi in un dedalo scientifico-cultural-economico spesso di complessa decifrazione per i non specialisti. Quindi non mi sembra utile abbandonarlo, semmai semplificarlo! Anche all'estero viene utilizzato (perchè no?), anche se per talune monetazioni risulta difficile valutarne l'attendibilità.

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